Anna Magnani – Frammenti d’Attrice, ritratto di Donna

Anna Magnani
Anna Magnani

Il 7 marzo 1908 nasceva a Roma Anna Magnani. Chiara Ricci, studiosa dell’attrice e storica del Cinema e del Teatro, le dedica un omaggio per non dimenticare la grandezza di tanto talento e la forza di una personalità fragile quanto il cristallo più pregiato.

Ogni qualvolta mi ritrovo a scrivere, raccontare e a far conoscere cosa e chi sia stata (e continua ad essere) Anna Magnani è per me una grande ma anche una notevole sfida: non si può parlare di Anna Magnani senza pesare e scegliere accuratamente ogni singola parola che le si dedica. Naturalmente né per eccesso di zelo né per ostentazione o fanatismo ma solo per una profonda, sincera forma di rispetto – umano e professionale – che questa donna assolutamente merita e, giustamente, pretende. Molto è stato scritto, descritto, pensato, raccontato e inventato di Anna Magnani. Troppe volte non si è riusciti a separare l’attrice dalla donna e questo fatto invece di giocare a suo favore l’ha spesso penalizzata creando di lei un’immagine di donna chiassosa e senza una precisa forma. E mai errore più grave era da commettersi per accorgersene quando ormai era troppo tardi. Non è affatto mia intenzione scrivere una sorta di agiografia di un’attrice ma di riuscire, quanto più possibile, a tracciare un ritratto quanto più veritiero di una donna che ha fatto della sua Arte la sua vita e della sua vita la sua forza.

Anna Magnani alla fine degli anni Sessanta
Anna Magnani alla fine degli anni Sessanta

Anna Magnani si iscrive (convinta da un giovane Paolo Stoppa) alla Reale Scuola di Recitazione “Eleonora Duse” (l’odierna Accademia d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”), nel 1926, dopo aver frequentato l’adiacente Conservatorio di Santa Cecilia studiando pianoforte.

Eppure la Magnani non termina il suo corso di studio per ottenere il diploma in recitazione poiché durante il saggio di fine corso del primo anno – nel 1927 – viene notata da Dario Niccodemi, uno dei più importanti e famosi impresari dell’epoca che, stupito dal suo talento, la scritturara nella sua compagnia per una tournée nel Sud America. Ed è così che ha inzio la carriera di Anna Magnani che in un’intervista dichiara, Ho anche capito che non ero nata attrice. Avevo solo deciso di diventarlo, nella culla, tra una lacrima di troppo e una carezza di meno[1].

Una giovanissima Anna Magnani
Una giovanissima Anna Magnani

Infatti, l’infanzia di Anna Magnani non è delle più serene. Figlia di padre ignoto e abbandonata dalla madre per raggiungere Alessandria d’Egitto e ricrearsi una famiglia, Anna resta a Roma dove vive con uno zio, la nonna materna e cinque zie: un vero e proprio gineceo! Solo in seguito la Magnani raggiungerà per un breve periodo sua madre in Egitto rendendosi conto di non poter contare su di lei. Forse è in questo momento che nasce in Anna quell’assoluto bisogno di affetto e di certezze accompagnandola e inseguendola per tutta una vita. L’esperienza con la Compagnia di Niccodemi segna moltissimo la formazione artistica di Anna Magnani che ama il Teatro incondizionatamente : Come si fa a descrivere, parola per parola, i colori, gli odori dei ricordi, il teatro vuoto dopo lo spettacolo, il panino mandato giù in fretta e furia, l’odore del sudore nei camerini di provincia, il rubinetto del lavandino che sgocciola tutta la notte e ti fa impazzire, quelli del piano di sopra che fanno l’amore, le prove, il sonno che non arriva, il bottone da attaccare, il trac, la pioggia, il lavandino ingorgato[1].

In questi anni la Magnani impara cosa vuol dire recitare, costruire un personaggio e a come adattarlo, come fosse un abito, alla propria persona e alla propria personalità. In particolar modo conosce le ferree gerarchie teatrali: Per un attore la migliore scuola è il palcoscenico. Seconda me bisogna che colui il quale vuol diventare attore abbia il coraggio di fare il generico; di cominciare da «la signora è servita»; di esordire insomma dal gradino più basso. Questo tirocinio è utilissimo perché si compie davanti a un pubblico vero, a un pubblico che giudica senza riguardi. L’attore sente se gli spettatori lo seguono o non lo seguono, istintivamente si corregge, è costretto a studiarsi, impara. E impara anche osservando come si muovono e come parlano gli altri. Così si gettano le prime vere basi di un attore. Confesso di parlare per esperienza personale, però sono certa che se molti di coloro che si dedicano al cinema compiessero questo tirocinio, se ne vedrebbero ben presto i risultati visibili e sensibili. La verità è che nessuno oggi ha il coraggio di guadagnare poco e di battere una strada faticosa e ingrata. Però è la sola che esista. Tutte le altre, scuole per attori comprese, non portano a nulla o danno scarsissimi risultati[3].

Anna Magnani e Totò
Anna Magnani e Totò

La Magnani entra in contatto con i vari generi teatrali passando dai ruoli brillanti offerti dalla Compagnia di Dario Niccodemi (come in Trinagoli di Dino Falconi e Oreste Biancoli e in Laboremus di Sabatino Lopez), da Antonio Gandusio (al fianco del quale, nel 1932, recita in Tifo! di Celso Maria Poncini e Roberto Biscaretti) e dalla Compagnia di Guido e Giorgio De Rege – il duo della famosa battuta “vieni avanti cretino!” – sino ad arrivare a un teatro decisamente più impegnato come quello di cui si occupa la Compagnia del Teatro delle Arti prendendo parte in Anna Christie di Eugene O’Neill e ne La foresta pietrificata di Sherwood (1938 – 1939). Anna ha conquistato il suo spazio nel panorama teatrale italiano e inizia a muovere i suoi primi passi anche nel cinema sebbene il marito, il regista Goffredo Alessandrini (sposato nel 1935 e da cui divorzia nel 1942), ritenendo la sua bellezza affatto “regolare” per l’epoca, le sconsigli vivamente di recitare davanti a una macchina da presa. Per nostra (e sua) fortuna l’attrice non segue i consigli del marito debuttando, nel 1934, ne La cieca di Sorrento di Nunzio Malasomma cui seguono altri piccoli ruoli come quello offertole dallo stesso marito in Cavalleria (1936) dove è (intenzionalmente?) ripresa da lontano.

Ma arrivano gli anni Quaranta e per Anna arriva la consacrazione. Nel 1940 inizia il sodalizio artistico con Totò che dura sino al 1944 grazie a Michele Galdieri che scrive per loro ben quattro riviste: Quando meno te l’aspetti, Volumineide, Che ti sei messo in testa?, Con un palmo di naso. La Magnani successivamente porta in scena – tra il 1944 e il 1946 – le riviste Cantachiaro e Cantachiaro n.2 di Italo De Tuddo, Pietro Garinei, Sandro Giovannini, Franco Monicelli; Soffia so’ di Garinei e Giovannini e Sono le dieci e tutto va bene di Garinei, Giovannini e Marcello Marchesi. Anna Magnani è una celebrità e dal Teatro riceve le maggiori soddisfazioni. L’Italia in questo momento storico sta affrontando non pochi problemi e soprattutto dopo la sua entrata in guerra il teatro è l’unico luogo dove la gente ridere e dimenticare per un istante le proprie disgrazie.

Anna Magnani e Totò
Anna Magnani e Totò

Ricorda Elsa De’ Giorgi, Alla sua entrata, dalla platea, attraverso le quinte, giungeva qualcosa che non era rumore, bensì come l’ansito di un tumultuare trattenuto da un silenzio irresistibile. Solo la voce, le mille voci della Nanna, burlesche, infantili, brune di improvvisa mestizia, si intridevano a quel silenzio caricandolo sempre più d’emozione. Il gesto largo della braccia levate al di sopra del capo triste e superbo, pareva concludere liberandola, tutta l’intensità che le sue parole e il suo canto avevano evocato fino a quel momento. Il pubblico esplodeva, allora, con impeto trascinante. Chiedeva innumerevoli bis, specialmente degli stornelli romaneschi dove per la prima volta udiva criticare, irridendole, tutte quelle cose che l’avevano tirturato fino allora. E la voce volutamente nasale della Nanna, da monellaccio romano, si insinuava, stimolando alla pasquinata, al motteggio, alla ribellione. Poi, in un attimo, il suo viso guizzante in un lazzo grottesco si distendeva nella vastità della malinconia; la sua voce risorgeva dalle profondità cupe del petto, e tutta quella gente passava dal riso al pianto con la stessa prodigiosa mutevolezza dell’artista[4].

Ma anche il cinema si interessa di lei. Roberto Rossellini la vuole per il ruolo della Sora Pina, la protagonista del suo prossimo film Roma città aperta. Anna Magnani si innamora immediatamente del suo personaggio, di questa donna e madre, compagna di un uomo che stampa manifestini clandestini e che lotta con la Resistenza. È una donna troppo grande la Sora Pina e Anna non può lasciarsela scappare…soprattutto quando viene a sapere che Clara Calamai è pronta a sostituirla (come già aveva fatto, nel 1942, per il film di Visconti Ossessione a causa della sua gravidanza troppo “evidente”).

Anna Magnani e Jean Cocteau
Anna Magnani e Jean Cocteau

La Magnani accetta di prender parte a questa avventura con Rossellini che scrive i suoi appunti sulle scatole dei fiammiferi, i soldi che scarseggiano, le riprese che si interrompono, la pellicola che a Roma non si trova, la corrente elettrica che viene a mancare e che si prende “a prestito” di nascosto da una “casa chiusa”. Ma nessuno pensa mai a fermarsi. Rossellini con la sua magistrale regia riesce a rendere questo film immortale e a fare di Anna Magnani la donna simbolo del periodo bellico e postbellico italiano in ogni sua forma: moglie, madre, amica, amante, compagna… Tutte le donne si identificano in lei soprattutto nella scena della sua folle corsa dietro la camionetta dei tedeschi che le porta via il suo uomo e lei incinta mentre corre viene trafitta da una raffica di proiettili facendola cadere sul selciato. Con questa scena Rossellini e la Magnani hanno  dato voce a un popolo gridando al mondo le sofferenze, anche quelle interiori. Infatti, durante la lavorazione di questo film, Rossellini perde il figlio Romano a causa di una peritonite e di lì a poco Luca, il figlio della Magnani, si ammala di poliomielite.

Anna Magnani e Roberto Rossellini
Anna Magnani e Roberto Rossellini

Ed è tutto questo dolore condiviso a far nascere tra i due quel forte e passionale sentimento che li ha uniti sino a soffrirne fatto anche di gelosie e ripicche. Fin quando Anna non viene insultata davanti al mondo, come donna e come attrice, dal tradimento di Rossellini con Ingrid Bergman da cui scoppia una guerra cinematografica, quella “dei vulcani” che la porterà a girare a Vulcano l’omonimo film diretto di William Dieterle mentre l’attrice svedese a Stromboli viene diretta da Rossellini in Stromboli – Terra di Dio. Ma questa è un’altra storia.

Anna Magnani sul set di "Vulcano" di William Dieterle
Anna Magnani sul set di “Vulcano” di William Dieterle

La Magnani dà tutta se stessa per la perfetta riuscita di Roma città aperta, senza risparmiarsi né fermarsi mai: la mattina è sul set e il pomeriggio a teatro passando dal registro drammatico al comico. Rossellini con il suo ingegno è riuscito a portare sullo schermo non storie improbabili e falsate ma rappresenta esattamente la verità, l’immagine reale di ciò che si vede e si vive a Roma in quel periodo. Racconta l’attrice, Io della scena della morte non ho fatto prove. Con Rossellini, che è stato quel grande regista che è stato, non si provava. Lui sapeva che, preparatomi l’ambiente, io poi funzionavo. Durante l’azione del rastrellamento, quando sono uscita dal portone, all’improvviso ho rivisto le cose… sono ripiombata al tempo in cui per Roma portavano via i giovani. I ragazzi. Perché era popolo-popolo quello che stava addossato contro i muri. I tedeschi erano tedeschi-tedeschi presi da un campo di concentramento. Di colpo non sono stata più io, capisce? Ero personaggio, insomma. Eh, sì, Rossellini aveva preparato la strada in maniera veramente allucinante. Le donne, sa che erano pallide nel risentire i nazisti mentre parlavano tra loro? Questo m’ha comunicato l’angoscia che ho reso sullo schermo. Terribile. Una emozione del genere, chi se l’aspettava?[5]

Ed è proprio per questo amore e bisogno di verità che il film viene pesantemente attaccato da politici e critica senza essere capito nella sua valenza ideologica e sociopolitica. Dall’alto si tuona che “i panni sporchi è sempre meglio lavarli in famiglia” mentre Rossellini (come anche De Santis, e Visconti ancor prima di lui) vuole mostrare la miseria in cui è stato fatto precipitare il popolo ma anche la dignità e la forza che lo contraddistingue. Per far questo vengono scelti attori “presi dalla strada” (come farà anche Pier Paolo Pasolini): ciò che conta ora è la verità. In questo modo si crea una profonda rottura con il cinema di regime ambientato in case borghesi, con improbabili “telefoni bianchi”, con belle donne sempre in abito da sera, truccate alla perfezione e con le unghie laccate. Quale altra attrice avrebbe potuto rappresentare al meglio tale rottura se non Anna Magnani con la sua chioma corvina e perennemente scarmigliata, i suoi occhi profondi e taglienti, i lineamenti del volto marcati e sinceri, il trucco completamente assente, il fisico non perfetto ma con un decolleté generoso e provocante? È lei la vera donna del popolo. È lei la vera donna. È lei. È la donna! Da questo momento l’attrice reclama per sé solo personaggi veri, possibili, reali: Debbo essere sempre convinta del personaggio da interpretare e della consistenza umana del soggetto. Come non sopporto le ipocrisie nelle relazioni umane, così non posso immaginare di trasformarmi in un personaggio artificioso che vive in un mondo di cartapesta, sullo sfondo di scenari dipinti. È fondamentale, secondo me, sentirsi vivi anche quando si recita: sentirsi vivi è il più grande dono che abbiamo ricevuto in questa nostra passeggiata terrena e tale non mi sentirei se il personaggio che mi viene proposto fosse falso o soltanto convenzionale.[6]

Anna Magnani e Federico Fellini sul set di "Amore" di Roberto Rossellini
Anna Magnani e Federico Fellini sul set di “Amore” di Roberto Rossellini

Proprio per questa ragione la vediamo dar voce e corpo a personaggi come l’Onorevole Angelina nell’omonimo film che Luigi Zampa dirige nel 1947, come Maddalena Cecconi di Bellissima, che Visconti dirige nel 1951, come Linda in Molti sogni per le strade che Camerini dirige nel 1948. Questo è il principio base sul quale Anna Magnani fonda tutta la sua recitazione e la sua Arte: il perfetto equilibrio tra finzione e realtà al punto di non riuscire più a scindere l’una dall’altra. Infatti, è la ricerca di una tale perfezione a rendere difficile la ricostruzione della Magnani “attrice” e della Magnani “donna” che ha spinto talmente avanti la sua recitazione da diventarne un corpus unico senza mai ornarsi di artifici e senza mai risultare falsa, di maniera, eccessiva…se non per suo espresso e preciso volere.

Anna Magnani e Tina Apicella sul set del film "Bellissima" di Luchino Visconti
Anna Magnani e Tina Apicella sul set del film “Bellissima” di Luchino Visconti

Nella sua vasta galleria di personaggi ce n’è uno che credo meglio renda e spieghi quanto appena affermato. Mi riferisco alla Colombina/Camilla de La carrozza d’oro, film che Jean Renoir dirige nel 1952. Qui Anna Magnani interpreta il duplice ruolo dell’attrice della Commedia dell’Arte (Colombina) e della donna contesa e divisa dall’amore di tre uomini (Camilla). Sarà l’amore per la sua Arte ad avere la meglio ma non senza un gran tumulto interiore che la porta a dire, Posso io amare come una vera donna? Ho bisogno di capire. Io sono assolutamente sincera sia nella vita che sulla scena. Allora perché ho solo successo come attrice e come donna istruggo tutto quello che amo? Ma chi può dirmi dove finisce il teatro e dove..la vita comincia…

Questa breve battuta – profondamente ricca di significati – è, a mio avviso, la chiave di volta dell’intera carriera dell’attrice e della stessa vita della Magnani che da sempre si è trovata in bilico tra queste due condizioni, per lei, esistenziali: Quando ho finito le mie tre ore di commedia, la mia giornata di film, io torno donna, voglio tornare donna.[7] La Magnani ha sempre lottato tra il suo essere attrice e l’essere donna e, forse, è stata una battaglia interiore che non ha avuto né vincitori né vinti. Eppure, è grazie a tale battaglia che ha potuto esprimere il suo essere nel modo più completo possibile.

Di questo talento si accorge anche Tennessee Williams che, dopo aver visto negli Stati Uniti i film Roma città aperta e Amore, scrive pensando ad Anna la piéce dal titolo La rosa tatuata che le legge durante un suo viaggio a Roma. La Magnani ne è entusiasta e commossa tanto da affermare che quest’uomo pur non conoscendola affatto sa tutto di lei. Williams le propone di andare a recitare in teatro. A Broadway. Ma Anna decisa, seppur dispiaciuta, rifiuta per i suoi problemi con la lingua inglese e, soprattutto, perché non se la sente di lasciare suo figlio solo a Roma per troppo tempo. Però, non lascia Williams senza speranze: gli dice che quando si fosse realizzata la versione cinematografica del dramma ne avrebbero potuto riparlare. E così è! Nell’ottobre 1954 Anna sbarca a New York al fianco del drammaturgo il quale, durante i dieci giorni di viaggio in mare, l’ha aiutata e sostenuta nello studio della sceneggiatura. Anna Magnani è visibilmente impaurita e preoccupata. Sa benissimo che lo star system hollywoodiano è totalmente diverso dal modo di fare e di concepire il cinema a Roma. Sa che dovrà sottostare a regole ferree per ciò che riguarda gli orari di lavoro, lei che detesta “fare l’arte” nelle prime ore del mattino. Sa che dovrà recitare completamente in inglese.

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Anna Magnani e Burt Lancaster ne “La rosa tatuata” di Daniel Mann

Però accetta ben contenta e ben disposta a impegnarsi al meglio: in cuor suo sa di star facendo qualcosa di grande e di unico, l’accoglienza che ha avuto la mette a suo agio e l’aiuta molto nel suo doversi rapportare e confrontare con questo “Nuovo Mondo”. Di grande aiuto le sono il produttore Hal Wallis e il regista Daniel Mann che fanno tutto il possibile per sostenerla. Ed è così che la Magnani ricorda questo affetto e questo rispetto verso di lei, In La Rosa Tatuata, poi ho avuto la fortuna di trovare un produttore… duro, eh, durissimo, ma molto intelligente. I primi giorni mi sentivo tutta squilibrata, fuori ambiente, no? Quando mi ha vista così, è venuta da me con il regista e mi hanno fatto questo discorso, che per me è magnifico: ‘Noi ti sentiamo infelice, dentro. Noi vogliamo che tu sia la Magnani – Magnani e non una Magnani – Hollywood. Perciò butta fuori quello che hai e sentiti te stessa’. Forse il mio Oscar è nato anche da lì, da quella comprensione.[8]

Anna Magnani e Tennessee Williams
Anna Magnani e Tennessee Williams

Anna riesce così bene in questa prova di attrice da ricevere, il 22 marzo 1956, l’ambitissimo Premio Oscar. È la prima attrice italiana a ottenere questo prestigioso riconoscimento recitando in un film straniero e in lingua originale.

Anna Magnani e il suo Premio Oscar
Anna Magnani e il suo Premio Oscar

Al rientro in Italia ad attenderla c’è la sua Roma, ci sono i suoi affetti più cari, i suoi adorati animali, il suo lavoro. Ma la vittoria dell’Oscar invece di spianarle la strada sembra quasi sbarrargliela. Forse che i registi siano impauriti, che non sappiano (o non vogliano) gestire e dirigere un simile talento? Tornata a casa il primo film che la Magnani interpreta è Suor Letizia di Mario Camerini senza ottenere successo. Anna ne è molto dispiaciuta ma a risollevare le sue sorti di attrice è di nuovo l’America che la chiama a gran voce. Questa volta a dirigerla c’è George Cukor in Selvaggio è il vento dove recita accanto ad Anthony Quinn e ad Anthony Franciosa. Il film ha un buon successo di pubblico ma la critica nota che la Magnani non è allo stesso livello de La Rosa Tatuata pur ottenendo una seconda nomination agli Oscar. Anna chiede a Tennessee Williams, che nel frattempo è diventato suo caro e devoto amico vedendo in lei la sua musa, di scrivere ancora per lei. Le propone The Fugitive Kind tratto da un dramma che aveva scritto in gioventù dal titolo Battle of Angels e le offre di nuovo Broadway. Ma Anna rifiuta ancora una volta ma alle stesse condizioni di qualche tempo prima. Così, nel 1958, iniziano le riprese di Pelle di serpente diretto da Sidney Lumet e dove la Magnani recita accanto al tenebroso Marlon Brando. I due protagonisti non si comprendono, pare non esserci alchimia tra loro, gli scontri verbali sono numerosi e, spesso, violenti. Il film ne risente risultando freddo e distaccato nonostante i due interpreti abbiano dato il meglio di sé ma senza cooperare. Anna Magnani torna in Italia amareggiata e delusa convinta che il cinema non riesca più a offrirle buoni ruoli, donne adatte a lei cui poter dar liberamente sfogo a tutto il suo impeto e al suo carattere che non vuole “briglie”.

Anna Magnani e Marlon Brando in "Pelle di serpente"
Anna Magnani e Marlon Brando in “Pelle di serpente ” di Sidney Lumet

Siamo vicini gli anni Sessanta, gli anni del “boom” economico, gli anni della beat generation, dei Beatles, del twist e del rock ‘n roll. Sono anche gli anni di Sofia Loren, di Stefania Sandrelli, di Catherine Spaak, di Monica Vitti, di Claudia Cardinale… Anna inizia a sentirsi come messa da parte, appartenente a un mondo, a un universo totalmente diverso e lontano da quello da cui provengono e vivono queste nuove star. Nel 1960 la rivediamo sullo schermo accanto a Totò in uno dei film meno fortunati di Mario Monicelli, Risate di gioia eppure vedere questi due artisti di nuovo assieme è pura gioia poiché grazie a questo film abbiamo, oggi, almeno l’idea (seppur vaga) di quanto siano stati bravi ed eccezionali nei loro anni di rivista e di quanto siano stati esilaranti. Ma anche questo film si rivela essere un’altra delusione per Anna che tanto ha creduto in questo progetto.

L’attrice si chiude sempre più nel suo silenzio e nel suo riserbo fatto dei suoi cari, dell’affetto che ha per loro, delle sue passioni tendendo sempre più ad allontanarsi da quel mondo di finzione e di insicurezze che è il cinema. Di questa sua scelta tanto è stato scritto creando un’immagine di lei distorta e non vera. Si è lasciato che si credesse che la Magnani fosse come una belva chiusa in gabbia, affondata nel mare dei suoi ricordi, lontana dagli amici in un isolamento volontariamente forzato causato del suo carattere considerato troppo spesso aggressivo e cattivo. La Magnani è ben lontana dall’essere tutto questo. Ha semplicemente saputo fare delle scelte, anche se dolorose, è stata intelligente nel capire quando lavorare e quando fare un passo indietro. Ha avuto il coraggio di prendersi le proprie responsabilità e di saper rischiare senza mai accontentarsi e mostrarsi per forza tanto per esserci e per farsi vedere. Questa non era lei.

Anna Magnani
Anna Magnani

Così, nel 1962 Pier Paolo Pasolini la vuole per interpretare la parte della protagonista che dà il titolo al suo film: Mamma Roma. Qui la Magnani interpreta il ruolo di una prostituta che tenta di tutto pur di costruirsi una vita normale e “morale” e di aiutare suo figlio Ettore a crearsi un’esistenza onesta. Questo film è, a mio avviso, uno dei più intensi e dei migliori interpretati da Anna Magnani riflettendo in questo personaggio tutte le sue ansie di madre (come ha già fatto in Bellissima) e tutte le sue paure. È una madre disposta a dar la vita per suo figlio senza riuscire a insegnargli la differenza tra il bene e il male. Anche quest’opera pasoliniana non riscuote buone critiche e la Magnani si sente di nuovo delusa, tradita dal suo cinema e da ciò in cui crede.

Non ottenendo buoni copioni ritorna alle sue origini: il Teatro. Tra il 1965 e il 1966 calca le tavole del palcoscenico con due spettacoli che le rendereanno giustizia e che la faranno acclamare in tutta Europa. Si tratta de La Lupa di Giovanni Verga, dove è diretta da Luchino Visconti e di Medea di Jean Anhouil, dove a dirigerla c’è Giancarlo Menotti.

Al cinema torna nel 1966 interpretando nel film Made in Italy di Nanni Loy l’episodio dal titolo “La traversata” al fianco di Andrea Checchi. È la storia di una famigliola che per andare a prendere un gelato dall’altra parte della strada deve attraversare una via romana altamente trafficata.

Anna Magnani e Pier Paolo Pasolini sul set di "Mamma Roma"
Anna Magnani e Pier Paolo Pasolini sul set di “Mamma Roma”

Ritroveremo Anna ne Il segreto di Santa Vittoria, diretto da Stanley Kramer nel 1969, nuovamente al fianco di Anthony Quinn che interpreta – ancora una volta – suo marito. Non è un film eccezionale, la storia è debole: un paesino del Piemonte (in realtà è Anticoli Corrado, nei pressi di Roma) viene invaso dai tedeschi e tutti gli abitanti nascondono le migliaia di bottiglie del pregiato vino che producono per non farselo portar via. Negli anni Settanta Anna è una donna matura, bellissima, affascinante e si tiene sempre più lontana dal mondo cinematografico. Preferisce lasciarsi coccolare dai suoi cani e dai suoi gatti che sa non la tradiranno mai. Alle serate mondane preferisce la quiete della sua casa e la lettura di qualche buon libro. Gli amici sono quelli di sempre, quelli che conoscono alla perfezione il suo carattere, che non si offendono, che sanno come prenderla e come lei vuole farsi voler bene. Tra loro ci sono la nota sceneggiatrice Suso Cecchi D’Amico, Giggetto Pietravalle, Franco Monicelli, Antonello Trombadori, Elsa de’ Giorgi. Anna Magnani in tutti questi anni si è costruita il suo mondo e l’ha difeso quanto meglio ha potuto. Ha creato il suo spazio cui è concesso accedere solo a coloro di cui si fida senza remore.

Anna Magnani e Anthony Quinn sul set de "Il segreto di Santa Vittoria" di Stanley Kramer
Anna Magnani e Anthony Quinn sul set de “Il segreto di Santa Vittoria” di Stanley Kramer

Per Anna la fiducia è fondamentale nei suoi rapporti altrimenti nulla può esistere. La Magnani semplicemente non ammette che si bari, che si superino quei limiti che lei ha ben disposto. Ma finalmente arriva anche un riscatto: lo sceneggiatore Alfredo Giannetti le propone di portare sul piccolo schermo il ritratto di tre donne ripercorrendo la storia d’Italia dal 1870 agli anni Settanta. La Magnani che da sempre ha detestato la televisione, tanto da non partecipare ad alcuna trasmissione, si lascia convincere e tra il 1971 e il 1973 si realizzano: La sciantosa, 1943: in incontro, L’Automobile e …Correva l’anno di grazia 1870 (passato in tv dopo essere stato distribuito nel circuito cinematografico). I film ottengono altissimi indici di ascolto, la Magnani è felicissima e orgogliosa di questo successo televisivo, sente di avere stretto attorno a sé il suo pubblico che, in realtà, non l’ha mai abbandonata… si è solo lasciato distrarre. Inoltre, nel 1972 interpretando se stessa partecipa con un cammeo al film Roma di Federico Fellini. Forse è il ruolo più difficile della sua carriera ma è anche il suo ultimo film poiché il 26 settembre 1973 Anna muore a causa di un tumore al pancreas.

Anna Magnani e Anthony Quinn sul set de "Il segreto di Santa Vittoria" di Stanley Kramer
Anna Magnani e Anthony Quinn sul set de “Il segreto di Santa Vittoria” di Stanley Kramer

E, per ironia della sorte, proprio per quella sera il primo canale Rai ha programmato il film …Correva l’anno di grazia 1870 rendendo così un estremo omaggio a una delle attrici italiane più grandi e più sensibili.

Ma è nell’apparizione in Roma che la Magnani lascia quello che mi permetto di definire il suo “testamento morale e artistico”. La scena si svolge in poco meno di un meno di un minuto, un veloce scambio di battute tra la Magnani e Federico Fellini che rimane fuori campo:

  • “Questa signora che rientra a casa, costeggiando il muro di un antico palazzo patrizio, è un’attrice romana: Anna Magnani, che potrebbe essere anche un po’ il simbolo della città…
  • Chi so’ io?!
  • Una Roma vista come lupe e vestale…
  • De che?!
  • …aristocratica e straccionesca, tetra, buffonesca. Potrei continuare fino a domattina…
  • A Federì, ma va a dormi’, va!
  • Posso farti una domanda?
  • No… nun me fido. Ciao! Buonanotte…”
Federico Fellini e Anna Magnani sul set di "Roma"
Federico Fellini e Anna Magnani sul set di “Roma”

Ed è con queste ultime battute che Anna Magnani ci lascia orfani del suo talento. Lei che veramente è la rappresentazione e l’immagine di Roma per antonomasia. Lei che rimarrà nelle nostre menti Roma e Mamma Roma. Ma non solo. Tanto altro avrebbe potuto e dovuto dire. Tanto altro avrebbe potuto e dovuto fare. Ma non ce l’ha fatta. Eppure noi ancora oggi siamo qui a ricordarla e ad amarla per tutto quanto ci ha regalato attraverso i suoi film e le sue parole, per tutto quanto ci ha insegnato attraverso la sua vita e i suoi silenzi. E le va reso il giusto omaggio. Davanti alla sua Arte non si può non inchinarsi e rendere il più doveroso tributo alla Signora del Cinema italiano.

Chiara Ricci

[1] Cfr. Chiara Ricci, Anna Magnani. Vissi d’Arte Vissi d’Amore, Edizioni Sabinae, Cantalupo in Sabina (RI).

[2] Cfr. Anna Magnani, La signora è servita in “Cinema Nuovo”, n.14, 1° Luglio 1953, p. 11.

[3] Cfr. (a cura di) Patrizia Pistagnesi, Anna Magnani, Fabbri Editori, Milano, 1989, p. 46

[4] Cfr. Elsa De’ Giorgi, I Coetanei, Einaudi, Torino, 1955, pp. 217-218.

[5] Cfr. (a cura di) Patrizia Pistagnesi, op. cit., p.53

[6] Cfr. Marco Trenzetti, Questa è Anna Magnani, in “Rotosei”, Roma, n. 42, 17 Ottobre 1958, pp. 28-35.

[7] Cfr. Chiara Ricci, Anna Magnani. Vissi d’Arte Vissi d’Amore, Edizioni Sabinae, Cantalupo in Sabina (RI), p. 18

[8] Cfr. (a cura di) Patrizia Pistagnesi, op. cit., p. 63

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