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Giovanna Marini: il canto libero della celebre cantastorie

Giovanna Marini (Graphic Art Gino Aloisio)
Giovanna Marini (Graphic Art Gino Aloisio)

Per celebrare il 1° maggio la Rubrica online “Piazza Navona” è ben felice di pubblicare l’intervista realizzata a Giovanna Marini, la Signora della Musica popolare onorandone e raccontandone la storia, il suo profondo amore per le proprie radici e origini, la sua cultura musicale, rurale e contadina.

Giovanna Marini è una cantautrice, musicista e ricercatrice musicale italiana. Nei suoi oltre cinquant’anni di onorata carriera tanti sono stati gli incontri e la musica, le ballate, le storie realizzate e create. La Musica è la vita di questa Artista che si definisce una cantastorie. Ancor oggi Giovanna Marini insegna ai suoi allievi  la passione per le note, la rima e la necessità della Verità nel suono e nell’amore per il proprio lavoro presso la Scuola Popolare di Musica di Testaccio.

Ed è proprio nei pressi di questa scuola, nel romano e suggestivo quartiere di Testaccio, che abbiamo incontrato l’Artista trascorrendo con lei un meraviglioso pomeriggio di racconti, di passione e di Musica.

Chiara Ricci e Giovanna Marini (Ph. "Piazza Navona")
Chiara Ricci e Giovanna Marini (Ph. “Piazza Navona”)

La musicista si diploma, nel 1959, in chitarra classica presso il Conservatorio di Santa Cecilia continuando poi a studiare con Andrés Segovia. Da allora non ha più smesso di abbandonare la sua chitarra e le sue note divenendo un punto di riferimento importantissimo e imprescindibile per gli appassionati e studiosi di musica popolare. Ma lasciamo che sia proprio Giovanna Marini a raccontarci di sé e della sua emozionante ed essenziale Musica.

Giovanna Marini
Giovanna Marini

Quando è nato il suo interesse per la Musica popolare?

Il mio interesse per la Musica popolare nasce perché io sono musicista e quindi avevo un orecchio attento alla Musica. Mi piaceva molto questa Musica popolare di cui non sapevo nulla sentivo qualche pezzetto per poi scoprire che non era affatto Musica popolare ma era musica scritta come Un mazzolin di fiori e quelle cose lì. Però le cantavamo sempre. Poi, dovevo  prendere il diploma per diventare musicista e non pensavo ad altro. Poi un mio amico mi ha regalato un libro di canti di Trovatori del Medioevo, del 1200-1300. Ho cominciato a leggerli. C’erano le note e tutti i racconti. Mi è piaciuto tantissimo. E qualche canto l’ho imparato. Siccome ero diplomata in chitarra ho fatto dei bei accompagnamenti e ho iniziato a suonare e a cantare. C’era anche una mia amica che cantava con me e abbiamo cominciato a dare dei concertini assolutamente privi di qualsiasi idea.

Giovanna Marini
Giovanna Marini

Io frequentavo un mondo piuttosto politicizzato ma non per me perché la mia famiglia non aveva nessuna posizione politica espressa, liberale così. Aperta. Invece io ero amica di Bruno Trentin che era un grosso sindacalista, era molto grande, molto importante, una persona molto affascinante, bella, seria, leale, onesta. Io ero entusiasta. Andavamo in montagna insieme perché frequentavamo lo stesso club alpino. A un certo punto mi ha detto, “Perché non vieni a cantare per la FIOM?”, cioè per i metalmeccanici. E io con i nostri canti del Medioevo che non c’entravano niente con i re che si sbranavano e si ammazzavano… ho cercato di vivificarli un po’ e gli operai si divertirono moltissimo. Ridevano moltissimo su questi ammazzamenti. Nel 1960 è stato creato il Folkstudio dove venivano i cantori a cantare e c’eravamo io e Otello Profazio. Da Milano arrivò Roberto Leydi il noto etnomusicologo che all’epoca ancora non sapeva di esserlo perché non esisteva ancora l’etnomusicologia. Era un appassionato di musica popolare e trovò il mio lavoro molto interessante e mi invitò a Milano per fami sentire i canti che aveva trovato. Sono andata subito a Milano perché mi interessava molto. E ho visto che non era affatto così semplice come credevo. Lui mi faceva sentire le voci dei contadini, che erano bellissime con tutta un’altra impostazione, un’altra cultura dal classico canto lirico. Sentivo che era una musica seria, che aveva una cultura alle spalle e mi sono appassionata. Da lì è nato tutto quanto: siamo nel ’61 – ’62. Poi, nel 1963 mi hanno chiamato per fare, con le Edizioni Avanzi legato al gruppo Feltrinelli perché era socialista, poi divenute Edizioni Bella ciao quando abbiamo fatto l’omonimo spettacolo che ebbe un grande successo e grande scandalo anche. Era la prima volta che si sentivano dei canti popolari che non contenevano esattamente quello che dettava il regime fascista. E da lì è partita tutta la storia. Quelli sono stati i miei primissimi incontri.

Giovanna Marini
Giovanna Marini

Poi ho incontrato Pasolini e tanta gente interessante, meravigliosa. Mi sono appassionata quasi più alla gente che alla musica. Sono andata in giro e cercare e trovavo la musica sempre più interessante – e la trovo ancor oggi sempre più interessante – e ho capito che quella era la mia strada. Mi sono dedicato a quello e ho continuato a scrivere. Ho sempre scritto musica.

  • Cosa può raccontarci dell’incontro con Pier Paolo Pasolini?

È stato fortuito, come al solito. Io ero amica di Laura Betti. Insieme avevamo deciso di fare – per le Edizioni – delle canzoni intelligenti. Quindi c’erano testi di Pavese, di Calvino e di Pasolini messi in musica. Lei mi chiedeva consigli per cantare questi versi e Pasolini partecipava. Tra l’altro lui si appoggiava molto a Laura anche per sua madre, per non lasciarla sola. Laura abitava di fronte a Pasolini e lo aiutava in tutti modi perché gli era devota. Quando studiavamo le canzoni di Pasolini lui ascoltava e poi diceva cose molto interessanti. Diceva, “Ma quelle parole… vedi che c’è un dittongo. Separalo che in musica funziona molto di più”. Dava tanti consigli e ascoltava il suono delle parole. A me diceva, “Vedrai che quel suono ti darà la musica. Vedi questo suono come è liquido, morbido?” E mi parlava in friulano e mi divertivo molto ad ascoltarlo. Poi mi sono buttata a leggere tutto quello che aveva scritto. E dissi, “Porca miseria!Ma questo ha capito tutto!” Non eravamo propriamente amici ma è stato un incontro bellissimo. E ogni volta che apriva bocca si doveva esser lì pronti a prendere appunti. Ma ho avuto tanti incontri così. Lo stesso è stato con il musicologo Carpitella. Aveva un’intelligenza libera, spietata. Era bravissimo. Mi dava molte spiegazioni che io le chiedessi. Parlare con gente così ti fa crescere di botto. Poi c’è stato l’incontro con la mondina e contadina Daffini.

Ed è stato fondamentale perché vedevo tutto da un punto di vista pratico. Lei mi diceva, “Ma lo sai che io per vivere ho sempre cantato?” Andava per le strade con il padre e il fratello e cantavano. E il papà la mattina voleva che si vestissero bene, degnamente perché andavano a lavoro. Erano dei cantastorie. Mi diceva, “Pensa una volta babbo si è arrabbiato perché io ho sbagliato il verso di una canzone e ho detto Signorina non guardate gli operai invece di Signorina non guardate i marinai. E papà si è arrabbiato moltissimo”. E io ho pensato quanta dignità c’è in questa gente. Poi tutti i cantori che ho incontrato. Sai anche recentemente nel Salento: era una meraviglia incontrare questa gente. Gente piena di tessuto umano. È un lavoro molto più bello che non la musica classica. Nella musica classica suoni della bellissima musica, ma è diversa. Ma la gente non è sempre tanto interessante, anzi.

Giovanna Marini
Giovanna Marini

Come è stato mettere in Musica la Letteratura?

Questa è una mia curiosità fra la Musica e la Parola. La mia grande passione è raccontare. Ma raccontare in Musica perché son convinta che quello che racconti in Musica vale il doppio. Diventa più importante e assurge a servirsi di due elementi artistici: la Poesia e la Musica che si fondono magnificamente per raccontare e diventano valore. Certo bisogna farle bene. L’esercizio è tanto. Io ho incontrato questi cantori popolari, quelli che usano la poesia a braccio e sono cantori straordinariamente colti. E sono per lo più contadini. Eppure insieme abbiamo letto Plutarco, Platone, l’Iliade, l’Odissea, Saffo, l’Ariosto, le gesta di Orlando, Carlo Magno e sapevano tutto. Tutto questo perché per la rima bisogna riflettere molto. Ci sono delle regole spietate nel canto popolare. Mi sono dedicata a tutto questo e ho scritto parecchie ballate. Mi sono sempre divertita molto a scrivere. Per ridere perché di questo non si vive. Il mio lavoro è sempre stato scrivere Musica.

Giovanna Marini
Giovanna Marini

Ci sono differenze tra creare questo tipo di Musica e quella per il Cinema e il Teatro?

L’unico film per cui ho realizzato le musiche era un film decisamente commerciale di Nanni Loy: Caffè Express. La mia Musica al povero Nino Manfredi non era proprio piaciuta. Mi disse, “Ma che musica mi fai?” Gli ho detto, “Nino, ho fatto un’opera buffa”. Ogni tanto passano questo film in televisione e io mi vergogno sempre tanto perché ho fatto una musica che era un’opera buffa. Come Pierino e il lupo. Con tutti i temi… Salce e Caprioli li ho fatti diventare il Gatto e la Volpe. Ho creato tutti temi musicali per ogni personaggio. Quando lui l’ha sentita, il film era diventato un’operina buffa che io trovavo deliziosa ed ero tutta contenta. E Manfredi mi fa, “Cocca ma me ce vedi co’ sta faccia co’ quella musica? No… nun sposa! Nun sposa! Poi me metti la musica qua e la gente nun ride più!” Non eravamo d’accordo per niente. Quel disgraziato di Nanni Loy stava lì come un salame. Era lui che voleva la mia musica e io gli dicevo di darmi una spinta perché Manfredi aveva sempre due musicisti, i fratelli Guido e Maurizio De Angelis. E quello era il tipo di musica che voleva. Invece, Nanni voleva me perché gli piaceva quello che facevo. E io gli dicevo, “Ma Nanni tu sei il regista! Io non posso imporre la mia musica, tu devi imporla!” Invece, tanto ha fatto Nino che mi fa ti lascio tutti i temi!” Era simpatico ma lui voleva i fratelli De Angelis. Così, è venuto un orribile compromesso con la chitarra, la tromba, la tamorra

Ho fatto altre musiche per registi meno di mercato ma più attivi, volevano dire più cose. Inoltre, per la Musica di teatro deve stare là, non te la puoi scrivere a casa, perché hai a che fare con gente che sta sul palcoscenico e che deve farla. Io non scrivo per attori che non cantano. Si deve essere in scena. Anche i registi che mi hanno chiamato volevano la musica in scena. Quando Thierry Salmon ha fatto Le Troiane, l’Oresteia l’abbiamo fatta tutta in scena e in greco antico. Quelli sono lavori bellissimi, impegnativi. Ma belli.

Giovanna Marini e Francesco De Gregori
Giovanna Marini e Francesco De Gregori

Come è stato suonare ed esibirsi al Concerto del 1° maggio a San Giovanni?

Io avevo una paura terribile. De Gregori pure. Eravamo stanchi morte perché eravamo appena tornati dalla tournée. Mi ricordo che lui mi sosteneva dicendo, “Giovanna, canta canta io non voglio cantare”. Io gli ho detto, “Ma cantiamo insieme qualche cosa”. Abbiamo cantato non ricordo cosa poi si è seduto e ha introdotto un canto che mi piaceva, Io vorrei che Dio tornasse ad essere il Dio degli eserciti però, non so cosa ne sia potuto capire. C’erano 700000 persone in piazza. Io davanti a  700000 persone non avevo mai cantato. Né mi pare utile cantare davanti a tanta gente. Poi ho cantato il Bella ciao delle mondine e tutti credevano fosse quello più noto ed era già partito il coro. La famosa Bella ciao è venuta dopo. Però, avere il contatto con la gente è sempre bello. Questo è sicuro. È immediato e ti rendi subito conto se una cosa funziona o no. O per lo meno, dove funziona e dove non funziona.

"Il fischio del vapore" album di Francesco De Gregori e Giovanna Marini (2002)
“Il fischio del vapore” album di Francesco De Gregori e Giovanna Marini (2002)

E poi c’è un’altra cosa: l’elemento umano nella musica può non essere presente perché la Musica è un’Arte astratta. È una delle pochissime Arti astratte assieme alla Poesia. E quindi, è difficile avere a che fare con la Musica. Come mi diceva Carpitella che era sopra le righe, “Giovanna togliamo il suono. Quant’è noioso. Parliamo di logica. La Musica è logica. Guardiamo il gesto”. Aveva un po’ ragione. Infatti, nel dire queste cose che sembrano scemenze anche a sua moglie che era una danzatrice, lei ha capito ed è subito partita con il gesto, a guardare i gesti. Recentemente sono stata nel Salento, a Zollino. Qui c’era un vecchietto, si chiama Antimino, che conosco bene dal ’68, ha 97 anni, e mi ha cantato La Passione come ha fatto altre volte. E questa Passione, in grieco, è lunga e fatta a gesti ed è bellissimo sentire e guardare quando viene cantata. Qui aveva ragione Carpitella: il suono non era necessario. Diventa una grande stilizzazione. Quindi la Musica si presta anche a fare a meno dell’umano mentre la Musica popolare no. Mentre nella musica classica le voci sono tutte uguali mentre nel canto popolare la voce è legata all’uomo e, quindi, non può scomparire. Nel canto classico la voce fa pare del suono. Invece, nel canto popolare la voce ti tira dentro l’uomo, la donna, il bambino. Riconosci le voci. Anche se conosco e amo la musica classica io preferisco la musica popolare che mi commuove molto di più. Non parla di ragionamenti ma di sensazioni, di emozioni.

Lei si sente una cantastorie?

Io credo proprio di essere una cantastorie.

A Riace nel 2014 il Sindaco si è accorto che sono partiti talmente tanti paesani che erano sotto la soglia dell’abitabilità per il paese. Non c’era più un Comune, una parrocchia, la scuola, l’ufficio d‘igiene, eccetera. Il Sindaco disperato corre a un campo profughi che stava a Catanzaro e li chiama in paese regalando loro le case purché le risistemino. E il paese è tornato fiorente. Erano tutti manovali, carpentieri, ingegneri… si sono messi a lavorare e hanno fatto un paese magnifico. Lì la raccolta differenziata la fanno col somarello. Il Sindaco, che è molto bravo, ha fatto una richiesta di denaro all’Europa per aiutare questa gente. Il prestito è stato fermato dalla Corte dei Conti. Così, il Sindaco ha rimediato creando una moneta tutta nuova. Ha stampato dei biglietti da dieci euro col volto di Peppino Impastato. Poi ho letto che il Sindaco è indagato per concussione e truffa e vogliono smantellare il paese. Due mie amiche francesi sono venute per girare un film sulla storia di questo paese e io ho scritto una ballata. Erano anni che non scrivevo più… l’ultima cosa risale a una decina di anni fa… Però, per raccontare questo fatto mi è venuto facilissimamente. Perché mi piace raccontare. Solo quello mi interessa. Ho obiettivi precisi. Di fare cose vere. Non fare cose false.

Cos’è per lei la Musica?

È la vita. Ho visto gente vivere attraverso la Musica. Per me è stato un grande insegnamento.

L'autografo di Giovanna Marini sul cd "Il fischio del vapore" di Chiara Ricci (Ph. Chiara Ricci)
L’autografo di Giovanna Marini sul cd “Il fischio del vapore” di Chiara Ricci (Ph. Chiara Ricci)

È con stupore, meraviglia, con una dose di energia positiva esagerata e con un po’ di rammarico che dobbiamo salutare Giovanna Marini. È stato un incontro eccezionale. Ricco. Vero. Energetico ed energico. Interessante. Scoprire la cultura e la meraviglia, la gioia di questa donna è un toccasana. Vedere i suoi occhi illuminarsi della passione e dei suoi ricordi è qualcosa che non ha prezzo. La rubrica online “PIAZZA NAVONA” è onorata di aver ricevuto così tanto. Un immenso grazie di vero cuore alla cantastorie che ancor oggi rende giustizia e onore alle nostre tradizioni. Alla nostra Storia.

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