Habemus Hominem: il giovane scultore e “Social Artist” Jago in mostra a Roma

Jago e la sua opera "Habemus Hominem"
Jago e la sua opera “Habemus Hominem”

Un’interessante mostra è stata inaugurata proprio oggi a Roma dal titolo Habemus Hominem dove si possono ammirare le opere del genio artistico dello scultore Jago. PIAZZA NAVONA era presente all’anteprima stampa incontrando l’artista che ci ha concesso una piacevolissima intervista. La magia della pietra che prende forma e vita!

In questa splendida mattinata di metà febbraio si è tenuta presso il Museo Carlo Bilotti sito nella magica Villa Borghese e non molto distante da Piazzale Flaminio l’anteprima stampa della mostra Habemus Hominem del giovane scultore Jago.

Il Museo Carlo Bilotti (Ph. Chiara Ricci)
Il Museo Carlo Bilotti (Ph. Chiara Ricci)

La mostra, curata da Maria Teresa Benedetti e promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, è articolata in diverse sale – attigue all’esposizione permanente dedicata al metafisico Giorgio De Chirico – attraverso le quali si snoda il percorso intellettuale, artistico e filosofico dello scultore che modella e scalfisce la pietra e il marmo con sapienza e sensibilità artistica e intellettuale.

Jago e Chiara Ricci all'anteprima stampa della mostra "Habemus Hominem"
Jago e Chiara Ricci all’anteprima stampa della mostra “Habemus Hominem”

Tra le diverse opere esposte, tutte datate dal 2009 a oggi, vi sono il ritratto in marmo di Papa Benedetto XVI (presentato alla Biennale di Venezia del 2010) realizzato quando il Papa deteneva ancora il suo potere ecclesiastico ma che, a seguito della sua rinuncia all’incarico pontificio, è stato letteralmente “spogliato” del suo abito. In tal modo, l’artista ha convertito la dimensione sacra del Pontefice a quella di uomo, nudo di ogni veste papale e di ogni potere “divino” ed ecclesiastico aggiungendo nella cavità vuota delle orbite degli occhi che seguono e accompagnano lo spettatore in ogni parte della sala. Ed è bene sottolineare che grazie a quest’opera, ormai divenuta celebre al popolo del web, il giovane Jago nel 2012 ha ricevuto la prestigiosa “Medaglia del Pontificato”.

"Habemus Hominem" (2009-2016)
“Habemus Hominem” (2009-2016)

Diverse sono le opere che animano e danno vita alla mostra. Anzi, dovremmo dire pulsano. Sì, perché Jago attraverso l’installazione Apparato circolatorio (ri)crea con un’osservazione attenta e una serialità dalla precisione millimetrica, scrupolosa e certosina – come fosse una sequenza di fotogrammi – l’attività del motore del corpo umano. Ad accompagnare e ad arricchire questa installazione, infatti, c’è un video time-lapse che riproduce la successione dei “cuori-fotogramma” che danno vita a un singolo battito.

"Apparato circolatorio", 2017 (Ph. Chiara Ricci)
“Apparato circolatorio”, 2017 (Ph. Chiara Ricci)

Tra le altre opere esposte ricordiamo Excalibur che vede conficcato nel blocco di pietra non la tradizionale spada con la quale Parsifal avrebbe dovuto conquistare il Graal ma un’arma da fuoco creando una perfetta sintesi tra sacro e profano. E ancora, Prigione dove c’è un’anima che tenta di uscire dal blocco di pietra e Memoria di sé attraverso la quale lo scultore riproduce e dà vita a concetti quali la coscienza di sé e l’esistenza.

Ma la mostra Habemus Hominem è molto di più. Non è obiettivo di questo articolo ricreare il percorso espositivo allestito presso il Museo Bilotti ma sottolineare il talento e la capacità artistica del giovane scultore. Jago, infatti, rappresenta la sintesi perfetta di talento e concettualità, di maestria e idea, di arte contemporanea e classica, di tecnologie 2.0 e arti visive. Jago appare in tutto ciò che tocca e crea: realizza i suoi making of divenuti celebri attraverso i social network, le sue musiche, le immagini e i concetti che abitano e vivono la sua mente, la sua stessa creatività.

Allo stesso tempo il giovane artista (classe 1987) non dimentica le sue origini frusinate e l’indispensabile appoggio della famiglia rendendolo semplice e ricco tanto quanto le sue opere di cui egli stesso si fa creatore e spettatore. È uno sguardo sull’Arte contemporanea da parte di un Social Artist da intendersi come protagonista del mondo web e come anima di quello reale.

"Sphynx", 2015 (Ph. Chiara Ricci)
“Sphynx”, 2015 (Ph. Chiara Ricci)

Ma lasciamo che sia lo stesso Jago a presentarsi ai microfoni della rubrica online “Piazza Navona”, a raccontarci della sua Arte, del concetto che ha di questa, del suo modo d’essere attraverso questa intervista esclusiva.

Come è stato il tuo incontro con l’Arte e la tua formazione artistica visto che in molti ti hanno definito un autodidatta?

Temo che questo termine autodidatta sia stato un po’ abusato nella misura in cui credo che nessuno sia autodidatta. Con questo termine intendevo dire, poiché ho frequentato l’Accademia per un brevissimo periodo, che quello che faccio oggi è un po’ un’invenzione che nella modalità operativa ho autogenerato anche per quanto riguarda il fatto di coniugare l’utilizzo dei social con il lavoro che si fa e alla tradizione in merito all’utilizzo dei materiali. Quindi ho avuto questa brevissima esperienza in Accademia che ho dovuto abbandonare per diversi motivi, anche per un docente che non mi dava la possibilità di andare avanti. Io non potevo investire in quel percorso che non mi dava la soddisfazione che cercavo. Allora ho insistito sulla mia strada ed è stato un bene. Sono i fatti che contano. Io vivo d’Arte.

"Excalibur" (2016)
“Excalibur” (2016)

Il tuo rapporto con gli strumenti di lavoro e con il marmo che racchiude in sé l’opera d’arte già compiuta?

Michelangelo è un punto di riferimento assoluto come tanti altri Maestri della tradizione. Fin da piccolo ho frequentato dei luoghi, anche grazie ai miei genitori, e mi sono identificato in quei gesti. E ho visto in quelle cose la mia stessa possibilità di realizzarle. Con l’Arte si è instaurato questo rapporto del coraggio. Se io vedo delle opere mi entusiasmo e mi viene il desiderio di realizzarle, ma non per gli applausi o i riconoscimenti. Per dimostrare a me stesso che posso farcela. Poi il livello che raggiungo sarà sempre e solo il mio. Non c’è competizione in atto. Il rapporto con il materiale sta sempre in questo stesso discorso perché riguarda l’uomo che si confronta con qualcosa che è più duro, più anziano di lui. L’arte della scultura che è l’arte del togliere è qualcosa che ti costringe ad adoperarti su te stesso nella misura in cui quello che togli in superficie è quello che togli di superfluo, quello che togli a te stesso. Ed è un lavoro meditativo, lungo. Per me l’artista è una cosa molto precisa e vale la regola di San Francesco: se uno usa solo le mani è un lavoratore; se usa le mani e la mente è un artigiano; se usa le mani, la mente e il cuore è un artista.

"Venere", 2017 (Ph. Chiara Ricci)
“Venere”, 2017 (Ph. Chiara Ricci)

Cosa  puoi raccontarci dell’opera Habemus Hominem che dà  il nome alla mostra?

Quest’opera ha una storia particolare perché, tra l’altro la esposi quando il Papa era ancora vestito alla Biennale del 2010 alla quale fui presentato a Vittorio Sgarbi da Maria Teresa Benedetti la quale presenta a distanza di dieci anni questa mia personale importante in un ambiente istituzionale. Quel lavoro è importantissimo per me perché ha rivoluzionato la mia idea di scultura, di fare scultura. Io prima avevo anche un attaccamento con la mia opera e poi a questa stessa opera ho fatto un gesto ulteriore. Cioè, dopo averla realizzata ed esposta alla Biennale, alla Reggia di Caserta, ha vinto la Medaglia del Pontificato datami dal Cardinale Bertone e Cardinale Ravasi, dallo stesso Ratzinger. E io l’ho modificata. E ha generato qualcosa di nuovo. Apre dei nuovi scenari anche con la testimonianza video attraverso la quale lo stesso procedimento scultoreo diventa opera artistica. Così, io non sono più identificato con il mio lavoro che son capace anche di distruggerlo e sono riuscito a muovermi in un campo della comunicazione che mi coinvolge in prima persona perché ci metto la faccia e le persone possono partecipare anch’esse alla realizzazione dell’opera. Scelgo d farmi condizionare da chi partecipa alla realizzazione dell’opera in quel momento. Così, è nata anche la Venere. Io non sono più chiuso nello studio e mostro che un essere umano può realizzare un’opera d’arte.

"Habemus Hominem" 2009-2016, (Ph. Chiara Ricci)
“Habemus Hominem” 2009-2016, (Ph. Chiara Ricci)

Da dove prendi l’ispirazione per creare le tue opere?

L’ispirazione non la prendo da nessuna parte. Sono io che produco le cose. Per me è il mio lavoro quindi è fondamentale che io lo faccia. Io quando faccio mi ispiro e mi arrivano suggerimenti per il nuovo lavoro. E lì fai il capolavoro. Restando lì per mesi a lavorare.

Oggi si inaugura la tua mostra Habemus Hominem che resterà aperta al pubblico sino al prossimo 2 aprile. Sei soddisfatto di questo progetto?

Le opere in mostra sono tutte fondamentali perché l’una ha portato all’altra. Io seguo semplicemente un flusso: quando faccio una cosa questa mi riporta ad un’altra. Ogni opera è importante, sono come dei figli: come fai a dire qual è il figlio prediletto?

Sono molto soddisfatto di questa mostra, del gruppo di lavoro, della mia compagna, della collaborazione di mio padre… Nel tempo ho costruito un gruppo di lavoro che è un gruppo di famiglia. Io ci ho messo la facci ama poi serve la famiglia, ci vogliono intenti comuni. Dal 2007 conosco Maria Teresa Benedetti che oggi cura la mia mostra e nel tempo ho avuto la fortuna di incontrare persone sane e belle che hanno creato le condizioni per realizzare delle belle esperienze. Però ci vuole la famiglia: è la cosa più importante del mondo. La mia famiglia è fondamentale nel mio percorso. Senza la mia famiglia io mi sento poca cosa.

"Muscolo minerale", 2017 (Ph. Chiara Ricci)
“Muscolo minerale”, 2017 (Ph. Chiara Ricci)

Lanciamo uno sguardo al futuro: quali sono i tuoi prossimi progetti?

L’idea è quella di far sì che questa mostra diventi itinerante. Poi dovrò iniziare una nuova opera per Napoli che realizzerò a Verona con l’azienda Antolini, un’eccellenza mondiale nella lavorazione dei marmi con la quale ho una partnership bellissima. Se tutte le aziende aprissero le porte all’Arte come hanno fatto da Antolini non sapremmo più dove mettere l’Arte. A maggio uscirà il mio primo disco collegato a una tournée di scultura live 3D portando la scultura sul palco nel vuoto dove il pubblico vede nascere l’opera virtuale.

Per tutto questo e per molto molto altro la mostra Habemus Hominem allestita presso il Museo Carlo Bilotti, Aranciera di Villa Borghese non si può assolutamente perdere. La mostra sarà aperta al pubblico con ingresso libero dal 16 febbraio al 2 aprile 2018.

La Rubrica online “Piazza Navona” è orgogliosa di dare il suo contributo nella diffusione dell’Arte scultorea di Jago ed è onorata di essere stata invitata a un evento tanto importante per la Cultura nella Capitale e per l’Arte contemporanea italiana e non solo.

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