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Letto per voi… “Uno” di Alberto Cioni

La Rubrica online “Piazza Navona” quest’oggi vi presenta “Uno” (Edizioni Ensemble), il romanzo d’esordio del giornalista Alberto Cioni. Pietro, un giovane che sogna di diventare uno scrittore, si tuffa nella vita per realizzare il suo desiderio e non mancheranno sorprese e delusioni. Non perdete l'”Incontro con l’Autore”!

La trama

Alberto Cioni, “Uno” (Edizioni Ensemble, 2020)

1993. Pietro Neveni è un ragazzo di umili origini proveniente da Collodi ma con un grande sogno: fare di sé uno scrittore. Dopo aver conseguito la maturità classica decide di abbandonare il luogo in cui è nato e dove si sente sempre più schiacciato per trasferirsi a Milano. Si iscrive all’università e trova lavoro come assistente bibliotecario. Qui incontra François, studente francese dell’Accademia di Belle Arti. Tra i due si instaura sin da subito un feeling intellettuale: François comprende e sostiene le ambizioni e le aspirazioni dell’amico tanto da spingerlo a trasferirsi a Parigi offrendogli persino il suo appartamento. Pietro, così, senza terminare gli studi parte per la Ville Lumière dove è sicuro di poter trovare la giusta ispirazione per la sua scrittura. In città Pietro conosce la madre del suo amico, la signora Orlèac, che lo consola, lo consiglia, lo sostiene, lo comprende… Ma il suo affetto di donna, madre e artista non possono riparare il ragazzo dalla vita. Così, Pietro come inevitabilmente accade, si (ri)trova a scontrarsi con essa attraverso le emozioni, gli amori, i sorrisi, il rapporto con la sua famiglia, la solitudine, le delusioni, le disillusioni, i giochi, i pensieri, i dolori, le prese di coscienza, gli ostacoli… La vita, la felicità e le proprie ambizioni per essere risolte hanno un prezzo. E la scrittura esige un pegno molto alto…

Simone de Beauvoir (1908-1986)

Scrivere è un’attività complessa: è, insieme, preferire l’immaginario e voler comunicare; in queste due scelte si manifestano tendenze assai diverse e a prima vista contrastanti. Per pretendere di sostituire un universo inventato al mondo esistente, bisogna rifiutare aggressivamente quest’ultimo: chiunque vi stia dentro come un pesce nell’acqua e pensi che tutto va bene, non si metterà certo a scrivere. Ma il desiderio di comunicazione presuppone che ci si interessi agli altri; anche se nel rapporto dello scrittore con l’umanità entra dell’inimicizia e del disprezzo.
Simone de Beauvoir

Sul libro

Alberto Cioni, dopo aver collaborato come giornalista con Il Nuovo Corriere di Firenze e il Corriere Fiorentino/Corriere della sera e lavorato come redattore e correttore di bozze, nel 2020 pubblica il suo primo romanzo Uno con le Edizioni Ensemble che lo inseriscono nella Collana “Officina”.

Edizioni Ensemble

Si tratta di un libro di formazione, di una storia senza tempo, attualissima: quella di un giovane che insegue i suoi sogni. Qui il nostro protagonista, Pietro Neveni, desidera diventare uno scrittore e per far questo abbandona la sua terra d’origine, la sua famiglia e si abbandona alla vita. In tutte  le sue sfaccettature.

L’Autore ci racconta di un ragazzo considerato dalla società in cui vive un outsider perché introverso, inquieto, solo, che fa fatica ad adattarsi all’ambiente di origine e a ciò che lo circonda. Pietro per sé desidera di più che seguire le orme paterne e dedicarsi alla vita contadina, vuole costruirsi, imparare, osservare e scontrarsi con il mondo accettando, parafrasando Simone de Beauvoir, l’avventura di essere se stesso.

Pietro Neveni ama scrivere e tutto ciò che questo comporta: vivere a nervi scoperti osservando e sentendo ogni minima emozione, la più piccola vibrazione, trovarsi da solo a solo davanti a un foglio bianco da riempire che diviene specchio e riflesso del proprio intimo, della propria essenza, dei propri pensieri.

Parigi, la Tour Eiffel

La scrittura, così, si trasforma in creta da plasmare, in un corpo da curare chirurgicamente, in una scultura dove la penna agisce forte e decisa come uno scalpello che modella la durezza e la severità di un foglio nudo. E in tutto questo ci sono passione, amore, dolore, lacrime, sorrisi, pazienza, attesa, sguardi, rabbia, frustrazione… tutti mescolati in ordine sparso che punzecchiano e solleticano la mano e la mente di chi scrive. Sembra una punizione e, invece, è il processo naturale di chi desidera raccontare storie, emozioni, vicende attingendo anche dal personale, e spesso ingombrante e pesante, bagaglio della vita. Uno sfogo, un riflesso seppur vago di tutto quanto si è o si è stati e che può essere completamente ribaltato in un secondo da una virgola e da un punto messi lì dove necessario. Armi per rallentare e puntellare i pensieri, le parole che altrimenti scorrerebbero via indomite persino anarchiche.

Parigi, l’Arco di Trionfo

Tutto questo Alberto Cioni lo condensa e lo sintetizza alla perfezione nel personaggio di Pietro Neveni che, così potente, oscura le vicende che gli accadono e coloro che gli fanno da coro e da sostegno nella vicenda. Persino quest’ultima, per quanto costruita con attenzione e in alcuni tratti risulti un tantino statica, passa in secondo piano. Il Lettore ha bisogno di Pietro Neveni per ritrovarsi, per confrontarsi, per comprendere. Questo ragazzo, infatti, diviene il riflesso di chi legge perché in esso può ritrovare gli stessi spasimi, le stesse paure, incertezze, incomprensioni, timori… Uno, così, diviene una storia universale. E poco importa che l’Autore abbia deciso di collocarla nel 1993. Avrebbe potuto anche cambiare secolo, periodo, decennio: questa storia cammina da sé senza tempo, sospesa, dilatata anche nello spazio, senza età.

Alberto Cioni, “Uno” (Edizioni Ensemble, 2020)

Questo stesso effetto lo si ritrova anche nei riguardi dei temi trattati: la solitudine, il pregiudizio, l’esclusione dal “gruppo”, la differenza sociale, il timore di autodeterminarsi, di deludere, di non farcela a trasformare le proprie ambizioni in realtà, la paura dell’ignoto, di crescere, di amare, di guardarsi nel profondo, di giocare a scacchi con la vita. Questi temi che Alberto Cioni affronta e racconta in Uno, infatti sono anch’essi universali e come tali senza tempo. Valevano ieri come valgono oggi.

Alberto Cioni con la sua scrittura lineare, pulita, viva, intelligente, acuta, dilatata nel suo darsi al racconto e al Lettore, offre la possibilità di un confronto con l’”altro” e con l’altro da sé che non può fare a meno di essere e di fare ciò che sente di essere e che ama fare. In fondo, tutto a un prezzo… chi desidera investire sul proprio essere, forse, paga un dazio più caro della norma poiché nulla è più immutabile, cangiante e inestimabile di ciò che si è. E l’Arte e la scrittura esigono questo e lo vogliono in originale e nella sua interezza. Tutto o niente. La finzione diventa bugia e l’Arte non mente racconta ciò che può essere o ciò che è stato nella più completa verità.

Incontro con l’Autore

Alberto Cioni, “Uno” (Edizioni Ensemble, 2020)

Come è nato il progetto editoriale di Uno?

Credo che tutto sia partito da quando ho deciso di tentare di rendere pubblici i miei scritti. Già prima di Uno avevo infatti scritto un breve romanzo sulle avventure di una banda di bambini-ragazzini, senza tuttavia riuscire a pubblicarlo. Da lì in poi ho iniziato a pensare a un libro diverso, di tutt’altro genere, dove ci fosse meno azione, e più incentrato su una tipologia in cui fossero presenti soprattutto conversazioni e monologhi di natura interiore, introspettiva, qualcosa di più intellettuale. E così ha preso sempre più forma questa storia che si è completata sul genere del romanzo di formazione, poi pubblicato nel 2020 dalla casa editrice Ensemble di Roma.

Uno è il suo primo romanzo. A cosa si deve la scelta di questo titolo?

Inizialmente il libro non aveva ancora un titolo. Non riuscivo a trovarne uno adatto, e tra quelli cui avevo pensato, nessuno mi soddisfaceva. Poi mi è uscito Uno, che è unito concettualmente al protagonista del libro, Pietro Neveni, come un suo viaggio iniziatico dentro la molteplicità della realtà, di una vita in divenire.

Alberto Cioni, “Uno” (Edizioni Ensemble, 2020)

Qual è stata la difficoltà maggiore riscontrata in fase di creazione e di stesura del suo lavoro?

La difficoltà principale è stata quando ho dovuto definire certi caratteri e la psicologia dei personaggi del libro, di dare a essi una profondità e una superficie che li realizzasse interamente, per renderli più veri e credibili ai miei occhi, e spero anche a quella dei lettori. Mentre la trama, e alcune sotto trame, soprattutto la principale, sono sempre state abbastanza chiare fin dall’inizio, anche se nel corso della stesura ci sono state delle digressioni e integrazioni rispetto a certe idee iniziali.

Lei è anche giornalista, redattore e correttore di bozze. In quale tra questi ruoli sente di sentirsi più a suo agio? E perché?

Direi che mi sono sentito a mio agio in entrambe le professioni. Per il giornalismo mi ha facilitato anche il piacere che trovo nello scrivere, e questo mi ha permesso di raccontare abbastanza agevolmente sui giornali i fatti di cronaca. Il lavoro editoriale è stato invece un altro mio interesse, in quanto mi piace molto correggere, plasmare, rivedere i testi altrui e pure i miei, interagire con questi strumenti con i manoscritti per perfezionarli e dargli una forma compiuta.

Giuliana Rossi, ” I miei anni con Carmelo Bene” (Edizioni della Meridiana, 2005)

Nel 2005 ha curato il libro autobiografico di Giuliana Rossi dal titolo I miei anni con Carmelo Bene. Un altro genere e approccio alla scrittura e all’impostazione del lavoro. Può raccontarci qualcosa di più di questo interessante lavoro?

In quegli anni collaboravo con la casa editrice EdM, che ha pubblicato il libro, quando l’editore mi propose questo progetto. Si trattava di trascrivere le memorie di Giuliana Rossi, che era stata la prima la moglie fiorentina di Carmelo Bene. E così è iniziata questa collaborazione con l’autrice, la quale mi ha dettato le sue memorie, lavoro che poi è stato accompagnato dalla documentazione degli eventi e dalla scelta iconografica. Un’esperienza tuttavia stimolante, ma anche abbastanza delicata e talvolta complessa, perché era un nuovo approccio alla scrittura fuori dalla mia, e soprattutto perché dovevo mantenere fede al linguaggio, al vocabolario e alla sensibilità dell’Autrice. Un’esperienza che è stata molto significativa anche sotto l’aspetto della conoscenza di un’epoca di cui sapevo poco, di aver ascoltato e trascritto attraverso la narrazione di Giuliana Rossi un’importante testimonianza sia della nascita e della formazione del teatro di Carmelo Bene, sia della vita artistica e culturale dell’Italia del dopoguerra.

Alberto Cioni, “Uno” (Edizioni Ensemble, 2020)

Come è nato il personaggio di Pietro Neveni? Nasconde in sé dei suoi tratti autobiografici?

Cercavo una testimonianza diretta che concentrasse in una esperienza di vita, dialoghi, monologhi di natura introspettiva, di vita interiore e intellettuale. Per far questo ho creato il personaggio di Pietro Neveni, l’io narrante del romanzo, che comunicasse con immediatezza i suoi stati d’animo e i suoi pensieri. Mentre per quanto riguarda se ci sono tratti autobiografici nel protagonista, la scrittura in prima persona, proprio per questa sua particolarità, può indurre a far pensare al lettore che dietro ci sia l’autore, che alcune delle sue idee e delle sue parole etc. siano quelle del protagonista. Pietro Neveni è solo un personaggio immaginario, come del resto lo sono tutti gli altri personaggi presenti nel libro. Anche se può capitare, inconsapevolmente, a volte volutamente, che certi tratti della psicologia di un autore e di alcune sue esperienze, di ritrovarli nei personaggi e nella trama dei suoi romanzi.

Alberto Cioni, “Uno” (Edizioni Ensemble, 2020)

Il suo romanzo è sospeso nel tempo. Pur avendo un’indicazione temporale sembra di essere nella Parigi di Baudelaire e Verlaine. In che modo è riuscito a creare questa sospensione temporale e l’universalità dei suoi personaggi?

La ringrazio di questo accostamento alla Parigi di questi due grandi autori. Non so se sono riuscito a ricostruire esattamente l’atmosfera della Parigi di quell’epoca e di qualche decennio fa, quel che cercavo era di mantenere un collegamento tra la vita moderna e il clima culturale di Parigi dell’Ottocento e dei primi anni del Novecento. Ciò che per me contava era di rendere verosimile la vita esteriore di Pietro Neveni, sia che fosse pervasa di atmosfere che rievocassero ambientazioni dell’Ottocento e del primo Novecento parigino, sia quelle del recente passato. Per far questo ho dovuto leggere molti romanzi e libri ambientati in quei periodi, inoltre di aver ricostruito gli spostamenti di Pietro Neveni nel 1993 attraverso la mappa geografica della capitale francese, studiandone i luoghi e l’architettura, i mezzi di trasporto presenti circa trent’anni fa, la moneta, e affidandomi pure a conoscenze mie personali riguardo ad alcuni celebri posti e ritrovi della città. Tutto questo è stato poi adattato a una realtà, avvenimenti e personaggi immaginari. 

Dedica di Alberto Cioni

Durante il suo racconto porta il Lettore a passeggio con i suoi personaggi per la bella Parigi. Perché ha scelto proprio questa città per fare da sfondo ai suoi protagonisti?

Durante l’ideazione della storia cercavo una patria letteraria dove collocare i personaggi. Potevo scegliere Firenze, oppure un’altra città di mia conoscenza, dove vivo e dove ho vissuto. Ma ho preferito evitare tutti quei luoghi che conosco, rischiava di esserci nel libro qualcosa della mia vita personale, e io volevo invece scrivere un romanzo immaginario, con trama, luoghi, vicende e personaggi sconosciuti e a me estranei, e ambientato in posti dove non avevo mai vissuto. La scelta è caduta così su Parigi, anche come omaggio a una grande epoca culturale che questa città ha rappresentato e tuttora rappresenta, e che ha segnato e influenzato la vita di molti scrittori, pensatori, artisti e intellettuali.

Dalla scrittura prettamente giornalistica a quella letteraria: in che modo riesce a trovare l’equilibrio tra questi due diversi generi e stili? E in cosa si differenziano?

Alberto Cioni, “Uno” (Edizioni Ensemble, 2020)

C’è stato un periodo, alcuni anni fa, dove il giornalismo e la letteratura si avvicendavano, e non ho mai avuto difficoltà a gestire i due diversi generi di scrittura, e i due generi non si sono mai mescolati. La realtà raccontata da cronista, che come sappiamo descrive oggettivamente i fatti della vita, non ha mai disturbato o alterato quella dell’invenzione letteraria, la quale viceversa non è mai stata influenzata dal giornalismo. E da quando non svolgo più l’attività di giornalista, che si è interrotta nel 2015, mi sono dedicato soltanto alla scrittura letteraria.

Quali sono gli Autori legati alla sua formazione personale e professionale?

C’è molta letteratura italiana tra i libri che mi hanno inizialmente formato, dai classici, F. Petrarca e G. Leopardi, ai contemporanei come I. Calvino, P.P. Pasolini, A. Moravia, E. Flaiano, A. Arbasino, G. Bocca. Poi sono subentrati sempre di più gli scrittori russi e francesi dell’Ottocento, gli autori classici anglosassoni e tedeschi, da W. Shakespeare, J. Milton e C. Marlowe, a J. W. Goethe, fino alla narrativa americana con i romanzi di Mario Vargas Llosa, Bellow, J. London, R. Chandler. Inoltre mi piace molto anche la filosofia, specie le opere di Platone e di A. Schopenhauer.

Alberto Cioni, “Uno” (Edizioni Ensemble, 2020)

Quali sono i suoi prossimi progetti editoriali?

Per il futuro ho qualche idea, forse anche di scrivere il continuo di Uno, con altri interpreti e magari con un diverso protagonista.

 

 

 

 

 

 

 

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