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“Cruor”, Renata Rampazzi mette in mostra il sangue delle donne

Dal 17 settembre 2020 al 10 gennaio 2021 il Museo Carlo Bilotti di Roma ospita la mostra “Cruor” di Renata Rampazzi. La Rubrica online “Piazza Navona” ha partecipato con orgoglio all’anteprima stampa e vi parla di questo importante appuntamento della Capitale. Un’esposizione che con decisione e forza si schiera contro la violenza sulle donne.

Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese (Ph. Chiara Ricci)

Domani, giovedì 17 settembre 2020 aprirà al pubblico, presso il Museo Carlo Bilotti di Roma, la mostra Cruor di Renata Rampazzi a cura di Claudio Strinati e promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. L’iniziativa fa parte di Romarama, il programma di eventi culturali di Roma Capitale. Servizi museali a cura di Zètema Progetto Cultura.

L’esposizione, organizzata da Renata Rampazzi e dal suo studio, ripercorre la battaglia che l’artista conduce – sin dagli anni Settanta – per la parità delle donne e la loro emancipazione.

 

Si potranno ammirare 14 dipinti, 46 piccole tele, studi preparatori per la grande istallazioni composta da 36 garze e un video diretto da Giorgio Treves in cui l’artista racconta per immagini la nascita e l’evolversi di questo suo progetto artistico.

Renata Rampazzi all’anteprima stampa della mostra “Cruor” tenutasi presso la terrazza del Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese (Ph. Chiara Ricci)

Ed è con queste parole che Renata Rampazzi racconta alla Rubrica online “Piazza Navona” il senso e la nascita della sua mostra:

È un progetto che covava da anni anni e anni perché i primi quadri che sono violenti, quei mestrui, questi grumi di sangue… risalgono agli anni Settanta, subito dopo il ’68 quando c’era un’insofferenza e ci eravamo tutte più evolute, ci sentivamo più consapevoli. Per la donna è stato importante il ’68. Per cui io ho fatto una serie di quadri che sono molti forti e poi li ho lasciati sedimentare nel mio studio andando avanti con altre pitture. La donna è sempre stata la vittima dell’uomo, non i tutti casi: qualche uomo saggio esiste. Con questa recrudescenza ho detto: “voglio fare qualcosa”. Mi hanno offerto una mostra alla Fondazione Cini e ho pensato di fare una grande installazione in un grandissimo spazio sul femminicidio. Ho dipinto una serie di bozzetti (oli su tela, colori comprati dal colorificio) poi ho dipinto i veli. E da drammatico è diventato dolente. Sono cambiati i materiali: le garze ricordano le garze che avvolgono le ferite delle donne, i bendaggi delle donne, il sangue è un sangue lavato che cade dall’alto ed è un lamento. Cruor è nato così. Era partito con violenza ed è diventato più dolente.

Renata Rampazzi, Studi preparatori “Cruor” (2018) – Ph. Chiara Ricci

Ma cosa significa e da dove proviene la parola Cruor, fulcro dell’esposizione?

Cruor, tradotto dal latino, significa “sangue” inteso come sangue che cola da una ferita e, quindi, il sangue di Cristo, dei martiri e della donna vittima – troppo spesso – della bestialità dell’uomo. Ed è proprio alle donne che Renata Rampazzi dedica questa sua esposizione, al sangue delle donne che scorga dalle ferite inferte sul loro corpo e nel profondo della loro anima. Sono ferite che gridano urlano di sangue e di dolore.

A tal proposito scrive Maria Vittoria Marini Clarelli all’interno del bel catalogo curato dalle Edizioni Sabinae (bilingue italiano, inglese) contenente anche testi di Dacia Maraini della stessa Renata Rampazzi:

Il catalogo della mostra “Cruor” (Edizioni Sabinae) – Ph. Chiara Ricci

Il latino classico distingue fra il sangue della vita e quello della morte, fra il liquido che scorre nel corpo umano e quello che sgorga dalle ferite. L’uno è chiamato sanguis, l’altro cruor. È quest’ultimo il titolo scelto da Renata Rampazzi per la sua installazione dedicata alla violenza sulle donne; tanto più appropriato se si considera che, nella cultura romana, il termine cruor definiva anche il sangue mestruale, quello della deflorazione e quello del parto. Anche in vita la sorte femminile è più cruenta. È nel sangue che si diventa donna, moglie, madre. Ma è soprattutto ne contesto maschile che la repulsione o l’attrazione per il cruor segnano la distinzione fra umanità e bestialità. Tanto più se il sangue sparso è indifeso.

E aggiunge Claudio Strinati nel suo intervento contenuto nel suddetto catalogo:

L’idea della Rampazzi è stata quella di creare un percorso che non tanto illustri quanto evochi in una alta tensione morale e intellettuale il tremendo fenomeno della violenza sulle donne e le tragedie conseguenti. Il tema del sangue, così, si trasforma nelle mani dell’artista nel tema più specifico e molto forte e coinvolgente della ferita, della lacerazione, della violazione, verrebbe da dire, dello spazio figurativo (una violazione peraltro voluta dall’artista stessa) di un elemento di violenta e perturbante disarmonia proprio in un contesto che nasce invece con l’intento di dare bellezza, forma, equilibrio. (…) La Rampazzi appartiene, infatti, a quella categoria di artisti dediti all’astrazione che pensano l’astrazione stessa come contenuto significato, non come ornamento e edonistica composizione.

“Cruor” di Renata Rampazzi (Ph. Chiara Ricci)

In questa installazione – realizzata con la collaborazione della scenografa Leila Fteita esposta per la prima volta nella sede della Fondazione Cini di Venezia – si ascolta il grido dolente e doloroso delle donne vittime di violenza. Nella sala appaiono numerose garze di 4×1 m appese al soffitto come fossero dei drappi, dei sipari che avvolgono e ospitano lo spettatore. Tali garze non hanno più quell’intensità e quella densità di rosso utilizzato nelle tele ma appare più tenue come fosse diluito nell’acqua salata delle lacrime di queste donne ferite e nelle medicazioni cui sono state sottoposte. Ed è così che lo spettatore entra in questa “ferita” del fisico e dell’animo femminile, si immerge in quest’atmosfera resa ancor più emozionante dalle musiche create da Minassian, Ligeti e Gerbarec. E ne esce (s)travolto.

Così, le tele e i veli di Renata Rampazzi divengono un viaggio emotivo all’interno del femminile, nella sua intimità e in quel silenzio che, attraverso tali ferite e squarci nell’anima, diventa un grido dalla potenza indicibile.

 

Chiara Ricci e “Cruor”

Non perdete questo interessante e importante appuntamento con l’Arte e con le innumerevoli e intense emozioni che sa donare.

Un dovere per tutti noi prendere parte a simili iniziative culturali che educano all’amore sano e al rispetto del prossimo. Il sangue delle donne non è solo sulle tele dell’artista ma sgorga e corre intorno a noi sempre più veloce, sempre più intenso. E c’è bisogno si parli di questo. Non è mai abbastanza. Anche attraverso queste manifestazioni artistiche le donne possono trovare il coraggio di riprendere la propria vita e, soprattutto, di non sentirsi sole né tantomeno di vergognarsi di una brutalità di cui non sono responsabili. Ma vittime.

Le mostre allestite presso il Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese (Ph. Chiara Ricci)

Inoltre, arte del ricavato delle vendite del catalogo curato dalle Edizioni Sabinae sarà devoluto all’Associazione Differenza Donna.

Una ragione di più per non mancare a questo appuntamento che grida e si schiera contro ogni violenza perpetrata sulle donne.

 

 

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