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Letto per voi… “Veranio” di Giovanni Peli

La Rubrica online “Piazza Navona” è felice di ospitare ancora una volta lo scrittore bresciano Giovanni Peli e di raccontarvi del suo ultimo romanzo Veranio (Edikit). Non perdete il consueto Incontro con l’Autore!

La trama

Giovanni Peli, “Veranio” (Edikit, 2023)

Un mondo post-apocalittico nato dalla scomparsa del petrolio, ovvero della sua forza (ri)generatrice. La civiltà deve procedere il suo inesorabile cammino verso una qualsiasi forma di “progresso” e crescita. Così, al posto dell’oro nero inizia a prodursi il veranio di cui l’Italia è ricca. Il veranio, però, può essere anche autoprodotto. Da qui ha origine il caos, l’apocalisse nella nell’apocalisse. Gli uomini sono gli uni contro gli altri, sempre più avidi. Fino a quando il giovane protagonista, un coraggioso e studioso bibliotecario, dai libri non ancora distrutti scopre come ottenere il veranio migliore e più puro. Non dovrà scostarsi molto dalla realtà e dall’origine del mondo stesso. Ad affiancare la Madre Terra vi è un’altra madre a creare l’umanità allattandola con la sua stessa vita. E se lo scopo di questo scenario apocalittico fosse quello di tornare lì, dove tutto è cominciato e dove tutto è più semplice?

Sul libro

Edikit

Dobbiamo essere onesti: Giovanni Peli è uno degli Autori più affezionati alla Rubrica online “Piazza Navona”. Abbiamo avuto modo di raccontarvi dei suoi precedenti lavori – Sulla soglia (scritto in tandem con Stefano Tevini) edito da Calibano, La vita immaginata (Lamantica) e Fermate la produzione! (Calibano). Con grande gioia oggi vi raccontiamo dell’ultima fatica dello scrittore bresciano edito da Edikit e dal titolo Veranio. Ancora una volta l’Autore realizza un romanzo distopico che, però, ha molti elementi in comune con la nostra realtà. Prima di tutto la Natura: lì dove tutto ha origine e tutto si trasforma e si distrugge per avere un nuovo inizio. E così, la vita. In Veranio la parola d’ordine è produzione.

Giovanni Peli, “Veranio” (Edikit, 2023)

A causa della scomparsa del petrolio, infatti, si deve trovare un altro combustibile, un altro mezzo per produrre energia – fisica, meccanica, vitale. Questo veranio sembra essere la materia più adatta a far camminare il mondo verso un futuro che pare andare a ritroso. Un mondo allo sbando: niente più punti di riferimento, niente sacerdoti e niente consolazione della Chiesa. “Ognuno per sé”, è questo il nuovo modo di vivere costruendo uno spaventoso quanto granitico individualismo preso d’assalto solo dai morsi della scutigera cane sempre pronta ad azzannare. In un mondo così oscuro l’unico obiettivo è sopravvivere producendo veranio. Inizialmente questa sostanza si produce camminando poiché così facendo la terra si ammorbidisce e favorisce il lavoro delle instancabili formiche che, appunto, sono le naturali e maggiori produttrici di questa sostanza.

Giovanni Peli, “Veranio” (Edikit, 2023)

Ma a livello industriale, come fare? Ed è qui che si torna alla Natura, all’essenziale, alla Creazione della Vita nel suo significato più ampio e profondo. Proprio per questo l’opera di Giovanni Peli è non solo da intendersi come un romanzo breve ben costruito nelle sue parti e nel suo equilibrio ma, soprattutto, un omaggio alla Vita attraverso la distopia più apocalittica. Niente fede di alcun genere, niente programmazione futura e futuribile intesa come evoluzione sociale, personale e culturale, niente conservazione. Solo meccanica produzione di una sostanza che mira alla sopravvivenza esclusivamente individuale. Ora, come società (per fortuna, almeno per ora) non siamo ancora a quei minimi livelli inventati da Giovanni Peli ma qualche analogia con i svariati punti di non ritorno salta fuori. Certo, Veranio non è un romanzo che vuole spaventare il Lettore di catastrofismo. Anzi, è esattamente il contrario. L’Autore vuole farci riflettere. Vuole farci capire, attraverso la sua storia, dove si potrebbe (o si può) arrivare in mancanza di umanità, di fiducia, di conservazione di ciò che siamo e di ciò che abbiamo. Non è un testo demagogico o utopico, però. Esso diventa un omaggio alle donne, alla loro forza e al loro bisogno di essere protette, tutelate, aiutate e, in certe circostanze, persino salvate. Questo è Veranio e, forse, tra le opere scritte da Giovanni Peli sino a oggi è quello più umano e riuscito. Di certo quello più autentico e parallelo alla nostra realtà.

Incontro con l’Autore

Lo scrittore Giovanni Peli (Per gentile concessione di Giovanni Peli)

Come nasce il progetto editoriale di Veranio?

L’idea era quella di raccontare un universo distopico e affrontare, attraverso una narrazione, alcuni temi cruciali della nostra contemporaneità, quali la fine delle risorse energetiche, lo sfruttamento sessista e soprattutto un tema eterno: l’avidità.

Veranio è un breve romanzo distopico ma non poi così lontano dalla realtà. La sua opera in cosa è vicina e lontana dall’attuale situazione storica e sociale?

Si è trattato di ingigantire gli effetti di alcune dinamiche che già sono sotto i nostri occhi.

Tra i protagonisti di Veranio a quale sente di essere più affine o affezionato? E perché?

Giovanni Peli, “Veranio” (Edikit, 2023)

Il protagonista sono io, c’è un aspetto autoironico e autobiografico nel libro. Ciò comunque non è la parte più importante secondo me, è una sorta di elemento decorativo.

Perché ha deciso di ambientare la storia di Veranio in luoghi ben precisi e reali della Lombardia?

Per immaginare bisogna innanzitutto osservare, quindi ho immaginato le trasformazioni di un paesaggio che continua ad affascinarmi nonostante lo veda quasi tutti i giorni. Mi riferisco in particolare al Sebino, il Lago d’Iseo. Resterà sempre un posto magico per me, e allo stesso tempo familiare. Non credo che possa smettere di affascinare la natura, e più la conosciamo, più resta misteriosa, quindi la ricerca non è mai finita. Ciò avviene per ogni aspetto della realtà, e ancora di più se, oltre all’osservazione, la sottoponiamo a un esercizio di immaginazione. Potenzialmente possiamo immaginare qualsiasi cosa. Ma questa strana libertà che abbiamo di creare e di immaginare, è in realtà fonte di smarrimento e angoscia: è la pagina bianca, di cui molti hanno parlato. Eppure per trovare un appoggio e liberarsi dal “blocco” basta pensare che abbiamo del materiale, questo può essere: creta, colori, 12 note, oppure anni di osservazione, anni di studio, parole, capitoli, organizzazione mentale, personaggi, una trama, un sentimento, una critica sociale, voglia di satireggiare. Ecco dunque che anche io mi sono messo al lavoro e ho intuito che un posto reale, abitudinario, porta con sé l’inquietante, così come un personaggio può apparire ordinario e invece nascondere molte sfaccettature nel carattere che lo rendono più originale ma anche più credibile.

Lo scrittore Giovanni Peli (Per gentile concessione di Giovanni Peli)

In Veranio, ambientato in questo futuro futuribile e senza petrolio, resistono i libri. Ecco: secondo lei, quali sono la funzione e la responsabilità dello strumento libro in relazione al tempo e alla conservazione della memoria?

In questo mondo distopico ho “salvato” i libri non per motivi passatisti o “conservatori”, tutt’altro: l’oggetto libro è frutto di una tecnologia avanzatissima che modificandosi nel tempo ha dimostrato di essere “resistente”. La tecnologia oggi ci dà altre opzioni valide che si affiancano al libro cartaceo, senza sostituirlo. Il rischio dell’oblio invece è continuo e anch’esso angosciante, basti pensare a parole che non si usano più, alla scomparsa dei dialetti: come animali in via di estinzione sono da ricordare, da salvaguardare. L’arte può farlo, o almeno può rendere più visibile questo problema. “Quante parole non ci sono più” diceva il grande poeta Mario Benedetti, in una poesia su cui ho scritto la canzone Accorgetevi vari anni fa. E se svaniscono le parole possono svanire pezzi della nostra Storia, rendendoci incapaci di capire il presente e di prevedere, almeno in parte, il futuro. In Veranio l’analfabetismo è tornato e solo un’élite comunica ancora scrivendo. Le persone che riescono a comunicare hanno una personalità istrionica e sono mosse soprattutto dall’avidità. Anche questo del resto è un punto che fa satira del contemporaneo, basta tenersi aggiornati sui social, dove la confezione oggi conta più del contenuto. Una bella faccia spigliata è indispensabile anche per parlare di libri, e questo parlare è ridotto a una serie di slogan, per lo più. Ciò avviene anche nel mondo della canzone e in altre forme d’espressione, non solo artistica.

Giovanni Peli, “Veranio” (Edikit, 2023)

Perché ha deciso di concentrarsi in particolar modo nel genere distopico?

Penso che sia un modo a me congeniale di parlare della realtà e di riflettere su essa. Inoltre in questo genere letterario mi sento più libero di esprimermi che non nella poesia, genere che ho a lungo frequentato. Affrontando certi temi impegnati, nella versificazione, in poesia o anche nelle canzoni, corro il grave rischio della retorica, della frase fatta, o della vuota pedanteria. Ciò è dovuto alla gravità della parola poetica, ai suoi ritmi, al patto che instaura con il lettore, che è spesso a sua volta poeta o critico. Queste dinamiche riguardano dunque la scrittura e anche la fruizione. Inficiano la mia possibilità di agire. Nella narrativa (che pur, a mio parere, deve conservare tratti poetici) mi muovo invece su territori differenti. Altri ritmi, altre riflessioni, e mi pare che anche le mie numerose e continue letture vengano meglio convogliate, che siano più fruttuose nella creazione di un immaginario in cui si muovono i personaggi, piuttosto che nella creazione di un sistema poetico.

Lo scrittore Giovanni Peli (Per gentile concessione di Giovanni Peli)

Sulla soglia (scritto in tandem con Stefano Tevini), La vita immaginata, Fermate la produzione! e Veranio sono tutte sue creature. In cosa si differenziano e si collegano l’una all’altra? E, soprattutto, cosa le hanno insegnato? 

Sulla soglia è un lavoro più pop da un punto di vista stilistico, e del resto quella è la sua forma: parliamo di un futuro molto vicino a noi, c’è un’urgenza comunicativa legata alla realtà. La vita immaginata presenta delle prose distopiche all’interno di una raccolta di poesie che riflettono sul rapporto con la natura, con la malattia, con la possibilità di comunicazione tra le persone: riflette su cosa perdiamo e cosa acquisiamo nel rapporto con gli altri, siano essi amici, amanti, genitori; riflette sulla possibilità di una forma pura e veritiera di comunicazione, separata dal materialismo, dal cinismo e dai frutti del neoliberismo con la sua logica imperante dell’arrivismo e dello sfruttamento (o autosfruttamento). La distopia lì, inoltre, deriva direttamente dalla situazione anomala che abbiamo vissuto durante la pandemia. In questo testo composito compare anche una visionarietà che sboccerà in Fermate la produzione!, dove la narrazione si sviluppa attraverso capitoli che a volte sono lineari, altre volte completamente visionari, perché in questo testo si incrociano la realtà, il metaverso e una nuova forma di percezione, un punto di vista di un’umanità che ha poteri mentali nuovi, sconosciuti.

Giovanni Peli, “Veranio” (Edikit, 2023)

Così come sconosciuto è il nuovo corpo degli uomini che rifiutano la tecnologia e vogliono vivere nella natura: è un corpo che cambia, tentando di adeguarsi  ai cambiamenti ambientali, come se ere geologiche passassero con incredibile velocità. Questo è un libro a cui tengo moltissimo proprio perché sta in equilibrio continuo tra vari livelli di scrittura e di percezione. In Veranio immagino un mondo ancora più in là nel tempo e mi muovo sui più consueti territori della letteratura distopica, ambientando la vicenda in un paesaggio post-apocalittico. Non mancano però anche in questo caso simboli magici e un mondo onirico parallelo….

Secondo lei, la caccia al nettare in grado di sostituire l’oro nero è qualcosa di realmente possibile?

Giovanni Peli, “Veranio” (Edikit, 2023)

L’unica cosa di cui sono certo è che l’avidità sarà sempre un “motore” delle azioni umane, e che queste azioni da essa scaturite saranno distruttive e ignobili. Quindi qualsiasi oro, qualsiasi potere, desteranno le peggiori azioni degli uomini contro altri uomini. 

Nel suo romanzo che ruolo ha la Natura rispetto all’agire umano?

Nonostante ciò che continuamente infliggiamo alla Natura, essa troverà il modo di reagire attraverso piani misteriosi che noi non conosciamo: questi fenomeni restano sempre al di fuori della nostra completa comprensione.

Quale vuole essere il messaggio della sua scrittura e della sua distopia?

Non ho risposte, preferisco fare domande, tentare di mostrare la complessità della realtà e dei problemi dell’oggi come quello del cambiamento climatico. Certo l’uomo ha bisogno di trovare strumenti per reagire ai soprusi, e, quindi per lottare anche contro altri uomini, se necessario. Queste energie – talvolta drammatiche – scaturiscono da una magma passionale che è il medesimo groviglio da cui si dipanano gli affetti più tenaci, lo spirito di sopravvivenza, le spinte altruistiche e la solidarietà contro ogni logica di utilità.

Giovanni Peli, “Veranio” (Edikit, 2023)

Quali sono i suoi prossimi progetti editoriali e professionali?

Mi vorrei mettere alla prova con un saggio letterario, una sorta di commento/interpretazione di una breve poesia che svisceri l’ispirazione dell’artista e tenti di fare considerazioni più generali, una sorta di saggio sul valore umano, solidale, infine etico, della letteratura. Affronterà il tema della “trasformazione”. Sto cominciando a organizzare le idee e sto studiando un tortuoso percorso, ma è ancora molto presto per parlarne, sarà un lungo lavoro. Inoltre vorrei tornare a scrivere “in tandem” con Stefano Tevini

 

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