La Rubrica online “Piazza Navona” ha letto per voi Walter Serner e La tigre. Il romanzo di un dadaista di Marilena Fonti (Rosabianca Edizioni) classificatosi al quarto posto nella sezione “Saggistica” alla quinta edizione del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri”. E non perdete l’Incontro con l’Autrice!
La trama
Walter Serner e La tigre. Il romanzo di un dadaista è l’interessante saggio che Marilena Fonti dedica allo scrittore boemo. Partendo dai suoi studi, dalle sue ricerche e dalla traduzione compiuta dell’unico romanzo di questo massimo esponente dell’avanguardia dadaista dal titolo La tigre (Die Tigerin), l’Autrice ci conduce alla scoperta di una personalità intellettuale, di una vivace corrente culturale e dell’Europa dei “ruggenti anni Venti”. Walter Serner è stato certamente tra le anime più inquiete e attive del Dadaismo traducendo nella sua scrittura (un romanzo, novantanove racconti e un testo teatrale) i capisaldi di tale corrente artistica e letteraria. Non è un caso, però, che Serner si sia ritirato a vita privata nel 1933, lo stesso anno dell’ascesa al potere di Adolf Hitler. Per le persecuzioni antisemite messe in atto dallo stesso Hitler, Serner verrà internato assieme alla moglie Dorothea Herz nel campo di concentramento di Theresienstadt, non lontano da Praga, dove verrà ucciso nel 1942.
Sul libro
A volte la collaborazione tra scrittore e case editrici sa creare dei veri e propri gioielli, strumenti di cultura che – seppur in sordina – sono assai importanti e necessari perché (ri)portano alla luce memorie e storie che altrimenti resterebbero, ahinoi, nelle terribili e affilate lame del dimenticatoio. È questo il caso di Walter Serner e La tigre. Il romanzo di un dadaista scritto da Marilena Fonti, pubblicato dalla romana Rosabianca Edizioni e classificatosi al quarto posto nella sezione “Saggistica” alla quinta edizione del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri”.
Articolato in tre parti (Gli influssi del movimento dadaista su Walter Serner, Walter Serner e Il romanzo) l’Autrice conduce per mano il lettore alla scoperta non solo del noto movimento culturale d’avanguardia di inizio Novecento e dei suoi massimi protagonisti (pensiamo anche a Tristan Tzara e Duchamp) ma ci offre anche un ritratto attento e puntuale dello scrittore boemo nonché una analisi critica e letteraria del suo unico romanzo La tigre (Die Tigerin) pubblicato nel 1925 e messo all’indice dal regime nazista perché considerato “Nocivo e indesiderabile per lo spirito tedesco”. Non va dimenticato che Walter Serner è ebreo; decide di andare a vivere a Praga e di ritirarsi dalla scena culturale nel 1933 (stesso anno dell’ascesa al potere di Hitler) per poi essere internato e ucciso assieme alla moglie Dorothea Herz nel campo di concentramento di Theresienstadt, a pochi chilometri dalla capitale ceca.
L’Autrice, così, racchiude in circa un centinaio di pagine un capitolo importante della storia del secolo scorso passando dal fermento culturale alla rovina, sia essa dell’uomo e della cultura. Particolare attenzione viene prestata a La tigre, l’unico romanzo di Serner (la cui produzione letteraria conta altri novantanove racconti considerati dallo scrittore Kriminalgeschichten, ovvero “racconti criminali” e la pièce teatrale Posada oder Der Große Coup im Hotel Ritz, la cui prima e unica – disastrosa! – rappresentazione teatrale è avvenuta a Berlino nel 1927) che, attraverso i suoi protagonisti (Bichette e Fec), diviene la metafora stessa del Dadaismo. Un uomo e una donna, polo negativo il primo e positivo la seconda, si annullano a vicenda rappresentando quello stesso principio di negazione e di rinuncia che era alla base del movimento culturale nato a Zurigo e da sempre schierato contro la barbarie e l’inutilità della Prima guerra mondiale.
Marilena Fonti si è servita dei suoi studi, della sua traduzione de La tigre, delle sue ricerche e della sua passione per offrire ai suoi lettori e al pubblico un’opera di grande importanza e di altrettanta valenza storica e morale. Attraverso questo saggio, infatti, l’Autrice ha ridato vita, prestigio e memoria a una delle personalità più interessanti, vivaci, impegnate della cultura europea nella prima metà del Novecento.
Jorge Luis Borges ha scritto:
Noi siamo la nostra memoria,
noi siamo questo museo chimerico di forme incostanti,
questo mucchio di specchi rotti
e Marilena Fonti, come si è detto all’inizio di questo articolo, ha riportato alla luce l’immagine di un uomo nascosta dalla polvere del tempo offrendoci un grande e inestimabile regalo: il volto, il nome, l’opera e la vita di chi ha avuto forza e coraggio di partecipare al proprio tempo e alla nostra Storia.
Incontro con l’Autrice
Come nasce l’idea del suo libro Walter Serner e La Tigre – Il romanzo di un dadaista?
L’idea parte da lontano: io ho una laurea conseguita negli Stati Uniti, dove ho studiato lingue letterature straniere e letteratura comparata, specializzandomi nella lingua e letteratura tedesca, e un’altra conseguita in Italia. Quando sono tornata nel mio Paese la laurea americana non aveva valore legale e, pur essendomi stati convalidati molti degli esami dati in precedenza, ho dovuto sostenerne altri obbligatori nel corso di studi dell’università a cui mi sono rivolta, La Sapienza, e scrivere una tesi finale. Un docente di tedesco della Sapienza per la tesi mi ha proposto di tradurre il romanzo Die Tigerin, di Walter Serner, un rappresentante della prima ora del Movimento Dada e autore, tra l’altro, dell’unico romanzo scritto nell’ambito di quel movimento. Di quel lavoro mi è rimasto tanto materiale accumulato per la ricerca, molto trovato anche all’estero, soprattutto in Germania, dove Serner è quasi un autore cult. Quando ho iniziato a dedicarmi alla scrittura con una certa regolarità, ho pensato che non fosse una cattiva idea scrivere un saggio su questo autore, che si è rivelato un personaggio di grande fascino, e sul suo romanzo che, come dice il sottotitolo, è davvero ‘una singolare storia d’amore’.
Perché ha scelto di dedicare il suo saggio alla figura di Walter Serner?
L’ho detto nella risposta precedente. È stata una scelta ‘suggerita’, ma poi questa figura di intellettuale singolare, controverso, una specie di dandy che descriveva il demi-monde e i piccoli criminali che si nascondevano tra le pieghe di una società all’apparenza integerrima (oltre al romanzo ha scritto anche molti racconti la cui ambientazione e i cui personaggi sono proprio questi, un sottobosco di ladruncoli, cocotte, imbroglioni di vario tipo) ha finito per conquistarmi. La vita di Serner è un insieme di contraddizioni: basti pensare che nato in una famiglia borghese boema, con padre ebreo e madre cattolica, cambia il proprio cognome da Seligmann, ebreo, in Serner, per poi, nel momento peggiore della storia europea, ritirarsi con la moglie nel ghetto di Praga, da dove è stato prelevato e condotto alla morte in un campo di sterminio. Il fascino di Serner autore è nel modo in cui descrive il mondo che tutti gli altri preferiscono ignorare e di Serner uomo nelle sue profonde contraddizioni. A proposito di lui come autore, a me, amante del romanzo giallo, ricorda per certi aspetti Raymond Chandler, che descrive una società amorale senza farsene contagiare.
Lei si è occupata della traduzione dal tedesco de La Tigre, l’unico romanzo di Walter Serner. Qual è stato il suo approccio a questa lettura e a questa traduzione?
Non è stato facile. Serner scrive in tedesco, ma, in puro stile dadaista, usa spesso neologismi che nascono dalla fusione di due lingue naturali. In questo romanzo, e anche nei suoi racconti, pur essendo la lingua usata prevalentemente il tedesco, c’è un miscuglio di tedesco, francese e inglese. L’inglese e il tedesco per me non sono un problema nella comprensione, ma è stato difficile trasferire in italiano la fusione delle due lingue. Il problema vero però è stato il francese, anche perché è spesso introdotto nel romanzo attraverso espressioni idiomatiche. Comunque, una buona traduzione implica sempre una buona dose di ricerca, e anche quello scoglio alla fine è stato superato.
Cosa l’ha colpita in particolar modo di questo scrittore ed esponente del Dadaismo?
Mi sono avvicinata a questo scrittore con un interesse piuttosto tiepido: fino a quel momento i miei autori in lingua tedesca erano stati i classici, dal ‘700 al ‘900, Da Lessing a Goethe, a Mann, passando per l’austriaco Schnitzler, per cui avevo, e ho, una passione. Il primissimo libro letto per intero in tedesco è stato Il giudice e il suo boia, Der Richter und sein Henker, di Dürrenmatt, al secondo anno dell’università. Quindi la prima lettura di La tigre è stato quasi uno schiaffo che mi ha rivelato un aspetto della letteratura in lingua tedesca per me del tutto nuovo, e mi ha costretto a prenderne atto.
La curiosità ha fatto il resto, man mano che andavo avanti nella ricerca e approfondivo la conoscenza del movimento e degli autori, ma soprattutto di Serner, mi appassionavo. Dada è un movimento nato come reazione di disgusto alla guerra, i suoi rappresentanti erano tutti giovani pacifisti che avevano trovato rifugio a Zurigo per sottrarsi al conflitto e portavano avanti le loro istanze dimostrando un nichilismo pervaso dal desiderio di distruggere tutto, a cominciare dal linguaggio e dalle arti visive, per ricostruire. Dopo il ’39 Serner ha perseguito questo obiettivo fino alla scelta estrema, non sottraendosi alla distruzione del proprio Paese e della propria vita. Nichilista senza ritorno.
Quali ricerche ha effettuato per la stesura del suo libro? Quali sono state le difficoltà maggiori in tal senso?
Dopo aver letto il romanzo, ho dovuto farmi un’idea più precisa dell’autore e del movimento, che andava comunque inquadrato nel contesto storico in cui si è sviluppato. In Italia ho trovato diversi testi sul movimento Dada, sul teatro, sulla poesia, i vari campi in cui Dada si è espresso, che sono stati importanti per inquadrarne lo sviluppo. Poi sono andata in Germania e lì ho trovato tutti i testi scritti da Serner: come ho detto prima, in quel paese lui è un autore cult, anche perché a riscoprirlo è stato Thomas Milch, studente di Heidelberg quando iniziò a interessarsi all’autore boemo, di cui ha seguito le tracce, fino ad arrivare, nel 1984, alla pubblicazione dell’opera omnia di Serner, curata da lui per i tipi della casa editrice Klaus G. Renner. Tra le opere pubblicate il manifesto del Movimento Dada, Die letzte Lockerung, da cui ha attinto a piene mani Tristan Tzara, tra l’altro, e tutti i racconti, i cui temi, personaggi e ambientazioni sono molto simili a quelli che troviamo nel romanzo La Tigre.
Qual è stata la parte più complessa del suo saggio da “riportare su carta”?
Nessuna in realtà perché, una volta fatto tutto il lavoro ‘a monte’ e stabilito un piano da attuare, il saggio ha seguito il suo corso senza problemi. Ho inserito anche alcune considerazioni sulla traduzione, perché ho ritenuto che soffermarmi sulla scrittura e sullo stile di Walter Serner fosse importante per capire come lui interpretasse lo spirito del movimento.
Cosa le ha insegnato e le ha lasciato l’”incontro” con Walter Serner?
Walter Serner mi ha insegnato che la perfezione è un’illusione: i personaggi che descrive si muovono nei luoghi più belli ed esclusivi d’Europa, ma agiscono nell’ombra, fingendo di essere quello che non sono o comportandosi secondo la loro natura, ma tenendosi a debita distanza dal resto della società. Nel romanzo La tigre, Fec, il personaggio principale, descritto all’inizio come un dritto, che può affrontare qualsiasi ambiente, uno che non teme nulla e nessuno e che nessuno può truffare, finisce per morire, e anche in modo inaspettato e abbastanza stupido, a causa di Bichette, una delle tante mondane che popolano le eleganti città della costa che, morto lui, si consolerà subito con un altro.
Walter Serner e La Tigre – Il romanzo di un dadaista si è classificato al quarto posto nella sezione Saggistica alla quinta edizione del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” (cui ha partecipato con la precedente opera Belle ombre imperfette nel 2019) con la seguente motivazione:
Per l’unicità e l’audacia di un movimento dadaista che, come una trama, è presente nel romanzo di Serner, il saggio di Marilena Fonti riesce con convinzione e attenzione a restituire il fervore, il fermento e l’ambiente intellettuale del Movimento. Con tutte le sue contraddizioni e le sue geniali spinte al pacifismo.
Cosa ha significato per lei ottenere e ricevere questo ulteriore e meritato riconoscimento alla sua scrittura?
È stato molto importante. Quello per i miei racconti è stato il mio primo premio importante, poi ce ne sono stati altri, ma il secondo posto a EquiLibri resta per me un momento significativo. Il riconoscimento per il saggio è stata una bellissima sorpresa: l’argomento non era dei più agevoli, forse neanche dei più attuali, anche se penso che ci sia un po’ di Dada in tutte le epoche. Il fatto che sia stato apprezzato e premiato ha voluto dire molto per me.
Lei è un’ottima traduttrice, scrive racconti, saggi… In quale “ruolo” e in quale genere e stile letterario sente di essere più a suo agio? E perché?
Io ho iniziato a pubblicare come traduttrice: la mia prima pubblicazione è stata la traduzione di una raccolta di racconti di Thomas Wolfe dal titolo Il bambino perduto, arrivato a coronamento di un anno di corso di perfezionamento in traduzione letteraria presso l’università di Siena con la professoressa e scrittrice Ginevra Bompiani; poi ho tradotto poesie di Margaret Atwood; a quel punto mi sono sentita pronta per scrivere ‘in proprio’, e devo dire che il lavoro di traduzione è stato un ottimo esercizio, anche perché prima, per la tesi, avevo già tradotto Serner sotto la guida di un professore che era anche un ottimo traduttore. Quindi ci sono stati i racconti di Belle ombre imperfette, poi il romanzo I punti ciechi e il saggio su Serner, quasi contemporaneamente.
Devo dire che mi piace molto lavorare in tutti e tre i campi: la traduzione è una forma di (ri)scrittura, al saggio sono abbastanza abituata poiché negli Usa alla fine di ogni corso dovevo scrivere una tesina di circa trenta pagine, cosa che mi ha abituata alla ricerca. Era inevitabile che tutto questo sfociasse prima o poi in un lavoro più creativo, perché a forza di leggere le storie si formano da sole, poi l’osservazione del mondo che ci circonda fa il resto.
Quali sono i suoi prossimi progetti editoriali?
Quest’anno, a maggio, spero, dovrebbe uscire un mio libro di racconti gialli ambientati sul lago di Bolsena, con un bel personaggio femminile nella veste, anzi nella divisa, visto che si tratta di una marescialla dei carabinieri, di detective. Ho consegnato qualche giorno fa alla casa editrice la traduzione di un bel giallo vintage di una scrittrice inglese, pubblicato per la prima volta nel 1947, ma non so ancora quando uscirà. Ho appena iniziato a lavorare a un saggio sulle donne nell’opera e nella vita di uno scrittore a me molto caro, di cui però, per scaramanzia, per adesso preferisco non parlare.
Qui di seguito troverete una breve clip della Cerimonia di Premiazione della quinta edizione del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” tenutasi lo scorso 27 maggio 2023 presso i Giardini del Torrione di Anguillara Sabazia (Rm). Questa è una occasione per ringraziare ancora una volta il Comune di Anguillara Sabazia, tutti i partecipanti, gli Autori, gli Editori e i collaboratori che hanno permesso e sostenuto la realizzazione della manifestazione con immenso entusiasmo e grande fiducia.