La Rubrica online “Piazza Navona” inizia una nuova stagione e ha letto per voi Una volta sola nella vita di Tom Hanlin, con la traduzione di Giorgio Manganelli, tornato a nuova vita grazie alla Graphe.it Edizioni. Non perdette gli incontri con Lietta Manganelli, figlia del “Manga” e con l’Editore Roberto Russo.
La trama
Frank e Jenny, questi sono i protagonisti di Una volta sola nella vita di Tom Hanlin. Jenny si innamora subito di questo ragazzo, i due si scelgono per trascorrere una vita insieme nel modo più naturale possibile. Frank, così, è “costretto” a crescere, ad acquisire ancor più consapevolezza di sé, del suo status e del fatto che questo amore non può compiersi e deve restare segreto. La vita, però, sembra avere altri programmi: Jenny termina la scuola ed è costretta ad andare a lavorare come “serva” in casa d’altri mentre Frank continua il suo duro lavoro come minatore vedendo morire sotto i suoi occhi amici e colleghi per le inesistenti condizioni minime di sicurezza. La vita mette a dura prova l’amore e le esistenze di questi giovani costretti a crescere troppo in fretta e obbligati a prendere decisioni e strade che li condizioneranno nel cuore e nella mente. Ma l’amore vero accade una volta sola nella vita.
Sul libro
E se voi vi sentirete tanto superiori da non riuscire a interessarvi di minatori e di serve, smettete di leggere. D’ora in poi, io mi rivolgo ai minatori ed alle serve di tutto il mondo. Questa storia è per voi, scritta nella vostra lingua, e quel che vi accade, accade a tutti voi tutti i giorni.
Tom Hanlin è uno scrittore inglese la cui giovane vita (è scomparso a soli quarantacinque anni) è stata scandita dal bisogno di lavorare e dal suo amore per le parole. Sin da ragazzino, infatti, il suo desiderio era quello di fare di sé uno scrittore ma le necessità familiari lo portano a lavorare come minatore. A volte, però, il Caso sa davvero metterci lo zampino e, nel 1945, a causa di un infortunio e a una pausa forzata dal lavoro di tre mesi Hanlin riprende a scrivere. In quello stesso anno Nicholson & Watson pubblicano il suo primo romanzo Una volta sola nella vita che riscuote un gran successo di pubblico – con 250.000 copie vendute – e di critica vincendo le cinquecento sterline del primo premio al Big Ben Book Competition. In Italia il libro arriverà solo nel 1947 grazie all’edizione Mondadori tradotta da Giorgio Manganelli. Da allora in Italia non si è più ricordato questo talentuoso autore inglese. Ed è solo merito della Graphe.it Edizioni che oggi si ha la possibilità di riscoprire e conoscere questo piccolo grande gioiello della Letteratura inglese (e non solo) moderna con l’ottima traduzione che ne fece Giorgio Manganelli.
Sì, Una volta sola nella vita è veramente un piccolo grande gioiello. Non sappiamo se l’amore tra Frank e Jenny narrato da Hanlin sia una storia autobiografica. Certo è che lo scrittore si muove in ambiti che conosce benissimo: la profondità dell’animo umano e il buio delle miniere con tutti i rischi e le paure che sentono e provano quotidianamente i minatori. In tal modo, il romanzo sembra muoversi su due diversi binari che, però, si allineano perfettamente e diventano quasi un corpo unico che, seppur nella sua complessità, compie movimenti articolati e armonici. Perfetti nel loro ritmo interno ed esterno alla lettura. Hanlin ha centrato perfettamente il suo obiettivo: Nessuno, prima, ha mai scritto in questo modo; e per quanto io voglia raccontare la più vecchia storia di questo mondo, la racconterò in un modo che a leggerla proverete la stessa sensazione che vi danno le “recentissime”, ancor fresche di stampa.
Lo scrittore, anche a causa della sua vicissitudine personale che ha portato alla stesura del romanzo, ha inserito in esso tutta la sua forza, la passione, l’amore per le parole, per i sentimenti umani e per la vita stessa. Un potente raggio di luce che arriva persino a illuminare l’oscurità e il buio delle miniere che, proprio grazie al racconto di Hanlin, arrivano allo sguardo del Lettore che ne prende coscienza e consapevolezza.
Una volta sola nella vita è un romanzo da leggere, capire e fare proprio. La traduzione originale di Giorgio Manganelli ci aiuta moltissimo in tal senso poiché non tradisce il trasporto e la forza dell’Autore sottolineando al contempo la tenera fragilità dell’uomo innamorato e la forza dell’uomo che lotta per essere parte di una certa società e per costruire quel futuro sognato e sperato per sé e la donna amata.
Incontro con Lietta Manganelli
La cultura e la letteratura italiana (e non solo) quanto devono a Giorgio Manganelli? Qual è la sua eredità intellettuale?
Onestamente mi chiederei piuttosto quanto Giorgio Manganelli non debba alla cultura e alla letteratura. Può sembrare un paradosso ma la cultura e la letteratura sono state le uniche ragioni per cui Manganelli ha letto, ha scritto, in sostanza ha vissuto. Solo la sua sterminata cultura e la sua curiosità hanno potuto tenere sotto controllo i suoi incubi e le sue angosce. In cambio Manganelli ha dato alla letteratura la capacità di mentire, le ha regalato lo sberleffo e la possibilità di ammettere che la letteratura è “ascetica e puttana”.
Nel 2010 è nato il Centro Studi Giorgio Manganelli di cui lei è fondatrice e curatrice. Può raccontarci lo spirito che anima tale progetto e in che modo può essere sostenuto e condiviso?
La parola fondatrice mi commuove, mio padre si definiva “socio fondatore dell’inferno”! A parte gli scherzi il Centro è nato dalla consapevolezza che Manganelli andasse “snicchiato”. Mi spiego meglio: è sempre stata opinione comune che per leggere e capire mio padre fossero necessarie tre lauree con il bacio accademico. Bene, questo non è assolutamente vero, ho visto muratori leggere Manganelli e capirlo molto più di accademici soloni. A questo punto mi sono detta che era necessario creare un Centro Studi “proletario” parolona e a volte parolaccia, dove tutti, e intendo tutti avessero diritto di parola. Quante volte in convegni ufficiali ho visto zittire giovanotti coi capelli rasta e l’orecchino partendo dal presupposto che “quelli come lui” non potevano capire. Il Centro è aperto a tutti, tutti possono partecipare, possono presentare proposte per folli che possano sembrare, tutti possono iscriversi, la quota di iscrizione è libera, perché nessuno possa dire: “Vorrei ma non posso”! A fine intervista includerò la lettera di iscrizione per meglio chiarire lo spirito. D’accordo è del 2023, il 2024 è in lavorazione, ma mancano solo gli aggiornamenti sulle follie fatte.
Padre, scrittore e intellettuale: in che modo può descrivere e raccontare la figura umana e professionale di Giorgio Manganelli uomo e uomo di lettere?
Una volta mio padre affermò: “A volte anche i grandi uomini hanno figli, e questo non è un bene per i figli”. Sono d’accordo, i grandi uomini sono padri ingombranti. La storia fra me e mio padre è una storia molto particolare, siamo stati insieme solo un paio d’anni quando ero piccolissima (dai miei 12 mesi ai due anni e mezzo) periodo in cui mio padre si dimostrò un padre dolcissimo, mi inventava stralunate favole che ricordo con nostalgia ancora oggi. Poi ci siamo persi, non per volontà sua né mia e a parte alcune lettere nella mia adolescenza ci siamo ritrovati quando io avevo circa 18 anni. Non ci siamo più persi ma non eravamo più padre e figlia, ma due adulti che si piacevano molto e si volevano molto bene. Com’è avere un padre letterato? Provate voi andare a cena con uno che parlando riesce a infilare 5 congiuntivi di fila!
So che le sto per fare una domanda difficile ma fra le opere di suo padre, i suoi scritti, le sue traduzioni… a quale sente di essere più legata? E perché?
La domanda è molto meno difficile di quello che possa sembrare. Pur amando tutte le opere di mio padre il mio libro del cuore è, senza alcun dubbio, Agli dèi ulteriori, per due motivi che possono sembrare non avere nulla in comune, anche se così non è. Il primo motivo è che il libro contiene la cronistoria, il racconto del primo incontro, a sorpresa, di mio padre con il mio figlio maggiore. Nella sezione Simulazioni l’ultima ad un certo punto afferma: “buttato in un angolo sta un bambino deforme”. È un pezzo splendido, che io adoro al punto di aver “osato” recitarlo anche in teatro, io che certo attrice non sono. È un dialogo muto, perfetto, senza sbavature, tenendo soprattutto conto che mio padre del bimbo, che aveva 10 mesi, non sapeva assolutamente niente. L’altro motivo è, forse, ancora più assurdo: Agli dèi ulteriori è il mio Libro delle risposte. Mi spiego meglio, esiste nella religione ebraica l’uso, in caso di dubbi o domande angosciose, di aprire a caso la Bibbia e trovare la risposta. Bene, io lo faccio con il libro di mio padre e lui, credetemi, mi risponde. In fondo i libri ci risponderebbero sempre, se solo sapessimo ascoltarli.
Quali ricordi ha di suo padre impegnato nel suo lavoro di scrittura o traduzione?
Assolutamente nessuno. Mio padre per scrivere o tradurre doveva essere assolutamente solo, qualunque presenza lo disturbava. Inoltre quando ci incontravamo per lui esistevo solo io, il resto del mondo scompariva.
In che modo si approcciava al suo lavoro e agli Autori da tradurre?
Solitudine assoluta, scrivania ingombra di vocabolari, soprattutto obsoleti, e, nel caso di Autori da tradurre, tutti i libri che aveva reperito dello stesso autore in lingua originale.
Quanto c’è ancora da scoprire di Giorgio Manganelli? E cosa lei vorrebbe si ricordasse di lui sopra ogni cosa?
Manganelli è immenso e sterminato, ha scritto dovunque e su tutto. C’è ancora tantissimo da scoprire: il Manganelli giovanile, perso nelle nebbie, il Manganelli definito, chissà perché “minore”, quello giornalistico, per esempio. Da anni io mi occupo proprio del recupero del Manganelli meno conosciuto. Le “grandi opere” le lascio volentieri ai “grandi editori”, l’altro Manganelli mi interessa e mi intriga molto di più. Vorrei che di lui si ricordasse la capacità di smitizzare e irridere tutto, Morte compresa.
Quali erano gli Autori o le opere che suo padre più apprezzava? E perché?
In primis gli scrittori italiani del Seicento, quella lingua lo affascinava, e poi i libri “inutili” come il Morgante Maggiore del Pulci, di cui scrisse una meravigliosa “rilettura” proprio perché “non c’era nessun motivo per farlo…” Fra gli stranieri adorava Poe e Shakespeare, Perché? Come mi disse una volta: “Perché sì!”.
C’è qualche progetto che Giorgio Manganelli avrebbe voluto realizzare e che non ha potuto e non è riuscito a concretizzare?
Mio padre era amico di Luigi Serafini, autore dello stralunato e splendido Codex, e insieme avevano pensato di scrivere un giallo in cui il Manga avrebbe scritto il testo, qualunque cosa questa parola avesse significato per mio padre, e Serafini avrebbe illustrato, idem come sopra. Ne parlarono in un incontro in una libreria e poi passeggiando lungo il Tevere. Ma poi mi padre si ammalò e non se ne fece più nulla. Ho trovato, fra le sue carte degli appunti che potrebbero riguardare il progetto, ma anche riguardare tutt’altro. Peccato!
Scrittore, traduttore, critico letterario, giornalista…in quale ambito e in quale stile letterario, se così posso dire, suo padre sentiva di essere più “protetto” e a suo agio? E perché?
A suo agio, mio padre, non si sentiva davvero mai, ma direi che poteva sentirsi più “protetto” dal lavoro di traduttore in quanto si isolava con l’autore – per la traduzione di Poe parlò di “convivenza” -, e poteva mettere da parte le sue personali angosce per occuparsi di quelle dell’altro.
Qual è il suo ricordo di Alda Merini? La sua presenza quanto è stata importante e significativa per lei e per suo padre?
Conobbi Alda Merini quando avevo poco più di due anni e lei, giovanissima, non ancora diciottenne, per me rappresentò la figura materna, fu un amore reciproco e immediato, in mezzo a tutti gli amici intellettuali di mio padre, lei mi “vedeva”, e questo per me fu fondamentale e durò tutta la vita e oltre. Per mio padre fu la prima persona che lo fece sentire un Dio, e che gli fece capire che “anche lui era meritevole di amore”. Anche se poi non si incontrarono più, la prefazione di mio padre al Diario di una diversa di Alda non è una prefazione, ma una lettera d’amore.
Qual è l’”eredità morale” più profonda e inestimabile che le ha lasciato suo padre?
In realtà mio padre mi ha due “eredità morali” fondamentali entrambe. La prima, quando ancora piccolissima mi raccontava la favola di San Giorgio e il drago, vista dalla parte del drago, che mi insegnò a guardare ogni evento guardandolo “dall’altra parte, mettendomi nei panni dell’altro”, e la seconda che io reputo un “salvavita”: “Qualcuno scontenterai per forza, per cui vedi di non scontentare mai te stessa!”
Lettera iscrizione al Centro Studi Giorgio Manganelli
Incontro con Roberto Russo, Direttore Editoriale di Graphe.it
Da dove viene l’idea della pubblicazione del romanzo Una volta sola nella vita di Tom Hanlin con la traduzione di Giorgio Manganelli?
Grazie a un amico comune, ho avuto la fortuna di conoscere Lietta Manganelli, custode dell’eredità manganelliana che con zelante impegno porta avanti la missione di far conoscere sempre più l’opera paterna. Mi ha, quindi, proposto la ripubblicazione di questo romanzo, uscito negli anni Cinquanta e mai più ristampato. Quando l’ho letto me ne sono innamorato: la storia, lo stile, la “zampata” del Manga che si avverte nella traduzione lo rendono, a mio parere, un romanzo veramente imperdibile. Un testo da leggere anche oggi, nonostante siano trascorsi decenni da quando è stato scritto: nella società odierna le disparità socio-economiche sono sempre più acuite e Una volta sola nella vita va a posizionarsi proprio nelle pieghe di queste vicende, facendoci stupire a ogni pagina.
Graphe.it Edizioni – oltre alla traduzione di Una volta sola nella vita – ha nel suo catalogo tre opere di Giorgio Manganelli: Sommamente invitante è la tastiera, Un uomo pieno di morte e Notte tenebricosa. A cosa è dovuta tale scelta editoriale? I nuovi autori, i lettori cosa devono e possono ancora imparare da Giorgio Manganelli?
Avere in catalogo testi di un autore immenso come Giorgio Manganelli è un onore e un impegno. Come editore mi piace andare alla ricerca di testi “di nicchia” e quelli del Manga che fino a ora abbiamo pubblicato lo sono: piccole perle preziose che possono allietarti la giornata. Chi legge e chi scrive oggi può imparare da Manganelli un utilizzo consapevole della lingua. Le opere di Giorgio Manganelli, come è noto, usano un linguaggio sgargiante, periodi complessi, costruzioni ardite. Se da un lato questo può rendere un po’ difficile la lettura a chi oggi è abituato a leggere testi con frasette brevi, dall’altro è un invito a costruire un proprio stile, tanto come scrittori che come lettori.