La Rubrica online “Piazza Navona” ha letto per voi il primo romanzo di Andrea Castronovo dal titolo E quindi uscì a riveder le stelle (BookTribu). Un giovane uomo in bilico tra i suoi demoni, i conflitti irrisolti e l’amore per Edoardo. Non perdete l’Incontro con l’Autore!
La trama
Provincia di Chieti, Abruzzo. Tommaso dopo un’infanzia e un’adolescenza segnati da atti di bullismo, soprusi, violenza, derisioni capisce di non poter resistere in un ambiente così stretto, pettegolo, chiuso. Parte. O, forse, fugge. Destinazione: Madrid. Ma è solo Tommaso. Si sente solo e solitario in una città, in una terra non sue. Almeno fino a quando il destino non gli fa incontrare Edo e, finalmente, l’amore senza dovere aver paura di (pre)giudizi e di Pensiero. Suo immancabile compagno e demone. Uno dei tanti che non lasciano libero e tranquillo Tommaso di vivere la sua vita. Tommy, però, compie un passo importante trasferendosi a Milano dove, grazie all’aiuto del suo compagno, trova un impiego. Ci sono l’amore, l’affetto, la solidità economica, gli amici… ma Tommaso non è ancora tranquillo né completamente felice. I suoi demoni, il suo restare sempre all’erta, sempre pronto a nascondersi per non rivelarsi, la paura dell’abbandono, del rifiuto non lo lasciano mai. Questi inevitabilmente si ripercuotono nel rapporto con Edo che cerca di comprendere, anche se il compagno diviene sempre più un enigma da risolvere, un silenzio che nemmeno l’amore e la dolcezza riescono a sciogliere. Almeno così sembra fino a quando da tanto tanto lontano non arriva qualcuno o qualcosa a portare una soluzione, inquietante per quanto inaspettata, così efficace da risolvere ogni problema, ogni dubbio. solo Tommaso può scegliere se accettare o meno questa incredibile “offerta” e barattare la sua esistenza con la sua felicità e con il principio di un nuovo inizio.
Sul libro
Nel dicembre 2021 BookTribu pubblica E quindi uscì a riveder le stelle, il primo romanzo dello scrittore faentino Andrea Castronovo inserendolo nella collana “Black-out” ideata e diretta da Gianluca Morozzi.
Il titolo del romanzo è un chiaro riferimento all’ultimo verso dell’Inferno di Dante Alighieri che recita E quindi uscimmo a riveder le stelle. Questo, infatti, è l’esatto momento in cui Dante e Virgilio lasciatisi alle spalle i gironi infernali, Lucifero e la natural burella e prima di addentrarsi nel Purgatorio contemplano e ammirano il notturno cielo stellato quale presagio di avvenire, di speranza e di un camino certamente più luminoso di quello compiuto sinora.
Allo stesso modo, pur con le dovute proporzioni, Andrea Castronovo fa compiere a Tommaso, il suo protagonista, dei veri gironi infernali. Il giovane, infatti, è omosessuale e sin dall’infanzia ha dovuto subire ogni genere di violenza (fisica, verbale e psicologica) nonché l’allontanamento e l’abbandono della sua famiglia. Una realtà letteraria sin troppo vera nella nostra quotidianità e nel nostro Paese. Da qui il giovane inizia la sua fuga, non sa più da chi, cosa e come nascondersi. Il suo primo pensiero è solo andar via da quel paese, da quegli affetti che lo giudicano, lo deridono, lo credono malato e di cui è meglio non parlare. Il non sapere e il non vedere vengono usato come sinonimi di non esistere.
E Tommaso arriva a credere anche a questo. Di non esistere. O persino di non meritare di esistere. Almeno fino a quando non incontra l’uomo che gli cambierà la vita offrendogli amore, rispetto, sostegno e una solida rete di affetti e di amici. Eppure a Tommaso non basta. Lui pare essere diviso a metà tra questa e un’altra dimensione. E solo una di queste due sembra poter offrire al ragazzo quella tranquillità tanto agognata, rincorsa, voluta, cercata e mai del tutto conquistata. Questo naturalmente comporterà scelte, riflessioni, ulteriori lotte con i demoni interiori e con la vita di tutti i giorni. Eppure soltanto compiendo questa scelta, questo sacrificio, se vogliamo, Tommaso avrà finalmente la libertà di essere non solo se stesso ma anche di raggiungere il suo equilibrio e il suo status di uomo sereno e felice. Solo così può riveder le stelle.
Tutto questo Andrea Castronovo ce lo racconta con mano sicura e tenera. L’Autore ci porta nell’intimo della vita, dei timori, dei segreti più nascosti, nei pensieri del suo protagonista che non vuole altro che essere felice ed essere completamente se stesso. Ma c’è un ma. Un ma che non dovrebbe esistere in nessun Paese civile, reale o fantastico che sia. Tommaso è omosessuale, quindi marchiato dal suo (ma non troppo lontano da noi!) mondo circostante. Ciò che è naturalissimo diviene un problema. Uno scontro tra un assurdo noi e loro. Una divisione, un motivo di derisione quando non di violenza. L’Autore pensa addirittura a una fantasiosa dimensione altra e con la richiesta di un grande sacrificio tanto qui siamo ancora lontani da rispettarci e accettarci gli uni con gli altri.
Andrea Castronovo narra tutto questo con purezza, verità, schiettezza e, soprattutto, senza mai (s)cadere nell’ovvietà, nella banalità e in quel falso buonismo da cui siamo bombardati ogni giorno da tutte le parti. Tommaso è. Punto. La sua natura è. Punto. È un fatto. Non c’è nulla da capire, da giudicare. Semplicemente e meravigliosamente, è. All’Autore e al suo romanzo E quindi uscì a riveder le stelle vanno anche il merito di far nascere del tutto spontaneamente dei validi spunti di riflessione sull’amore, sul rispetto del prossimo, sulla libertà individuale e anche sulla fragilità di un individuo. Sì, perché Tommaso è un cristallo assai fragile eppure tanto puro e prezioso, vive con i nervi e ne è consapevole pur non comprendendo quanto questo suo aspetto sia la sua più grande forza.
Si deve anche ammettere, però, che nella seconda parte del romanzo la forza dei personaggi e della stessa storia sembrano indebolirsi un poco mentre la vicenda vira totalmente e quasi con una brusca manovra in una direzione diversa da quella impostata all’inizio. Il Lettore perde un poco l’orientamento e l’assetto ma forse questo è proprio l’effetto cercato e voluto da Castronovo. In fondo, la vita di Tommaso è costellata di queste brusche e violente manovre. Tutto può succedere all’interno di una storia. Ma questo può anche passare in un secondo piano. Qui è più interessante e di valore il messaggio di questo romanzo che non la sua precisa impostazione strutturale.
Leggete E quindi uscì a riveder le stelle. Incontrate Tommaso e la sua storia. Mettetevi per un solo secondo nei suoi panni, nelle sue sofferenze, stringete per un attimo la mano ai suoi demoni. Capirete che molti di essi gli sono stati addossati senza motivo. Nel bellissimo film Mine vaganti di Ferzan Ozpetek c’è una meravigliosa battuta che recita: “Normalità. Che brutta parola”. Ecco: non esiste il normale, il normale eccezionale e l’anormale. Esiste solo in naturale. Andrea Castronovo con il suo romanzo ci ricorda, ahinoi va anche ricordato se non insegnato, che tutto è naturale. Ed è capendo questo che tutti noi assieme a Tommaso possiamo finalmente riuscir a veder le stelle…
Incontro con l’Autore
Quando e come è avvenuto il suo primo incontro con la scrittura?
Pensavo che rispondere a questa domanda fosse più semplice, sarebbe bastato riportare alla mente un momento, un semplice fermo immagine, sufficiente da definire l’incontro. Eppure, per farlo, ho dovuto ripercorrere a ritroso tutti i miei anni. Per un lungo periodo le mie attitudini creative sono state messe a dura prova. Era il momento dopo la laurea, e per molti mesi a venire. La corsa per una occupazione sicura può spingere a dimenticarsi di se stessi, a rincorrere modelli più canonici sui quali basare la propria vita, il nostro modo di percepire gli eventi, le persone, le relazioni. Ma per fortuna qualcosa dentro di me mi ha sempre detto che non era tutto lì. E si arriva a un punto in cui dare ascolto alla creatività, alla poesia e alla bellezza, diventa necessario, e tutti quei modelli canonici crollano come vecchi condomini pieni di cose polverose, per fare spazio alla tua casa interiore. Certamente, da ragazzo, a scuola, il compito in classe di Italiano, fra tutte le prove scritte, era il più stimolante. Certamente la mia adolescenza è stata sempre strabordante di diari segreti, fogli di carta scarabocchiati e poi strappati e poi conservati. Certamente tenevo chiuso a chiave in un cassetto il mio quaderno delle poesie. Ma ancora prima, fu all’età di sei anni che scrissi il mio primo poema, tre righe in una calligrafia insicura e discutibile. Non ricordo bene perché buttai giù quei versi, ma percepivo qualcosa di speciale, come un abbraccio o un trasporto che scaturisce quando il suono delle parole incontra le emozioni che essere comunicano. Non ricordo bene il perché, ma ricordo bene l’espressione dei miei genitori. Che sia stato quello il mio primo incontro con la scrittura?
Come è nato il progetto editoriale di E quindi uscì a riveder le stelle?
È nato tutto da una sfida. È stato colpa del mio maestro di tanti corsi di scrittura, Gianluca Morozzi, nel tentativo di spronarmi ad uscire dalla mia zona di confort o, molto probabilmente, solo per un suo gusto sadico nel mettere le persone in difficoltà e vedere come reagiscono sotto stress. Battute a parte, Morozzi è un maestro, nonché un amico, che stimo e apprezzo molto, e a lui devo tanto, per gli insegnamenti che mi ha trasmesso, per avermi spinto a pensare su più prospettive, per l’entusiasmo verso la narrazione che sa infondere. Ma la parte più difficile non è stata tanto di rispondere a quella provocazione creativa, quanto trovare un soggetto che, per me, valesse veramente la pena essere raccontato.
Qual è il messaggio che desidera trasmettere ai suoi lettori?
Direi di non avere la pretesa di trasmettere un messaggio. Non mi sono mai piaciute le posizioni schierate, coloro che detengono la realtà delle cose, i consigli sempre giusti da dare, chi sostiene che questo è meglio di quello. Non ho mai creduto in un’unica verità, mettendomi spesso, troppo spesso, in dubbio io stesso. Senz’altro esistono persone illuminate da ascoltare, da prendere in parte, o in toto, come modello, ma io non mi posso reputare fra questi. Insomma, né leader né follower, ma curioso, tanto curioso. Pertanto, ciò che vorrei trasmettere ai lettori, più che un messaggio, e soprattutto per questo romanzo, per le tematiche delicate e importanti che in esso vengono trattate, è il “dubbio”. Portare il lettore di fronte alle domande interiori dalle quali spesso fuggiamo. Il chiedersi se abbiamo mai veramente sentito e capito fino in fondo, o se semplicemente ci abbiamo mai provato a farlo. Questo è quello che mi sarebbe piaciuto portare.
Qual è stata la difficoltà maggiore che ha dovuto affrontare e superare durante la stesura del suo romanzo?
In realtà la fase più difficile come ho anticipato sopra, è stata quella di identificare una storia che valesse la pena essere raccontata. Per alcuni mesi mi sono perso dietro a idee originali, trame particolarmente intrecciate o alla ricerca di colpi di scena mozzafiato, ma ben presto, idea dopo idea, più procedevo e più mi rendevo conto che, oltre all’aspetto originale delle varie storie abbozzate, non trovavo quei contenuti che mi facessero stare incollato ad un PC per raccontare una storia. E pensavo che se non lo fosse stato per me, figuriamoci per i lettori. Poi, quando mi è apparso Tommaso, il protagonista del mio romanzo, scrivere è stato tutto un percorso in discesa.
E quindi uscì a riveder le stelle affronta dei temi molto importanti quali la discriminazione, il bullismo, il bisogno di essere accettati, la paura di essere giudicati e ha dei passaggi molto delicati e anche molto forti. Come è riuscito a trovare il giusto equilibrio nella narrazione?
Non ho mai pensato al romanzo come ad un unico corpo narrativo, ma suddiviso in tanti segmenti, benché ben collegati fra loro. Ho apprezzato sempre molto quei racconti che ricalcano l’andamento di una vita, di un vissuto, intendendolo composto non da una singola storia ma da una serie di avvenimenti, di situazioni che hanno diverso peso e diverso colore. In fondo, noi non siamo mai gli stessi ma cambiamo a seconda del periodo che stiamo attraversando, a seconda dell’ambiente in cui ci troviamo radicati o di passaggio, a seconda dello stato affettivo. Alcuni giorni siamo leggeri ed euforici, altri giorni abbiamo la faccia contro a un muro.
Ma è in questo che consiste la vita, è giusto che sia così, o non faremmo mai delle scelte, non sbaglieremmo mai, non cresceremmo mai. Mi torna ora alla mente qualcosa che imparai a scuola (una delle poche) ma per citare un grande della lettera italiana, Alessandro Manzoni nel suo I promessi sposi, egli è tuttora un eclatante esempio di un tono medio narrativo, manzoniano appunto, composto da eventi tragici, a volte macabri, fino ad arrivare a episodi ironici e grotteschi, anche di grande leggerezza e ilarità.
Cosa vorrebbe poter dire ancora ai suoi protagonisti, Edo e Tommy?
Le cose da dire sarebbero tante. A Edo vorrei dire di resistere, a Tommy di vincere, ma Tommy ha già vinto tutto. Siamo noi che perdiamo, l’umanità. Ma vorrei che in questo parlassero i lettori.
In E quindi uscì a riveder le stelle molto importante è anche la musica. Appare una vera e propria colonna sonora: dai The Doors ai The Cure passando per David Bowie e Moby. Cosa ha guidato queste scelte musicali?
La musica ha avuto sempre un ruolo fondamentale nella mia vita. Tra le forme espressive d’arte è certamente quella che considero forse come la più potente nella capacità di amplificare le emozioni, ma anche un marcatore della memoria pazzesco dei momenti più importanti che mai dimenticheremo. Senza alcun dubbio, ognuno di noi ha associato in maniera indelebile a una determinata canzone, o composizione musicale in genere, una serie di ricordi e suggestioni che tornano a galla. E i brani che ho inserito nel romanzo mi hanno aiutato a traghettare all’interno della storia il mio personale movimento di ricerca interiore. Perché quelli che ho citato sono i pezzi che mi hanno accompagnato nei miei momenti più euforici, o confusi, o tristi degli anni più intensi. Gli anni delle domande, della ricerca, delle scoperte. Trovo che la musica abbia un potere immenso. Anche se non la percepiamo col suo organo preposto, anche nella scrittura.
All’interno del romanzo vengono citati anche titoli di opere che sono la Letteratura (pensiamo solo a Il buio oltre la siepe di Harper Lee). Anche in questo caso, in che modo ha effettuato tale scelte da inserire nella narrazione?
Nel romanzo che ho scritto ci sono molte citazioni, alcune più palesi, altre più nascoste, ma tutte hanno dei rimandi con la storia che stavo raccontando: quella di Tommaso. Nel Il buio oltre la siepe di Harper Lee, per esempio, anche qui si parla di difficoltà a essere accettati, della sconfitta degli esclusi, della prepotenza umana, dei pregiudizi. Poi ci sono atri riferimenti meno palesi, come dicevo. Dall’ineluttabilità della vita, trattata da Ernest Hemingway ne Il vecchio e il mare, fino ad arrivare al travaglio della gioventù, descritta nel Giovane Holdendi Salinger. Easter eggs che forse qualcuno ha notato.
Lei scrive fiabe e si occupa anche di teatro. In quale stile e genere di scrittura è più a suo agio: nel romanzo, nella scrittura per il teatro o nelle fiabe per bambini?
Se c’è una cosa di cui posso essere sicuro nei miei riguardi, è che sono una persona che ha bisogno di esprimersi in maniera creativa. Nel corso degli anni ho avuto modo di osservare questo mio istinto creativo, anche per capire come esso si sviluppasse e procedesse. E credo di aver concluso che sia tutto strettamente connesso col senso della vista. Credo pertanto di essere stato agevolato, attraverso questa mia caratteristica, nella composizione di fiabe e sceneggiature per il teatro (in fondo, non sia arriva mai su certe rive per puro caso), dato che proprio per il teatro si ha la necessità di descrivere ciò che accade all’interno di un perimetro ristretto, riconsegnando al regista già un’impronta profonda di quella che sarà la scena. Amo inventare e raccontare fiabe, ma sicuramente la scrittura per il teatro, nel mio percorso di narratore, è stato ciò che mi ha emozionato maggiormente, anche per il fatto di poter vedere poi rappresentati sul palco i personaggi partoriti dalla mente, durante decine di notti insonni.
Molto importante per lei è anche il life coaching. Può raccontarci di più in proposito?
È un discorso abbastanza complesso. Aver incontrato il coaching nella mia vita fa parte di un lungo e attento percorso di ricerca interiore, legato ad aspetti talmente fondamentali che a volte rischiano di essere travisati per banali, ma non lo sono assolutamente. Concetti profondi come la ricerca della felicità, l’espressione dei talenti e il senso della vita che, come dicevano i filosofi antichi, si racchiudeva nella scoperta del proprio aretè, ossia vivere in totale armonia con le proprie virtù per lo scopo cui siamo portati ad essere. Percorso lungo, quanto per me fondamentale e necessario, che partì in maniera molto disordinata e confusa dalla necessità di fare esperienze, le più diverse fra loro, sia a livello di formazione teorica che di applicazione pratica.
Sin da subito però capii che per dare forma all’espressione, di qualsiasi forma del sé, attraverso qualsiasi forma d’arte, sarebbe stato necessario necessario indagare nelle profondità del proprio animo. Inizialmente ho seguito corsi di formazione (legati al marketing per le masse in definitiva) dove, per farla breve, si sosteneva che le persone erano un po’ tutte come dei computer, e che seguivano pertanto degli schemi precostituiti. Una sorta di serie di rubinetti e interruttori. Tutto ciò, mi ricordo, mi alienò a tal punto da rimanere per diverso tempo nauseato rispetto a ogni tipo di formazione su questo argomento. Anzi, al contrario, nella mia mente si faceva sempre più spazio la convinzione che ognuno di noi è un essere unico e va rispettato e valorizzato in quanto tale. Ognuno di noi ha un suo specifico e personale paradigma della vita, della propria eudemonia, un potenziale, un’inclinazione, un’attitudine, una vocazione, un talento… chiamiamolo come vogliamo, ma se riusciamo a comprenderlo e a svilupparlo riusciremo ad essere un po’ più autentici e più vicini a quella che chiamiamo felicità. Il Coaching Umanistico, quando lo incontrai, capii che conteneva tutto questo, e chiaramente fu subito amore.
Quali opere e autori hanno formato il suo essere scrittore e lettore?
Sono sempre stato molto affezionato alla scoperta dei grandi classici. Forse questa è stata una fortuna, forse è stata colpa della mia formazione scolastica, forse per l’influsso carismatico dei miei insegnanti di lettere o forse solo perché mi sarei sentito “non completo” se non avessi letto le grandi opere. Ma gli autori che hanno rappresentato per me fasi importanti della vita, che sono arrivati nei momenti chiave e che se ne sono andati lasciandomi qualcosa sono senz’altro J. D. Salinger, E. Hemingway, F. S. Fitzgerald, G. Marquez, J. Fante, P. P. Pasolini. Ma mi sono appassionato molto anche con A. Christie, I. Calvino, G. Rodari. Poi vorrei citarne molti altri importantissimi… Ultimamente sto leggendo tanti Young Adult o anche letteratura per ragazzi, anche se fino ad ora, al di là dei grandi titoli che hanno sfondato anche nel mercato cinematografico, non ho trovato grandi sorprese, qualcosa che mi abbia veramente appassionato. So benissimo che è un problema mio, sto ancora cercando una storia che mi procuri quel fatidico… brivido.
Quali sono i suoi prossimi progetti editoriali?
Da qualche settimana ho terminato la stesura di una raccolta di quindici fiabe per genitori alla scoperta del potenziale dei propri figli. Un lavoro che mi ha coinvolto per diversi mesi, subendo anche varie pause, ma la voglia di portarlo a termine e renderlo disponibile era talmente tanta che non mi sono dato pace finché non ho concluso l’opera. Un progetto, basato sui principi della psicologia positiva di Marting Saligman, concepito come la realizzazione di uno strumento per avvicinare ragazzi e genitori al coaching umanistico, alla scoperta delle potenzialità positive, dove quindi ogni favola è costruita attorno a una specifica potenzialità (curiosità, coraggio, leadership, perdono, perseveranza… e via dicendo). Attualmente, invece, sto lavorando ad una raccolta di miei racconti tutti incentrati su storie di persone apparentemente vinte dalla vita, ma che dentro alla loro resa si nasconde un immenso riscatto.