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La pittura del Maestro cinese Han Yuchen per la prima volta a Roma

La Rubrica online “Piazza Navona” vi presenta la mostra “Tibet, splendore e purezza” allestita a Palazzo Bonaparte. Dal 14 luglio al 4 settembre, per la prima volta nella Capitale, vi aspettano le celebri pitture a olio del Maestro cinese Han Yuchen.

Han Yuchen
Fratello e sorella – Brother and sister, 2015. Olio su tela / Oil on canvas
cm 135×120

Il Tibet, la sua gente, i suoi paesaggi, la sua anima. Un’immersione nella bellezza naturale e spirituale del Tibet, il “Tetto del mondo”, ma anche una galleria di ritratti di chi quell’immenso altopiano lo vive. La mostra Han Yuchen. Tibet, splendore e purezza testimonia – attraverso un percorso di circa 40 opere, molte delle quali di grandi dimensioni, divise in tre sezioni (Paesaggi, Ritratti e Spiritualità) – il profondo legame morale e spirituale che unisce la famosa regione autonoma della Cina all’insigne pittore cinese Han Yuchen.

Come spiega Nicolina Bianchi, curatrice della mostra: Nel Tibet di Han Yuchen il paesaggio e l’uomo diventano protagonisti di una stessa storia misteriosa, quasi impenetrabile, dove genuina fierezza e quotidianità convivono e si incontrano nella purezza di luce dei luoghi e dell’energia vitale dei personaggi che li animano. Pastori, guardiani, nomadi, monaci che con saggezza condividono il tempo e lo spartiscono nel loro vivere semplice e autentico.

Han Yuchen
Tempio sacro di Gaoyan – The holy Gaoyan
Temple, 2015
Olio su tela / Oil on canvas
cm 135×165

Così Gabriele Simongini, cocuratore della mostra: Han Yuchen sente con grande disagio che l’impressionante progresso tecnologico del nostro tempo e la smania di una continua crescita economica corrispondono per contrasto a un crescente impoverimento morale e a un degrado dell’universo personale e dei rapporti umani. Per lui il Tibet è una sorta di “patria” dell’anima, perduta e originaria, da ritrovare. Il suo è un realismo etico che intende offrire un modello ideale e forse utopistico per una vita più semplice e spirituale.

Un artista molto legato ai valori tradizionali e alla qualità della pittura ma anche caratterizzato da una fortissima passione per l’arte europea dell’Ottocento, tanto da aver creato nel 2007 il Museo d’Arte Han Yuchen nella città di Handan, con opere di Millet, Corot e Goya, solo per citare tre nomi eccelsi.

Han Yuchen
Nei pascoli sconfinati – In the boundless
pastures, 2011
Olio su tela / Oil on canvas
cm 140×220

Ricollegandosi soprattutto all’esempio di Millet, il Maestro cinese ha fatto di una pittura limpida e poetica il suo segno di riconoscimento, una cifra stilistica diretta e semplice come la vita dei tibetani che ha scelto di immortalare, rievocando per certi aspetti un realismo di matrice ottocentesca, ricco di valori etici e ideali, che si fonde con le capacità tecniche sviluppate in Cina nell’ambito della pittura ad olio. Una volta individuati i soggetti più coinvolgenti, Han Yuchen li traduce – attraverso un’indubbia sapienza pittorica e una spiccata capacità di elaborare ampie sintesi paesaggistiche o meticolosi dettagli – in ritratti e opere dove le vesti, gli ornamenti e gli oggetti della vita quotidiana o delle cerimonie ci restituiscono un’immagine emozionante del lontano Tibet.

Han Yuchen
Pellegrinaggio in rosso – Pilgrimage in red
2015. Olio su tela / Oil on canvas
cm 230×170

Con il patrocinio del Comune di Roma – Assessorato alla Cultura, l’esposizione Han Yuchen. Tibet, splendore e purezza è prodotta e organizzata da Arthemisia in collaborazione con Segni d’arte, ed è curata da Nicolina Bianchi e Gabriele Simongini, con catalogo Skira.

La mostra vuole rendere omaggio al rafforzato dialogo socio-culturale Italia-Cina, ma anche far risaltare alcuni dei profondi e più recenti cambiamenti della società tibetana acutamente rappresentati dalla pittura a olio del Maestro di Jilin.

La mostra

Prima sezione – Paesaggi

In Tibet ogni luogo ha i suoi colori caratteristici, ogni gruppo le proprie tradizioni millenarie che ancora sopravvivono in buona parte. L’habitat naturale, perlopiù arido e brullo, è immerso in una luce di luminosa serenità. L’altitudine di questo immenso altopiano dà ai suoi abitanti la sensazione precisa di essere più vicini al cielo e quindi alla spiritualità. Le caratteristiche del territorio variano proprio con l’altitudine: montagne, valli, ghiacciai, laghi, canyon, steppe e tundra, con spettacoli naturali dalla straordinaria bellezza. Si trova una grande varietà di piante, fiori e animali rari, oltre che diversi climi in base alla quota. I vasti pascoli, i neri branchi di yak, le bianche greggi di pecore e capre tibetane, le piccole bandiere di preghiera dalle mille cromie, sfilacciate dal vento, sono solo alcuni elementi di paesaggi che la pittura di Han Yuchen fa dialogare costantemente con le figure delle sue opere, senza trascurare le tante difficoltà connesse alla rigidezza del clima.

Han Yuchen
Nyima, 2011
Olio su tela / Oil on canvas
cm 100×80

Seconda sezione – Ritratti

Ogni tibetano, per la sua evidente integrità spirituale e la sua limpida purezza d’animo, merita d’essere ritratto, ama dire Han Yuchen. Così l’artista cinese riesce a stabilire una stretta osmosi fra la luce di una natura dalla bellezza sublime ma dura ed intransigente e la luce degli sguardi e dell’interiorità di donne sorridenti, cordiali ed espansive anche durante le attività più faticose e quella degli uomini seri e pensosi, abituati a vivere in condizioni ambientali e climatiche difficili. Quando l’occasione lo consente, l’artista ritrae i suoi soggetti dal vero, come è accaduto nella Prefettura Tibetana Autonoma di Gannan. Il sorriso nascosto della Ragazza con la sciarpa o quello innocente, puro, di Niyma, pur tradendo fatica e sacrificio, infondono serenità interiore. Ogni sguardo, nei volti forti e orgogliosi dei nativi, con la loro pelle dal colore del cuoio, custodisce la scintilla dell’intensità e della dignità della vita, pur nell’età che avanza.

Terza sezione – Spiritualità

Han Yuchen
La devota – The faithful
2010. Olio su tela / Oil on canvas
cm 180×110

Lo stile di vita pressoché primitivo di questo popolo – ha detto Han Yuchen – non impedisce, bensì favorisce, la fioritura di alte aspirazioni e idealità spirituali. Abbiamo molto da imparare, sembra dirci l’artista, da questa gente semplice nel senso migliore del termine, determinata, resiliente, profondamente spirituale, abituata a vivere con poco e in perenne ascolto del trascendente che si fa immanente. I ritratti e soprattutto l’atteggiamento dei suoi personaggi esprimono l’esatto contrario dell’“impermanenza”, della consapevolezza cioè che tutto sia transitorio. Come in una sorta di placenta poetica, spirituale, tutto vive in uno scambio alla pari tra forma e vita, alla ricerca di quell’equilibrio complesso che a volte riconosciamo come sacro. Se ne ha una prova, ad esempio, nel quadro La Devota (2010), con quella giovane donna dal fantasmagorico abito da festa (una stola di pelliccia di leopardo delle nevi attorno al collo e una veste di variopinta seta cinese in stile antico, a disegni di draghi) assorta in sacri pensieri e in preghiera davanti alla lattescente balaustra marmorea del Kumbum, importante monastero lamaista.

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