La Rubrica online “Piazza Navona” vi propone la lettura del saggio “Oltre le parole. Come riscoprire il lessico quotidiano attraverso i classici” di Cesare Premi (Tab Edizioni). La (ri)scoperta del significato di venticinque parole di uso quotidiano attraverso la Letteratura e la Storia. E non perdete l'”Incontro con l’Autore”!
La trama

Non esiste una magia come quella delle parole. Questo ha affermato lo scrittore francese Anatole France, Premio Nobel per la Letteratura nel 1921. E questo dimostra e racconta il saggio Oltre le parole. Come riscoprire il lessico quotidiano attraverso i classici di Cesare Premi. Una sorta di breve vocabolario che raccoglie venticinque voci o lemmi (o più semplicemente parole) di cui l’Autore, anche servendosi di “esempi” tratti dalla Letteratura (da Manzoni a Pirandello passando per i classici latini), ne spiega e ne illustra i vari significati e i cambiamenti, o sarebbe meglio dire adattamenti, che la Storia ha impresso loro. Ed è con questo dialogo aperto con la Letteratura e con alcuni dei suoi più grandi protagonisti che si ammira e si (ri)scopre la grande bellezza delle parole e della lingua italiana.
Sul libro
Nel maggio 2021 la Casa Editrice romana Tab Edizioni pubblica nella Collana “Saggi” il volume dal titolo Oltre le parole. Come riscoprire il lessico quotidiano attraverso i classici dello scrittore e docente di lingua e letteratura italiana e latina nei licei Cesare Premi.

Si tratta di un volume davvero interessante in cui l’Autore con estrema semplicità, chiarezza e linearità porta all’attenzione del Lettore l’essenza, la bellezza e le diverse sfaccettature della lingua italiana. Cesare Premi, così, sceglie venticinque parole tra quelle più in uso nella nostra quotidianità (da “fortuna” a “rispetto” passando per “noia”) analizzandone e spiegandone non solo il significato intrinseco e l’etimologia ma anche tutti gli effetti e i diversi sensi che tali parole hanno assunto attraverso la Storia e la Letteratura. Per far questo, l’Autore si serve di esempi diretti, “pratici” potremmo dire, così da rendere ancor più chiaro e limpido il suo ragionamento ma anche il reale senso della parole prese in esame. Due brevissimi esempi. La parola “persona” deriva dal latino persōna e significa “maschera” ovvero finzione teatrale. Ma non solo. Pensiamo alla letteratura pirandelliana e a tutti i ragionamenti del drammaturgo siciliano sul binomio maschera e volto, finzione e realtà, persona e personaggio così riassunta ne I sei personaggi in cerca d’autore:

Un personaggio, signore, può sempre domandare a un uomo chi è. Perché un personaggio ha veramente una vita sua, segnata di caratteri suoi, per cui è sempre “qualcuno”. Mentre un uomo – non dico lei, adesso – un uomo così in genere, può non essere “nessuno”.
E ancora, pensiamo alla parola “scuola”. Forse non tutti sanno che originariamente tale vocabolo era sinonimo di “ozio”, “divertimento” addirittura “tempo libero”. Ecco: come si è arrivati al significato odierno di questa parola? Ed è proprio qui che entra in campo e il nostro Autore accompagnandoci alla curiosa e interessante scoperta del cammino di significato che questa parola –come molte altre – ha percorso nel tempo servendosi delle opere e della poetica di molti scrittori della nostra Letteratura: Dante, Lucrezio, Lucilio, Cicerone, Alessandro Manzoni, Giacomo Leopardi, Luigi Pirandello, Eugenio Montale…
A tal proposito dichiara Cesare Premi nella sua Introduzione al volume:

Ho preferito mettere al centro i testi, farli parlare, farli dialogare citandone ampie sezioni e commentandole, cosicché ognuna delle venticinque voci di cui il libro si compone si presenta come una breve storia letteraria (chiaramente non esaustiva, ma basata sui miei riferimenti culturali). Non ho utilizzato una vera e propria bibliografia, eccetto ovviamente quella dei grandi autori che ho interpellato. È stata una scelta metodologica ben precisa: entrare in dialogo diretto coi classici senza intermediazioni.
Quello che Cesare Premi fa ai lettori con Oltre le parole è davvero un gran bel regalo. E una possibilità: offerta a chiunque desideri coglierla e voglia avvicinarsi all’essenza della nostra (bella!) lingua italiana, di scoprirne le radici, i sensi, i significati più lontani e diversi dalla nostra contemporaneità. Ed è un viaggio bellissimo, aperto a tutti: studenti, docenti, curiosi, appassionati… alla scoperta della grande bellezza e delle innumerevoli sorprese della nostra bella lingua italiana.

Un viaggio e un percorso che certamente ci renderanno più consapevoli e informati ma anche sempre più conquistati da tanta magia poiché, proprio come ha affermato Sigmund Freud:
Le parole erano originariamente incantesimi, e la parola ha conservato ancora oggi molto del suo antico potere magico. Con le parole un uomo può rendere felice un altro o spingerlo alla disperazione, con le parole l’insegnante trasmette il suo sapere agli studenti, con le parole l’oratore trascina l’uditorio con sé e ne determina i giudizi e le decisioni. Le parole suscitano affetti e sono il mezzo generale con cui gli uomini si influenzano reciprocamente.
Incontro con l’Autore

Come è nato il progetto editoriale di Oltre le parole. Come riscoprire il lessico quotidiano attraverso i classici?
Il progetto è nato soprattutto dall’esigenza di scrivere qualcosa che riqualificasse l’operazione della scrittura rispetto alla prassi quotidiana di un insegnante che, sempre più massicciamente, è costretto a praticare quella forma di scrittura burocratico-amministrativa che nel lontano 1965 Italo Calvino ha definito “antilingua”. L’antilingua è quella lingua che si avvita su sé stessa, che si chiude in tecnicistiche tortuosità lessicali perché fondamentalmente non ha niente da comunicare. Credo che all’estero rimarrebbero increduli nello scoprire che per svolgere l’esame di Stato in Italia è necessario redigere tra i 20 e i 25 verbali. Scrivere Oltre le parole è stata una piccola sfida personale per riscoprire, attraverso il contatto con i classici, la lingua nella sua dimensione più alta e significante.

Qual è stata la parte più complessa da gestire in fase di ideazione e di stesura? E perché?
La parte più complessa è stata forse la definizione dell’ampiezza e del taglio espositivo delle singole voci. L’idea iniziale era di analizzare cento parole, e i primi lemmi che ho steso non superavano le due pagine. Proseguendo nella scrittura, ho notato che la trattazione tendeva progressivamente ad allargarsi fino a raggiungere le dodici pagine per una singola voce. Riflettendoci, ho trovato più interessante privilegiare l’ampiezza dell’analisi, la ricchezza dei riferimenti filosofico-letterari piuttosto che il numero di lemmi, e ho ridimensionato il progetto a sole venticinque parole. Una seconda difficoltà è stata quella di limitare, di circoscrivere, di trovare la giusta estensione, perché, volendo, si sarebbe potuto scrivere un intero libro per ogni singola parola. Ma, ovviamente, questa sarebbe stata una via editorialmente impraticabile.
In che modo è riuscito a raccogliere nel suo testo i tanti “esempi” letterari che mostrano e illustrano il diverso uso di una stessa parola nella Letteratura?
In questo mi ha molto aiutato la pratica pluridecennale di insegnamento di letteratura italiana e latina. Avevo in mente molti autori, molti versi, molti passi, molte parole, svariati etimi, esempi di persistenze e di trasformazioni semantiche. Erano come i pezzi sconnessi di un puzzle. Si è trattato in sostanza di comporre queste tessere, di dare loro ordine e struttura, di trasformare quel fertile kaos in kosmos.

Come ha gestito e organizzato il suo progetto di scrittura ma anche la vasta ricerca letteraria?
Personal computer, collegamento alla rete, account a una biblioteca digitale sempre attivo per scaricare libri online. Ma ho anche usato la mia personale biblioteca, fatta di libri cartacei, gli indici analitici dello Zibaldone leopardiano (preziosissimi per navigare in quella vastità di riflessioni), i miei appunti mentali. Ho subito deciso di utilizzare solo e direttamente i classici, bypassando la critica letteraria e gli studi moderni di linguistica. Se avessi dovuto, per ogni singola voce, esaminare la relativa bibliografia, in questo momento starei ancora lavorando al testo. La scrittura del libro è stata un po’ come un confronto a due tra le parole e i classici con me in veste di moderatore.
In un’epoca tecnologica come la nostra dove studio, lavoro, ricerche e compiti vengono svolti tramite internet e attraverso l’uso di un dispositivo quanto è utile, se non necessario, abituare i più giovani al corretto uso di un dizionario?
Nella prima presentazione di Oltre le parole, fatta nel liceo in cui insegno, ho esordito dicendo che senza internet non avrei potuto scrivere questo libro. È vero, non era una captatio benevolentiae. Per condurre il mio lavoro sono state fondamentali le biblioteche digitali online, come ad esempio Perseus. Si tratta di una piattaforma open source realizzata dalla Tufts University, nel Massachusetts, che non solo mette a disposizione l’intero patrimonio della letteratura greco-latina, ma fornisce anche potenti ed efficientissimi strumenti di ricerca lessicale e fraseologica. Lingua e tecnologia non sono in conflitto tra di loro, ma possono brillantemente integrarsi. Si tratta di utilizzare criticamente i mezzi che abbiamo a disposizione, vocabolario cartaceo o smartphone che sia, e di capire che entrambi sono strumenti e non fini. Il fine non è la tecnologia, ma la conoscenza e l’appropriazione del metodo per realizzarla.

E quanto questa stessa dose massiccia quotidiana di tecnologia influenza la parola nel suo essere “scritta” e “parlata”?
La tecnologia e internet indubbiamente influenzano il nostro rapporto con la parola. La connessione continua, la stessa digitalizzazione della scrittura ci hanno trasportato in una fase di liquidità della comunicazione. Navighiamo su internet tenendo aperte anche dieci pagine contemporaneamente, gestiamo link multipli, mentre navighiamo sul pc controlliamo la messaggistica e i social sul nostro smartphone, guardiamo un video, mettiamo un like, rispondiamo a un messaggio. È naturale che in tutto questo qualcosa vada perduto. Le nostre menti, soprattutto quelle dei giovanissimi, sono plasmate da questo tipo di lavoro che si sviluppa in orizzontale, mentre abbiamo perso la dimensione della verticalità, che è quella della profondità. La nostra capacità di concentrazione su un testo è limitatissima, la lettura è diventata rapsodica, frammentata, dispersiva, la parola scritta ha perso sostanza, figuriamoci quella parlata… Sono questi i cattivi frutti della comunicazione digitale.
Oggi qual è il valore profondo della “parola”?
La parola è la nostra porta sul mondo. Senza la parola siamo come estranei in una terra incognita. Pensate un po’: come ci sentiamo quando ci troviamo all’estero senza avere idonei strumenti di comunicazione linguistica? Ci sentiamo inadeguati. Imbarazzati e timorosi come dei bambini, evitiamo le occasioni di contatto con gli altri. Tramite la parola noi controlliamo la realtà e interagiamo col mondo. Quanto più profondo è il nostro rapporto con la parola tanto più stretto è il nostro legame col mondo. Il che, ovviamente, non significa che questo rapporto sia semplice o felice.

Lei insegna lettere nei licei. I ragazzi, secondo lei, che rapporto hanno con la “parola”? E cosa si potrebbe fare per incentivare il loro legame?
Chiaramente, il rapporto tende a essere superficiale. Però i ragazzi hanno inclinazione a imparare. Tra i 14 e i 19 anni vanno incontro a una vera e propria metamorfosi, trasformandosi da bambini in giovani adulti. Questo è anche un po’ il dramma degli insegnanti di liceo: quando il rapporto con gli studenti comincia a diventare fecondo e intellettualmente stimolante allora li devi salutare. Anche se sembra una contraddizione in termini, bisogna incentivare la lettura spontanea. Per i motivi che ho spiegato, leggere un romanzo, soprattutto un classico, è percepito come una fatica immane, sproporzionata rispetto alle loro forze. Poi spesso, quando arrivano alla fine, provano gratificazione. È anche importante farli riflettere sulle parole, sulla loro origine, sulla loro trasformazione, sul legame profondo tra lingue moderne e lingue antiche e fra le diverse lingue moderne. Per chi fa studi classici e più semplice e naturale, ma gli studi classici, si sa, non sono più “moderni”. A proposito, “moderno” è una delle parole analizzate nel libro.
Da docente, studioso, lettore e scrittore: quali sono le opere e gli Autori che hanno contribuito alla sua formazione?

Leopardi, per la comunicazione sentimentale. Mi riferisco alle liriche, ma anche allo Zibaldone, una vera e propria miniera di riflessioni nate dal cuore e filtrate dalla ragione. Il pensiero poetante è il titolo di un noto saggio su Leopardi di Antonio Prete. Allude alla mirabile fusione tra slancio lirico-sentimentale e riflessione filosofica nella poesia leopardiana. Poi Dante, per la ricchezza lessicale, il vigore narrativo, la potenza immaginativa. E infine Lucrezio, per il fascino misterioso che questo grande poeta, della cui vita quasi nulla si conosce, continua a esercitare sui lettori. Non a caso sono i tre autori più citati nel libro.
Tra tutte le parole elencate nel suo libro qual è quella che preferisce? E perché?
Sicuramente “idiota”. Sembra una bizzarria, un divertissement, ma in realtà l’analisi è serissima e ci conduce nel cuore dell’ideologia civica delle antiche poleis greche, e in particolare di Atene. Ci porta ad Aristotele, a Euripide, alla commedia attica antica, per approdare a Dante e a Boccaccio. E il suo etimo è sorprendente, perché originariamente significava “privato cittadino”, colui che non si occupa di politica. In sostanza, designa ciò che, nel mondo contemporaneo, è ciascuno di noi, o la maggior parte di noi. Per capire il senso di tutto questo è necessario calarsi nello spirito delle antiche poleis greche, nel loro modo di intendere la democrazia e la partecipazione.

Quali sono i suoi prossimi progetti e impegni editoriali?
Penso che ci siano interessanti possibilità di continuare la collaborazione con Tab edizioni. La CE, che al momento è focalizzata sull’editoria accademica e sulla saggistica divulgativa, ha in mente di lanciare una collana dedicata alla scuola. Io ho un progetto, ne abbiamo già discusso, è possibile che nel prossimo futuro ne nasca qualcosa. In ogni caso, sarà un testo incentrato sulla narrativa. Vedremo se declinato in senso didattico o più genericamente divulgativo.