A Palazzo Ducale di Genova, “Cinque minuti con Van Gogh”

La Rubrica online “Piazza Navona” vi presenta un nuovo appuntamento “a tu per tu” con i grandi capolavori dell’arte promosso da Palazzo Ducale di Genova e Arthemisia. Cinque minuti con Van Gogh vi aspetta dal 12 maggio al 10 settembre 2023 a Palazzo Ducale di Genova.

Vincent Van Gogh
Paesaggio con covoni e luna nascente
1889
Olio su tela, cm 72×91,3
© Kröller-Müller Museum, Otterlo, The Netherlands

Questa volta tocca all’artista più amato al mondo, Vincent Van Gogh, di cui sarà esposta una delle sue opere iconiche, Paesaggio con covoni e una nascente realizzato a Saint-Rémy-de-Provence nel luglio 1889. Nel periodo di maggiore instabilità mentale, Van Gogh realizza quest’opera durante il suo ricovero volontario presso il manicomio di Saint-Paul-de-Mausole e riproduce il panorama che scorgeva dalla finestra della sua cella: un campo di grano, dipinto ad ogni cambio di stagione, a diverse ore del giorno, che diventerà presto il soggetto dominante delle opere di questo periodo e quasi un’ossessione per lui.

Dal prossimo 12 maggio e fino al 10 settembre 2023, questo capolavoro sarà esposto a Palazzo Ducale nella Cappella del Doge, per essere ammirato in solitudine (o in coppia, o in famiglia, ma comunque in modo intimo ed esclusivo).

L’esposizione, a cura di Costantino D’Orazio, è promossa e organizzata da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, Comune di Genova, Regione Liguria e Arthemisia, in collaborazione con il Kröller-Müller Museum di Otterlo. La mostra vede come sponsor tecnico Acuson.

La mostra aprirà al pubblico venerdì 12 maggio a partire dalle ore 15.00.

L’opera

Paesaggio con covoni e luna nascente, 1889

L’8 maggio del 1889 Vincent Van Gogh entra volontariamente nel manicomio di Saint-Paul-de[1]Mausole. Davanti a lui si apre la prospettiva di una triste esclusione dalla società: è destinato a vivere tra le urla e le intemperanze dei pazienti che manifestano di continuo la loro instabilità mentale. Per alleviare questa situazione, il fratello Theo riesce a procuragli la possibilità di avere a disposizione anche una camera dove dipingere, al primo piano della struttura. Per un anno, quella stanza sarà il suo atelier, illuminato dalla luce che penetra da una sola finestra, alla quale Van Gogh si affaccia ogni giorno. Il panorama che Vincent scorge da quel punto diventerà presto il soggetto dominante delle opere prodotte durante i mesi che trascorre come “pensionato internato”. Lo stesso campo di grano, dipinto ad ogni cambio di stagione, a diverse ore del giorno, quasi un’ossessione per lui. In una lettera al fratello Theo Vincent confessa: “[…] attraverso la finestra con le sbarre di ferro posso scorgere un quadrato di grano in un recinto, una prospettiva alla maniera di Van Goyen, sopra la quale al mattino vedo sorgere il sole nel suo splendore”. Van Goyen è un pittore olandese del Seicento – un artista barocco, proprio come l’autore degli affreschi della Cappella del Doge – uno specialista del paesaggio senza figure umane, un cultore dei colori tenui e delle atmosfere rarefatte del Nord Europa: anche all’interno del manicomio, durante uno dei periodi più duri della sua vita, Van Gogh non rinuncia a riflettere sulla storia dell’arte, si confronta con la pittura barocca cercando di inserire il suo lavoro nel solco di una nobile tradizione. Lui che si è sempre voluto sentire un pittore tra pittori, non un rivoluzionario e nemmeno un alieno, bensì un artista apprezzato per il suo talento.

Vincent Van Gogh, Autoritratto (1887)

Di quel campo coltivato esistono almeno dieci versioni, tutte diverse tra loro, tutte uniche. All’inizio del mese di luglio 1889 dipinge Paesaggio con covoni e luna nascente, dove riprende uno schizzo che aveva disegnato in una lettera inviata a Gauguin: “Ne ho uno in preparazione al sorgere della luna sullo stesso campo dello schizzo della lettera di Gauguin, ma i covoni sostituiscono il grano. È giallo ocra opaco e viola […]”. La terra si anima trasformandosi in una superficie mobile sulla quale i volumi dei covoni fanno eco ai pendii morbidi delle colline e ai crepacci dei monti. Siamo all’ora del tramonto, la luna sta sorgendo dietro alle montagne e il grano si tinge di arancione, il tono violaceo dei monti rimanda già ad un paesaggio notturno, i tocchi di pennello risentono ancora del linguaggio inventato dai pittori impressionisti, al quale Van Gogh si sente intimamente legato. Proprio come Monet aveva trattato i covoni e le cattedrali, così Vincent registra il mutamento della luce e dei colori di uno stesso punto di vista nel corso dei giorni e delle stagioni. Per mesi ripete instancabilmente il campo recintato da un muretto a secco con le montagne sullo sfondo, cambia semplicemente il momento della giornata o aggiunge piccoli dettagli: all’alba, al tramonto, alla sera, a volte inserisce un mietitore. Incredibilmente, nel periodo di maggiore instabilità mentale, riesce a portare avanti un progetto artistico estremamente razionale. Programma le sue sessioni di lavoro, studia gli effetti cromatici e calcola i gesti da compiere sulla tela. Paesaggio con covoni e luna nascente è la prova che Vincent nemmeno a Saint-Remy ha mai dipinto in preda alle sue crisi psicotiche, ma ha sfruttato i suoi rari momenti di lucidità per comporre capolavori di chiara matrice impressionista, esaltati da pennellate sofferte e precarie, che segnano la strada verso l’Espressionismo.

Vincent Van Gogh,Paesaggio con covoni e luna nascente.1889 Olio su tela, cm 72×91,3
© Kröller-Müller Museum, Otterlo, The Netherlands

Il Kröller-Müller Museum di Otterlo In vita, Helene Kröller-Müller volle affidare all’arte il compito di traghettare la società verso il futuro, espandendo il mondo delle opere oltre il concetto del bello. Desiderando ardentemente appagare l’intima e profonda esigenza di lasciare un segno del proprio passaggio sulla terra, Helene comprese il valore del contributo che sia lei che l’arte potevano dare. Infatti, tra il 1907 e il 1938 mise insieme una raccolta senza eguali in Europa, che comprendeva dipinti di Picasso, Gris, Mondrian, Signac, Seurat, Redon, Cranach, Gauguin, Renoir e Latour. Ma fu colei che, prima di ogni altro, seppe apprezzare l’opera di Van Gogh, a cui si sentì legata riconoscendo nella sua arte la sua stessa spiritualità personale e non dogmatica. Riconoscendo nel pittore olandese lo stesso tormento che la pervadeva, Helene comprese il senso di modernità rivoluzionario nella violenta trascrizione della realtà contenuta nelle opere di Vincent. La ricerca di assoluto di Van Gogh la disorientava e affascinava; percepiva nei dipinti la stessa inquietudine che sente nella sua anima, che trova consolazione e pace grazie al valore terapeutico della pittura, la porta verso un universo altro. È il 1908 quando acquista il primo dipinto di Van Gogh, poi altri tre nei mesi seguenti e poi altri e altri ancora fino a costituire la collezione di opere del pittore olandese più importante al mondo, seconda solo al Van Gogh Museum di Amsterdam. Helene Kröller-Müller espose i quadri di Van Gogh in Europa e negli Stati Uniti incrementando, così, non solo la fama dell’artista ma anche quella della propria collezione, gettando le basi per convincere lo stato olandese a partecipare alla costruzione del museo. Lavori che iniziarono nel 1937 e che videro, un anno dopo, l’apertura al pubblico del Museo con Helene nel ruolo di direttrice.

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