La Rubrica online “Piazza Navona” vi presenta gli Autori e le opere finaliste al Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” 2018. Oggi raccontiamo di “Federico Fellini e il doppiaggio” (èDICOLA Edizioni) di Gerardo Di Cola.
La trama
Difficile raccontare in breve di cosa tratta Federico Fellini e il doppiaggio e immagino vi chiederete il perché. La risposta è semplicissima: perché esso racconta del Cinema. della Storia del Cinema dai primi anni Quaranta sino alla morte del regista riminese avvenuta nel 1993. Attraverso queste pagine, infatti, Gerardo Di Cola ripercorre con dovizia di particolari, di inserti fotografici, di documenti, di interviste una buona parte della Storia del Cinema italiano dal punto di vista del doppiaggio nel cinema felliniano. Il testo, in tal modo, ripercorre la vita professionale del regista sin dai suoi esordi ovvero quando scriveva storie per la radio, le vignette per il Marc’Aurelio (rivista satirica nata nel 1931) e collaborava come sceneggiatore e aiuto regista (pensiamo a film come Il mulino del Po e Senza pietà di Alberto Lattuada) sino alla firma del suo primo film “ufficiale” dal tiolo Luci del varietà.
Federico Fellini e il doppiaggio ci guida nel fantastico viaggio nella parte meno conosciuta del lavoro cinematografico ovvero quella dedicata alle voci. E noi, nel cinema italiano di voci meravigliose ne abbiamo avute.. Tina Lattanzi, Carlo Romano, Lydia Simoneschi, Emilio Cigoli… solo per citarne alcuni. In tal modo si approfondisce ancor di più quel fare cinema del regista riminese e quale fosse il suo effettivo e importante lavoro con il doppiaggio, i suoi attori, i suoi volti e le loro voci.
Sul libro
Io sento il bisogno di dare al sonoro la stessa espressività dell’immagine, di creare una sorta di polifonia. È perciò che sono contrario, tanto spesso, a utilizzare dello stesso attore il volto e la voce. L’importante è che il personaggio abbia una voce che lo rende ancora più espressivo. Per me il doppiaggio è indispensabile, un’operazione musicale con la quale rinforzo il significato delle figure. (…)
Federico Fellini
È decisamente un caso che il prossimo gennaio 2020 si celebri il centenario della nascita del regista riminese Federico Fellini e che Gerardo Di Cola abbia presentato nella sezione “Saggistica” del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” 2018 il suo ultimo lavoro Federico Fellini e il doppiaggio. Anche perché il Professor Di Cola è ormai da anni che si occupa di questo aspetto meno noto eppure fondamentale del Cinema divenendone uno studioso e uno storico molto accreditato nel settore.
A tal proposito molte sono le sue opere dedicate alle voci del Cinema inserite nella Collana Doppiaggio e Cultura della Casa Editrice èDICOLA: Le voci del tempo perduto (2004), Il teatro di Shakespeare e il doppiaggio (2014), Anna Magnani e il doppiaggio (2016) e Lydia Simoneschi – La voce del cinema italiano (2917).
Ma torniamo a Federico Fellini e il doppiaggio. Certamente si tratta di un volume quasi enciclopedico dedicato al regista e al suo rapporto con le voci e i volti dei suoi attori che hanno portato a quel suo fare cinema che ha reso grande l’Italia agli occhi del mondo intero (basti pensare alla Dolce Vita e di cosa ha creato nell’immaginario degli stranieri che, ancor oggi, arrivano a Roma e – in particolar modo – alla Fontana di Trevi (chi di loro non vorrebbe essere Sylvia e Marcello nella celebre scena del film?) Il libro diviene una sorta di guida per voci e per immagini alla scoperta e all’approfondimento del cinema di Fellini.
Ciò è possibile non solo grazie all’analisi certosina e attenta di Gerardo Di Cola nella ricostruzione delle voci e della loro giusta collocazione tra i doppiatori del tempo ma anche alla descrizione del percorso cinematografico e artistico intrapreso dallo stesso Fellini. A dimostrazione di questo vi sono, all’interno del testo, numerose immagini, documenti e schede complete dei film diretti dal regista riminese ma anche interviste inedite nonché interventi dello stesso Fellini e degli addetti ai lavori (di ieri e di oggi). Si può ben dire che Federico Fellini e il doppiaggio è un testo che ci accompagna nel basckstage, nel dietro le quinte della Settima Arte smascherandone legami, segreti, stratagemmi, trucchi…
In fondo, è proprio Federico Fellini a dichiarare l’importanza del doppiaggio e ad ammettere di far recitare ai suoi attori menù, elenchi di numeri, preghiere prima di nasconderne la voce:
Il doppiaggio è per me uno dei momenti più impegnativi; devo riscrivere completamente tutti i dialoghi, perché il mio modo di girare non mi permette di usare nemmeno un metro della colonna sonora originale che è una torre di babele di lingue di ogni nazionalità, di dialetti, di voci che invece delle battute dicono numeri, preghiere, oppure sollecitati da me raccontano cosa hanno mangiato la sera prima. È come rifare nuovamente il film; questa volta, secondo le necessità del racconto sonore, che presenta a volte problemi espressivi altrettanto importanti quanto quelli dell’immagine.
Il saggio di Di Cola è certamente dedicato a tutti gli appassionati di Cinema e non solo agli addetti ai lavori e ciò lo dimostra anche il linguaggio semplice e appassionata che accompagna il discorso dedicato al regista. Non mancano, inoltre, i richiami che il Di Cola fa ai suoi precedenti lavori proprio per sottolinearne l’unicità e la peculiarità. Non è certamente da tutti avere un’attenzione e una conoscenza così profonde e approfondite della materia. Inoltre, a rendere ancor di più accattivante e agevole la lettura del testo è il suo formato tascabile consentendone – nonostante le quasi cinquecento pagine – la possibilità di portarlo con sé e di leggerlo semplicemente ovunque si desideri.
Per tutto questo vanno a Gerardo Di Cola i complimenti e – da storica e studiosa del Cinema – la più sincera gratitudine per aver tolto polvere ad alcuni aspetti che hanno reso (e rendono) unico il nostro Cinema e per aver (ri)dato voce (perdonate il gioco di parole) ai volti rimasti nascosti dai nostri divi e dai grandi teli cinematografici.
Incontro con l’Autore
Come è nata la sua passione per il doppiaggio?
Ad un passo della mia abitazione a Pescara c’erano cinque sale cinematografiche sul corso principale. Dall’età di otto anni le ho frequentate giornalmente. Ad un certo punto mi sono accorto che le voci dei film stranieri e italiani erano sempre le stesse. Pur non conoscendo i nomi né i volti di quelle voci, le individuavo quasi all’istante. La prima volta che riuscii ad associare una voce, molto ricorrente all’epoca, ad un volto e ad un nome e cognome fu quando vidi un famoso carosello dove l’ispettore Rock, al secolo Cesare Polacco, recitava: “anch’io ho commesso un errore, non ho mai usato la brillantina Linetti”.
Non portò bene a Polacco questa esposizione pubblicitaria tanto che dovette tornare a recitare in teatro. L’avremmo ritrovato in qualità di doppiatore quando Sergio Leone gli affiderà il compito di doppiare Lionel Stander in “C’era una volta il West”. Quindi la passione è nata in concomitanza della mia capacità di riconoscere le voci che, però, non avevano diritto di apparire nei titoli di coda per non scoprire il trucco e portare a conoscenza del grande pubblico che molte attrici e attori italiani dovevano essere doppiati per risultare credibili.
Quando ha deciso di scrivere di questa componente del Cinema così importante e, allo stesso tempo, alquanto trascurata?
Quando mi resi conto che nessuno l’aveva ancora fatto! Correva l’anno 1996 quando entrai nella biblioteca del “Centro sperimentale di cinematografia” a Roma alla ricerca di qualche pubblicazione sul doppiaggio. Trovai un centinaio di articoli ma non un testo organico che ricostruisse le vicende storiche legate al mondo delle voci.
Come è nato il progetto editoriale di “Federico Fellini e il doppiaggio”?
Il critico cinematografico e scrittore Tatti Sanguineti mi coinvolse nel 2004 nella realizzazione di un libro sui direttori di doppiaggio utilizzati da Fellini nei suoi film dopo aver letto il mio libro “Le Voci del Tempo Perduto”, prima storia del doppiaggio scritta in Italia. Era un’idea originalissima; mai nessuno si era avventurato in una ricerca del genere né i tanti saggi scritti sul maestro riminese avevano minimamente trattato l’argomento. Sanguineti si riprometteva di estendere la ricerca anche ai doppiatori di cui Fellini amava circondarsi. E’ noto che il regista lavorava con una decina di doppiatori ai quali faceva recitare anche una ventina di personaggi. Per esempio Elio Pandolfi, Oreste Lionello, Solveig D’Assunta.
Non conosco i motivi per cui Sanguineti non realizzò il progetto. Nel 2018 ho deciso di colmare la lacuna ma con l’idea di indagare anche i motivi che hanno indotto i critici cinematografici italiani a non interessarsi dei problemi legati al doppiaggio. Se è un atteggiamento poco comprensibile ma accettabile di non parlare di doppiaggio in generale, non lo è altrettanto se si vuole trattare con serietà la cinematografia felliniana. Per Fellini la fase del doppiaggio era l’ultimo momento creativo nel quale era libero di concludere e comporre definitivamente la sua opera.
Con il suo saggio Federico Fellini e il doppiaggio si è classificato al primo posto nella sezione “Saggistica” del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” 2018 con la seguente motivazione:
(…) Un lavoro meticoloso, puntuale, certosino quello di Di Cola, che mostra profonde conoscenze in un settore così poco frequentato. (…) Il saggio, in definitiva, dimostra l’importanza del doppiaggio nell’opera felliniana, evidenziando, attraverso l’impianto cronologico, il mutarsi della padronanza dei temi relativi al doppiaggio nel percorso artistico del regista riminese, del quale si mettono in mostra i dubbi e le certezza, il metodo di lavoro e la sapienza di un uomo di grande sensibilità. Una lettura che è un piacevole tuffo in un passato non molto distante cronologicamente, ma molto distante socialmente.
Per lei ha ritirato il Premio il suo gentile collaboratore Giorgio Alaia. Ma cosa ha significato per lei e per il suo studio ricevere questo riconoscimento?
Innanzitutto vorrei dire quanto mi sia rammaricato di non aver potuto ritirare personalmente il prestigioso premio. Il caso ha voluto che il libro fosse premiato nello stesso giorno in un altro evento la cui comunicazione era arrivata alcune settimane prima. Ricevere il Premio Letterario “EquiLibri” ha significato per me uno straordinario riconoscimento del mio lavoro. Un lavoro che ho iniziato nel 1996 non potendo minimamente immaginare quello che sarei andato scoprendo e dove sarei arrivato: vincere un premio letterario io che ho una formazione prettamente scientifica.
Se soltanto avessi aspettato qualche anno, non avrei potuto ricostruire la Storia del Doppiaggio dal 1930. I pochi doppiatori storici ancora in vita si sono messi a disposizione per una ricostruzione che non era mai stata fatta in termini scientifici. Diversi festival, oggi, sono dedicati al doppiaggio e ai doppiatori ma è la prima volta che un libro sul doppiaggio riesce a vincere un premio letterario importante come “EquiLibri”.
Secondo lei come è cambiato il doppiaggio oggi?
Prima si aveva il tempo di leggere il copione ed entrare in sintonia con l’attore da doppiare. Adesso i tempi si sono drasticamente ridotti. La grande perizia recitativa dei doppiatori permette di avere ancora dei prodotti di qualità ma la situazione non consente di essere ottimisti per il futuro.
Qual è stato l’incontro più emozionante e interessante che ha avuto nel corso di tutti questi anni di studio e analisi delle voci del grande Cinema?
Ritrovarsi a tavola con Paul Newman, Marlon Brando, James Dean, cioè i miei idoli di quando da ragazzo giornalmente ascoltavo quella voce unica e irripetibile del più grande di tutti, Giuseppe Rinaldi.
Qual è stata (qual è) la difficoltà maggiore nel suo lavoro di ricostruzione storica nell’ambito del doppiaggio?
Una storia è credibile se si basa su documenti certi. Tutti i documenti delle società di doppiaggio, almeno fino alla fine degli anni settanta, non sono stati conservati. I piani di lavorazione, dove venivano riportati i nomi dei doppiatori e dei doppiati, scomparsi. I ricordi degli stessi addetti ai lavori sono spesso difficoltosi per i tanti anni trascorsi. Soltanto un assistente di doppiaggio, Amedeo Giovacchini, aveva annotato con maniacale precisione i dati relativi alla lavorazione dei film. Il figlio Aldo mi ha messo a disposizione oltre venti agende, dal 1940 al 1962. Una vera manna! Nelle agende, però, non erano riportati i nomi dei doppiatori. Per questo ha provveduto la mia capacità di riconoscere le voci. Quindi, il lavoro più duro è stato recuperare i film del passato (ho analizzato 2000 film) vederli e ascoltarli con particolare attenzione e individuare i nomi degli innominabili doppiatori.
Ogni studioso e storico si emoziona quando scopre un dettaglio, un’informazione, una notizia, un fatto finora trascurato, una fonte… Durante le sua ricerche sulle voci del Cinema quale “scoperta” e quale incontro l’hanno emozionata e perché?
La ricostruzione delle vicende umane e artistiche di Lydia Simoneschi, voce di Ingrid Bergman e Sophia Loren, la più grande doppiatrice di tutti i tempi. La storia è troppo complessa per poterla rendere in poche righe. Per la mia Collana “Doppiaggio e Cultura” ho scritto “Lydia Simoneschi – La voce del cinema italiano” … una storia incredibile!
Cos’è per lei la voce nel Cinema?
Le voci mi affascinano tanto quanto i volti degli attori. In Italia non abbiamo avuto la possibilità di ascoltare la voce dei divi di Hollywood ma abbiamo imparato ad apprezzare le timbriche dei doppiatori. Questo ha fatto storcere il naso a critici cinematografici e registi italiani. I critici avrebbero potuto stigmatizzare il fenomeno invece hanno fatto finta di niente. I registi avrebbero potuto evitare di lavorare con attori e attrici incapaci di recitare con la voce. Se Damiano Damiani per il film “Il giorno della civetta” affida a Franco Nero e Claudia Cardinale i ruoli principali decidendo poi di farli doppiare da, rispettivamente, Sergio Graziani e Rita Savagnone, che colpa ne hanno i due doppiatori? Nero e Cardinale vinsero entrambi il David di Donatello nel 1969 come migliori interpreti. Per me sarebbe stato più corretto attribuire metà di quei premi anche ai doppiatori!
Domanda insidiosa: qual è il doppiatore (o doppiatrice) e la voce che preferisce?
Per il passato non ho dubbi: Giuseppe Rinaldi e Lydia Simoneschi. I doppiatori di adesso mi coinvolgono meno dal punto di vista emozionale.
- Quali sono i suoi prossimi progetti editoriali e di storico ? A chi dedicherà il suo prossimo volume dedicato al doppiaggio?
Sarà una sorpresa per tutti gli appassionati del cinema doppiato ma anche per gli studiosi che non hanno mai affrontato il problema. Una sorpresa!
Vorrei concludere questa intervista auspicando che i critici cinematografici abbandonino l’atteggiamento di supponenza nei confronti del doppiaggio. E’ una realtà che il cinema italiano, almeno nel passato, è stato un cinema dopato dal doppiaggio. Adesso le cose sono cambiate ma quando si guarda indietro con l’intento di studiare la cinematografia italiana dal dopoguerra in poi non si può non parlare anche del doppiaggio e i suoi grandi meriti. Parlarne non comporta necessariamente una presa di posizione favorevole al fenomeno doppiaggio ma si fa un doveroso servizio alla verità storica. E’ il motivo che ha animato sempre la mia ventennale ricerca e mi ha spinto a scrivere “Federico Fellini e il doppiaggio”.
Qui di seguito il video della Cerimonia di Premiazione del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” 2018 tenutasi lo scorso 26 gennaio nel Salone d’Onore di Palazzo di Città di Cava de’ Tirreni (Riprese e montaggio Alberto Accarino e Massimo Pinto).