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I vincitori del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” 2020: “Anatomia del vuoto” di Marco Onofrio

La Rubrica online “Piazza Navona” è lieta e orgogliosa di presentarvi i vincitori del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” Edizione 2020: Marco Onofrio e la sua silloge “Anatomia del vuoto” (La vita felice).

La trama

Marco Onofrio, “Anatomia del vuoto” (La vita felice, 2019)

Anatomia del vuoto è la silloge del poeta Marco Onofrio in cui, con profonda capacità di introspezione, di osservazione nonché con una spiccata sensibilità e una certa purezza d’animo, l’Autore indaga il senso più intimo ed intimo del vuoto. Un vuoto che i versi del poeta declinano a diversi e molteplici significati divenendo un pieno di significati, di emozioni, di sentimenti. Cinquantatré componimenti che narrano, descrivono e ritraggono quella zona d’ombra che arricchisce e caratterizza le vite di ognuno di noi affidando al Lettore, autonomo e consapevole, di attribuirgli i colori e i significati a lui più consoni e adatti.

Sul libro

Nell’ottobre 2019 la Casa Editrice milanese La Vita Felice pubblica la silloge Anatomia del vuoto di Marco Onofrio introdotta dalla Prefazione del giornalista e scrittore Gianni Maritati e classificatasi al terzo posto nella sezione “Poesia” al Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” Edizione 2020.

La Vita Felice

Come ben suggerisce già il titolo dell’opera Marco Onofrio, grazie alla sua indiscussa sensibilità e capacità di tradurre in parole e concetti comprensibili al più vasto pubblico di lettori, emozioni, sensazioni e sentimenti compie un vero e proprio trattato di anatomia – se non un ideale esame autoptico – sul corpo del vuoto rendendolo vivo, luminoso, brillante restituendogli la propria multi sfaccettata identità. E come scrive il Maritati nella sua Prefazione questi sono miracoli che solo la poesia può fare. Merito del poeta, come scrive ancora Gianni Maritati, dotato di una facoltà non comune: scava nel vuoto mentre lo riempie di senso, volti, esperienze, storie. Il poeta riscatta il vuoto dal suo nulla e lo riempie di domande, anche assillanti, dilanianti, ultimative.

Marco Onofrio, “Anatomia del vuoto” (La vita felice, 2019)

Ed è così che Marco Onofrio disseziona, con lucidità e la sensibilità di un esperto chirurgo di anime, tale complesso concetto. Ed è ancora da qui, forse, anche il “richiamo” al concetto di vuoto e, quindi, anche di pieno che Pirandello ben descrive in uno dei celebri monologhi de Il giuoco delle parti dove, però, la fredda razionalità del Leone Gala non lascia spazio – o, al contrario, ne è completa espressione – all’emozione. Ecco, proprio in tutto questo sta la forza e il senso di Anatomia del vuoto: non tanto nella ricerca di un senso ma nella sua libera espressione, nella sua contraddizione, nel suo semplice essere ed esistere sic et simpliciter. Così facendo, nella silloge tale concetto veste i panni della malinconia, dell’oscurità più totale, della speranza più viva e feconda, della solitudine cercata o subita, della (ri)nascita e del bisogno di credere in qualcosa o qualcuno. Non ha una visione pessimistica del vuoto, Marco Onofrio. Al contrario, ne fa un punto di forza del (suo) sapere essere ed esistere dandogli quasi le fattezze di una fucina, di un laboratorio artigianale e umano attraverso il quale creare e costruire la propria identità e mantenere quella piccola grande oasi che appartiene a ciascuno di noi e a cui non permettiamo a nessuno di entrare e contaminare. Ognuno ha il suo vuoto da coltivare e, quindi, il suo pieno da crescere.

Marco Onofrio, “Anatomia del vuoto” (La Vita Felice, 2019)

È un messaggio positivo che ci lasciano i versi di Marco Onofrio, colmi di speranza, di consapevolezza, di un certo ottimismo con il riscatto del vuoto attraverso un incontro, una persona, un affetto, l’Amore. Ciò significa che anche la solitudine può essere condivisa e far unire liberando sé stessi e gli altri di un peso del vuoto troppo importante da sopportare. Un vuoto che può diventare fonte di vita e di nascita di sé e dell’Altro. Non è un caso che nella poesia che dà il titolo alla silloge l’Onofrio scrive:

…Pur di sapere – deve ad ogni costo
conoscere il destino che gli è imposto –
esplora l’anatomia del vuoto
dove si forme ogni cosa
nella trasmutazione eterna del pianeta,
e il corpo invisibile del tempo
la soglia del concavo e convesso
le nervature infinitesime
del suono (…)
finché capisce che il vuoto del mondo
è il suo vuoto – aveva ragione la Sfinge. (…)

Marco Onofrio, “Anatomia del vuoto” (La Vita Felice, 2019)

Così, Anatomia del vuoto diviene una vera e propria medicina per l’animo che, nel suo vuoto brama il proprio disordinato equilibrio pur restando

un relitto in mezzo al mare
di un infinito eterno senza centro
In tutto questo vuoto si scompare.

Incontro con l’Autore

“Quel piccolo visionario” di Marco Onofrio (Pe gentile concessione di Marco Onofrio)

Come è avvenuto il suo incontro con la scrittura e, in particolar modo, con la Poesia?

Non saprei rispondere, è un dono che mi abita da sempre. Fin da bambino vedevo e sentivo cose che ad altri sfuggivano, o a cui non prestavano attenzione. Ho tuttavia un ricordo preciso: una memorabile notte rivelatrice che abbi modo di vivere, o meglio di “patire”, all’età di nove anni: ebbro, insonne, inquieto, coi sensi sopracuti, provai un trasporto di lucidità medianica, galleggiando immerso dentro milioni di esistenze e storie da immaginare: avvertii una sorta di “terzo occhio” che sbocciava dai canali della mia spiritualità e mi sentii pronto a scrivere qualunque cosa. Capii quella notte che una forza innata e irresistibile mi spingeva a fare ciò che ero: scrivere significava tutta la mia vita, come infatti poi è accaduto.  

Come è nato il progetto editoriale di Anatomia del vuoto?

Marco Onofrio, “Interno Cielo”

Il vuoto, l’invisibile e il silenzio – spesso riuniti nella sintesi estrema del cielo – rappresentano i tre cardini fondamentali della mia scrittura poetica. Non a caso il libro con cui esordii, quasi trent’anni fa, si intitola Interno cielo ed è un romanzo meta-teatrale innescato dal “daimon” interiore attorno al nucleo dell’omonima composizione poetica, e che dunque narra il tormento e l’ardore da cui nasce il germe della parola. Cercare, allora, l’interno del cielo equivaleva ad esplorare, oggi, l’anatomia del vuoto, cioè a tentare di svelare il mistero dell’invisibile in cui siamo immersi. È proprio vero che si scrive e si riscrive sempre lo stesso libro fondamentale, pur attraverso uno sguardo che inevitabilmente cambia e si approfondisce, grazie all’esperienza.

In Anatomia del vuoto pone e si pone molte domande, affronta e guarda il proprio intimo con rispetto, onestà e dolce malinconia. Ma qual è il vero volto di questo “vuoto” che inevitabilmente ognuno di noi affronta, che ci caratterizza e ci rende isole di umanità?

Marco Onofrio, “Anatomia del vuoto” (La Vita Felice, 2019)

Uno dei tre colophon che ho scelto “in limine” alla raccolta è una frase di Marcel Jouhandeau: L’amore fa il vuoto intorno di un unico volto. Il vero volto del vuoto che circonda e contiene la carne del nostro corpo è, appunto, l’Amore, cioè il grumo di resistenza umana che ogni giorno opponiamo al vuoto sgomentevole del mondo. È una battaglia inane: siamo tutti destinati a dissolverci, ma la nostra coscienza spirituale (tendenzialmente aperta ai “miracoli” che possono manifestarsi al confine tra visibile e invisibile) ci consente di aderire già in vita al nostro “doppio” di vuoto, il corpo metafisico che sopravvivrà, dopo l’ultimo respiro, alla morte di quello fisico. Le 53 composizioni del libro tentano di esplorare, come le dita di un cieco, l’anatomia di questo corpo e di questo volto immateriali, che poi sconfinano anche nel corpo e nel possibile volto del vuoto di cui è pieno l’universo.            

Da dove viene e da dove nasce la sua Poesia?

Il brindisi alla vita di Marco Onofrio (Per gentile concessione di Marco Onofrio)

Da una pulsione fondamentale: quella a non accontentarsi delle superfici e delle abitudini, ma a cercare varchi verso l’oltre che le cose “normali” nascondono. Da questo oltre emergono, come tracce di un mondo perduto che bisogna percorrere a ritroso, gli echi confusi di una grande Essenza. Il compito della poesia è quello di raccogliere, vagliare e precisare – in modo sempre più stringente e circostanziato – questi echi privi di memoria, anzi: oltre la memoria. Ogni poesia è, così, un mandala spirituale e un adorcismo della Luce, quella “altra” che splende nella tenebra dell’infinito. E il senso dell’infinito si accompagna in me ad uno struggimento nostalgico che è in parte sospiro elegiaco delle cose perdute (“sunt lacrimae rerum”, diceva Virgilio), e quindi ricerca dell’invisibile in fondo al vuoto, fino al silenzio delle solitudini cosmiche; ma è soprattutto rimpianto della condizione prenatale, cioè la totalità perduta con l’esperienza della nascita, dell’incarnazione nei limiti di un corpo isolato e separato, destinato a morire, che tuttavia è in grado di pensare l’universo e di illuminarsi nella conoscenza.

Quali sono gli Autori e le opere che hanno formato il suo essere “lettore” e “scrittore”?

Marco Onofrio, “Anatomia del vuoto” (La Vita Felice, 2019)

Innumerevoli. Per la poesia, classici come Pindaro e Lucrezio; tra gli italiani: Dante, Tasso, Foscolo, D’Annunzio, Pascoli, Campana, Ungaretti, Saba, Cardarelli, Caproni, Luzi, Gatto, Sinisgalli, Lalla Romano, Maffìa; tra gli stranieri: Villon, Shakespeare, Goethe, Hölderlin, Whitman, Baudelaire, E. L. Masters, Rilke, Lorca, Neruda, Borges, T. S. Eliot, Marina Cvetaeva, Khayyām, Gibran, Tagore, ecc. Ma mi piace ricordare i primi libri che ho letto da bambino e che hanno acceso in me l’amore per la letteratura: le fiabe di Beckstein e quelle dei fratelli Grimm, i racconti degli Indiani d’America, Viaggio al centro della terra di Verne, I ragazzi della via Pal di Molnar, Il cavallo selvaggio di Denneborg, Zolfanello di E. Lillegg, Marcovaldo di Italo Calvino. Li conservo raggruppati in un angolo della mia libreria, ogni tanto li rileggo con piacere e infinita riconoscenza.

Quali sono la poesia che avrebbe voluto scrivere e i versi cui sente di essere più legato? E perché?

Marco Onofrio, “Anatomia del vuoto” (La Vita Felice, 2019)

Tantissimi, ma se proprio devo scegliere direi Poesia dei doni, di Borges, perché riscrive a distanza di secoli, con altra voce, il Cantico delle creature di San Francesco; Genova, di Campana, perché tenta e forse consente di manifestare la voce stessa del mondo, al di là dei limiti dell’uomo; e il Canto XXXIII del Paradiso, perché è il vertice insuperabile della poesia di tutti i tempi. Se invece mi si chiede di scegliere un libro di poesia, non ho dubbi: Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini, di Mario Luzi. Semplicemente meraviglioso.   

Lei è anche consulente editoriale presso la Casa Editrice Edilazio. Scrittore e editor: in quale ruolo si sente più a suo agio e perché?

C’è una differenza sostanziale: scrittore lo sono; editor lo faccio. Il ruolo di editor è un’estensione professionale dello scrittore: potrei essere scrittore senza essere editor, non viceversa. Dunque è senza dubbio più importante il ruolo dello scrittore, mi ci sento più a mio agio poiché mi appartiene completamente, è il mio respiro, il centro vivo della mia esistenza.

Da autore e editor: oggi qual è il ruolo della Poesia nel panorama editoriale contemporaneo? E cosa si potrebbe fare per una sua maggiore diffusione e condivisione?

Lo scrittore Marco Onofrio (Per gentile concessione di Marco Onofrio)

Ruolo come sempre marginale, anche se un rinnovato interesse del pubblico, negli ultimi anni, sta agglutinando la possibilità di sorprendenti exploit, anche in termini di vendite. Per implementare diffusione e condivisione occorre secondo me moltiplicare – Covid permettendo – iniziative come reading e festival, grazie a cui un sempre maggior numero di persone venga messo nelle condizioni di approcciare la poesia e goderne il versante performativo e teatrale, anche come veicolo di pace e di interscambio culturale tra i popoli. Ottimi pure i blog letterari, per le possibilità universali di diffusione e di permanenza in rete dei materiali. Occorre inoltre una maggiore meritocrazia: spesso i poeti più validi vengono pubblicati dalle piccole case editrici, mentre in quelle grandi e prestigiose si “imboscano” – appunto per motivi “altri” dal merito – autori che poi, date le premesse roboanti, deludono alla prova della lettura. Poco male, si dirà. E invece no, perché il grosso pubblico preferisce al merito puro l’autorevolezza ambigua del potere, e questo non va affatto bene.     

Con Anatomia del vuoto al Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” Edizione 2020 si è classificato al terzo posto nella sezione “Poesia” con la seguente motivazione:

Marco Onofrio, “Anatomia del vuoto” (La Vita Felice, 2019)

L’Anatomia del vuoto di Marco Onofrio è uno studio anatomico e chirurgico del tessuto stesso della nostra vita, è una silloge colma di metafore taglienti e imbevuta dell’incarnazione e personificazione del Poeta che presta la propria anima ai suoi versi. Una raccolta di poesie che brilla di vivida arguzia, eleganza e intelligenza.

Per lei già Autore pluripremiato e riconosciuto cosa ha significato ottenere questo ulteriore riconoscimento?

Una bellissima soddisfazione, non solo per il risultato in sé ma anche e soprattutto perché “EquiLibri” è uno dei pochi premi davvero seri e meritocratici rimasti oggi in Italia.  

Lo scrittore Marco Onofrio

Quali sono i suoi prossimi impegni professionali ed editoriali?

Sta per uscire a Reggio Calabria il mio trentottesimo libro, un saggio monografico di circa 300 pagine dal titolo L’officina del mondo. La scrittura poetica di Dante Maffìa. Gli impegni editoriali proseguono, sia pure a rilento causa Covid, con l’uscita di quattro nuovi volumi della casa editrice Edilazio (per il settore letterario EdiLet, da me ideato nel 2007) che ho seguito come editor fin dalle fasi dattiloscritte e che, appena possibile, presenterò e recensirò in qualità di critico letterario. I quattro volumi saranno presenti, fra gli altri, alla Fiera Più libri più liberi (4-8 dicembre 2021) presso lo Stand L03 della casa editrice Edilazio.  

Qui di seguito troverete una breve clip realizzata da Chiara Ricci, Presidente dell’Associazione Culturale “Piazza Navona”, dedicata alle opere e agli Autori vincitori del Premio Letterario Nazionale “EquiLibri” Edizione 2020. Questa è una rinnovata occasione per ringraziare ancora una volta tutti i partecipanti, gli Autori, gli Editori e i collaboratori che, nonostante la distanza e le difficoltà, hanno permesso e sostenuto la realizzazione della manifestazione con immenso entusiasmo e grande fiducia.

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