La Rubrica online “Piazza Navona” vi presenta le opere e gli Autori finalisti del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” Edizione 2019: Toran N. Anderson e il suo romanzo “La Città dai Cento Colori” (Argento Vivo Edizioni). Non perdete l'”Incontro con l’Autore”!
La trama
Il passato incontra il futuro. E viceversa. Ambientato in un futuro distopico, utopico e fantastico La Città dai Cento Colori di Toran N. Anderson racconta del popolo dei Varden che si sposta in una nuova terra, in una nuova città (ri)trovando e (ri)scoprendo una nuova identità libera da ogni tirannia e superstizione. In particolar modo, i Varden divengono i fautori e i promotori di un recupero delle meraviglie e del genio di un passato sconosciuto dove si leggevano libri, esistevano biblioteche e slot machine, si volava su aerei e mongolfiere… Il passato e la Storia, così, vengono proiettati in un futuro senza Tempo e trasformati in terreno fertile per la ricostruzione di un popolo libero. Una Storia che torna a vivere attraverso la forza del proprio (seppur ignoto) passato e proiettata in uno spazio senza fine e al di là di ogni “costrizione” temporale e al di qua di una (ri)costruzione della memoria.
Sul libro
Nel 2019 la Argento Vivo Edizioni pubblica nella Collana “Fuoriclasse” il romanzo fantascientifico La Città dai Cento Colori di Toran N. Anderson. In realtà, si tratta del primo volume della tetralogia Le Città del Millennio dello stesso Autore composta anche dai titoli: La Città del Cielo (appena pubblicata) e Le Città Diamante e L’ultima Città (di prossima pubblicazione).
La Città dai Cento Colori è un romanzo fantastico, fantascientifico e distopico ambientato in un futuro futuribile dilatato in uno spazio immaginario assai lontano dal nostro presente e dal nostro passato pur avendo lasciato segni ben riconoscibili. Libri, biblioteche, aerei, slot machine, mongolfiere… la presenza dell’uomo “antico” è presente e tangibile. E sarà proprio attraverso queste meraviglie di un passato ormai lontano che i Varden, la civiltà del futuro, (ri)crea e (ri)fonda il proprio presente liberandosi da ogni costrizione e da ogni imposizione. I Varden, infatti, sin dalla nascita hanno il loro destino segnato: come vivere, cosa fare, come morire… ognuno appartiene a un determinato colore il quale condiziona e prevede in modo incontrovertibile l’essenza e la vita di ognuno. Nessuno può scegliere. Nessuno può cambiare. Sarà questo incontro/scontro con il passato (ovvero il nostro presente più o meno attuale) a cambiare radicalmente i fondamenti di questa società che inizia a porsi delle domande. Inizia a reclamare la propria libertà individuale. La libertà di poter essere ciò che si desidera. Più semplicemente, la libertà di vivere. Il futuro apprende dal passato traendone i principi fondamentali per (ri)crearsi e guardare al proprio avvenire libero da ogni tirannia, da ogni superstizione e da tutto ciò che può essere deciso contro la propria volontà e il proprio consenso.
La Città dai Cento Colori, così, attraverso la sua storia carica di eventi e di personaggi diviene il romanzo manifesto della Libertà desiderata e agognata al di là di ogni limite temporale, necessità irrinunciabile di ogni essere umano. Di ieri e di oggi.
Toran N. Anderson attraverso la sua scrittura appassionata, attenta, curata e il suo stile accattivante, morbido, da narratore onnisciente ma mai prepotente né invasivo narra i fatti condividendoli con trasporto assieme al Lettore. Quest’ultimo, infatti, non può far altro che restare piacevolmente impigliato in questa trama fitta di eventi e scoprire cosa sarà e, soprattutto, cosa ne è stato. Dentro e fuori la storia. La Città dai Cento Colori è un omaggio in chiave fantastica e distopica al desiderio e alla necessità della Libertà della propria individualità. E su questo non c’è passato né futuro (reale, presunto) che possa interferire. Il viaggio e il popolo dei Varden lo insegnano per bene…
Incontro con l’Autore
Quando è avvenuto il suo incontro con la scrittura?
Sono sempre stato un lettore accanito. In gioventù mi prendevano in giro perché leggevo anche camminando. Eppure, non tutti pensavano fosse proprio una cosa ridicola. In seguito, alle superiori, mi resi conto che i professori non correggevano mai i miei componimenti di italiano, e uno confessò che non li leggeva neppure, prima di assegnare il voto. Molti dissero che questa era una dote speciale, e mi consigliarono di dedicarmi alla scrittura, ma ero un ragazzo sventato, e inoltre, orfano e senza mezzi. Dovetti lavorare sodo, mi feci una famiglia e così, fra una cosa e l’altra, trascurai a lungo ogni eventuale qualità creativa. Solo intorno ai 50/55 anni, ormai vedovo e con i figli grandi, ripresi il filo più volte interrotto in precedenza, e tornai sui lavori abbozzati tanto tempo prima. Oggi, la scrittura è l’attività più importante per me, anche se mancano ancora tre o quattro anni alla pensione e il lavoro “sul campo” non è ancora tutt’altro che concluso.
Perché ha deciso di dedicarsi al genere fantasy o, per meglio dire, fantascientifico?
Potrei rispondere che il genere fantastico, o meglio “futuristico” è il mio preferito, e in una certa misura è proprio così. Se devo indagare le ragioni di questa preferenza, potrei dire che esso è forse quello che tra tutti è meglio collegato alla storia, che è sempre stata un mio interesse primario. In fondo, cos’è la storia? È l’indagine su eventi remoti, che spesso hanno ben poco a che fare con la realtà del nostro tempo, e dei quali restano resoconti frammentari e a volte ambigui. Pertanto, è uno studio che impartisce insegnamenti solidi ma indiretti, da interpretare secondo logiche che non coincidono per nulla con quelle dell’attualità. In questo senso, ogni secolo è storia per qualcuno, compreso il nostro; chissà cosa penseranno di noi i nostri pronipoti? Così, la fantasia di uno scrittore può legittimamente rivolgersi al futuro, proprio nello stesso modo nel quale torna al passato o osserva il presente. Se l’autore è bravo, il risultato può essere altrettanto emozionante e anche significativo di qualsiasi altra opera più legata alle descrizioni correnti del mondo attuale.
Come è nata l’idea del suo romanzo La Città dai Cento Colori?
La genesi delle idee è spesso misteriosa, ma direi che in quel caso è nata dalla costatazione delle profonde differenze che corrono tra popoli diversi, sia nel pensiero, sia nei simboli che lo rappresentano. Dovendo descrivere un’epoca di confusione e di incertezze sociali, mi è parso naturale che quei popoli (sono infatti i popoli, più che i singoli, i protagonisti di quel romanzo) fossero caratterizzati, oltre che dal bagaglio culturale e ideale, anche da una simbologia spiccata e molto particolare. Abbiamo così genti che vivono avventure in qualche modo analoghe a quelle che l’umanità conosce oggi, fatte di sofferenza, speranze e sogni; eppure, meno scontate del solito, perché legate a un senso della vita e a una visione del mondo differenti dai nostri, benché ancora umanissimi e in fondo, del tutto comprensibili.
La sua esperienza e la sua passione per l’archeologia, la storia e la paleontologia quanto influiscono e la aiutano nella sua scrittura?
Come ho già detto, influiscono moltissimo. Tuttavia, l’influsso è limitato alla formazione di un quadro generale dell’evoluzione delle società umane, che è la maggiore necessità di uno storico. Ma quando colui si cala nei panni dello scrittore, non può servirsi di alcuna nozione specifica, perché chiunque studi storia con serietà non può pensare che una certa epoca somigli alle altre. Faccio un esempio: tempo fa, un mio amico osservò che, siccome Homo sapiens ebbe origine in Africa, quei primi colonizzatori di altri continenti dovevano avere la pelle nera. Non fu semplice spiegargli che a quei tempi, le etnie non potevano assolutamente coincidere con quelle attuali, e che quei pionieri potevano benissimo avere pelle olivastra, occhi alla mongola e capelli crespi come quelli degli africani, ma magari, rossi come gli irlandesi. O altri caratteri, in una qualsiasi combinazione. Parimenti, molte caratteristiche culturali o fisiche che oggi sono percepite “in gruppo”, in altre epoche potevano facilmente essere del tutto disgiunte, vanificando ogni analogia.
La Città dai Cento Colori presenta un vasto numero di personaggi. Quali sono state le difficoltà nel gestire così tante “voci” e nel creare caratteri così precisi e ben delineati?
Tutti i miei romanzi presentano una varietà di personaggi. Sono distinti tra loro anzitutto dalle attitudini personali, ma anche dall’appartenenza a una certa comunità. Non vi sono state difficoltà di gestione, comunque. A dirla tutta, in moltissimi casi ho lasciato che i personaggi “scrivessero da sé” la propria storia, badando solo a non snaturare il loro carattere, come s’era manifestato alla prima apparizione. Aggiungo che in molti casi, ho ignorato del tutto il genere maschile o femminile di essi, tirando a caso una moneta per determinarlo. In generale, una gran quantità di dettagli della trama e delle qualità dei personaggi sono emersi “da sé” man mano che la scrittura procedeva, smentendo senz’altro l’ingenua idea che uno scrittore abbia sempre ben chiaro, sin dall’inizio, come dovrà procedere la sua opera.
Il suo romanzo è il primo della tetralogia Le Città del Millennio. Come è riuscito a strutturare e a organizzare il suo lavoro sul piano narrativo?
Nessuna organizzazione. Avevo preparato in precedenza uno scenario che comprendeva 2.600 anni di storia futura, e tracciato, in modo alquanto sommario, il contenuto di quattro romanzi e di una decina di racconti da inserire in quello spazio. Mentirei, tuttavia, se dicessi che scrivendo il primo romanzo sapevo già quale fosse la naturale continuazione. Diciamo che, alla conclusione del primo, disponevo ormai di spunti sufficienti per coltivare idee che erano pronte a svilupparsi nel secondo; e che alla conclusione del secondo, avevo una buona messe di elementi che sarebbero serviti da base per il terzo. Perché lo ripeto: ingannevole è l’idea che forse alcuni si fanno, ché l’autore abbia sempre preordinato ogni cosa. Più di frequente, capita che egli assista alla formazione di una trama che, dati i presupposti, finisce per imporsi come l’esito più naturale di una narrazione.
Quali sono stati gli Autori e le letture che hanno formato il suo “essere Lettore” e il suo “essere Autore”?
Letture di autori per lo più anglosassoni, portatori di una cultura del fantastico di tipo popolare, nella quale la dimensione per così dire “onirica” della vita non è legata al misticismo, e quella “utopica” ha una salda tradizione. Se devo fare, diciamo, tre nomi principali, direi: Jack Vance, Arthur C. Clarke e J.G. Ballard. Ma anche l’opera di P. Dick, A. Huxley, I. Asimov, R. Heinlein e altri, ha portato contributi di suggestioni e spunti. Tra quelli non anglofoni, citerei M. Bulgakov, Garcia Marquez e E.T.A. Hoffman, e forse anche J.L. Borges. Non dimenticherei, però, autori di opere scientifiche come S. Kauffman, S.J. Gould o A.K. Dewdney o storico-sociologiche, come Boaz o Toynbee.
Con La Città dai Cento Colori ha ottenuto la Menzione Speciale nella sezione “Romanzo” al Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” Edizione 2019 con la seguente motivazione:
Toran Anderson ne La Città dai Cento Colori crea una sorta di ricerca del dialogo fondamentale tra Natura e Uomo. Il passato è diventato oblio a cui un presente dilaniato da realtà incerte tenta assiduamente e disperatamente di donare la sola essenza rimasta: la speranza. Ed ogni pagina dell’opera ne è pregna per cui la velata nostalgia si adombra del drappo tinto del sogno, il cui sacro tessuto nulla oserà lacerare.
Cosa ha significato per lei ottenere tale riconoscimento?
È stata una grossa soddisfazione. È bello entrare in contatto con ambienti di quel genere, che in provincia possono apparire un po’ lontani. Ho conosciuto persone più che interessanti, e guadagnato l’amicizia di altre. Credo che eventi come quello contribuiscano molto a far sentire a proprio agio nell’ambiente letterario autori non professionisti come me.
Quali sono i suoi prossimi impegni editoriali?
Per ora, sono concentrato nella stesura delle altre parti della quadrilogia. Il secondo volume è già uscito, con il titolo La Città del Cielo. Purtroppo, è caduto in un periodo infelice, e non ho nemmeno potuto presentarlo adeguatamente, in nessun posto. Il terzo, dal titolo Le Città Diamante sta per uscire per i tipi di Argento Vivo edizioni. Il quarto è una raccolta di racconti comprendente un romanzo breve, e ha titolo L’Ultima Città. Sono circa a metà lavoro. In seguito, non so ancora. Diverse case editrici sembrano disponibili, ma non ho ancora testi completi da sottoporre loro, salvo, forse, del materiale per il teatro comprendente una commedia satirica e una serie di sketches umoristici, affabulazioni e storielle amene. Ci penserò quando avrò concluso il lavoro già in programma.
Gentile Signor Anderson grazie infinite della sua disponibilità. Ma… c’è qualcuno che desidera ringraziare in particolar modo?
No, sono io che ringrazio tutti coloro che in qualche modo si sono interessati alla mia opera. In realtà, ho ricevuto molti consigli e anche qualche avvertimento, riguardo ai rischi connessi alla tentazione dell’intimismo e dell’autobiografia occulta. Spero di averli evitati proprio pensando alla varietà dei caratteri dei possibili lettori di un romanzo d’ispirazione fantastica. Insomma, di nuovo, grazie a tutti.
Qui di seguito troverete il video della Cerimonia di Premiazione del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” Edizione 2019 tenutasi lo scorso 25 gennaio nel Salone di Rappresentanza presso il Palazzo di Città di Cava de’ Tirreni (Sa) – Riprese e montaggio di Alberto Accarino.