La Rubrica online “Piazza Navona” ha letto per voi Il professore (Alcheringa Edizioni), l’ultimo romanzo di Marcello Nucciarelli. Un uomo enigmatico, una misteriosa scomparsa e un passato che ritorna si muovono attorno al Bar Centrale di Pratogrande. E non perdete l’Incontro con l’Autore!
La trama
Bar Centrale di Pratogrande, zona – più o meno immaginata – in provincia di Cesena. Da qualche tempo questo tranquillo ritrovo di paese viene quotidianamente frequentato da un uomo di circa cinquant’anni, affetto da una lieve zoppia, baffetti sale e pepe, fumatore di pipa e giocatore di scacchi in solitaria. Ben presto l’uomo si trasforma in una presenza rassicurante del piccolo bar e meritoria di grande rispetto. Uomo di cultura e di intelletto dotato della prodigiosa capacità di ritrovare oggetti e animali perduti. È il professore! Una personalità curiosa che conosce bene il valore delle parole e, ancor di più, quella del silenzio. La vita a Pratogrande sembra scorrere tranquilla. Almeno fino a quando Tommaso, un giovane e brillante sedicenne, non si insospettisce dalla strana scomparsa della sua amica e innamorata Tina e si decide a chiedere aiuto al professore. Quest’ultimo accetta di aiutare il ragazzo senza rendersi conto di mettere a repentaglio la propria vita e di far (ri)emergere ferite e schegge di vita di un passato – forse – non così lontano.
Sul libro
Nel maggio 2023 Alcheringa Edizioni pubblica nella Collana “Gli occhi di tigre” l’ultima fatica letterario dello scrittore ed ex librario Marcello Nucciarelli. Un romanzo breve (conta poco più di centotrenta pagine) in cui l’Autore tratteggia caratteri e personaggi all’interno di una storia che si “stringe” sempre più fino ad arrivare al suo cuore, o meglio, a quel pacifico occhio del ciclone dove tutto è (sembra) quiete.
Il protagonista è Vittorio che tutti i clienti abituale del Bar Centrale di Pratogrande chiamano con rispetto e affetto il professore. È un uomo di circa cinquant’anni, taciturno, grande osservatore, sempre pronto ad avere una soluzione o un’opinione su tutto, curioso come tutte le persone attente desta altrettanta curiosità nella gente del posto per le sue abitudini.
Gioca a scacchi da solo analizzando mosse e contromosse un possibile avversario e, quindi, la sua psicologia, fuma la pipa, legge il giornale, sempre attento pur con la sua taciturna presenza. Molti si rivolgono a lui per la sua particolare e invidiabile qualità di saper ritrovare cose, oggetti e animali smarriti. Per questo il giovane Tommaso si rivolge a lui: Tina, la compagna di scuola di cui è innamorato sembra essere scomparsa nel nulla da un momento all’altro. Il ragazzo è sicuro che sia accaduto qualcosa di grave e preoccupante. Vittorio offre il suo aiuto e tra lui e il giovane, pian piano, viene a crearsi un profondo rapporto di amicizia. Legame che diviene ancor più stretto a causa dei problemi familiari che Tommaso deve affrontare costringendolo a farsi grande prima del tempo. Il professore si espone fin quando oltre alla verità sulla ragazza emergerà anche quella sul suo conto utile a spiegare il suo atteggiamento e il comportamento così singolari.
Marcello Nucciarelli è stato assai bravo a condensare nel suo libro tanti personaggi (oltre a quelli citati) e le relative storie: dal barista Daniel a Sauro l’elettricista. Il nostro Autore ha saputo ricostruire la bellezza di quelle piccole realtà dove il Bar Centrale è l’istituzione, il quartier generale, il luogo dove ci si riunisce per giocare a carte, vedere una partita di calcio o spettegolare (anche tra uomini) degli ultimi fatti del paese. Dalle pagine di questo romanzo si sente il profumo di quella umanità semplice (la più bella!) e reale che, purtroppo, nelle grandi città non esiste più. Altro merito dell’Autore è quello di aver costruito un romanzo breve ma dall’andamento preciso, ben cadenzato e ben ritmato. Dopo aver letto le prime pagine de Il professore il Lettore si crea una propria idea della situazione, idea che verrà del tutto scompaginata con avvenimenti che non ci si aspetterebbe pur con un finale da manuale.
C’è da dire che in libri come Il professore conta più l’atmosfera che non la storia in sé. Ma non perché non interessante, mal costruita o altro. Ciò che colpisce è l’ambiente, quella umanità che si fa il più grande spettacolo del mondo, l’uso del dialetto, il profumo di quel microcosmo che da queste pagine (magia della scrittura e della lettura) traspaiono. Di questo si deve ringraziare Marcello Nucciarelli. Di questo ma anche della sua pluridecennale vita da libraio da cui sicuramente molto proviene questa delicata e meravigliosa umanità. Autentica oltre ogni storia. Quindi, universali.
Incontro con l’Autore
Come è avvenuto il suo primo incontro con la scrittura?
Risale ai tempi del liceo: scrissi qualche raccontino, che ho ritrovato pochi mesi fa aprendo un cassetto in casa di mia madre. Acerbi e ingenui, ovviamente; mi hanno fatto sorridere.
Lei è stato libraio per trent’anni. Non c’è che dire: la sua è una vita trascorsa tra i libri, dedicata ai libri. Quando ha sentito il bisogno di scrivere qualcosa di suo? Come è stato questo passaggio da libraio a scrittore?
È accaduto a ottobre 2008; finita la lunga stagione estiva nella libreria di Cattolica sono partito per le vacanze in Olanda, come sempre. Mi era venuta l’idea di abbinare l’amore per la narrativa poliziesca a quello per Amsterdam e avevo già in mente la scaletta del romanzo; scattai un gran numero di foto dei luoghi dove intendevo ambientarlo e al ritorno a casa iniziai a scrivere i primi due capitoli. Nonostante la mia esperienza, non riuscivo però a capire se quelle pagine avrebbero potuto attirare l’interesse di qualche lettore, così decisi di spedire quei primi due capitoli a tre amici appassionati del genere e che sapevo mi avrebbero dato un parere spassionato. Ricevetti tre inviti a proseguire e così è iniziata la mia “carriera” di scrittore.
Parlando ancora della sua professione di libraio: questa figura quasi mitica e romantica… è un mito da sfatare? Qual è la realtà dei fatti?
Molti frequentatori delle librerie sono portati a pensare che il libraio passi le giornate a raccomandare libri ai clienti e a leggere qua e là tra gli scaffali nei tempi morti. In realtà il libraio trascorre gran parte del tempo a spacchettare i colli in arrivo e a preparare le rese degli invenduti, perché ogni giorno in libreria entrano ed escono pacchi di libri. Ci sono poi le prenotazioni delle novità da fare con gli agenti (io ne avevo una quarantina che mi visitavano con cadenza regolare) che occupano un’altra fetta importante di tempo. Con tutto ciò, per me è la professione più bella del mondo: sfogliare le novità fresche di stampa, odorare la carta, studiare la collocazione in vetrina e sui banchi sono attività che ripagano ampiamente delle “scocciature”.
Come è nato il progetto editoriale de Il professore?
È figlio del Covid: avevo in mente la trama della quinta inchiesta di Gretije, ma non potevo recarmi sul posto, così ho deciso di dedicarmi a un mondo più vicino e “a portata di mano”.
Da dove ha tratto l’ispirazione per il professore, l’enigmatico e interessante protagonista del suo romanzo?
È frutto della mia fantasia, anche se come sempre c’è qualcosa di me: sono un fumatore di pipa e un discreto giocatore di scacchi.
Qual è stato il personaggio o il tratto del suo romanzo più difficile da tradurre da idea a parola? E perché?
Sarò sincero, a costo di peccare di immodestia: mi è venuto tutto piuttosto naturale. Ho frequentato i bar della Romagna per tanti anni, quindi racconto in gran parte cose che ho visto con i miei occhi.
Ne Il professore si presta particolare attenzione al dialetto di Forlì, città in cui vive. Quale legame ha con questa città?
È un paesone, in cui si vive bene tuttora. Vi risiedo dal 1967, anche se ho passato lunghi periodi lontano, e mi ci trovo davvero bene.
Ne Il professore compare anche l’ispettrice di polizia Gretije de Witt già protagonista di altri suoi libri come Il segreto di Groningen, Il killer dei camerieri, La pista portoghese e Un’ inchiesta sordida. A cosa è dovuta questa particolare scelta?
Perché ci sono particolarmente affezionato. Rivelerò un piccolo segreto: la nascita di questa serie poliziesca è ispirata non a lei, ma al suo compagno. Martin rappresenta tutto ciò che avrei voluto essere: è alto, biondo, bello, in possesso tanto della cultura italiana che di quella olandese e vive nella città più bella del mondo. Solo che ha ventitré anni all’epoca del primo romanzo e non poteva certo impersonare un ispettore di polizia; da qui la scelta di affiancargli una compagna di sedici anni più grande. Il personaggio di Gretije è stato costruito interamente a tavolino e all’epoca non erano molti gli scrittori uomini che sceglievano una protagonista femminile. Nel corso degli anni parecchie lettrici mi hanno fatto i complimenti per essermi riuscito a calare nella psicologia femminile e questo ha incrementato il mio amore per lei.
Perché ha scelto di dedicarsi alla scrittura di romanzi gialli? Cosa la affascina di questo stile e di questo genere di scrittura e di racconto?
La risoluzione di un enigma e la complessità psicologica dei personaggi. Sotto l’etichetta di “giallo” vanno generi diversissimi; io non amo quella narrativa d’azione in cui dietro a ogni porta che si apre c’è un cadavere o un assassino pronto a colpire, ma prediligo il giallo psicologico.
Quali sono gli autori e le opere che hanno formato e influenzato la sua scrittura e il suo “essere lettore”?
Simenon prima di tutti. Mio padre mi regalò il primo “Maigret” quando avevo otto anni e me ne innamorai subito. In anni più recenti sono stato affascinato dalla narrativa nordica: Mankell in particolare, e poi Nesser, Indriðason, Costin Wagner, Edwardson…
Qual è il libro – non per forza giallo – che avrebbe tanto voluto scrivere? E perché?
Il nome della rosa, perché può essere letto sia come un giallo sia come un romanzo storico. Lo lessi la prima volta in tre giorni, concentrato sull’inchiesta di Guglielmo da Baskerville; in seguito l’ho riletto più lentamente con particolare attenzione ai fatti della storia e della filosofia medievale. Un capolavoro assoluto, per me.
Quali sono i suoi prossimi progetti editoriali?
La quinta inchiesta di Gretije, quella lasciata a mezzo per il Covid (a settembre dell’anno scorso sono finalmente riuscito a tornare ad Amsterdam e a fotografare tutti i luoghi dov’è ambientato), sono circa a due terzi e dovrebbe essere pronto per la prossima estate. Poi ho un altro paio di progetti, ma ancora a livello embrionale.