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Letto per voi… “Dizionario acquatico felliniano” di Massimo Baroni

La Rubrica online “Piazza Navona” ha letto per voi Dizionario acquatico felliniano di Massimo Baroni (Oligo Editore). Il cinema di Federico Fellini osservato da un nuovo punto di vista: l’acqua. E non perdete l’Incontro con l’Autore!

La trama

Massimo Baroni, “Dizionario acquatico felliniano” (Oligo Editore, 2023)

Dizionario acquatico felliniano è l’interessantissimo testo di Massimo Baroni attraverso il quale è possibile osservare il cinema del regista riminese attraverso un insolito e curioso punto di vista: l’acqua. Di questo elemento, infatti, è imperniata l’intera filmografia di Federico Fellini divenendo il riflesso di una società, di un modo di sentire nonché dell’inconscio, del subconscio, del rapporto con il tempo e della percezione che il regista stesso prova e desidera esprimere. Dalla voce “Aereo” a “Vento”, trentuno parole chiave della produzione filmica di Fellini raccontano e mostrano – attraverso i numerosi richiami a film e alle loro scene, ai riferimenti a Il libro dei sogni e alle opere di Carl Gustav Jung e di Ernst Bernhard, psicoanalista del regista – il genio, la creatività, la nascita e lo sviluppo delle idee e fantasie oniriche tradotte in fotogrammi sul grande schermo.

Sul libro

Oligo Editore

È ottobre 2023 quando Oligo Editore pubblica nella Collana “i saggi” l’opera prima dell’ingegnere elettronico reggiolese Massimo Baroni dal titolo Dizionario acquatico felliniano. Chiunque ami il cinema italiano e, in particolar modo, il cinema onirico di Federico Fellini non può non apprezzare, leggere e amare questo interessante e illuminante volume. Sì, perché l’Autore offre uno sguardo sul cinema felliniano da un inedito e curioso punto di vista: l’acqua. Quest’ultima, infatti, ad eccezione del film Il bidone (1955) dove compare assai relativamente, risulta essere protagonista assoluta della filmografia di Fellini, o meglio, ulteriore chiave di lettura per comprendere il suo genio e la profondità della sua filmografia. Da Luci del varietà (1950) a E la nave va (1983) passando per La dolce vita (1960) e 8 e ½ (1963), tutto il cinema di Federico Fellini ruota attorno a questo elemento che, se osservato bene come fa lo stesso Massimo Baroni, diviene il termometro della sensibilità e del sentire del regista ma anche il riflesso del mondo circostante che, volente o nolente, influenza e permea l’opera felliniana.

Massimo Baroni, “Dizionario acquatico felliniano” (Oligo Editore, 2023)

L’Autore, però, si pone anche un’interessante domanda: ma Federico Fellini era consapevole di questo uso così particolare dell’acqua? Oppure tutto è avvenuto naturalmente e quasi per caso? Federico Fellini sapeva cosa avrebbe potuto simboleggiare il getto d’acqua della Fontana di Trevi, la scelta di far bagnare l’asfalto ne Le notti di Cabiria (1957) per la scena della passeggiata notturna, l’acqua della laguna di Venezia del suo Casanova e ancora, il mare, la pioggia, le terme, le gocce, i pesci che compaiono all’interno dei diversi film? Anche queste domande sono centrali nel Dizionario acquatico felliniano.

Massimo Baroni, “Dizionario acquatico felliniano” (Oligo Editore, 2023)

Importante in tal senso sono le diverse tipologie della rappresentazione dell’acqua individuata da Baroni nel cinema di Fellini: vitale, stagnante, inanimata e quella che penetra all’interno della materia corrodendo e invadendo tutto ciò che incontra. Nei primi film del regista, infatti, essa è onnipresente e appare viva, anzi vivissima (…) il mondo tracima d’acqua ed essa è gioia pura, fiamma, rinascita (pensiamo a Luci del varietà, 1953); in seguito, la sua impetuosità rallenta divenendo persino stantia, stagnante. Scompaiono le fontane, i fiumi mentre compare la terra e l’acqua si fa vapore, umidità avvolgendo come una nube l’onirismo e i sogni del regista (come ne La dolce vita, Satyricon e Roma, rispettivamente del 1960, 1969 e 1972); ne La voce della luna (1990, ultimo film di Fellini), infine, l’acqua è impercettibile, eterea, c’è ma non si vede rappresentando la distanza da una società sempre più priva di creatività, colore, volontà e di energie seppur spesso trattenute.

Massimo Baroni, “Dizionario acquatico felliniano” (Oligo Editore, 2023)

Attraverso l’acqua e lo studio di Jung e di Bernard, Fellini penetra sin nella profondità dei suoi film, infilandosi e permeando fotogramma dopo fotogramma, idea dopo idea. In fondo, lo stesso Fellini è un fiume in piena di idee, di quella sensualità che le sue storie e i suoi personaggi trasmettono, di storie in bilico tra sogno e realtà dove fantasmi, ricordi, critica del momento e del presente non mancano mai. Fellini è l’acqua che racconta e che mostra attraverso i suoi diversi stadi che divengono proiezione del suo essere e cartina tornasole della percezione realtà e del suo fare cinema.

Dobbiamo dirlo: Massimo Baroni è stato bravo, molto bravo. Questa sua opera prima che ha ottenuto una menzione speciale al concorso “Inedito – colline di Torino” 2022 è utilissima per meglio comprendere la poetica e la regia felliniana. Come già scritto, tutti coloro che amano la storia del nostro cinema e apprezzano il cinema di Federico Fellini non possono perdere l’occasione di leggere questo libro-dizionario. Un testo che si offre a tutti, “addetti ai lavori” e appassionati. Tutti indistintamente nelle pagine di questo libro troveranno studio, attenzione e dedizione nonché l’occasione per ritrovare e riscoprire i film di Federico Fellini attraverso un nuovo punto di indagine.

Incontro con l’Autore

Lei è un ingegnere elettronico e lavora in una multinazionale di macchine agricole: come è avvenuto il suo primo incontro con la scrittura e con il cinema?

Diciamo che sono un ingegnere elettronico atipico in quanto ho scelto ingegneria dopo avere conseguito una maturità classica. L’amore per la lettura, la scrittura ed in un secondo tempo il cinema è quindi un qualcosa che mi accompagna fin da quando ero ragazzo, al di là delle scelte professionali sulle quali hanno pesato da un lato le mie capacità in ambito logico-matematico e dall’altro la voglia di inserirmi in maniera ‘forte’ nel mondo del lavoro.

Dal racconto al saggio: in quale genere e stile sente di sentirsi a suo agio? E in che modo si relaziona e si approccia ad essi?

Massimo Baroni, “Dizionario acquatico felliniano” (Oligo Editore, 2023)

Il saggio è un genere che sento molto mio perché una parte per me fondamentale del lavoro creativo è quella dedicata allo studio e alla ricerca e al successivo lavoro di associazione e combinazione fra i vari spunti, combinazione che spesso dà origine a intuizioni che costituiscono per me la parte più bella della mia passione per la scrittura. Questo è del resto il motivo per cui nel mio saggio si ritrovano spesso accostamenti un po’ insoliti e arditi, perché è proprio lavorando su questi accostamenti che la mia curiosità si autoalimenta e mi permette di entrare più a fondo nella materia che sto indagando. Per quanto riguarda i racconti invece devo dire che non penso di essere molto bravo ad inventare storie, né forse mi interessa molto farlo, e infatti la maggior parte dei miei racconti ha sempre qualcosa di autobiografico dentro o deriva da conversazioni o testimonianze raccolte in giro che per qualche motivo mi hanno colpito. Anche i racconti da questo punto di vista sono per me un modo per prendere qualcosa di esterno e provare a farlo mio oppure per mettere la mia esperienza su un piano narrativo che mi permetta di comprendere e di comprendermi meglio.

Come è nata l’idea di Dizionario acquatico felliniano? Perché ha deciso di prestare particolare attenzione all’acqua presente nel cinema del regista riminese?

Federico Fellini

L’idea del saggio nasce da una visione di La dolce vita nella quale per la prima volta rimasi colpito dalla vitalità che esplodeva nelle inquadrature di Fellini e da come le fontane presenti in quel film sembrassero veicolare quella stessa vitalità. Partendo da quell’embrione e con l’intenzione di scrivere un articolo ho rivisto via via tutti i film del regista e sono rimasto impressionato dalla moltitudine e dalla varietà dei riferimenti all’acqua presenti nell’opera di Fellini. Analizzando tutti questi dettagli in maniera molto sistematica (ingegneristica verrebbe da dire) ho compreso che l’acqua oltre che essere uno splendido strumento espressivo nelle mani del regista era anche una chiave perfetta per leggere e dare un senso a tutta l’evoluzione della sua opera. Questo mi ha portato a fare crescere quel primo abbozzo di articolo in un vero e proprio saggio di più di duecento pagine.

Quali ricerche ha compiuto e in che modo si è documentato per la realizzazione e la stesura del suo saggio?

Massimo Baroni, “Dizionario acquatico felliniano” (Oligo Editore, 2023)

I materiali principali che ho utilizzato sono state innanzitutto le opere di Fellini, intendendo per opere non solo i film ed i mediometraggi, ma anche i film intervista (come Block-notes di un regista e Io sono un gran bugiardo), i suoi libri, le sue interviste ed il suo bellissimo e fondamentale libro dei sogni. In secondo luogo, ho studiato diversi saggi critici sul cinema del regista riminese e qualche libro di antropologia che aveva come tema diretto o indiretto l’acqua. Fondamentali sono stati poi i libri di psicologia, innanzitutto quelli di C.G. Jung (amatissimo da Fellini stesso) e l’unico libro (Mitobiografia) scritto dal terapeuta che aveva in analisi il regista negli anni sessanta, ossia Ernest Bernhard.

Qual è stata la parte, l’idea o la fase più complessa da realizzare e da tradurre su carta del suo saggio?

Massimo Baroni, “Dizionario acquatico felliniano” (Oligo Editore, 2023)

La parte più complessa è stata dare una struttura a tutti gli appunti che avevo scritto ed a tutte le meravigliose associazioni che ero riuscito a creare (meravigliose dal punto di vista della mia crescita personale). Devo dire che la mia formazione tecnico-ingegneristica mi ha aiutato molto, perché dopo una prima fase iniziale di sconforto data dalla mole di materiale, ho costruito una griglia che è divenuta via via un piano preliminare dell’opera dentro la quale ho iniziato ad incasellare tutti i miei appunti. Partendo da questo schema ho poi diviso il lavoro in unità e mi sono dato degli obiettivi settimanali (numero di unità per ogni settimana) che mi consentissero di non essere scoraggiato dalla lontananza rispetto alla metà ma di avere sempre chiaro davanti a me cosa dovessi fare nel breve termine. Devo dire che mi è piaciuta molto questa commistione tra i due lati della mia formazione e della mia personalità (mi ha arricchito molto, oltre ad avermi consentito di arrivare al risultato!)

Cosa la attrae maggiormente del cinema di Federico Fellini?

Federico Fellini

Prima di realizzare il saggio avrei risposto che ciò maggiormente mi attrae del suo cinema è la bellezza delle immagini e la sapienza miracolosa con cui usa la macchina da presa. Basta guardare i primi dieci minuti di 8 e 1/2 per capire di cosa parlo e rimanere folgorati dalla meraviglia. Dopo il saggio invece rispondo che ciò che più mi colpisce e mi attrae oggi è la straordinaria coerenza che contraddistingue tutte le opere di Fellini, una coerenza profondamente intima che affonda le proprie radici in un lavoro continuo e spesso doloroso di scavo che il regista ha fatto dentro sé utilizzando la macchina da presa.

Secondo lei, perché Federico Fellini (anche se con grande gioia) continua ad essere oggetto di molteplici analisi, indagini e critiche cinematografiche? Cosa c’è ancora da scoprire e da analizzare della sua filmografia?

Massimo Baroni, “Dizionario acquatico felliniano” (Oligo Editore, 2023)

Su Fellini si scrive tanto, è vero, però da quanto ho letto io, almeno negli ultimi dieci anni è veramente difficile trovare qualche spunto nuovo che getti nuova luce sulla sua opera. Da questo punto di vista spero nel mio piccolo di avere dato un contributo aggiungendo qualche elemento di novità in una bibliografia di per sé immane. Io penso che Fellini sia ancora oggi oggetto di molte analisi perché alla fine era un regista ancorato alla società, uno dei pochi grandi vecchi che per esempio ancora negli anni Ottanta e Novanta non si stancava di rimanere immerso nella società ed analizzarla nelle sue opere (si vedano su tutte Ginger e Fred e La voce della luna). Inoltre, un altro motivo per cui le sue opere continuano ad affascinare è che esse, oltre ad essere radicate nella società, sono anche proiettate in un mondo altro, onirico e simbolico, un mondo che è talmente ricco di riferimenti personali che ogni spettatore può trovarvi qualcosa di diverso, ancora oggi, a distanza magari di cinquanta sessanta anni dalla realizzazione del film. Del resto, se la gente si affolla nei musei per vedere le opere dei nostri grandi pittori e scultori dei secoli passati, ha perfettamente senso che la gente continui a guardare ed a parlare delle opere di questo grande regista.

Massimo Baroni, “Dizionario acquatico felliniano” (Oligo Editore, 2023)

A quale voce del suo dizionario è, se così posso dire, più legato? E quale crede sia la massima rappresentante e costante del cinema di Fellini?

La voce del dizionario a cui sono più legato è probabilmente ‘fuoco’, proprio per il paradosso che rappresenta l’inserire questo elemento in un dizionario che parla di acqua e proprio perché questo paradosso è rappresentato da Fellini stesso a più riprese nei suoi film. Il fuoco immerso nell’acqua veicola un senso profondo e bellissimo, quasi come se Fellini volesse farci vedere l’anima profonda che muove tutta la sua visione, un’anima che si erge solitaria a margine a volte di un mondo caotico in cui l’acqua scorre e scompiglia ogni cosa ed a volte ristagna facendo perdere ogni speranza. Volendo invece identificare l’elemento che con la sua evoluzione di film in film permette di seguire più direttamente la mutazione della poetica felliniana, direi che non si possa non citare il mare, il quale si trasforma da bacino immenso dal quale scaturiscono miraggi a suo modo divertiti, ad un serbatoio di visioni inquietanti, fino a divenire un telo di plastica che pare soffocare ogni cosa e che sembra accostarsi alla morte.

Lo scrittore Massimo Baroni (Per gentile concessione di Massimo Baroni)

Secondo lei, cosa ancora c’è da scoprire del cinema di Federico Fellini? Quale eredità ci ha lasciato il Maestro?

Da un punto di vista filologico, se così si può dire, penso che ci sia ben poco da scoprire ancora nel cinema di Fellini. Penso invece che la forza della sua cinematografia e la sua capacità di parlare ancora all’oggi e di fare parlare l’oggi risieda nelle mille associazioni che partendo dalla sua opera si possono fare, nei mille riverberi che i suoi temi così personali ed insieme universali possono ancora riservare ad ogni spettatore. Fellini ci ha lasciato una grandissima cinematografia permeata da mille influenze e resa viva da una straordinaria coerenza di fondo. Fellini è stato un artista vero, totalizzante e totalitario, unico, che ha parlato di sé ed a sé, senza mai scendere a compromessi. Da questo punto di vista è stato un artista libero e non condizionato e questo per me è uno dei suoi grandissimi lasciti.

Massimo Baroni, “Dizionario acquatico felliniano” (Oligo Editore, 2023)

Quali sono gli Autori e le opere che hanno formato il suo essere scrittore e lettore?

Come dicevo sopra l’amore per la scrittura e la lettura ha sempre fatto parte di me, fin da quando ero ragazzo. Focalizzandomi sulla saggistica devo dire che mi hanno sempre affascinato i saggi di antropologia ed etnografia, probabilmente perché in essi riescono a convivere l’approccio scientifico e quello umanistico, i due approcci che contraddistinguono anche il mio modo di affrontare i saggi. Da questo punto di vista il mio autore preferito, quello che più di tutti ammiro e stimo, è Ernesto de Martino, il quale non solo aveva una preparazione teorica nei due ambiti indicati sopra ineccepibile, ma a questa univa anche una scrittura lucida e potente che è sempre stata fonde di grande ispirazione per il sottoscritto.

Massimo Baroni, “Dizionario acquatico felliniano” (Oligo Editore, 2023)

E nel cinema, quali sono i film e i registi che la hanno avvicinata alla Settima Arte?

Il mio amore per il cinema nasce al liceo classico e precisamente quando l’allora professore di storia dell’arte, durante una lezione che ci stava facendo sul manierismo, ci fece vedere La ricotta di Pasolini. Da quel momento capii che il cinema poteva essere anche quello e me ne innamorai. Forse per questo motivo Pasolini divenne il mio primo grande amore cinematografico, amore al quale affiancai presto quello per Buñuel, Ferreri, Fellini e via dicendo.

Massimo Baroni, “Dizionario acquatico felliniano” (Oligo Editore, 2023)

Sto per farle, forse, una domanda difficile cui rispondere: qual è il film di Federico Fellini che preferisce? E perché?

Se il film che reputo il più bello di tutti è 8 e 1/2 e quello che reputo il più vero è Il Casanova, devo però dire che quello a cui sono più affezionato è Le notti di Cabiria. Non so bene spiegare perché, può essere che questo derivi dalla interpretazione fantastica di Giulietta Masina o dal modo favoloso in cui Fellini ritrae gli angoli più remoti di Roma, fatto sta che questo film riesce a farmi risuonare qualcosa dentro che gli altri film non arrivano a far risuonare.

Oggi c’è un ulteriore voce che aggiungerebbe al suo Dizionario acquatico felliniano? Se sì, quale?

In realtà no, direi di avere coperto tutto lo spettro acquatico felliniano con le mie trentuno voci!

Massimo Baroni, “Dizionario acquatico felliniano” (Oligo Editore, 2023)

Nel suo libro definisce Federico Fellini “un rigattiere della visione”. Può spiegarci il perché di questa sua affermazione?

Definisco Fellini ‘rigattiere della visione’ per la sua capacità di prendere frammenti di mondo abbandonati e farli parlare nei suoi film. Grazie a questi elementi a volte sembra di imbattersi in rottami buttati lì per caso e questo, unitamente al fatto che certe situazioni sembrano già date e viste, comunica l’idea straniante di essere di fronte a resti di antiche civiltà o di altre scenografie di film realizzati prima. Quando questo accade l’umanità che percorre la Terra sembra una umanità scampata oppure i vivi d’un tratto e paurosamente ci appaiono come spettri che si aggirano persi in lande desolate. Per fare qualche esempio mi viene in mente la struttura metallica sulla quale giocano i bambini in Le notti di Cabiria e che poi si ritrova in riva al mare nel finale di La dolce vita. Oppure ancora i teli di plastica che Fellini vede per caso usati nelle melonaie intorno a Roma e che divengono poi il mare delle sue ultime pellicole.

Massimo Baroni, “Dizionario acquatico felliniano” (Oligo Editore, 2023)

Quali sono i suoi prossimi progetti editoriali?

Attualmente sto lavorando ad una serie di racconti a tema autobiografico e padano.

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