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Letto per voi… “La felicità si racconta sempre male” di Gaudenzio Schillaci

La Rubrica online “Piazza Navona” torna a parlare di libri con l’opera prima dello scrittore siciliano Gaudenzio Schillaci dal titolo “La felicità si racconta sempre male” (Dialoghi). Un romanzo giallo dai personaggi oscuri e controversi ambientato in Sicilia . E non perdete l'”Incontro con l’Autore”!

Trama

Gaudenzio Schillaci, “La felicità si racconta sempre male” (Dialoghi Edizioni, 2020)

Catania, giugno 2017. In un vicolo del centro della città viene ritrovato il corpo di Gerardo Santiloro ucciso da tredici colpi di pistola. A indagare sull’accaduto saranno il commissario Davide Bovio e l’ispettore Bonanno i quali, arrivati sul luogo del delitto, trovano una particolare e singolare lettera di addio scritta e firmata dal Santiloro.

Pochi sono gli indizi. Da questa lettera partono le indagini che conducono all’Hotel Ungheria (dove l’uomo soggiornava), al bar Palomar e a Cristina Selleri, cameriera del locale. Nulla si sa di Gerardo Santiloro. Né della sua vita né del suo passato. Bovio e Bonnano per ricostruire quanto accaduto devono e possono fare affidamento solo sulle parole di Cristina Selleri che, per quanto breve e difficile, aveva stretto una relazione con Santiloro di cui si era innamorata. Le indagini brancolano nel buio, tra ombre, misteri, silenzi, verità nascoste e una profonda e taciuta sete di vendetta. Ma c’è molto di più. L’oscuro passato di Gerardo Santiloro va di pari passo con il carattere e la personalità altrettanto controversa e misteriosa del commissario Bonanno al limite tra la difesa dell’ordine e la legalità.

Sul libro

È trascorso quasi un anno (lo scorso 12 febbraio 2020) da quando Gaudenzio Schillaci – tra i membri del collettivoSicilia Niura e catanese di nascita trapiantato a Bologna, ha pubblicato con la Casa Editrice Dialoghi il suo primo romanzo, inserito nella Collana “Grida”, dal titolo La felicità si racconta sempre male.

Dialoghi Edizioni

Si tratta di un libro giallo dalle tinte assai forti e intense in cui l’Autore si è speso molto riversando anche molto di sé all’interno della vicenda. Ad esempio, le due città coinvolte nella storia, Catania e Bologna, ma anche i riferimenti letterari, musicali, cinematografici che si “incontrano” durante la lettura. Riguardo a questi ultimi impossibile non dire dell’”amicizia platonica” di Gerardo (Gerri) Santiloro con Woody Allen e non precisare che il titolo del libro è tratto da una battuta del celebre film Jules e Jim diretto dal Maestro del Cinema francese (e non solo) François Truffaut nel 1962.

La felicità si racconta sempre male è un romanzo giallo che si spinge molto oltre sino a scavare nell’animo e negli antri più segreti della psicologia dei suoi personaggi. Gerardo Santiloro è un uomo maturo,  Di un’età indefinibile, ma pur sempre sopra i cinquanta, solitario, taciturno, riservato, che, forse, un poco ricorda il Jep Gambardella de La grande bellezza di Paolo Sorrentino. Gerri è un uomo di poche parole che cesella solo quando crede sia il momento adatto, non spreca energie, fuma, osserva il mondo dal suo “acquario” mentale, dalla sua finestra personale assorbendolo e, allo stesso, tempo respingendolo.

Collana “Grida”

La giovane Cristina, invece, la cameriera del bar che si innamora di lui, è un fiume in piena di parole, di giovinezza, di istinto e di paure trovandosi in totale contrapposizione con l’uomo. Tra i due si inserisce la figura del commissario Bovio: una sintesi esplosiva degli altri due con l’aggiunta di una buona dose di potere, di arroganza e impertinenza. Il commissario Bovio è la legge e la sua negazione assumendo su di sé il senso più negativo dell’espressione “il braccio violento della legge”. Lo è davvero. Ha assunto e assume droghe, alcolizzato, volgare, approfitta della sua divisa e del suo potere per avere ciò che vuole, per umiliare e ricattare. Senza dubbio è il personaggio più sinistro e controverso della vicenda che fatica a conquistare la simpatia e la stima del Lettore.

Il collettivo “Sicilia Niura”

E nemmeno quando l’Autore ci porta a scoprire le profondità di questo animo così tormentoso e tormentato si riesce a trovare una giustificazione o una spiegazione a determinati atteggiamenti. Il commissario Bovio, infatti, fa tornare alla mente, ad esempio, l’immagine di quel poliziotto che, a Minneapolis, ha premuto il suo ginocchio sul collo del ragazzo afroamericano Floyd. Certo, forse il mio esempio è eccessivo ma l’effetto di questo poliziotto nato dalla fantasia di Gaudenzio Schillaci è “potente” in questo senso… E tutte le volgarità, le offese, le battute grevi che ripetutamente rivolge a chiunque (in alcuni tratti eccedendo e sfiorando il fastidio acuendo quel senso di antipatia) e la parte del romanzo in cui approfitta di una prostituta, per ottenerne favore e informazioni, per poi rimanere disgustato di se stesso, sono molto forti.

Gaudenzio Schillaci, “La felicità si racconta sempre male” (Dialoghi Edizioni, 2020)

L’Autore è certamente riuscito nel suo intento di creare un elemento narrativo stridente, disturbatore e, in un certo senso, “disturbato” di cui ogni movimento, ogni battuta porta con sé il rumore freddo di una lama. Il commissario Bovio così creato è certamente utile alla vicenda ma al Lettore resta il dubbio se tanto stridore da lui provocato a ogni suo agire e “parlare” avesse potuto essere calibrato diversamente.

Gaudenzio Schillaci dal canto suo è stato bravo nel creare questa contrapposizione e questa dicotomia anche verbale tra Gerri e il commissario Bovio e a rendere vera, palpabile, reale un’atmosfera così complessa e un animo così difficile da gestire. Che poi il Lettore accetti quest’ultimo e lo condivida è un’altra storia e appartiene alla propria soggettività.

Woody Allen “A proposito di niente” (La nave di Teseo, 2020) e “La felicità si racconta sempre male” di Gaudenzio Schillaci (Dialoghi, 2020)

Ad ogni modo proprio per la forza e la potenza di questi tre personaggi il romanzo La felicità si racconta sempre male non può essere considerato esclusivamente come “giallo”. È molto di più.

È una storia che pagina dopo pagina ci rivela segreti, misteri, pensieri taciuti, timori, animi incastrati su sé stessi regalandoci colpi di scena, rivelazioni e un finale che non ci aspetta. L’Autore ci prepara e ci indirizza in una direzione che poi, con grande abilità, smonta per crearcene un’altra ancor più intricata e misteriosa.

La felicità si racconta sempre male, così, grazie allo stile deciso, a tratti persino cinematografico, netto, tagliente e a un linguaggio senza filtri, esplicito, l’Autore si lancia senza alcun timore nella sua immaginazione e nella sua fantasia regalando al Lettore un primo romanzo puro proprio perché privo di ogni schermo. Inevitabilmente, ciò fa sì che se da una parte conquista, dall’altra rischia di sfociare nell’eccesso. Ma questo è solo il primo romanzo di Gaudenzio Schillaci e quanto che è riuscito a creare a livello narrativo, diegetico e psicologico con i suoi personaggi è segno di un talento e di una certa sensibilità stilistica.

Incontro con l’Autore

Lo scrittore Gaudenzio Schillaci

Quando e come ha scoperto il suo interesse per la scrittura?  

Sin da ragazzino ho subìto il fascino delle parole, di quella mistica chimica che si crea concatenandole l’una con l’altra fino a formare frasi che nascondono concetti che a loro volta nascondono idee, storie, mondi da raccontare, così mi sono interessato alle molteplici facce della narrazione, tra cui forse la più nobile è proprio la scrittura. Ho letto, tanto e con fame, e mi sono ritrovato a chiedermi se non fosse il caso di provarci in prima persona. La risposta che mi sono dato la trovate sul catalogo di Dialoghi Edizioni, su Amazon, Ibs, in tutte le librerie fisiche e on line e pure da qualche salumiere amico mio (pare che la lettura del romanzo si sposi bene con la mortadella e un bicchiere di Gewurztraminer bello ghiacciato freddo freddo).  

Come è nato il progetto editoriale di La felicità si racconta sempre male?  

Gaudenzio Schillaci, “La felicità si racconta sempre male” (Dialoghi Edizioni, 2020)

Da qualche amore sbagliato. Ho avuto l’imprudenza di amare ed essere amato tanto, nella mia vita, e ad un certo punto sentivo che certe sensazioni potevano venire raccontate da personaggi fittizi un po’ scombinati e sghembi, come sono anch’io nella vita di tutti i giorni. Così, mischiando il tutto con la mia passione per la letteratura e il cinema di genere, una sera di quasi quattro anni fa nella mia mente avvinazzata sono iniziati a comparire i primi tratti di quello che all’epoca non sapevo ancora sarebbe diventato il Commissario Davide Bovio, uomo determinato solo quando si tratta di ambire all’insignificanza, uomo tremante e pensoso quando si tratta di provare a diventare migliore. E questo è probabilmente l’unico tratto autobiografico all’interno del romanzo. La storia era piaciuta molto ad un editore ma poi l’accordò non andò in porto, così lo scorso anno, dopo aver decantato in un cassetto, il romanzo è finito negli uffici di Dialoghi.  

Lo scrittore Gaudenzio Schillaci

Come è avvenuta la scelta di questo titolo?

C’era una canzone che girava nell’aria, quando ho iniziato a pensare sul serio ad un canovaccio di trama da seguire prima di mettermi con le dita sulla tastiera, ed era Per causa d’amore di Mario Venuti e Patrizia Laquidara. La felicità si racconta sempre male è una frase di quel brano che mi era rimasta in testa perché l’avevo riconosciuta come una citazione di Jules et Jim di François Truffaut (film che, per inciso, rientra nella non breve lista dei miei preferiti), così l’ho masticata a lungo fino a quando ho deciso che non avrebbe potuto esserci titolo migliore, per questa mia prima avventura negli scaffali delle librerie.  

Qual è stata la difficoltà maggiore che ha riscontrato nella fase di stesura del suo romanzo?  

Mantenermi sobrio, ma è un discorso che vale per tutta la mia quotidianità, non soltanto per la stesura del romanzo, se devo essere sincero (in realtà sto scherzando, ci tengo a dire che sono uno dei pochi scrittori astemi, specie perché mia madre potrebbe leggere. Ciao Mamma, sta’ tranquilla, faccio il bravo). Entrando più nello specifico e tornando seri, cercare di dare eterogeneità ai mutamenti importanti che caratterizzano il percorso di uno dei protagonisti (non vi dirò quale, sono un sadico) è l’aspetto a cui ho prestato maggiore attenzione, e che mi è costato quindi più lavoro. Ma era per me un aspetto fondamentale dell’opera, a cui non potevo rinunciare per colpa della mia proverbiale pigrizia.  

Gaudenzio Schillaci, “La felicità si racconta sempre male” (Dialoghi Edizioni, 2020)

Perché ha scelto di indirizzarsi verso il romanzo giallo?  

A dire il vero non reputo il mio romanzo strettamente giallo: certo c’è un mistero da risolvere, ma ho cercato di concentrarmi su altri aspetti dei personaggi, sviscerandone dolori e miserie, piuttosto che seguire gli stilemi del giallo. Io, a dirla tutta, lo definisco un vero e proprio romanzo d’amore: la critica lo ha accolto come un noir metropolitano, i miei amici parlano di “romanzo gaudenziano”, su Amazon sta inspiegabilmente nella classifica “Procedural”, infine alcune mie ex lo usano come funzionale fermaporte. Chissà chi ha ragione.  

Come sono nate la figura del controverso commissario Bovio e quella dell’enigmatico Gerardo Santiloro?  

Volevo che il mio protagonista fosse un uomo difficile da amare o addirittura fastidioso, non tanto perché, come spesso accade nella letteratura di genere, avesse passato chissà quali traumi o chissà quali disturbanti avventure nel suo passato, ma per il semplice piacere di raccontare la storia di un uomo con poche qualità e tutte ben nascoste. Ho poggiato il mio sguardo sul suo linguaggio che muta come muta il suo atteggiamento nei confronti di quello che gli gira attorno, cercando di dargli registri differenti e tutti molto marcati, e in contrasto con questa sua caratteristica ho pensato al personaggio di Gerri Santiloro, che di registro ne ha solo uno ma i contrasti che ne animano le azioni vivono tutti nel suo passato. Considero loro due, ma anche la protagonista femminile, Cristina, complementari, come fossero tre facce di una stessa medaglia. Una medaglia strana, dove si è mai vista una medaglia con tre facce?  

Gaudenzio Schillaci, “La felicità si racconta sempre male” (Dialoghi Edizioni, 2020)

All’interno della storia la musica italiana è molto presente. Soprattutto quella neomelodica. A cosa si deve questa scelta?  

Nell’ultimo decennio le periferie delle nostre città sono diventate terreno fertile per il prosperare della cosiddetta cultura urban, andando a confondersi e a sostituirsi a quello che, in particolare al Sud, cantanti neomelodici come Gianni Celeste o Gianni Vezzosi e prima ancora di loro Nino D’Angelo rappresentavano. Di pari passo coi murales e le sneakers sono arrivate le rime, fenomeni musicali come i Co’Sang o Ghali o Noyz Narcos o, per restare all’interno del microcosmo catanese, L’Elfo sono riusciti ad arrivare nelle classifiche nazionali partendo dalla piazzetta sotto casa. Questo mutamento ha cambiato la geografia, la lingua, l’estetica e persino l’architettura delle periferie, sono diventate molto più eterogenee. Ѐ stato un processo evolutivo singolare che ha reso simili spazi lontani come Quartoggiaro a Milano, il Pilastro a Bologna, Scampia a Napoli, Librino a Catania, lasciando che si perdesse una porzione della loro identità in cambio di un immaginario comune in cui potersi riconoscere. Ovunque si possono incontrare ragazzi con la felpa Propaganda, lo snapback degli Yankees o la tuta della Givova.

Lo scrittore Gaudenzio Schillaci

Sentivo il bisogno di raccontare uno spaccato metropolitano che poi è lo stesso che ho visto nascere e in cui sono cresciuto, perché volevo restare fedele a quello che la strada racconta. Questo processo di spersonalizzazione mi incuriosisce e al tempo stesso mi turba, e credo che alla fine dei giochi saranno solo gli artisti che hanno realmente qualcosa da raccontare quelli che riusciranno a sopravvivere, ma al di là delle mie opinioni resta quello che sta accadendo nelle nostre periferie e che andava, dal mio punto di vista, messo su carta. La fedeltà alla strada, mi ripeto, era fondamentale in questa storia perché è da lì, dalle Peroni stappate sulla panchina, che vengo, ed era quello il mondo che volevo raccontare. Dalla strada per la strada.  

La vicenda di La felicità si racconta sempre male si svolge a Catania, la sua città. Le sue origini, l’amore per la sua terra e le sue storie, i suoi miti in che modo le sono state di aiuto nella realizzazione del suo libro?

Ho cercato di allontanarmi dai miei modelli quanto più possibile. Di Sciascia, tra gli autori siciliani a me più cari, ce n’è già stato uno così come uno solo è stato Pippo Fava, che nel pantheon dei miei eroi trova posto tra i gradini più alti. Non avrebbe avuto senso scrivere qualcosa in cui non avrei potuto riconoscermi del tutto, piuttosto ho tentato di creare qualcosa che nella mia testa fosse al cento per cento mio, assimilando la lezione dei miei illustrissimi predecessori e rielaborandola mettendoci dentro tutto quello che mi somigliasse di più.  

Gaudenzio Schillaci, “La felicità si racconta sempre male” (Dialoghi Edizioni, 2020)

Quali sono gli Autori e i libri che hanno contribuito a formare il suo essere “autore” e “scrittore”?

La critica si è divisa in due: da una parte chi mi considera il Michel Houellebecq nero, dall’altra chi mi considera il Federico Moccia bianco. Battute a parte, Houellebecq è certamente tra gli autori che mi hanno influenzato di più, poco dopo direi Irvine Welsh e Eduard Limonov, ma devo anche ammettere che farei un torto se non citassi Fulvio Abbate, Giorgio Scerbanenco, Jean-Claude Izzo o Andrea Pinketts, e sto già facendo un torto non citandone molti altri. Tutti autori che sembrano non azzeccarci nulla l’uno con l’altro, lo so, ma a me piacciono le dissonanze, le cose che stridono tra di loro.  

Da appassionato scrittore: quale libro giallo avrebbe voluto scrivere?

Non saprei rispondere, cerco di non coltivare particolari invidie. Tra i grandi classici (o, almeno, quelli che io considero grandi classici) credo che chiunque ami il genere non possa non aver mai letto I milanesi ammazzano al sabato di Scerbanenco e più in generale tutta la quadrilogia con protagonista Duca Lamberti; tra gli ultimi che ho letto, invece, mi ha particolarmente colpito La tana del polpo di Giorgio Lupo, pubblicato da Augh! Edizioni. Ma non avrei voluto scriverli io, ogni romanzo ha una sua storia personale e mi piace dare il giusto merito a chi se lo è guadagnato.

Gaudenzio Schillaci, “La felicità si racconta sempre male” (Dialoghi Edizioni, 2020)

Quali sono i suoi prossimi impegni editoriali?

Come farebbero quelli bravi bravi, ho una strettissima cerchia di persone fidate che hanno il compito di leggere le mie prime stesure e credo sia arrivato il momento di annunciare urbi et orbi che su una scrivania di Misterbianco, paesino in provincia di Catania, ci stanno circa 180 pagine che vedono nuovamente protagonista il Commissario Bovio. Il percorso per la sua pubblicazione è ancora lungo ed è un percorso ad ostacoli dove io sono il primo degli ostacoli, ma intanto i primi vagiti qualcuno li ha già sentiti. Poi, facendo un breve elenco, sto valutando alcune offerte per un altro romanzo, ambientato a Bologna, città dove vivo da qualche anno, probabilmente persino più duro di quanto non possa risultare La felicità si racconta sempre male (stando a quanto dice la cerchia di cui sopra), stiamo ragionando con il mio fraterno amico Alberto Minnella (piccolo off topic: se non avete letto mai niente di Alberto non perdete tempo, abbandonate il vostro posto di lavoro, la vostra auto in doppia fila, i vostri figli al campo di calcetto, dite a vostra moglie che andate a comprare le sigarette e correte in libreria, che ne varrà la pena) sulla fine da far fare ad un romanzo scritto a quattro mani qualche anno addietro e rimasto inedito, sto rileggendo la prima stesura di un mio ulteriore romanzo ancora ambientato a Bologna…

Sicilia Niura

e in questo caravanserraglio che è il mio PC trova albergo anche una cartella intitolata Sicilia Niura, come l’omonima collana editoriale di Algra Editore che ho il piacere di dirigere insieme ai miei compari di bevute, di mangiate, di letture e di vita che sono il già citato Alberto Minnella, Sebastiano Ambra e Rosario Russo, amici con cui, in tempi pre-pandemici, abbiamo fondato il collettivo di scrittura Sicilia Niura, con cui ci siamo assunti l’onere di cercare di raccontare storie noir di ambientazione sicula e che ha visto la sua prima uscita giusto poche settimane fa, Effetti collaterali, una raccolta di racconti scritta da Rosario Russo.
Insomma, faccio di tutto per non annoiarmi in tutto quel tempo libero che mi resta tra una birra e l’altra, e devo ammettere che di annoiarmi proprio non mi riesce.  

 

 

 

 

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