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Letto per voi… “Nell’anima di Alberto Sordi” di Samuele Pinna

La Rubrica online “Piazza Navona” vi presenta Nell’anima di Alberto Sordi di Samuele Pinna (Àncora Editrice). A vent’anni dalla scomparsa, la vita e la carriera dell’attore romano raccontate attraverso il suo lato più umano e interessanti spunti di riflessione. E non perdete l’Incontro con l’Autore!

La trama

Samuele Pinna, “Nell’anima di Alberto Sordi” (Àncora Editrice, 2023)

Nell’anima di Alberto Sordi di Samuele Pinna, sacerdote ambrosiano appassionato della “Settima Arte”, è una biografia dell’attore romano, ma non nel senso tradizionale del termine. L’Autore, infatti, ha scelto di raccontare la vita privata e professionale di Albertone focalizzandosi su un aspetto in particolare: la manifestazione della sua Fede nonché la capacità di osservare e leggere la realtà circostante, divenendo attraverso i suoi personaggi che non sempre brillano per virtù e rettitudine, una sorta di “monito” per gli spettatori. Anche per questo don Samuele Pinna ha estratto solo determinati titoli dalla vastissima filmografia di Sordi: da Il medico della mutua (1968) a La bella di Roma (1955) passando per Nell’anno del Signore (1969) e  nell’episodio Il prete nel film Contestazione generale (episodio (1970). Negli ultimi due film l’attore rappresenta la Chiesa: nel ruolo di un frate che tenta di redimere due miscredenti condannati a morte nella Roma papalina e di un sacerdote accusato di avere una relazione con una donna.

Così, attraverso i quattro capitoli che strutturano il volume e le importanti conversazioni con il cardinal Gianfranco Ravasi, Paola Comin, monsignor Dario Edoardo Viganò, Vittorio Possenti e il cardinal Angelo Comastri offrono non solo una visione più approfondita dell’anima e dell’Arte di Sordi ma anche numerosi e interessanti spunti di riflessione su valori assai importanti e su cui è necessario (tornare a) soffermarsi: la Fede, la Famiglia, la Chiesa, il rapporto tra la fede e la ragione, la carità. Tutti temi ed elementi assai presenti nella vita di Alberto Sordi sin dalla tenera età. Tutti valori che, grazie al suo talento, alla sua geniale e spesso cinica comicità, ha regalato e tracciato attraverso i suoi numerosi personaggi la storia di un italiano.

Sul libro

Àncora Editrice

Non essendo un esperto di cinema, ho voluto soprattutto raccontare la sua vita, tentando di mostrare – come nei miei libri su Bud Spencer e Terence Hill – il lato umano e mettendo a fuoco l’aspetto della fede cristiana. Una sorta di viaggio nell’anima. (…)

Samuele Pinna

Per celebrare il ventennale della scomparsa di Alberto Sordi (avvenuta il 24 febbraio 2003) la milanese Àncora Editrice ha pubblicato nella collana “Profili” il libro Nell’anima di Alberto Sordi scritto da Samuele Pinna e curato da Federica Favero che ne scrive anche la Postfazione. Samuele Pinna è un sacerdote ambrosiano grande appassionato di cinema e già autore di diversi volumi quali, ad esempio, Spaghetti con Gesù Cristo! La «teologia» di Bud Spencer e Il suo nome è Terence Hill Una vita da film (presenti anch’essi nel catalogo di Àncora Editrice) e grazie a questa sua ultima pubblicazione ci offre un punto di vista diverso proiettato sull’indimenticabile e indimenticato attore romano.

Samuele Pinna, “Nell’anima di Alberto Sordi” (Àncora Editrice, 2023)

L’Autore, infatti, attraverso i cinque capitoli che animano il volume e gli autorevoli interventi del cardinal Gianfranco Ravasi (Prefetto della Biblioteca Ambrosiana e Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura), Paola Comin (ufficio stampa dell’attore), monsignor Dario Edoardo Viganò (professore ordinario di Cinema presso l’Università Internazionale Uninettuno e docente presso il Master in Media Entertainment alla Luiss Business School), il filosofo Vittorio Possenti (Ordinario di Filosofia politica presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia) e il cardinal Angelo Comastri (Vicario Generale Emerito di Sua Santità per la Città del Vaticano) ci regala non una biografia tradizionale di Sordi ma la storia di una vita e di un percorso umano e artistico dove fede e arte divengono qualcosa di indissolubile. Don Samuele Pinna è proprio dalla fede, dall’anima – come ben suggerisce il titolo del libro – che parte per raccontarci la vita e la carriera (mirata a determinati titoli e incontri professionali) di un attore e di un fedele che servendosi dei suoi personaggi non solo ha fatto un ritratto reale – a volte severo e cinico, altre scanzonato e divertente – dell’italiano medio, ma si è trasformato in cartina tornasole della nostra società.

Samuele Pinna, “Nell’anima di Alberto Sordi” (Àncora Editrice, 2023)

Credo si possa affermare con una buona dose di certezza che sin dagli esordi, Sordi ha portato sulle tavole del palcoscenico del teatro di rivista prima, e nei set dei film dopo, non solo il suo talento, la sua comicità e anche il suo essere drammatico (non dimentichiamo che Sordi ha dato prova di grandi doti drammatiche in film come Tutti a casa che Luigi Comencini dirige nel 1960, Detenuto in attesa di giudizio diretto da Nanni Loy nel 1971 e Un borghese piccolo piccolo che Mario Monicelli realizza nel 1977, solo per citarne alcuni) il volto di un Paese. È stato il ragazzo della Roma popolare affascinato dall’America ma anche il medico che cerca di accaparrarsi quanti più pazienti per vivere alle spalle della mutua; è stato il marito fedifrago e il cinico venditore di armi perché finché c’è guerra c’è speranza; è stato un mancato e alquanto allegro vedovo ma anche un padre cui hanno ammazzato un figlio. Questo e tanto, tanto altro è stato Alberto Sordi. Proprio per questo l’operazione, se così vogliamo dire, messa in atto da don Samuele Pinna non solo è una carta vincente ma si è rivelata anche un testo di cui si aveva bisogno.

Samuele Pinna, “Nell’anima di Alberto Sordi” (Àncora Editrice, 2023)

Con Nell’anima di Alberto Sordi, infatti, sembra chiudersi un cerchio, avere quel tassello mancante che ci serviva per avere una visione d’insieme non solo dell’attore ma anche – e soprattutto – dell’uomo Alberto Sordi. Tale bisogno emerge dalla precisa e puntuale scrittura di don Samuele Pinna che si fa largo nella sterminata filmografia e negli innumerevoli eventi che hanno costellato e segnato la vita dell’attore restituendoci un ritratto umano, delicato, affettuoso di un gran signore. Nell’anima di Alberto Sordi, così, si trasforma in un concentrato di eventi tra loro ordinati e ben distinti che rivelano il percorso e l’evoluzione umana, intima e privata di un attore, ma di un uomo prima di tutto, che non ha mai perso il suo contatto con la religione, la Fede, la Chiesa, la Famiglia ben consapevole di quando fare un passo indietro e ritirarsi a contatto, a colloquio, potremmo dire con l’Assoluto.

Incontro con l’Autore

Don Samuele Pinna (Per gentile concessione di don Samuele Pinna)

Come è nato il progetto editoriale di Nell’anima di Alberto Sordi?

Dopo i miei due libri Spaghetti con Gesù Cristo! La «teologia» di Bud Spencer e Il suo nome è Terence Hill. Una vita da film, dedicati una tra le coppie più amate del cinema, l’Editrice Àncora mi ha chiesto se volessi occuparmi anche della figura di Alberto Sordi (1920-2003) per il ventennale della morte. Ho subito accettato, sia perché lusingato dalla proposta sia perché l’attore romano è uno di quei miti del cinema che attrae su di sé una naturale simpatia. Ho iniziato, così, a lavorare coadiuvato da Federica Favero che mi ha accompagnato nella stesura di questo libro, di cui è curatrice. Con grande gioia ho passato alcuni mesi a guardare per la prima volta o a rivedere i film dell’indimenticabile attore romano, e a leggere il più possibile su di lui o quanto lui stesso ha dichiarato in varie occasioni.

Perché ha deciso di dedicarsi in particolar modo al cinema?

Samuele Pinna, “Nell’anima di Alberto Sordi” (Àncora Editrice, 2023)

In realtà, ciò che mi interessa è l’“umano”, cosa sta dietro all’attore preso in esame: i valori, le scelte di vita, il pensiero. Oggi un personaggio famoso viene ascoltato come fosse un luminare anche in campi che non gli competono e si trova a essere sovraesposto con la sua complicità o suo malgrado. Ho immaginato, allora, che anche un personaggio pubblico potesse insegnare qualcosa di buono, ma non nella finzione o nel dire cose per cui non sempre ha una vera preparazione. In fondo, mi pare di aver seguito il detto di Gesù di essere più scaltri dei figli delle tenebre: siccome i vip sono idolatrati ho cercato di mostrare persone di valore non solo davanti alla macchina da presa, ma anche nella vita reale di tutti i giorni. Inoltre, siccome una persona di successo è molto seguita, ho voluto cercarne alcune che, a mio modesto avviso, avessero qualcosa di interessante da dire. Potrei aggiungere che finora mi pare di essere stato fortunato a trovare personaggi davvero grandi non solo sul set.

Dall’idea alla stesura: qual è stata la parte più complessa da riportare “su carta”?

Samuele Pinna, “Nell’anima di Alberto Sordi” (Àncora Editrice, 2023)

Ho dovuto leggere molto e vedere molti film per assorbire il personaggio, per capire chi poteva essere nel quotidiano Alberto Sordi. Ho cercato e avuto in dono testimonianze da chi l’ha conosciuto da vicino. La parte più difficile è stata mantener fede all’intenzione iniziale: non volevo fare una semplice biografia (ce ne sono molte e ben fatte!), ma qualcosa di originale, cioè cercare di comprendere, per quanto possibile, l’anima di questo popolare artista. Più approfondivo e più mi accorgevo della bellezza che ogni persona, se non la sotterra, porta con sé e che lo stesso Alberto Sordi emanava: «Una persona di grande intelligenza – mi ha raccontato Paola Comin, sua ultima e stretta collaboratrice –, ma con gusti semplici e con una forte comunicativa». Spero di essere risuscito nell’intento!

In che modo ha organizzato le sue ricerche, i suoi studi per ricomporre la vita – pubblica e privata – di Alberto Sordi?

Come dicevo poc’anzi, ho cercato di reperire più materiale possibile sia tra quanto lasciato da Alberto Sordi in libri e interviste sia tra approfondimenti e studi fatti su di lui. L’ho poi organizzato in quattro capitoli, mettendo in luce le fasi più importanti della sua vita: le origini e la famiglia, la ricerca del successo nel lavoro, il boom della popolarità vissuta con correttezza e con una non piccola dose di umiltà, la fede cattolica che ha plasmato le sue scelte di vita.

Nella realizzazione del suo libro quale aspetto l’ha più colpita dell’Albertone nazionale?

Sono molti: mi ha anzitutto colpito la sua iperprofessionalità, il suo lavoro vissuto come vocazione, il suo rispetto per il pubblico, la sua capacità di saper leggere la realtà intorno a sé, a volte persino – qui c’è tanta grandezza! – anticipando eventi che da lì a poco sarebbero accaduti, e la sua fede incrollabile in Dio e nella Chiesa. Ciò, però, non l’ha reso affetto da partigianeria, perché era un uomo libero e ha mosso le sue critiche a chiunque, anche verso chi la vedeva come lui e si diceva credente. La distinzione era, comunque, per lui chiara: la Chiesa è madre e maestra – come dichiarò nell’omonima enciclica Giovanni XXIII, papa da lui conosciuto personalmente e stimato –, ma i preti e i laici sono fallibili. Se si vuole un accostamento “alto”, è quando fa Dante nella Divina Commedia, non facendo sconti né agli ecclesiastici né ai laici, ma evitando di proferire una sola parola che possa attribuire qualcosa di disonorevole alla Chiesa.

Quali aspetti dell’attore romano vengono raccontati e rivelati nel suo saggio?

Samuele Pinna, “Nell’anima di Alberto Sordi” (Àncora Editrice, 2023)

Oltre ai fatti più importanti della sua vita, mi sono soffermato su un lato più intimo, più umano, una sorta di viaggio nell’anima di Alberto Sordi. Non ho proposto, quindi, una semplice biografia, ma – come si accennava – un itinerario mediante la storia di una vita, quella di un italiano che con i suoi film ha ben descritto anche quella del nostro Paese. Ciò ha permesso anche qualche scavo, cercando di riflettere su quanto Sordi ha dichiarato e i suoi film hanno voluto dire in un messaggio consegnato al pubblico. Se non è stato possibile passare in rassegna tutti i lungometraggi, tuttavia mi sono soffermato su quelli più cari e più citati dallo stesso attore romano. Inizialmente Sordi ha fatto di tutto (anche lavorare praticamente gratis) per poter “sfondare”, mettendosi in gioco, capendo i suoi limiti e obbligandosi a migliorare. Una volta raggiunto il successo – in quell’epoca è arrivato a girare molti film all’anno, anche più di dieci! – non si è seduto, ma da “impiegato del cinema”, come si definiva, ha osservato il mondo intorno a lui e l’ha messo in scena. Mi ripeto: mi ha colpito la sua capacità di intravvedere le mode e raccontarle sul grande schermo prima che prendessero piede. Last but not least, la fede cattolica vissuta con integrità e senza vergogna o senso d’inferiorità. Del resto, la fede è stata una cosa seria per lui, tanto che è stato definito – sono parole di Carlo Verdone – «un ayatollàh cattolico». L’educazione ricevuta fin dai primi anni di vita non è stata mai rinnegata, neppure in seguito. Quello che aveva assimilato con il catechismo ha sempre cercato di metterlo in pratica giorno per giorno. E da allora – ha confidato – non ha mai provato il minimo ripensamento: «Vado a Messa, mi confesso, prego ogni giorno, credo nei dogmi e non li discuto. È bello credere, e non si crede facendo tanti ragionamenti: io sono cristiano, la vita mi ha sempre più convinto che il cristianesimo è vero».

Samuele Pinna, “Nell’anima di Alberto Sordi” (Àncora Editrice, 2023)

Secondo lei, come sacerdote e come scrittore, il cinema quanto può avvicinarsi alla religione? E in quale modo è possibile creare un dialogo fluido, inclusivo e continuo nel tempo?

Il cinema può avvicinarsi alla religione mostrando sul grande schermo soggetti religiosi: questo fatto, però, lo relegherebbe in un ruolo settoriale (sebbene mi pare abbiano avuto un discreto successo i film e le fiction sui Santi o sulla vita di Gesù Cristo). Sono persuaso, quindi, che il compito di un cinema che voglia avvicinarsi alla religione sia quello di produrre una narrazione che non presti per forza in ossequio al pensiero dominante. Potremmo pure dire che debba porsi in alternativa a questo, mostrando cioè i valori che fanno ancora parte della nostra società e che sono taciuti. Il cinema, infatti, è un potente mezzo che può essere usato per mandare messaggi e purtroppo questi non sono sempre positivi. Mai come nel nostro tempo ha un potere, un fascino e una diffusione incredibili. Tuttavia, quando un’opera artistica non nasce soltanto da uno spirito libero e geniale, ma si piega a logiche differenti e alle mode dominanti, rischia di essere svilita. Non solo, il mondo della celluloide produce molti guadagni e, come ogni realtà che vive di commercio, può essere degradata fino alla deriva del consumismo, sacrificando così il trascendentale del “bello” (che sempre richiama quello del “vero” e del “buono”). Lungi dal voler formulare dozzinali valutazioni, basti l’assennata critica di Alberto Sordi ai produttori, i quali sono tendenzialmente più attratti dai soldi che dai capolavori. Credo poi che oggi manchi più che il coraggio forse l’opportunità per fare del cinema davvero libero e di valore, capace cioè d’infischiarsene delle mode del momento e puntando a essere davvero la settima arte, com’era quello di Alberto Sordi che le mode passeggere (e quante ne ha raccontate!) le stigmatizzava con cinismo.

Il cinema non deve fare della religione, ma parlare dell’uomo in una forma altamente artistica, senza dimenticare che l’uomo è religioso per sua natura. Dovrebbe mostrare il bello, il buono, il vero della vita (anche, per paradosso, quando mostra il male) e in questo e dentro tutto questo in fondo parlerebbe già del progetto creatore di Dio, che lo sappia o meno. Se vogliamo un esempio vincente sul grande schermo (sebbene siano fiction e non lungometraggi), quantomeno per la longevità delle stagioni e l’accoglienza del pubblico, mi pare che Don Matteo, grazie anche alla performance di Terence Hill, o Che Dio ci aiuti riescano a consegnare profondi messaggi pur nella leggerezza delle trame. Oppure, per fare altri esempi, la saga di Don Camillo, che sembra essere senza tempo, o ancora i film di Bud Spencer e Terence Hill, che manifestano grandi valori (difesa del più debole, amicizia, aiuto al prossimo) pur nella semplicità.

Qual è il suo film preferito di Alberto Sordi?

È difficile rispondere a questa domanda: Un americano a Roma per la comicità, perché sono sempre più convinto che non solo la bellezza di dostoevskijana memoria o la gioia – come ha dichiarato Ermanno Olmi in occasione della consegna del David di Donatello alla carriera a Bud Spencer e Terence Hill –, ma anche l’umorismo salverà il mondo. Altri film come Il Medico della mutua o Il boom per l’arguzia nel vedere dove stava andando la società, ma anche Nestore, l’ultima corsa in cui si vede in controluce una triste nostalgia di fondo, che – come dice il cardinal Ravasi nell’intervista – «è propria di tutti i comici, quando sono grandi». Infine, le magistrali interpretazioni nelle pellicole La grande guerra, Nell’Anno del Signore, Il Marchese del Grillo,etc. Non saprei dare un’univoca risposta, è una domanda tanto difficile nella sua semplicità!

L’attore, secondo lei, cosa avrebbe potuto ancora dare, dare meglio o, ancora, in modo differente al suo pubblico?

Se si parla di Alberto Sordi sono convinto che nel nostro contesto avrebbe da sbizzarrirsi, non mancandogli di certo soggetti da mettere a copione. Era, però, conscio alla fine della sua carriera di come fosse sempre più difficile far ridere venendo meno il pudore e l’amor proprio delle persone, a meno di cadere nella volgarità e nella trivialità. Il rischio è quello di divenire cinici per davvero, ma sono altresì persuaso che Alberto Sordi avrebbe preso questo cinismo per rivoltarlo in comicità, così da aiutarci ancora a riflettere sulla nostra vita.

Samuele Pinna, “Nell’anima di Alberto Sordi” (Àncora Editrice, 2023)

Nell’anima di Alberto Sordi approfondisce l’aspetto più intimo dell’attore romano, quello più legato alla Fede. Secondo lei, il fatto di aver interpretato sul grande schermo sempre personaggi cinici, a tratti crudeli, e deboli nei vizi può essere considerato una sorta di paradosso? Una sorta di lezione, di morale che Alberto Sordi ha voluto elargire al suo pubblico tenendo fede al motto “quando se scherza bisogna esse’ seri”?

Sì, se Sordi non cede mai al moralismo, tuttavia è un osservatore attento della realtà per come gli si presenta. Lascia indubitabilmente un messaggio morale, cioè di comportamento, ma senza mai fare la “predica”. In definitiva, propone una via d’uscita al suo pubblico, suggerendo: “Attenzione se non vuoi fare la fine dei miei personaggi non comportarti in quel modo ed evita chi lo fa!”. Il fatto di aver interpretato sul grande schermo quasi sempre personaggi cinici, a tratti crudeli, e deboli nei vizi, pur nel paradosso, lo considero davvero geniale, sebbene sia stato a volte accusato di non dare il buon esempio. D’altronde, era conscio che un personaggio buono avrebbe annoiato e avrebbe limitato l’esplosione della sua comicità. Forse è un po’ troppo affermare che il personaggio-Sordi sia stato in filigrana una figura cristologica (anche se ci sono almeno due film importanti, La grande guerra e Il commissario, in cui Sordi s’immola per la salvezza altrui), ma – come ha precisato Alberto Anile – è «lecito ipotizzare che nei suoi personaggi, soprattutto quelli più sordidamente abbietti, l’attore si carichi consapevolmente sulle spalle una croce collettiva, distillando e cumulando, ruolo dopo ruolo, gli umori atri d’intere categorie, auspicando poi sempre per tutti, a peccato confessato, una possibile assoluzione».

Samuele Pinna, “Nell’anima di Alberto Sordi” (Àncora Editrice, 2023) – “Avvenire”, giovedì 23 febbraio 2023

Molto interessante nel suo libro è anche lo spazio che viene riservato alle riflessioni sulla Fede, la Famiglia, la Chiesa… grazie anche ai preziosi interventi del Cardinal Angelo Comastri, del filosofo Vittorio Possenti, del Cardinale Gianfranco Ravasi. Come è possibile trovare un punto d’incontro tra “sacro e profano”, tra la bellezza del Cinema e il sostegno della Fede?

Partendo non semplicemente dalla carriera d’attore e indagando sugli aspetti fondamentali della vita di Sordi ho voluto ampliare, quasi fosse una cassa di risonanza, alcuni elementi che mi ero ritrovato tra le mani. È stata la struttura del volume ad avermi suggerito gli approfondimenti da fare: sono partito, infatti, dalle origini familiari di Alberto e dal contesto in cui è nato e cresciuto (la sua Roma). L’esergo iniziale del capitolo è tratto dalle parole di san Giovanni Paolo II (che Sordi ha conosciuto personalmente e apprezzato) e quindi, giocoforza, ho conversato con il cardinal Gianfranco Ravasi, allora presidente del Pontificium Consilium de Cultura del Vaticano, che ha incontrato più volte l’attore. Il secondo capitolo riguarda, invece, i difficili e a tratti duri esordi: anche il popolare artista ha dovuto fare i conti con i fallimenti. Ho qui conversato con Paola Comin, che gli è stata molto vicina negli ultimi anni di vita e che mi ha raccontato aneddoti inediti. Il capitolo seguente si sofferma sul successo – un vero proprio boom dopo anni di gavetta – del “divo” romano, il quale l’ha vissuto con grande umiltà. Il dialogo in questo caso è stato con monsignor Dario Edoardo Viganò, tra i massimi esperti di cinema, perché sentivo l’esigenza di avere un parere tecnico. L’ultimo capitolo, infine, indaga intorno alla religiosità di Alberto Sordi e sul suo essere stato un cattolico praticante. Ho deciso di intervistare non un ecclesiastico o un teologo, ma di proposito un filosofo, Vittorio Possenti, interrogandolo su alcune questioni fondamentali per ogni uomo di qualsiasi tempo. Ho infine conversato con il cardinal Angelo Comastri sui temi della fede presenti in queste pagine e che hanno interessato da vicino Alberto Sordi: l’importanza di Dio e dei Santi, la famiglia come luogo di crescita, la figura di Karol Wojtyła, la devozione mariana, etc.

Samuele Pinna, “Nell’anima di Alberto Sordi” (Àncora Editrice, 2023)

Un punto d’incontro tra “sacro e profano”? L’uomo è dotato di ragione e di fede insieme, la fiducia è una caratteristica sociale inevitabile (Edith Stein ha scritto che il bambino ha fiducia nella madre che lo tiene in braccio e non è preoccupato minimante della possibilità che possa essere volutamente fatto cadere; a dire: la fede è inscritta in noi). Il punto di incontro tra la bellezza del Cinema e il sostegno della Fede si ottiene quando non si censura scientemente il lato della spiritualità presente in ogni creatura (anche in chi intenzionalmente vuole sopprimerlo) e quando si propongono delle grandi storie capaci di toccare le corde del cuore umano senza propinare ideologie di sorta.

Samuele Pinna, “Nell’anima di Alberto Sordi” (Àncora Editrice, 2023)

Lo scorso 24 febbraio si è celebrato il ventennale dalla scomparsa di Alberto Sordi. Oggi, secondo lei, cosa direbbe l’attore vedendo tutto questo caos, questa precarietà d’animo e di vita, questa insicurezza generale cui, nostro malgrado, ci troviamo a vivere?

Forse, come dicevo prima, avrebbe faticato a capire tante cose che per un uomo della sua epoca sarebbero risultate “storte” o “strampalate”. Lui è stato un uomo aperto e attento a tutte le innovazioni, pensiamo soltanto al film Io e Caterina (1980), dove propone una storia che chiama in causa la robotizzazione computeristica che prenderà sempre più piede nell’odierna società (almeno a livello del virtuale). Immagino, quindi, che si sarebbe sentito smarrito davanti alle stramberie del nostro tempo, alcune davvero incomprensibili perché prive di ragionevolezza, ma insieme avrebbe trovato l’ispirazione per rileggere in modo sarcastico le varie derive di oggi, prendendo in giro – probabilmente con cinismo – quei disvalori che oggi sono assurti addirittura a diritti di civiltà. Sono sicuro che non l’avrebbe fatto da moralizzatore, ma con una risata capace di lasciare profonde riflessioni. In questa scia, con tutti i distinguo del caso, vedo – l’intuizione è di Giancarlo Governi – Checco Zalone come un suo erede.

Samuele Pinna,
“Nell’anima di
Alberto Sordi”
(Àncora Editrice,
2023)

Quali sono i suoi prossimi progetti editoriali?

Ho appena concluso un libro sull’industriale milanese Marcello Candia, Servo di Dio e Venerabile per la sua vita eroica spesa per i poveri più poveri del brasile. Un’esistenza molto vicina alla nostra, perché non lontana nel tempo: muore, infatti, quarant’anni fa. Con coraggio, da ricco titolare d’impresa si fa povero per gli ultimi, continuando a fare il suo lavoro: prima guadagnava per sé, dopo per i suoi fratelli più sfortunati. Tutto dentro un senso di giustizia unito a una fede incrollabile di chi non vuole solo pontificare sulla miseria umana con altisonanti proclami, ma capisce che deve condividere fattivamente l’indigenza con le persone che il Signore gli ha fatto incontrare. Non un progetto umanitario, destinato al facile fallimento o quantomeno a finire (la sua opera invece prosegue ancor oggi grazie alla Fondazione Dottor Marcello Candia), ma una fede in Dio che si traduce concretamente in amore verso il prossimo, mettendo a disposizione i propri talenti. Sono molto legato a questo mio ultimo scritto, perché credo che la figura del dottor Candia possa davvero indicare un cammino spirituale di vera libertà, così come l’ha percorso questo santo imprenditore per conto di Dio.

 

 

 

 

 

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