L’Associazione Culturale “Piazza Navona” è ben felice di conferire alla storica e scrittrice napoletana Antonella Orefice il Premio Speciale “EquiLibri 2019” durante la Cerimonia di Premiazione del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” 2019.
La trama
Eleonora Pimentel Fonseca, di origini portoghesi, nasce a Roma il 13 gennaio 1752. Dieci anni dopo si trasferisce a Napoli con la sua famiglia e qui, grazie a suo zio, l’Abate Antonio Lopez, ha la possibilità di studiare la letteratura antica, il latino e il greco, di formare il proprio pensiero e di porre le basi per il suo percorso di intellettuale e di letterata. La giovane donna, così, scrive versi dedicati alla nobiltà e ai reali di Borbone (Ferdinando IV e Maria Carolina, sorella di Maria Antonietta) tanto da ottenere a Corte un sussidio come bibliotecaria della Regina. Ma la vita della nostra Eleonora ben presto cambia.
Costretta dal padre a unirsi in matrimonio e a creare una famiglia per non finire in monastero, la giovane donna sposa il capitano Pasquale Tria de Solis di cui è costretta a sopportare le percosse (tante da non consentirle più di avere figli dopo la morte del piccolo Francesco avvenuta a soli otto mesi), le angherie, i furti e le umiliazioni, i tradimenti. Così, si arriva al 1789 e allo scoppio della Rivoluzione francese la quale offre a Eleonora Pimentel Fonseca la possibilità di esternare le sue idee rivoluzionare a favore della libertà, della democrazia contro il tiranno e il potere senza limiti dei reali. Ed è così che diviene tra i sostenitori più convinti della Repubblica Napoletana proclamata il 21 gennaio 1799 che durerà circa sei mesi.
In questo stesso periodo Eleonora accetta di assumere l’incarico di Direttore del periodico napoletano Monitore Napoletano attraverso il quale la scrittrice ha la possibilità non solo di dar voce ai più deboli ma anche di raccontare senza mezzi termini le furberie e le malefatte della monarchia nel frattempo fuggita in Sicilia per mettere in salvo le proprie teste. Per tutto questo Eleonora verrà perseguitata, incarcerata, vessata e condannata a morte il 20 agosto 1799.
Sul libro
Eleonora Pimentel Fonseca. L’eroina della Repubblica napoletana del 1799, edito dalla Salerno Editrice, è il saggio storico scritto da Antonella Orefice dedicato alla giovane poetessa e bibliotecaria di Corte assassinata – con una ingiusta condanna a morte – dalla monarchia borbonica rappresentata da Ferdinando IV (Re di Napoli e di Sicilia) e dalla sua consorte Maria Carolina d’Asburgo Lorena (sorella minore di Maria Antonietta).
La studiosa e storica napoletana attraverso questo suo ultimo e interessante lavoro racconta con dovizia di particolari, e con una ricostruzione minuziosa degli eventi e dei personaggi del periodo, la triste vicenda di Eleonora Pimentel Fonseca che tanto ha lottato e combattuto per la libertà intellettuale, morale e personale del proprio Paese scontrandosi duramente contro la monarchia a favore della Repubblica e dell’uguaglianza di diritti.
Antonella Orefice, da anni si occupa di questa importantissima figura femminile della Storia italiana (e non solo!) tanto da aver preso lei stessa – in suo omaggio – la direzione del periodico mensile Nuovo Monitore Napoletano. La storica ha dedicato anni alle ricerche, allo studio di carte e documenti che (giustamente!) raccontassero la verità sulla triste vicenda di Eleonora che, con il passare del tempo, le voce e i racconti hanno trasformato, trasfigurato e modificato. Tali ricerche, infatti, già si riscontrano nel testo dal titolo La penna e la spada. Particolari inediti su Eleonora de Fonseca Pimentel ed Ettore Carafa conte di Ruvo (Arte Tipografica Editrice, 2009).
L’intento di Antonella Orefice è quello di riconsegnare una onestà storica a un periodo della Storia del nostro Paese che ha visto troppe morti provocate e volute da chi ha preferito l’oppressione, la vessazione, l’ingiustizia e la sopraffazione al posto della democrazia, della libertà e del bene del proprio popolo. La scrittrice, così, attraverso la sua opera vuole riportare il giusto ordine e chiamare le tristi e vergognose azioni di quel periodo con il proprio nome.
Infatti, più volte la Pimentel e altri suoi contemporanei (come Domenico Cirillo, Tito Angelini, Clinio Roselli, e coloro i quali furono giustiziati assieme a lei, ovvero Giuliano Colonna, Gennaro Serra, Vincenzo Lupo, Antonio e Domenico Piatti, il vescovo Natale e il sacerdote Nicola Pacifico) vengono definiti, come anche in una lapide in loro memoria nel 1852, martiri della Libertà.
Ed è con queste parole del poeta romano Virgilio che Eleonora Fonseca Pimentel saluta quel mondo che non ha capito la rivoluzione in favore della libertà contro ogni oppressione culturale e personale: Forse un giorno gioverà ricordare tutto questo. Sono trascorsi oltre duecento anni dalla disfatta della Repubblica Napoletana. Oggi l’Italia è una Repubblica, la monarchia, che tanto ha macchiato il nostro popolo e il nostro Paese, è finalmente spodestata e lontano dai troni di comando. Ma non dimentichiamo.
Come ha scritto Primo Levi riferendosi ad un altro terribile delitto della nostra Storia, ciò che è accaduto può ritornare.
Non lasciamo che il nostro popolo si addormenti di un sonno pesante e dimentichi quanto vale e quanto costa la Libertà. Eleonora Fonseca Pimentel ha lottato anche per questo. Anche a lei si deve quanto oggi abbiamo. E Antonella Orefice racconta tutto questo senza perdere un dettaglio delineando un ritratto preciso di quanto vi accadeva in quel periodo storico affinché nulla sia travisato ma solo compreso e condiviso. Per amore della Libertà!
Scrive nelle ultime pagine del suo saggio Antonella Orefice:
(…) Narrare la vita della Pimentel, cosí come di altri patrioti i quali hanno fatto la storia di quegli anni, è stata e resta un’impresa ardua da compiere, non solo per la rarità dei reperti, ma per il meticoloso orientarsi a sfrondare in maniera certosina le tante biografie intessute di notizie false che da anni, purtroppo, sono state date e prese per vere. e pertanto la voce dei protagonisti stenta a farsi udire nel gioco delle strumentalizzazioni, delle ricostruzioni fuorvianti e delle stravaganti rappresentazioni teatrali e cinematografiche.
Incontro con l’Autrice
Quando e come è nato il suo profondo interesse per la Storia e, in particolar modo, per il XVIII secolo napoletano?
Credo siano stati i miei nonni materni con cui sono cresciuta a lasciarmi in eredità l’amore per la storia della mia terra. Quei racconti così avvincenti e misteriosi mi affascinavano tanto da far nascere in me il desiderio di esplorarli e verificarli. Il primo “incontro ufficiale” con il Settecento, e particolarmente con i fatti della Repubblica Napoletana del 1799, risale ai tempi del liceo, attraverso lo studio del Saggio Storico di Vincenzo Cuoco. Sono quelle cose che, per ragioni in qualche modo arcane, ti restano dentro e nel tempo si amplificano tanto da trasformarsi in un percorso di vita.
Nel 2019 la romana Casa Editrice Salerno ha pubblicato il suo ultimo lavoro dal titolo Eleonora Pimentel Fonseca. L’eroina della Repubblica Napoletana del 1799. Come è nato questo progetto editoriale?
Dopo tanti anni di ricerche mi è stata offerta questa fortunata opportunità. Avevo già pubblicato tante monografie soprattutto su fatti e personaggi del ’99. Evidentemente devono aver avuto una buona eco. La Casa Editrice Salerno deve il suo prestigio alla qualità dei lavori che pubblica, oltre che al suo staff di persone competenti e preparate. Mi ha molto gratificata il poter affidare a loro tanti anni del mio lavoro, soprattutto per l’elegante veste editoriale e la diffusione che sta avendo.
Eleonora Fonseca Pimentel è stata una donna moderna, emancipata oserei dire, rispetto al periodo in cui ha vissuto. È stata attiva con il suo impegno civile, molto ha lottato per la Repubblica Napoletana, ha resistito a violenze, soprusi … ma chi era Eleonora Pimentel Fonseca?
Eleonora è stata innanzitutto una donna, più che emancipata, direi relegata al passato come ad un castigo. A differenza delle altre vissute nella stessa epoca, ebbe la fortuna di studiare e ciò la rese una “diversa”, una donna, poco “addomesticabile” all’esclusivo ruolo di moglie e madre. Ciononostante lo accettò, affrontando sette anni di inferno coniugale che finirono con una separazione tanto liberatoria, quanto scandalosa per quel tempo. Con “fermezza di spirito” lei si rimboccò le maniche ed ebbe la forza di ricostruirsi dalla macerie. Pagò a caro prezzo la libertà riconquistata che nel tempo trovò la sua massima espressione nell’adesione alla causa rivoluzionaria. Durante i sei mesi della Repubblica ebbe l’incarico di dirigere il Monitore Napoletano, l’organo di stampa nel Governo. Con lei nacque il giornalismo politico femminile in Europa.
Eleonora Fonseca Pimentel ha trovato la morte nel 1799, anno della Repubblica Napoletana. Cosa ha significato la sua figura in questo preciso momento storico?
Eleonora era donna e pertanto pagò due volte la sua partecipazione alla Rivoluzione. La sua condanna a morte da parte della restaurata monarchia borbonica significò la soppressione della cultura, dell’emancipazione femminile e di tutte quelle libertà di esclusivo predominio maschile.
Oggi, ad una ragazza delle nuove generazioni, a una ragazza del Duemila, del Nuovo Millennio cosa direbbe Eleonora Pimentel Fonseca? E lei, Antonella, che consiglio sentirebbe di dare ai giovani dei nostri giorni?
Probabilmente Eleonora le consiglierebbe di amarsi e di alimentare le sue capacità intellettive prima di ogni altra cosa e di investirle poi tutte in una causa nobile. Le direbbe di combattere per una società migliore, per l’eguaglianza dei diritti e dei doveri, per la pace e soprattutto in difesa della libertà e della cultura.
A me viene soprattutto di consigliare ai giovani di studiare per passione, andando oltre i libri scolastici, affinché possano conquistare una propria libertà di pensiero e ritrovare la profondità di valori morali ed etici, quelli che aiutano la mente ed in cuore ad aprirsi, a crescere per non lasciarsi sopraffare dai detentori del potere ed avere sempre la forza ed il coraggio di ribellarsi a qualsiasi ingiustizia. Insomma, il coraggio di dire no!
In che modo ha realizzato le sue ricerche per la pubblicazione di questo libro e, in particolar modo, sulla figura di Eleonora Pimentel Fonseca?
Ho iniziato nel lontano 1996 dopo la pubblicazione di un romanzetto “metastorico”. Nonostante la trama un po’ naif e tutti i limiti di un’opera prima, quel libricino ebbe la fortuna di essere scoperto e apprezzato da Maria Antonietta Macciocchi, l’autrice di Cara Eleonora, personaggio a cui si ispirava anche il mio racconto. Entrammo in contatto, ci conoscemmo di persona, le palesai il mio interesse per Eleonora e da allora prese vita un’intensa collaborazione. Ero ancora una ragazzina ventenne fresca di laurea e muovevo i primi passi come docente di Lettere e Filosofia. Quell’esperienza con la prof. Macciocchi mi aprì le porte di un mondo nuovo: quello della ricerca storica. È stata una strada lunga, irta, tutta in salita e piena di ostacoli, soprattutto per me che ho sempre proseguito da “cane sciolto”, svincolata dagli ambiti accademici e politici.
Ma sarei pronta a ricominciare altre mille volte perché è stata l’avventura più bella e gratificante della mia vita. Mi sono “seppellita” per anni nella polvere degli archivi, consumandomi gli occhi e la schiena, ma sono felice d’averlo fatto, del resto non mi sono persa nulla della mia vita presente, anzi, l’ho comunque vissuta, riscoprendola con gli occhi del passato. Nel tempo i miei lavori hanno ottenuto il patrocinio dei maggiori Enti culturali di Napoli, come l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, l’Università Federico II, e Suor Orsola Benincasa, la Società Napoletana di Storia Patria. Per oltre un decennio ho collaborato attivamente con l’Archivio Storico Diocesano di Napoli. Particolarmente lì, grazie alla stima e l’affetto che mi ero conquistata con il compianto direttore padre Antonio Illibato mi furono affidati incarichi per il riordino di fondi inediti.
Questo di diede modo di trovare tante testimonianze preziose e continuare le mie ricerche sul 1799. Va detto, ed è importante sottolinearlo, che questi sono studi non affatto semplici dal momento che distruzione delle carte relative a quel periodo ordinata dai Borbone ha reso poco più che ignorata per oltre un secolo tutta la vicenda. Pertanto le poche notizie emerse, soprattutto quelle necessarie per le ricostruzioni biografiche dei protagonisti, sono sempre state costellate di inesattezze dovute proprio alla scarsità delle fonti.
Rispetto al suo saggio storico del 2009 dal titolo La penna e la spada. Particolari inediti su Eleonora De Fonseca Pimentel ed Ettore Carafa conte di Ruvo (Arte Tipografica Editrice) in che modo si è evoluta ed ampliata la sua ricerca e il suo approfondimento storico?
La Penna e la Spada fu il mio primo lavoro “ufficiale” su Eleonora centrato per lo più sulla ricerca della sua tomba, e segnò la mia “conversione” dal romanzo al saggio storico. Dopo dieci anni di studi, altrettante pubblicazioni e vita archivistica ho avuto modo di perfezionare ed arricchire di ulteriori particolari sia la biografia di Eleonora che di tutto il periodo storico. Nel volume edito dalla Salerno ho raccolto e integrato organicamente tutti quei frammenti, come i pezzi di un puzzle. È stato un lavoro filologico in cui ho rettificato date, luoghi, sfatato leggende allo scopo di offrire alla storia un ricordo di Eleonora più vicino al vero.
Nel 2011, grazie anche al patrocinio del Comune di Napoli, l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e la Società Napoletana di Storia Patria, ha fondato – tenendone la Direzione – il Nuovo Monitore Napoletano prendendo l’eredità del Monitore Napolitano 1799 fondato da Eleonora Fonseca Pimentel. Cosa l’ha spinta a realizzare questo progetto?
L’idea di rifondare il Monitore è nata innanzitutto dalla necessità di arginare dei tentativi un po’ maldestri che già si erano verificati e sono tutt’oggi presenti in rete. È nato così un progetto collegiale tra amici per lo più docenti e studiosi, mossi dal desiderio di dare una continuità seria al giornale di Eleonora con l’intento di realizzare quello che fu il suo desiderio prima di morire «E forse un giorno gioverà ricordare tutto questo.»
La mia vicinanza ad Eleonora, che dopo tanti e tanti anni di ricerca me la fa sentire una persona oserei dire “di famiglia”, mi ha in qualche modo designata ad essere una sua “erede ideale” e quindi direttore della rivista. Ma in verità non ambivo a tanto, anzi. Eleonora, nel suo fulgido esempio di donna, resterà sempre unica ed inimitabile. A me gratifica essere un suo umile strumento e sono ogni giorno onorata e felice di poter portare avanti e alimentare il suo ricordo.
Parliamo ancora del Nuovo Monitore Napoletano. Cosa ha significato per lei realizzare questo progetto in quanto storica, ricercatrice e scrittrice? Quale vuole essere l’intento del periodico mensile e in cosa si differenzia, se così si può dire, dal suo predecessore?
Viviamo epoche diverse. Il giornale di Eleonora era l’organo di stampa del governo e pertanto faceva propaganda politica, cronache degli scenari di guerra, diffusione di leggi e proclami. Oggi il Nuovo Monitore Napoletano rappresenta soprattutto una sorta di fuoco eterno della memoria. Tenerlo acceso significa dimostrare che la “damnatio memoriae” borbonica non ha vinto e che quelle idee di Libertà, Uguaglianza e Democrazia per le quali la migliore intellighenzia napoletana del 1799 morì sui patiboli, sono ancora vive, il loro sacrificio non è stato inutile, pur se fa male accorgersi che dopo oltre duecento anni, certi mali sociali ancora persistono.
C’è addirittura gente che ha nostalgia del regime borbonico, che lo enfatizza reinventando la storia, pubblicando libercoli che alimentano auto piagnistei, propinando ai più sprovveduti l’amara illusione di un paradiso di grandezza e primati borbonici che in realtà il Mezzogiorno non ma mai conosciuto, tantomeno beneficiato. È vero che esiste la libertà di stampa, ma la diffusione di bufale storiche andrebbe seriamente controllata soprattutto per una forma di rispetto verso coloro che per la nostra Repubblica e per la Democrazia di cui oggi godiamo hanno dato la vita.
Cosa significano e cosa sono per lei la verità e l’onestà della ricerca storica, lo studio delle fonti?
Sono tutto ciò da cui dovrebbe muovere i passi uno storico serio e onesto. Non bisogna guardare al passato col paraocchi, ma cercare di essere obiettivi e laddove la ricerca porta a delle verità scomode e sofferte queste vanno comunque portare alla luce senza essere manipolate arbitrariamente.
La storia è un cantiere perennemente aperto, va ricostruita, interpretata e divulgata. Le fonti documentarie sono propedeutiche, essenziali e indispensabili. Solo quando si riesce a far dialogare i documenti fra loro si delineano ricostruzioni più vicine al vero. La ricerca della verità è una missione di vita e, come tutte le missioni, va fatta con passione e abnegazione. Tutto ciò che non muove da una volontà onesta e indomita è solo divulgazione di una volgare e tendenziosa propaganda.
Quali sono i suoi progetti professionali per il futuro?
Farò ciò che mi detterà il cuore in accordo con la mia mente. A volte accarezzo l’idea di riconvertirmi al romanzo, forse per sprigionare il mio desiderio di raccontare una storia a briglia sciolta. Ciò comunque non sederà la mia passione per la ricerca o il mio impegno con il giornale.
Ho già percorso buona parte della mia vita e mi sento in pace con me stessa perché non ho rimpianti di alcun genere. Tutte le scelte che ho fatto sia istintivamente che dopo “calvari” mi hanno portata ad essere ciò che sono, e va bene così. Tutto il resto verrà da sé.