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Letto per voi… “Gli Arditi del popolo” di Luigi Balsamini

La Rubrica online “Piazza Navona” è felice di proporvi la lettura del saggio storico “Gli Arditi del popolo” scritto da Luigi Balsamani (Galzerano Editore). Un interessante studio dedicato ad una delle pagine poco note e poco affrontate della nostra Storia ovvero al primo antifascismo militante combattuto dai coraggiosi Arditi del popolo.

Trama

Luigi Balsamini ne Gli Arditi del popolo (Galzerano Editore) ripercorre la storia, sin troppo dimenticata, di questa organizzazione militare fondata da Argo Secondari che, tra il 1921 e il 1922, lotta per la difesa dei civili, dei lavoratori e contro il fascismo e i suoi squadroni di combattimento. Gli Arditi del popolo, infatti, sorgono a Roma il 17 giugno 1921 come “prolungamento” del corpo speciale del Regio Esercito chiamato gli Arditi in prima linea durante la Prima guerra mondiale. Terminato il conflitto mondiale il gruppo si divide: una parte denominata gli Associazione Arditi d’Italia, guidata dal capitano Mario Carli si avvicina all’ideologia fascista mentre l’altra – gli Arditi del popolo – con in testa l’anarchico e reduce di guerra Argo Secondari si impegna con forza a combatterla.

Luigi Balsamini, “Gli Arditi del popolo” (Galzerano Editore, 2018

All’interno di quest’ultimo gruppo troviamo reduci, ex combattenti di guerra, civili, operai, braccianti, persino donne che fanno tutto quanto è in loro potere per bloccare l’avanzata fascista in Italia. Nonostante la loro difesa sia meno studiata, organizzata e dotata di un quantitativo e di una tipologia di armi sufficiente e all’altezza di quella degli squadroni fascisti, gli Arditi del popolo riescono più volte a dare del filo da torcere ai fascisti obbligandoli alla ritirata come accade, nel 1921, a Sarzana e, nel 1922, a Parma in difesa del quartiere Oltretorrente. Ma c’è molto, tanto altro da sapere e da scoprire sulle lotte e sulle vicissitudini di questo gruppo di militari, ex militari e civili che hanno lottato in difesa del proletariato, della libertà e contro il fascismo.

Sul libro

Luigi Balsamini, bibliotecario dell’Università di Urbino e responsabile dei servizi dell’Archivio-Biblioteca Enrico Travaglini di Fano, dopo aver editato la prima pubblicazione de Gli Arditi del popolo per la Galzerano Editore nel 2002 ne propone sedici anni dopo per la stessa Casa Editrice (nella Collana Atti e Memorie del popolo) una nuova edizione aggiornata, rivista e impreziosita da un’appendice, testimonianze e documenti storici di grande interesse. Partendo dal suo studio universitario il Balsamini ha realizzato un’attenta e accurata ricostruzione storica dell’antifascismo tra il 1917 e il 1922 ripercorrendo con dovizia di particolari fonti e testimonianze una delle pagine meno note e più dimenticate della nostra Storia: l’impegno degli Arditi del popolo e la loro lotta (anche) armata al fascismo. Così facendo l’Autore, attraverso gli undici capitoli e la corposa appendice che compongono il saggio storico, racconta ai lettori, agli appassionati e anche agli addetti ai lavori il ritratto di un’Italia che in pochi (ri)conoscono e ricordano. Balsamini dimostra di essere uno storico di rara onestà intellettuale mostrando e raccontando tutti i passaggi, le difficoltà, le incoerenze, le paure, i timori, la follia, le ingiustizie, i punti deboli di questo gruppo militare e dei suoi protagonisti che senza risparmiarsi e, spesso, senza una rigida e ben definita struttura alle proprie spalle hanno lottato in difesa dei propri ideali e della libertà educando il proletariato stesso all’unità, alla coesione, alla lotta comune.

Galzerano Editore

L’Autore racconta con profondo spirito critico, sociologico, politico e, potremmo dire, anche filosofico la vera importanza di questo gruppo di persone che ha letteralmente donato e, spesse volte, immolato e sacrificato la propria vita alla Patria. Non è un caso che per designare tale gruppo militare venga scelto il nome di Arditi derivato del verbo latino ardire ovvero osare per indicare il coraggio di questi uomini tanto temuti al fronte della Prima guerra mondiale e poi nelle barricate cittadine per scacciare il nemico fascista.
Potremmo anche dire che, in qualche modo, gli Arditi del popolo hanno anticipato la Resistenza che ha contraddistinto la Seconda guerra mondiale messa in atto, ancora una volta, da giovani ed ex militari, donne, lavoratori, proletari. Una storia che si ripete ma di cui nei libri di Storia si parla poco o niente. Ma si ha il bisogno, il dovere di sapere. Per questo si deve dire grazie a studiosi come il Balsamini che raccontano con estrema semplicità e passione il nostro passato e la memoria che dobbiamo tenerci stretta e anche a quell’editoria (in questo caso rappresentata la Galzerano Editore) che coraggiosa e altrettanto appassionata ci fa dono di questi preziosi libri. Perché la nostra Storia è un tesoro… ed è un magnifico libro con tante pagine (ancora) oscure e con tante altre tutte da riempire di ciò che abbiamo avuto, perduto, conquistato, osato, tentato. E soprattutto di ciò che siamo stati.

Incontro con l’Autore

Lo scrittore Luigi Balsamini

Come è nato il progetto del suo libro Gli Arditi del popolo?
L’idea di approfondire lo studio degli Arditi del popolo nasce più di vent’anni fa, dopo la lettura del libro Arditi, non gendarmi! di Marco Rossi. Stavo studiando Storia contemporanea a Bologna e, dopo aver anche personalmente conosciuto Marco, ho deciso di scrivere la tesi di laurea su questo argomento. Era l’anno 2000, da lì è nata la prima edizione del mio libro Gli Arditi del popolo, pubblicata dall’editore Galzerano. Sono poi passati tanti anni, nel frattempo quella tiratura è andata esaurita, fino a quando parlando con Galzerano in occasione della Vetrina dell’editoria anarchica di Firenze del 2017 abbiamo pensato che potesse essere utile pubblicare una nuova edizione. Così mi sono rimesso al lavoro e in realtà quello che ne è uscito non è esattamente una “seconda edizione”, perché si tratta di un libro non solo ampliato e aggiornato, ma completamente ripensato e riscritto, nella forma e nei contenuti.

Perché ha scelto di dedicarsi allo studio della storia dell’antifascismo e dell’anarchismo?
Ho sempre avuto una passione per la storia, in particolare quella dell’800 e ’900, mi piace frequentare gli archivi, sfogliare i vecchi giornali, conoscere e immaginare la vita delle generazioni che ci hanno preceduto. Credo che la conoscenza della storia, dei percorsi vissuti nel tempo passato, ci possa dare una forte consapevolezza per capire come siamo arrivati fin qui, quale eredità abbiamo ricevuto. Nel caso del fascismo capire che cosa è stato, come è nato e come è stato combattuto penso che sia una questione significativa proprio perché messa in relazione con l’oggi, dove vediamo emergere sempre nuove forme di fascismo, inteso in senso lato e non solo come riproposizione di stereotipi passati. Poi a me interessano le storie dei sovversivi, sia perché sono molto più intriganti di tante altre, ma soprattutto perché faccio mia l’aspirazione a una società più giusta e più libera, quindi riscoprire e raccontare quelle storie mi sembra come seguire un filo che non si è spezzato, dando voce a un dialogo che attraversa i decenni.

Argo Secondari (1895-1942), fondatore de “Gli Arditi del popolo”

Quali sono state le difficoltà maggiori che ha riscontrato nella stesura di questo suo saggio storico?
Ai tempi della mia tesi di laurea, l’argomento Arditi del popolo era ancora quasi sconosciuto, i riferimenti storiografici seri si contavano sulle dita di una mano; quando mi sono messo a scrivere la nuova edizione la situazione era invece completamente diversa, perché negli ultimi vent’anni sono usciti parecchi studi, soprattutto molte ricostruzioni di livello locale, riguardanti le città dove questi primi gruppi antifascisti erano stati più forti. Anche la possibilità di consultare giornali dell’epoca ha fatto un salto enorme, ora ci sono molte raccolte digitalizzate e questo rende le cose più semplici (in realtà non sono un fan di questa epoca digitale, ma qui apriremmo tutto un altro discorso…). Un po’ più di difficoltà l’ho trovata nel poter consultare la documentazione d’archivio, ma solo perché l’Archivio centrale dello Stato di Roma ha orari molto rigidi e limitazioni nel numero di buste consultabili ogni giorno e quindi per me, che abito lontano e faccio un altro lavoro, vuol dire tanti giorni di ferie e di treni presi prima dell’alba, ma con buona volontà tutto è possibile. La documentazione, come tutta quella della storia contemporanea, è abbondante; purtroppo un’altra difficoltà è quella di ricostruire il ruolo delle donne nel primo movimento antifascista, il peso della società patriarcale si fa infatti sentire anche sulle tracce (poche) lasciate dalle donne nella documentazione storica.

Gli Arditi del popolo è ricco di materiali d’archivio (come estratti di interviste, articoli di giornale e documenti) e frutto di una minuziosa ricerca storica. Come ha condotto tale ricerca e quali “scoperte”, se così posso dire, l’hanno colpita e interessata particolarmente?
Sulla ricerca ho in parte risposto, si tratta di avere un’idea ben chiara del contesto storico, delle forze politiche e sociali in campo, della società italiana dell’epoca, quindi mettere insieme, confrontare e valutare fonti di diversa provenienza e così ricostruire la storia e interpretarla: un’operazione che non è mai neutrale perché bisogna anche scegliere la propria parte e distinguere ragioni e torti. Di “scoperte” particolarmente eclatanti devo dire che non ne ho fatte, quello che è successo negli anni dell’avvento del fascismo è certamente oggetto di interpretazione, ma è una storia ben nota; forse qualche particolare inedito l’ho aggiunto sulle vicende biografiche di alcuni tra i fondatori e protagonisti degli Arditi del popolo. Quello che mi ha più colpito direi che è stato l’interesse pubblico e politico cresciuto negli ultimi vent’anni per la storia ardito popolare: non ci sono state infatti solo nuove ricerche storiche, ma diversi gruppi antifascisti hanno fatto propria quell’esperienza, rivendicandola anche sul piano della visibilità con magliette, adesivi, murales, canzoni.

Le barricate degli Arditi del popolo a Parma – 1922

Di questa pagina della nostra Storia non si parla molto nemmeno nei testi scolastici. Secondo lei, perché? E cosa si potrebbe fare in tal senso?
I libri di testo sono un ottimo specchio per vedere come le istituzioni rappresentano se stesse e la propria storia. Possiamo anche prendere l’esempio della Resistenza che per lunghi decenni, in nome della pacificazione repubblicana, è stata raccontata solo come guerra di liberazione nazionale, come un secondo Risorgimento, occultandone i caratteri di guerra civile e sociale, come se i fascisti fossero stati un corpo estraneo, combattuti solo in quanto alleati degli invasori nazisti e poi una volta sconfitti scomparsi di colpo dalla scena nazionale. Questo antifascismo, che possiamo definire istituzionale, suddivide il campo tra democrazia da una parte e totalitarismo dall’altra: in questo schema, che si è codificato nel secondo dopoguerra, non c’è spazio per gli Arditi del popolo, che rappresentano un antifascismo di stampo ben diverso, cioè sovversivo e di classe. Pertanto non c’è posto per loro nei libri di testo. Difficile dire cosa si potrebbe fare. Nelle scuole, secondo me, ancor prima dei contenuti, sarebbe già tanto se i docenti la smettessero di tormentare studenti e studentesse con il nozionismo, le interrogazioni e i voti.

Nel suo testo è spiegato assai bene ma riassumendolo per i nostri lettori: qual è stata l’importanza morale, storica e politica degli Arditi del popolo?
Credo che l’aspetto più importante da cogliere nella storia degli Arditi del popolo, oltre ovviamente ai valori dell’antifascismo, sia la capacità di auto-organizzarsi, in maniera spontanea, dal basso, senza delegare ad altri e senza attendere direttive da organismi superiori. Loro l’hanno fatto per difendersi dalle aggressioni dello squadrismo fascista, ma è un principio valido per tutti gli aspetti del vivere sociale, anche in positivo, anche per costruire materialmente la propria vita con le modalità dell’autogestione e dell’agire collettivo.

Le barricate degli Arditi del popolo a Parma – 1922

Se dovesse raccontare a un ragazzo di oggi il valore e la “missione” degli Arditi del popolo cosa gli direbbe?
Credo che nei giovani si sia risvegliata una voglia di partecipazione alla vita politica e sociale, questo è molto positivo e smentisce i vari lamenti sulla disillusione e il disimpegno, lo si vede nelle mobilitazioni per il clima e ultimamente, nonostante le restrizioni del periodo, anche con la crescita del movimento antirazzista. Credo però che le giovani generazioni debbano porre molta attenzione e diffidare di chi dice che destra e sinistra sono superate (i loro valori di riferimento sono ben diversi e non si possono mettere da parte) e anche non confondersi in una categoria, oggi ambigua e indefinita, come quella di “popolo”. Il popolo a cui si riferivano, anche nel nome, gli Arditi antifascisti aveva una connotazione sociale, di classe, ben determinata, si identificava con il proletariato. Il popolo di cui molte forze politiche oggi si riempiono la bocca è un concetto che può invece contenere le peggiori pulsioni autoritarie. Voglio anche dire che gli Arditi del popolo praticarono un antifascismo militante, di strada, uno scontro di livello paramilitare, armi alla mano: questo succedeva un secolo fa, perché quelli erano i tempi e il Paese era appena uscito da una cosa come la Prima guerra mondiale. La violenza era stata e continuava ad essere pane quotidiano di un’intera generazione. Oggi bisogna adoperare anche l’intelligenza, certo l’antifascismo ha delle buone pratiche nel presidiare i territori, ma credo non ci si debba mai ridurre all’esaltazione della guerra di strada.

Cosa, ancor oggi, non si è compreso del coraggio e delle azioni degli Arditi del popolo?
Una lettura storiografica “tradizionale”, che è anche diventata senso comune, identifica nel primo dopoguerra gli arditi (cioè i combattenti dei reparti d’assalto dell’esercito) con i fascisti. È vero che il nascente squadrismo fascista pesca parte della sua manovalanza nel malcontento dei reduci, e in particolare degli arditi, ma è altrettanto vero che una parte significativa di questi arditi (o ex-arditi) si schiera esattamente dall’altro lato della barricata, al fianco del movimento operaio e contadino. Ecco, questo può suscitare ancora qualche perplessità, ma nel libro cerco di raccontare esattamente i percorsi politici, e in taluni casi perfino psicologici, che determinano questi opposti schieramenti. Un discorso simile si potrebbe anche fare per l’impresa di Fiume di D’Annunzio, che non fu un’anticipazione del fascismo ma un magma ribollente che conteneva al suo interno pulsioni di ogni tipo; tra l’altro non pochi legionari fiumani diventeranno poi Arditi del popolo. Questo per dire che a volte ci si adagia su delle interpretazioni che nel loro schematismo sono rassicuranti perché tolgono di mezzo le problematicità, le conflittualità interne, mentre è proprio in queste pieghe della storia che talvolta si nascondono percorsi inaspettati.

Il giornale “L’Ardito del popolo”

Quali sono i suoi prossimi progetti editoriali?
Recentemente mi sono occupato della raccolta di fonti orali per la storia dell’anarchismo marchigiano degli anni Settanta: le interviste a protagonisti e testimoni diretti di una fase storica credo siano una fonte molto importante, anche se soggettiva e con tutti i limiti e le distorsioni della memoria individuale. Avere una registrazione di Argo Secondari, fondatore degli Arditi del popolo, che racconta la sua esperienza sarebbe una cosa formidabile, ma ovviamente è impossibile!
Il principale progetto editoriale che sto seguendo, ormai da diversi anni, è una rivista che si chiama “Malamente”: una rivista autogestita di critica sociale che con un piccolo gruppo redazionale e tanti collaboratori e collaboratrici pubblichiamo nelle Marche, ogni tre mesi. Siamo una rivista cartacea, ma abbiamo anche un sito online. Ogni tanto pubblico anche qualche articolo di storia, principalmente locale, non solo contemporanea, sempre per rintracciare le radici della sovversione sociale: quindi banditi, eretici, ribelli e rivoluzionari…

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