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Letto per voi… “Titina De Filippo. L’artefice magica” di Simona Scattina

La Rubrica online “Piazza Navona” torna a parlare di libri presentandovi il saggio “Titina De Filippo. L’artefice magica” di Simona Scattina (Cue Press). Un ritratto, professionale e umano, di una Donna e di un’Artista che ha reso grande il nostro Cinema e il nostro Teatro. E non perdete l'”Incontro con l’Autrice”!

La trama

Simona Scattina, “Titina De Filippo. L’artefice magica” (Cue Press, 2020)

Titina è una protagonista del Novecento non solo per la sua riconosciuta abilità e bravura d’interprete: lo è anche perché rappresenta una delle anime del teatro che si ‘fa’ teatro. Simona Scattina

Simona Scattina nel suo saggio Titina De Filippo. L’artefice magica racconta, attraverso la presenza di testimonianze, documenti e immagini provenienti dal Fondo Carloni, conservato presso la Biblioteca di Storia Patria di Napoli, la vita, i successi e la carriera di una delle più grandi attrici che il Novecento italiano abbia avuto. Titina De Filippo. Il volume è organizzato e strutturato in sei capitoli: Titina una De Filippo, mostra l’ambiente artistico e culturale in cui l’attrice nasce, cresce, si forma e muove i suoi primi passi nonché l’evoluzione di questa figura artistica (ma anche fisica) a cavallo tra Ottocento e Novecento; Le donne di Titina, dove “incontriamo” le personagge più significative della carriera dell’attrice (pensiamo solo a Filumena Marturano); «Lo schermo mi ha presentato Titina De Filippo», attraverso il quale si ripercorre l’attività cinematografica non soltanto di attrice ma anche di sceneggiatrice dal 1937 al 1959 (tra questi come non ricordare Totò, Peppino e i fuorilegge di Camillo Mastrocinque del 1956 e Due soldi di speranza di Renato Castellani del 1952 per il quale ottiene il Nastro d’Argento per la Migliore Sceneggiatura); La ‘voce’ dei testi, dove si narra dell’aspetto autorale di Titina ovvero della sua scrittura per il teatro, il cinema, la politica,  le sua poesie e la sua autobiografia mai pubblicata che, però, avrebbe voluto intitolare Io, una dei tre;  Trame d’autrice, dove, appunto, sono riportate le trame dei testi scritti dall’artista per il teatro, compresi quelli andati ormai perduti; Per una divagrafia involontaria, dove si parla del valore e dell’importanza dell’autobiografia per un attore e, più nello specifico, si mettono quasi a confronto il già citato testo inedito Io, una dei tre e Titina De Filippo. Vita di una donna di teatro scritto da Augusto Carloni (figlio dell’attrice e di Pietro Carloni) nel 1984 e pubblicato da Rusconi.

Peppino De Filippo, Totò e Titina De Filippo in “Totò, Peppino e i fuorilegge”, regia di Camillo Mastrocinque (1956)

In chiusura del volume troviamo una vasta e ampia appendice dove sono raccolti documenti e immagini provenienti dal Fondo Carloni così da permettere un ulteriore viaggio visivo nella storia del nostro Teatro e della vita di Titina De Filippo. Per tutti noi Titina.

Sul libro

(…) arrivare alla semplicità, all’umanità drammatica e bruciante, senza artificio ma con dignitosa aristocratica linea d’artista, è cosa estremamente difficile, che esige enormi fatiche e grandi rinunce… Titina De Filippo

Titina De Filippo in “Filumena Marturano” di Eduardo De Filippo (versione cinematografica), 1951

Simona Scattina, ricercatrice di Discipline dello Spettacolo presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania, nel suo volume Titina De Filippo. L’artefice magica edito da Cue Press nella collana “Gli artisti” ci racconta della profonda e autentica identità e dell’osmosi tra l’attrice e la donna, l’arte e la vita.

Annunziata De Filippo. Titina De Filippo. Semplicemente Titina. È così che il grande pubblico chiamava, chiama e ricorda ancora la nota attrice napoletana. Come, forse, non è un caso che sia sufficiente pronunciare il nome di Filumena e coloro i quali amano e apprezzano il Teatro capiscono che si sta parlando di Filumena Marturano, creatura nata dalla penna di Eduardo De Filippo e unica assoluta protagonista femminile della sua produzione drammaturgica. Parafrasando la nota affermazione Bovary, c’est moi! che Gustave Flaubert dedica al suo romanzo più celebre ritengo che potremmo declinarla con altrettanta convinzione e determinazione a Titina trasformandola in Filumena, c’est moi!

Cue Press

Titina è la maggiore dei fratelli De Filippo, Eduardo e Peppino nati dall’unione del commediografo e attore Eduardo Scarpetta con Luisa De Filippo, in questa monografia si sottolinea – forse come mai prima – anche il loro complesso e controverso rapporto fatto di stima, riconoscenza, ammirazione ma anche di invidia, gelosia e ripicche. E in questo caso, sempre con grande rispetto e rimanendo in punta di piedi, Simona Scattina ci racconta con dettagli, testimonianze e documenti anche la posizione di Titina, sorella e attrice, che ha sempre cercato, quando possibile,  di fare del suo meglio e ciò che le sembrava più giusto per mantenere gli equilibri familiari e artistici.

Eduardo, Luisa De Filippo, Eduardo Scarpetta, Peppino e Titina

A tal proposito, è doveroso ricordare e sottolineare che l’Autrice per la realizzazione e la stesura del suo saggio Titina De Filippo. L’artefice magica ha avuto la possibilità di consultare e studiare l’inestimabile documentazione (artistica, fotografica, cartacea) contenuta nel Fondo Carloni conservato presso la Biblioteca di Storia Patria di Napoli. All’intero del volume molte sono le immagini riguardanti tali documenti e ricordi personali dell’attrice a testimonianza di quanto la sua personalità artistica e privata siano state “governate” e guidate da il suo essere donna che non (si) tradisce mai e che, ancora oggi, anche attraverso questo materiale, ha tanto da dire, da raccontare e da insegnare.

Simona Scattina, così, attraverso questo suo ritratto d’attrice ha reso in qualche modo giustizia in termini di memoria e, mi sia concesso di dirlo, anche di merito a una delle più grandi interpreti del nostro Novecento che ha sempre mantenuto alta e con orgoglio la propria identità dialettale, popolare, umana e intellettuale.

Eduardo, Peppino e Titina De Filippo sul set di “Ragazze da marito”, regia di Eduardo De Filippo (1952)

Titina dal suo debutto all’anno della sua morte, avvenuta il 26 dicembre 1963 a causa di una malattia cardiaca, ha tradotto in arte il suo talento passando dal teatro al cinema, dalla pittura e dal collage alla scrittura. Ha regalato al suo pubblico una vasta e variegata galleria di donne toccando ogni corda del registro recitativo e interpretativo: dramma, commedia, rivista, operetta… Ha cantato, si è fatta sciantosa, primadonna, madre, moglie, figlia, ex prostituta… senza mai risparmiarsi e senza mai dimenticare il suo reale essere moglie ed essere madre. Della sua famiglia naturale e anche del suo pubblico.

Per tutto questo e tanto altro che è stato ed è, oggi, Titina De Filippo è bene ringraziare Simona Scattina di averci regalato questo suo ritratto appassionato e documentato di una donna diventata attrice. Di aver raccontato attraverso il suo sguardo l’essere donna del suo tempo, la Storia del nostro Paese, le difficoltà e i pregiudizi verso chi, soprattutto se donna, faceva l’Arte. Di aver dato una seconda voce alle sue personagge, sue fedeli compagne di tutta una vita.

Titina De Filippo in “Assunta Spina”, regia di Mario Mattòli (1948)

Di averci raccontato la sua storia, i suoi incontri, i passaggi cruciali della sua carriera scanditi e intervallati dalle querelle familiari di cui, all’epoca, la stampa andava ghiotta. Di aver permesso di scoprire e conoscere, attraverso la precisa impostazione del suo lavoro, la carica artistica di questa attrice che letteralmente ha dato e prestato il suo corpo alle sue “donne”. Di aver permesso di non dimenticare e di ricordare una pagina importante (soprattutto) del nostro Teatro, un’arte scritta sull’acqua e di cui senza la memoria e l’impegno, il desiderio al ricordo… perderemmo una parte importante della nostra Storia e della nostra identità. Di aver scritto questo saggio con passione, attraverso un linguaggio non accademico e uno stile lineare, pulito, essenziale, libero da fronzoli e artifici così da permettere a chiunque, appassionati, curiosi, studiosi, di scoprire, di incuriosirsi e di far nascere nuove domande.

Incontro con l’Autrice

La scrittrice Simona Scattina

Come è avvenuto il suo “incontro” con il Teatro e la sua storia?

Fu facile durante gli anni universitari appassionarmi alle discipline dello spettacolo, il mio professore, poi il mio maestro, era Fernando Gioviale, uomo di grande cultura e docente appassionato. È stata la frequentazione delle sue lezioni a regalarmi un’apertura alle forme teatrale e un amore per la storia del teatro. Aver oggi raccolto il suo testimone presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania è per me motivo di grande orgoglio e di enorme responsabilità.

Come è nato il progetto editoriale di Titina De Filippo. L’artefice magica?

Il progetto editoriale che mi ha visto lavorare sulla grande Titina De Filippo è in qualche modo frutto di riflessioni nate durante un Convegno di Fascina – Forum annuale delle Studiose di Cinema e Audiovisivi nel 2017, in cui la studiosa Maria Rizzarelli propose una prima mappatura della ‘diva-grafia’, ovvero dell’attrice che scrive. A quell’intervento è seguito poi il Convegno di Fascina 2019 incentrato sulle “DIVAGRAFIE Ovvero delle attrici che scrivono” (tutti gli interventi possono essere letti al link della Rivista Arabeschi http://www.arabeschi.it/collection/divagrafie-ovvero-dellatrice-che-scrive/#divagrafie-ovvero-dellatrice-che-scrive). Ho così cominciato a interessarmi delle attrici di teatro che scrivono (sono anche entrata a far parte del PRIN DAMA – Drawing a Map of Italian Actresses in writing) e così, dopo Franca Rame, e grazie ai preziosi consigli di Laura Mariani sono approdata a Titina De Filippo che oltre ad alcuni testi teatrali e a delle bellissime poesie, aveva scritto un diario inedito da cui il figlio Augusto Carloni ha attinto a piene mani per il suo Titina De Filippo. Vita di una donna di teatro (1984).

Augusto Carloni, “Titina De Filippo. Vita di una donna di teatro” (Rusconi, 1984)

Quali difficoltà ha riscontrato nella ricostruzione della vita artistica e privata di Titina De Filippo?

La difficoltà, ma poi anche il fascino per chi studia i documenti d’archivio, è quella di far dialogare i materiali tra loro e di cercare di interrogarli nel migliore dei modi perché possono raccontare molto. Soltanto la ricerca continua di indizi dai quali far sorgere quesiti a cui tentare di dare risposte può aiutare a colmare gli inevitabili vuoti documentari e conoscitivi e tentare così di restituire un’immagine il più completa possibile dell’oggetto di indagine.

Nel suo lavoro di ricerca e di studio quanto è stato difficile fare una distinzione tra Titina De Filippo “donna” e “artista”?

Mi piace ricordare una risposta di Titina a un’intervista: «Perché io sono una donna semplice, una donna di casa. Ecco: prendete una donna di casa, una madre, portatela sul palcoscenico e avrete me: sposata, con un figlio già grande e una casa a Napoli. Una casa dove mi rifugio per due mesi ogni anno, durante l’estate. Per gli altri dieci mesi la mia casa gira, senza riposo. Una vita dura e appassionante che mi moltiplica. A volte vorrei essere solo una delle due cose: madre o artista, ma non so fare a meno né dell’una né dell’altra condizione».

Nino Taranto e Titina De Filippo (1960 circa)

Titina fu una grande attrice perché era una grande donna. Rappresenta nella sostanza l’emblema di quella «saldatura imprevista fra vissuto e finzione» tipico del nuovo divismo del dopoguerra. La donna non sa separarsi dall’attrice, il passaggio continuo tra autenticità e teatralità appare possibile perché i due modi si incarnano nel corpo di Titina che in sé accoglie e scioglie la tensione tra il suo essere creatura da palcoscenico e, allo stesso tempo, creatura di celluloide, incarnandole entrambe come declinazioni dell’Arte.

Sono anch’io una studiosa e storica del Teatro e vorrei chiederle: qual è stata l’emozione di poter vedere, studiare e toccare con mano quel meraviglioso tesoro contenuto nel Fondo Carloni – Archivio di Titina De Filippo conservato presso la Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria di Napoli?

Titina De Filippo e Aldo Fabrizi sul set del film “I Pappagalli”, regia di Bruno Paolinelli (1955)

Le ricerche effettuate presso il Fondo Carloni hanno rappresentato un momento fondamentale del percorso di lavoro, certamente uno dei più arricchenti e stimolanti. È stata un’immersione in un mondo fatto di successi e di sacrifici, di gioie e di dolori soffocati perché bisognava andare in scena; un mondo di prove e di tournée estenuanti. Sono entrata, in punta di piedi, nella vita di Titina e di coloro che della sua esistenza hanno fatto parte.

Quale eredità ha lasciato Titina De Filippo al Teatro (e non solo a quello dialettale)?

La recitazione di Titina poggia su un mestiere fondato alla scena dialettale globalmente intesa e alle cosiddette forme di ‘teatro basso’ e lo rilancia nell’epoca dell’affermazione italiana della Regia e della concorrenza del cinema. Titina avrebbe potuto essere una capocomica straordinaria, ma non volle mai ricoprire questo ruolo e rimase a vita una scritturata. Propone così il naturalismo e il popolare a uno stadio nuovo, essendo attrice fino in fondo per il sicuro possesso del mestiere e la capacità di andare ‘oltre’.

Titina De Filippo in “Totò, Vittorio e la dottoressa”, regia di Camillo Mastrocinque (1957)

Oggi cosa direbbe Titina De Filippo di questo particolare momento storico e della crisi che il Teatro sta affrontando ormai da diverso tempo?

Titina ha affrontato molte avversità nella sua vita; probabilmente avrebbe aspettato fiduciosa, come tutti noi. Avrebbe approfittato di questo tempo per scrivere, per creare, per progettare, e avrebbe continuato a sperare di ritrovare quel pubblico che, nei fatti, non l’abbandonò mai.

Titina ed Eduardo De Filippo in “Filumena Marturano”, regia di Eduardo De Filippo (1946)

Da storica a spettatrice: in quale ruolo – teatrale e/o cinematografico – ha particolarmente apprezzato Titina De Filippo?

Possiamo solo immaginarla – abbiamo solo pochi scatti fotografici – nel ruolo della figlia di Luca Cupiello in Natale in casa Cupiello del ’31, o in quello di Armida di Questi fantasmi! del ’45, per non parlare della Filumena del ’46. Al cinema l’ho molto apprezzata nel ruolo di Emilia Forcinelli accanto ad Anna Magnani in Assunta Spina. E la trovo straordinaria quando è in coppia con Tina Pica, tra le due c’era una sintonia speciale che derivava dalla palestra teatrale (sono insieme nella Filumena del ’51 e in Napoli sole mio del ’58).

Titina De Filippo in “Cani e gatti”, regia di Leonardo De Mitri (1952)

Quanto altro avrebbe potuto donare l’attrice napoletana al nostro Teatro e al nostro Cinema?

Credo tanto, ma già quello che ci ha lasciato è un tesoro incommensurabile.

Con quali parole presenterebbe e descriverebbe Titina De Filippo alle nuove generazioni?

La presenterei così: Titina De Filippo è una delle interpreti più straordinarie e moderne che il teatro, l’arte, abbia mai avuto.

Quanto è importante la memoria teatrale e la sua conservazione?

Titina De Filippo, Luigi Pirandello, Peppino ed Eduardo De Filippo (1936)

Il rapporto complesso del teatro con la necessità di lasciare un segno ha ricadute importanti sia per chi lo agisce sia per chi lo studia: la memoria può riallacciare fili interrotti, saperi dimenticati; può stimolare una necessità di confronto col passato che sembra latente nelle nuove generazioni. In questa prospettiva il fondo o l’archivio divengono fonte d’ispirazione e, allo stesso tempo, spazi evocativi proiettati verso un avvenire da esplorare in grado di nutrire la memoria del pubblico di “ieri, oggi e domani”, per dirla con De Sica.

Quali sono i suoi prossimi impegni e progetti editoriali?

Sulla rotta della divagrafia ho iniziato ad occuparmi di Maria Callas. Continuerò poi le mie ricerche sulla drammaturgia siciliana e sul teatro del Novecento.

Prima di salutare Simona Scattina, di ringraziarla della sua disponibilità e di darle appuntamento al suo prossimo lavoro desidero riportare i bellissimi versi della poesia che Eduardo De Filippo ha scritto e dedicato a sua sorella Titina nel 1966:

Era tutt’uocchie.
E chelli mmane
asciutte e bianche,
bianche ‘e chillu biancore d’ ‘a magnolia,
che sapevano fa!
Cu mille cartuscelle culurate,
forbice carta e mmane
appicciava ‘o vestito ncantato
‘e nu tramonto;
pure nu malotiempo
addeventava
sotto ‘a forbicia soia
na festa ‘e luce
dinto a nu vico astritto, tutte mbrielle…

E si pigliava ‘a penna
e appriesso appriesso
l’accumpagnava
ncoppa ‘a carta bianca…
Ca nun era maie
cchiù bianca e cchiù asciutta ‘e chella mano…
Vedive sul’ ‘a penna
mmiezo a chelli detelle;
qualunque penna, pure piccerella,
addiventava ‘o ddoppio
a cunfronto d’ ‘a mano.
Pè copp’ ‘o pianefforto
me parevano,
chelli detelle,
piegate e fatte a nnocche,
tanta cunfiette rosa
asciute pazze.
Si na nota sbagliata
se senteva
pè mmiezo a chella musica,
maie nu segno ‘e sfastidio
se vedeva passà pè chella fronte:
ddoie fussetelle nfaccia…
na resata…
e p’ ‘a tastiera
currevano ‘e cunfiette n’ata vota.
E che voce!
No pè cantà,
badate,
ma pè parlà.
Dice: ma pè parlà
qualunque voce è bona.
Nonsignore.
Chi tene ‘a voce
e fa ‘o cantante
pure parla
ma parla malamente.
Essa, quando parlava,
e t’ ‘a mettive a sentere,
sta voce
‘a tenive vicino
e ‘a sentive luntano
e ‘a luntano curreva
Curreva
e t’arrivava
e te fermava
e te gelava
quando cadeva nterra
e si spezzava
dint’ ‘e case d’ ‘a ggente,
fosse nu piano nobile
n’appartamento antico
na camera affittata
nu sesto piano interno
nu vascio c’ ‘a vinella…
Sentitela sta voce,
ausuliate: 
è viva ancora.
Nun era bella
ma ‘a bellezza soia
‘a sapeva sul’essa,
e s’ ’a sapeva spennere
pè dint’ ‘o specchio,
quanno n’ata faccia
‘e na femmena bella,
bella ‘o vero,
le cercava ‘o piacere
d’essere cumm’a essa
pè na sera.

 

 

 

 

 

 

 

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