La rubrica online “Piazza Navona” vi presenta gli Autori e i libri vincitori del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” 2018. Quest’oggi incontriamo Alessandro Ticozzi, l’Autore di “Dino Risi, l’Italia in analisi” (Sensoinverso Edizioni).
La trama
Non è cosa semplice raccontare e spiegare la trama, o meglio, il contenuto del saggio cinematografico Dino Risi, l’Italia in analisi di Alessandro Ticozzi. Questo vale per due motivi. Il primo: si tratta di un saggio e come tale è esso stesso a spiegare e a spiegarsi oltre la superficie della tematica generale. Il secondo: si parla di Dino Risi e cosa c’è da raccontare, narrare e da aggiungere oltre quello che la filmografia del regista non abbia già detto forte di un’ironia, di un cinismo e di una sincerità spesso disarmanti, senza scrupoli e senza filtri? L’Autore, così, ripercorre la biografia e la filmografia di un regista sottrattosi alla professione di psichiatra facendo dei suoi studi il l’obiettivo per osservare la realtà, i suoi protagonisti e per inventare nuovi personaggi.
Ha affermato il regista milanese: Stanco di curare gente che non guariva, mi sono dato al cinema. Ed è proprio da qui che è nata la fortuna di noi studiosi di cinema, critici cinematografici e appassionati della Settima Arte.
A Dino Risi, tra i padri della nostra Commedia all’Italiana, si devono gioielli in celluloide quali Poveri ma belli (1955) con il trio Renato Salvatori, Marisa Allasio e Maurizio Arena che ancora strizzano gli occhi al cosiddetto Neorealismo rosa; Il Sorpasso (1962) il cui protagonista cinico e autentico Peter Pan è interpretato da un Vittorio Gassman in ottima forma; Una vita difficile (1961) con Alberto Sordi insolitamente in un bellissimo ruolo drammatico; e ancora La moglie del prete (1971), Profumo di donna (1974)… Questi sono solo alcuni titoli dei film diretti da Dino Risi che hanno fatto la Storia del Cinema raccontando quella di persone e personaggi animati da quel quid in più… forse proprio di quello sguardo profondo e analitico che solo un profondo conoscitore della mente e delle debolezze, nonché della forza, dell’animo umano può avere.
Sul libro
In occasione del centenario della nascita di Dino Risi – avvenuto nel 2016 – Alessandro Ticozzi pubblica per la Collana OroArgento della Sensoinverso Edizioni il saggio Dino Risi, l’Italia in analisi arricchito dalla prefazione del critico cinematografico Valerio Caprara. Forse non c’era titolo migliore per un lavoro simile. Dino Risi, infatti, ha condotto gli studi in Medicina presso l’Università di Milano rifiutandosi di intraprendere la professione di psichiatra per dedicarsi al cinema esordendo come aiuto regista di Alberto Lattuada e di Mario Soldati. Si deve ammettere, però, che questi studi sono stati molto utili al regista per analizzare l’ambiente in cui andare a inserire il suo modo di fare cinema nonché le sue storie e i suoi personaggi.
E non è un caso che molti di questi ultimi abbiano delle nevrosi o comunque dei disturbi legati all’inconscio e alle profondità della psiche umana: pensiamo a Bruno Cortona, il quarantenne immaturo de Il Sorpasso o Valeria Billi, la donna che tenta il suicidio per amore ma che si innamora della “voce amica” del prete che le risponde all’altro capo del telefono, o infine, il rapporto del tutto squilibrato tra Elvira Almiragli e Alberto Nardi (fallito e fedifrago) ne Il vedovo tanto che quest’ultimo – con un finale a sorpresa – progetta l’omicidio della consorte.
C’è tutto questo e molto altro nella filmografia di Dino Risi e Alessandro Ticozzi con la sua spiccata capacità di analisi (non solo filmica) ci racconta tutto questo con dovizia di particolari e, soprattutto, con quella passione che diviene il motore di ogni serio ricercatore e studioso. È un saggio di poco più di cinquanta pagine (contenente anche un’intervista ad Alessandra Panaro, “la fidanzatina d’Italia” recentemente scomparsa) agile da leggere e da maneggiare grazie alla sua copertina flessibile e il suo formato funzionale. È un omaggio ad capitolo importante della Storia del nostro Cinema (e non solo!) che spazia dal 1946 al 2002, l’anno in cui alla 59ͣ Mostra del Cinema di Venezia viene conferito al regista milanese il Leone d’Oro alla Carriera. Un racconto del Bel Paese attraverso la magia della Settima Arte guidata dallo sguardo di un regista dall’inconfondibile e ineguagliabile “occhio clinico”. E si deve ammettere: nessuna delle sua “diagnosi cinematografiche” è stata mai errata!
Dino Risi, l’Italia in analisi edito da Sensoinverso Edizioni ha partecipato alla prima edizione del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” nella Sezione “Saggistica” classificandosi al terzo posto. Ecco un estratto della motivazione:
(…)Un lavoro importante questo di Ticozzi soprattutto per comprendere, da parte di chi ha vissuto e non saputo (o potuto) leggere un periodo comunque esaltante di evoluzione di una società sempre più frettolosa e sempre più radicalmente distante da archetipi anteguerra. Vizi e virtù esaltati oltre ogni limite; ma quella era l’Italia di allora e, con onestà di lettura intellettuale, Ticozzi la sottopone alla meditazione delle nuove e future generazioni. (…)
Incontro con l’Autore
Quando è avvenuto il suo primo incontro con la scrittura?
Non ho ricordi precisi: sin dall’infanzia è stato per me il miglior modo di esprimermi…
- Perché ha deciso di dedicarsi in particolar modo al racconto e alla critica della Storia del nostro Spettacolo?
Perché, essendo cresciuto con le vecchie schegge di varietà (antenate dell’odierno “Techetecheté“), in questo mi sono alfine riconosciuto appieno: pur con alcune digressioni, sono fieramente figlio della cultura nazional-popolare fino al midollo!!!
Nella sua carriera di scrittore si è dedicato anche alla narrativa con Le brave ragazze vanno in Paradiso. Noi vogliamo andare dappertutto, Hotel Odeon e Diario di un cinemaniaco di provincia. Quali differenze e analogie ha riscontrato tra lo scrivere di fantasia e il racconto – critico e analitico – della Storia del nostro Cinema?
Diario di un cinemaniaco di provincia e Hotel Odeon sono racconti semiautobiografici che si richiamano a due periodi diversi della mia vita: rispecchiano rispettivamente l’euforia anarchica di quand’ero studente al DAMS di Padova (l’unico ciclo di studi che mi ha soddisfatto appieno, e in cui sono riuscito a dare veramente il meglio) e quando – trentenne disilluso dalle difficoltà nell’entrare nel mondo dello spettacolo – ho trovato egualmente dentro me stesso la forza per andare avanti proprio grazie a quel mai sopito entusiasmo ed idealismo giovanile che spero mi accompagni incessantemente.
Le brave ragazze vanno in Paradiso. Noi vogliamo andare dappertutto è invece per l’esattezza un’inchiesta sulle ragazze che vogliono entrare nell’ambiente dello show business: è stata la situazione più difficile che mi sia mai capitata di gestire sinora in relazione ad una mia pubblicazione, sia per la “scomodità” dell’argomento che per la nota esuberanza aggressiva delle ragazze/donne di spettacolo (ero comunque in qualche modo consapevole a cosa andavo incontro…); però mi dà grande soddisfazione vedere che qualcuna di loro sta riuscendo pian piano a farsi strada grazie alle proprie poliedriche doti artistiche e alla voglia di migliorarsi costantemente (la bella presenza aiuta sempre, ma da sola alla lunga non basta). Questi comunque sono stati in qualche modo degli esperimenti: il mio percorso privilegiato rimane sicuramente quello della saggistica cinematografica, o anche di spettacolo più in genere.
Nei suoi libri ha scritto di Mario Monicelli, Arnoldo Foà, Ugo Tognazzi, Alberto Sordi, Alberto Lattuada, Tomas Milian, Luigi Comencini, Enrico Maria Salerno… a cosa sono dovute queste scelte e a quali tra questi suoi saggi sente di essere più “affezionato”?
Quasi tutti gli spunti per i saggi monografici che pubblico da dieci anni a questa parte vengono da L’inviato dalla rete: il mio progetto editoriale cui sono maggiormente legato, composto da due volumi che raccolgono quasi tutti i miei articoli e interviste precedentemente uscite on line (da due-tre anni a questa parte ne sto preparando un terzo – che con ogni probabilità uscirà nel corso dell’anno prossimo – per chiudere in bellezza questo ciclo per me così importante) spaziando tra cinema, teatro, televisione e musica leggera.
Tra quelli sinora editi, sono comunque sia soprattutto attaccato a La voce e il cinema: Arnoldo Foà attore cinematografico: non potrò mai dimenticare l’attenzione con cui la moglie Anna Procaccini mi ha seguito sotto ogni aspetto perché potessi svolgere il mio lavoro al meglio, fino alla presentazione all’ormai ex-Cinema Trevi appena un mese dopo la scomparsa di Arnoldo alla presenza dei familiari. Tra l’altro il fatto di avere in calce un appassionata prefazione di Gian Luigi Rondi credo sia un bel traguardo per un critico o storico cinematografico che dir si voglia: infine due anni fa questo volume mi è valso la vittoria nella sezione Saggio Edito al 3° Premio Internazionale Salvatore Quasimodo, che ritengo il massimo riconoscimento letterario da me sinora ottenuto.
È solo un caso che non si sia ancora dedicato al racconto di una protagonista femminile del nostro Cinema?
Non saprei risponderti: chissà, magari un giorno potrei pure farlo…
Come è nato il progetto del suo libro Dino Risi, l’Italia in analisi?
Era sempre tra gli spunti presenti ne L’inviato dalla rete: il saggio è appunto una rilettura in chiave psicologica delle pellicole più significative del grande cineasta milanese (dalla vuota ebbrezza del boom al ripiego nella depressione introspettiva degli “anni di piombo”), in omaggio alla sua originaria vocazione psichiatrica. Avendola intervistata in chiusa, Alessandra Panaro mi ha poi fornito gentilmente dal suo archivio personale una foto scattatale insieme a Dino sul set di Poveri ma belli che ho utilizzato per la copertina: essendo recentemente scomparsa, il mio pensiero non può che andare a lei.
Con Dino Risi. l’Italia in analisi ha partecipato alla prima edizione del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” classificandosi al terzo posto nella sezione “Saggistica”. Cosa ha significato per lei ricevere questo riconoscimento dopo i tanti altri già ottenuti nel corso della sua carriera?
Nove premi letterari in due anni in effetti sono parecchi: ringrazio tutti coloro che me li hanno voluti conferire, in quanto questi hanno dato un importante svolta alla mia carriera dopo parecchi anni di attività. Riferendoci a questo nello specifico, sicuramente un’altra tappa importante in tal senso: sono stato poi felice che quella sera sia stato premiato alla carriera Italo Moscati, che è stata una delle primissime persone che ho conosciuto nell’ambiente (addirittura già poco prima di laurearmi) e che ha sempre creduto in me appoggiandomi idealmente.
Recentemente è stato pubblicato, ancora una volta dalla Casa Editrice Sensoinverso, il suo ultimo saggio Nino Manfredi, l’eroe positivo della commedia all’italiana. Può raccontarci qualcosa di più di questo suo ultimo studio?
Anche questo nasce da uno spunto ricavato da L’inviato dalla rete, per l’esattezza l’omonimo articolo per cui avevo intervistato in chiusa la moglie Erminia: attraverso le sue interpretazioni più rappresentative, ho inteso rileggere la parabola artistica di Nino Manfredi appunto come unico eroe positivo della commedia all’italiana (il truce baraccato di Brutti, sporchi e cattivi rimane la classica eccezione che conferma la regola); a differenza dei suoi colleghi “mattatori” Alberto Sordi, Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman, più avvezzi a interpretare personaggi negativi all’interno di un genere che comunque sia ha sempre prediletto il difetto più che il pregio. Tra loro peraltro Nino è stato sicuramente il più pronto a mettersi in gioco sperimentando costantemente sé stesso (insieme a Tognazzi, anche se per motivi diametralmente opposti), nonché il più meticoloso nella preparazione dei propri personaggi: non a caso lo stesso Dino Risi l’aveva soprannominato “l’orologiaio”…
Quali sono i critici, i saggisti, gli Autori, gli storici che hanno contribuito alla sua formazione e hanno, in qualche modo, influenzato il suo essere Scrittore e Lettore?
Sicuramente il mio Maestro di Cinema Gian Piero Brunetta, con cui mi sono laureato dodici anni fa appunto al DAMS di Padova: tuttavia già da ragazzino mi nutrivo delle trasmissioni revival di Umberto Broccoli, Paolo Limiti, Pino Strabioli, Dario Salvatori e Giancarlo Governi; mentre negli anni del liceo furono per me letture fondamentali sia il volume di Enrico Giacovelli sulla commedia all’italiana edito da Lindau che i dizionari di Paolo Mereghetti, Morando Morandini e Roberto Poppi. Sia quest’ultimo che Strabioli sarebbero stati poi tra i miei prefatori: ovviamente fu una grande gioia per me, insieme a tante altre che mi ha regalato (e spero ancora mi regalerà) questa meravigliosa carriera artistica.
Quali sono i suoi prossimi impegni professionali?
A ottobre esce il saggio Il Novecento di Carlo Lizzani, sul secolo scorso visto attraverso le opere più importanti del grande regista romano: l’ennesimo spunto preso da L’inviato dalla rete, progetto su cui potrei marciare finché campo. Non sto affatto scherzando: infatti ne ho scritti e sto scrivendo ancora parecchi che usciranno nei prossimi anni; inoltre ogni tanto riesco ad organizzare alcune retrospettive cinematografiche, e ultimamente vengo pure saltuariamente chiamato per qualche breve apparizione recitativa. Effettivamente durante la mia fase adolescenziale avevo partecipato ad alcuni laboratori scenici e messinscene amatoriali nel mio territorio d’origine: mai avrei pensato dopo così tanto tempo che mi si prospettassero tali occasioni, sia pur sotto forma di cammei filmati “alla Tatti Saguineti” da studioso che gioca a fare l’attore (di più comunque non potrei davvero fare: bisogna sempre essere consapevoli dei propri limiti). Negli ultimi anni la mia costante ricerca di studioso mi sta portando via via ad intrecciare varie espressioni artistiche: questa è la direzione su cui intendo proseguire, per giungere finalmente ad un una piena realizzazione professionale.
Qui di seguito il video della Cerimonia di Premiazione del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” tenutasi lo scorso 26 gennaio nel Salone d’Onore di Palazzo di Città di Cava de’ Tirreni (Riprese e montaggio di Alberto Accarino e Massimo Pinto).