La Rubrica online “Piazza Navona” vi propone la lettura di “Arcobaleni fulminati. Lettera ad una figlia adolescente” di Roberta D’Amore (Aurora Progetti). Una lettera aperta di una madre a sua figlia adolescente, di un incontro alla pari tra donne in continua evoluzione. E non perdete l'”Incontro con l’Autrice”!
La trama
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Roberta e Giorgia. Una madre e una figlia. Anzi, due figlie poiché tutti per “natura” prima di essere genitori sono figli. E come la saggezza popolare insegna: non si smette mai di essere figli.
E Roberta D’Amore, consapevole del suo doppio ruolo, in Arcobaleni fulminati scrive una lettera aperta a sua figlia adolescente raccontandole, alla pari e con tanta ironia, il senso della vita, le sorprese, i dolori, le gioie, le insidie che essa racchiude e nasconde. Rispetto, dignità, libertà, sesso, violenza, amore sano e amore malato, anoressia, diversità, bullismo, pubertà, aborto, istruzione… questi sono soltanto alcuni dei temi e degli argomenti che l’Autrice affronta con sua figlia in piena fase adolescenziale guardandola dritto negli occhi. Attraverso un foglio, racchiudendo in sé la Donna: lavoratrice, madre, compagna, moglie. Libera e (auto)consapevole perché, scrive l’Autrice, La libertà di autodeterminarci è il regalo più grande che possiamo fare a noi stesse.
Sul libro
Dopo il suo esordio editoriale nel 2018 con Senza di te io non esisterei. Lettera a mia figlia Roberta D’Amore presenta, nel luglio 2020, il suo nuovo libro dal titolo Arcobaleni fulminati. Lettera ad una figlia adolescente realizzato da Aurora Progetti e impreziosito dalla prefazione dalla collega e compagna di battaglie Iside Castagnola.
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Ancora una volta Roberta D’Amore – avvocato, esperta di Diritto Sindacale e di Diritto di Famiglia nonché docente di Diritto dell’Informazione e della Comunicazione presso l’Istituto Armando Curcio – torna con (auto)ironia, leggerezza (che non ha nulla a che vedere con la superficialità), serietà e lealtà a scrivere una lettera aperta a sua figlia Giorgia. Ma non solo. Attraverso questa lettera, infatti, l’Autrice ha l’occasione di raccontare se stessa, di ripercorrere momenti del suo passato e, soprattutto, di mettersi in discussione ponendosi – come donna e genitore – numerose, diverse e anche scomode domande. In tutta onestà.
Roberta D’Amore si riferisce a sua figlia definendola il suo universo autonomo. Questo aspetto è sufficiente a farci capire quali sono lo spirito e la disposizione d’animo con i quali l’Autrice desidera rivolgersi alla figlia adolescente. Alla pari. Assumendo anche posizioni scomode. Ponendo(si) anche domande delicate, spietate, di quelle che non lasciano spazio per i giri di parole. Roberta D’Amore scrive da donna, poi da madre. E lo fa con un’onestà e una schiettezza non comuni. E con una potente e disarmante consapevolezza: È che in questo periodo tu ed io siamo come un cielo di marzo: sole e pioggia, pioggia e sole. Come ti dico spesso, siamo “arcobaleni fulminati”.
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Partendo da questo “incontro/scontro” generazionale, di ruoli, di visioni l’Autrice struttura la sua lunga e commovente lettera carezzando parola dopo parola il volto e il carattere di sua figlia. Così, tanti e diversi sono gli argomenti di cui Roberta parla confrontandosi anche con Giorgia: dal sesso all’anoressia, dall’aborto al bullismo, dalla libertà all’amore di sé. In tal modo, la sua lettera diviene un racconto fluido, colmo di emozioni e di punti di domanda ma anche con tanti punti fermi. Infatti, con convinzione, determinazione, decisione – di madre e di donna – e a gran voce sottolinea più volte quanto alla base di ogni donna sia indispensabile avere un profondo senso e rispetto della propria dignità, della propria libertà e della propria unicità. Perché solo prendendosi cura di sé e amando se stessi si può toccare con sguardo carezzevole quello di un’altra persona. Quella dell’Autrice, così, diviene una lettera a una figlia “universale”, a una donna “universale”: senza età, senza volto, senza una precisa identità proprio perché abbraccia chiunque voglia lasciarsi abbracciare e comprendere quanto sia importante (auto)determinarsi.
Proprio qui risiede la potenza e il valore profondo del libro di Roberta D’Amore: nel porsi accanto a sua figlia e, quindi, alle persone che vogliono leggerla e ascoltarla. Nel raccontarsi priva di maschere. Nel sapersi mettere in discussione. Nel non aver paura. Non si deve aver paura. Di nulla. non si devono costruire muri ma aprirsi alla comprensione almeno fin quando si è sicure di non trovarsi circondate da una trappola e lì… darsi la possibilità, il diritto di fuggire. Non è la diversità a dover chiudere i dialoghi perché questa è, in realtà, un’opportunità di crescita ma la violenza – psicologica e fisica – che può ferirci e lasciarsi quelle cicatrici così profonde che il tempo fatica a far chiudere e che basta una lacrima a farle tornare a sanguinare.
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Tutto questo è Arcobaleni fulminati. Lettera ad una figlia adolescente che, con la sua scrittura agevole, semplice, pratica, spontanea merita di diritto di essere un libro di testo nelle scuole. Un aiuto, un supporto alle donne (e agli uomini) di domani. E non solo. Un sano terreno di confronto con se stessi di cui tanto si ha bisogno. Ognuno di noi nasconde – più o meno – il proprio arcobaleno fulminato.
Incontro con l’Autrice
Lei è avvocato, mamma e impegnata in prima linea con sindacati, associazioni, manifestazioni, contro la violenza sulle donne. Come avviene il suo incontro con la scrittura?
Il mio incontro con la “scrittura” credo sia “genetico”. Nel senso che, da quando ho imparato a tradurre la parola in segni grafici, mi è sempre venuto naturale farne un uso terapeutico. La scrittura è per me una cura dell’anima, scrivendo acquisisco consapevolezza, metto un po’di ordine nella grande entropia in cui si dipana la mia esistenza, il che in parole più semplici, significa che sono una casinista cronica la quale tenta goffamente e invano di chiarirsi le idee mettendo nero su bianco.
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Come è nato il progetto di Arcobaleni fulminati?
In realtà, anche questa lettera, come la precedente, è scritta per mia figlia, ma credo che gli argomenti affrontati, i timori emersi, le problematiche sottese siano comuni a tutti i genitori e a tutti i figli. Il fine è quello di avere un confronto sia tra coetanei, sia intergenerazionale. Perché credo che solo confrontandosi, solo mediando, solo predisponendosi ad un ascolto attento ed esponendo le proprie idee fermamente, ma nel pieno rispetto dell’altro, possono trovarsi soluzioni pienamente condivise a conflitti che, diciamolo, sono fisiologici.
Arcobaleni Fulminati è il seguito del suo primo libro Senza di te io non esisterei. Entrambi sono dei dialoghi liberi e in libertà con sua figlia oggi nel pieno della fase adolescenziale. In cosa si differenziano?
Dal secondo si evince che non è solo mia figlia ad essere cresciuta, ma anche io. Appare evidente, a colpo d’occhio, che si tratta di uno scritto più maturo e consapevole. Nel primo, emergeva tutta la difficoltà del passaggio da figlia a madre, perché non dimentichiamolo, quando nasce un bambino, nasce anche un genitore. All’inizio, quest’avventura entusiasmante, che non sarà mai una passeggiata, può risultare traumatica. Le notti insonni, i ritmi sballati e soprattutto la totale responsabilità di un’altra vita possono avere conseguenze psicologiche anche gravi, soprattutto per le mamme, che nella maggior parte dei casi, nei primi mesi, hanno un ruolo preminente nell’accudimento. Di qui l’importanza fondamentale di una rete di sostegno, il non far sentire la puerpera sola e soprattutto inadeguata.
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Come abbiamo accennato, nel suo testo avviene un dialogo libero, aperto, sincero con sua figlia guardandola dritta negli occhi. Qual è stata la difficoltà maggiore nel mostrarsi e nel presentarsi sia come madre sia come donna senza filtri e senza finzioni?
Cerco di essere così nella vita di tutti i giorni, non solo con Giorgia, ma con tutti. Sono “difettosa”, cerco sempre di migliorarmi e non sempre ci riesco. Un po’ come tutti. Detesto le immagini “patinate”, con me quello che vedi, quello avrai, nel bene e nel male. Ci vuole coraggio ad essere onesti, a mostrare le proprie umane fragilità, ma finora non me ne sono mai pentita. Forse, la difficoltà maggiore è stata proprio quella di rendere così pubblica la mia imperfezione, il mio umano arrancare sulle salite della vita e pure il mio goffo rotolare nelle discese. Sui sentieri in piano, ovviamente, me la cavo meglio, ma il mio cammino, finora, ne ha incontrati pochissimi.
Qual è stato il tema affrontato nel suo libro che le è stato più difficile raccontare. E perché?
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Forse la mia fase “anoressica”. Finora in pochi la conoscevano. Avevo vent’anni, una personalità in fieri e una vulnerabilità palese. È facile a quell’età dipendere così tanto dal giudizio degli altri al punto di decidere di non amarsi, di punirsi, di assoggettare il proprio corpo al volere della mente per esercitare una distorta forma di controllo, quando tutto il resto risulta incontrollabile.
In Arcobaleni Fulminati tratta diversi temi considerati dei “nervi scoperti” per gli adolescenti: dal bullismo all’anoressia, dalle droghe al sesso. In che modo crede che la scuola, la famiglia debba affrontare e sostenere i ragazzi in questo senso?
La famiglia e la scuola sono le cellule primarie su cui si fonda la società. È fondamentale che operino in sinergia. È fondamentale informare e dialogare con i ragazzi, porsi su un piano di confronto rispettoso e mai impositivo. In caso contrario, il rischio è che i ragazzi cerchino informazioni e spiegazioni “altrove” e ne ricevano di parziali, inesatte e, cosa peggiore, di “distorte”. Mi figlia sa che a qualunque sua domanda, anche la più scomoda, la più imbarazzante, risponderò sempre. Glielo devo. Abbiamo un tacito patto d’acciaio di fiducia reciproca.
Alcuni genitori oggi oscillano tra l’essere amici e complici dei propri figli e loro diretti competitori. Lei nel suo libro prende una posizione netta al riguardo ma, secondo lei: da cosa è dipeso questo “fenomeno” che sembra divenire sempre più diffuso confondendo anche la ripartizione dei ruoli in una famiglia?
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Purtroppo, viviamo in un’epoca che ci impone di essere sempre belli, giovani, attivi e vincenti. Il modello è quello di un giovanilismo imperante. Il raggiungimento dell’età matura è considerato come l’inizio di un decadimento fisico e psicologico, come la fine dei giochi. L’assurdo è che oggi, la vecchiaia non è più vista nel suo alone di saggezza, nella sua aura di rispetto, nelle sue possibilità di insegnamento. La vecchiaia, oggi, va ritardata il più possibile, va nascosta in ogni modo. Certo, non bisogna essere ipocriti, non fa piacere a nessuno vedere il proprio viso solcato dai tatuaggi della vita e il proprio fisico sempre meno tonico, ma non accettare il tempo che passa ed assumere atteggiamenti da giovani “di ritorno”, ci fa sembrare solo un po’ grotteschi. Senza contare che i figli ci guardano e ci giudicano, impietosi come solo alla loro età si è capaci di essere. Perdiamo punti e perdiamo autorevolezza. Non dimentichiamo che siamo, sempre e comunque, il loro primo modello, il loro primo parametro.
Nel suo testo, tra l’ironia e un sorriso, lei racconta molto di sé, del suo essere e del suo passato: come donna e come madre quanto è stato difficile spogliarsi di ogni sovrastruttura imposta dal “mondo esterno” e mostrarsi semplicemente nella sua reale essenza?
È stata l’impresa più difficile della mia vita ed è un’impresa ancora in pieno svolgimento. Vengo da una famiglia meridionale in cui i ruoli femminili e quelli maschili sono sempre stati ben distinti. La nascita di mia figlia me ne ha fatto prendere pienamente atto. Grazie a lei ho cominciato a liberarmi, davvero, di certi stereotipi e a superare certi ruoli imposti. Adesso, ho davvero ben chiaro che certe sovrastrutture sono solo profondamente castranti, che la diversità è un valore e che la vera parità si raggiunge solo rispettandola e considerandola non un vuoto da riempire, una lacuna da rimediare, ma un grande pieno di possibilità, un’enorme chance di arricchimento personale e collettivo.
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Il dialogo con sua figlia aiuta il lettore (non importa la sua età) ad andare a fondo del vero significato della “libertà individuale” e dell’”essere donna”. Da madre e da professionista quanto è stato difficile elaborare questi concetti e tradurli in consigli per sua figlia?
Ho improntato tutta la mia esistenza sul concetto di libertà. La libertà è il bene più prezioso che abbiamo, va conquistata, mantenuta e rispettata. Va profondamente rispettata la nostra, ma anche quella degli altri. Ci sono confini sacri, tra l’una e le altre, paletti che se divelti scardinano tutto il sistema, con conseguenze gravissime. Essere una donna libera significa, in primis, avere indipendenza economica, condicio sine qua non di quella psicologica. Occorre, poi, aver ben chiaro che per essere davvero libere non si può prescindere dal rispetto di se stesse, dal coraggio di saper dire certi “no” e dalla consapevolezza delle conseguenze che possono avere certi “sì”.
Arcobaleni Fulminati è stato pubblicato dal Aurora Progetti: come è nata questa collaborazione?
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È nata con il primo libro, operiamo in sinergia per cercare di dare un aiuto concreto a chi si trova in una situazione di bisogno. Cerchiamo di fare “rete”, fedeli al motto: “insieme si può”. Certo, non riusciremo a cambiare il mondo, ma se ce la faremo a renderlo almeno un po’ più vivibile, avremo già raggiunto il nostro scopo.
Arcobaleni Fulminati sostiene dei progetti sociali: può raccontarci qualcosa di più?
Ogni “tot”, facciamo nostro un progetto, l’ultimo è stato quello di sostenere “Laboratorio solidale” che in Bolivia ha creato una rete di supporto per i figli dei detenuti del carcere San Pedro di La Paz per ovviare al rischio di totale emarginazione sociale.
Il suo libro merita senza dubbio di essere inserito come libro di testo e/o di lettura nelle scuole (almeno nelle medie inferiori e nel biennio delle superiori). Esiste un progetto un tal senso?
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Ancora non ci sono progetti concreti in tal senso, ma ne sarei davvero strafelice. Il fine della sua pubblicazione è stato proprio quello di associare progetti sociali ad un dialogo costruttivo con gli adolescenti.
C’è ancora qualcosa che sente di dover o di voler dire a sua figlia?
Le auguro solo di conservare l’apertura mentale, la ribellione agli stereotipi e alle imposizioni immotivate e soprattutto il rispetto per gli altri che ha ora. Si avvia ad essere una donna più libera di me e questo è il segno tangibile che, come madre, qualcosa di buono l’ho fatto.
Quali sono i suoi prossimi progetti legati ad Arcobaleni Fulminati?
Per il momento, causa covid, è un po’ tutto fermo. Il mio sogno è quello di cui sopra: riuscire ad avere la possibilità di attivare una rete di dialogo con gli studenti.