La Rubrica online “Piazza Navona” ha letto per voi La bambina di cera di Roberta Castelli (Golem Edizioni) che torna a trovarci con una nuova indagine del suo commissario Vanedda. E non perdete l’Incontro con l’Autrice!
La trama
Sicilia, Lachea. Una seconda e nuova indagine inizia per il commissario Vanedda quando, finalmente in una giornata di relax al mare, viene ritrovata in acqua una misteriosa bambola all’interno della quale si nasconde una strana lettera firmata “O”. A questo episodio ne seguono altri assai intricati ed enigmatici quali, tra gli altri, l’assassinio di un uomo violento, meschino, brutale e aggressivo e il ritrovamento di una giovane donna il cui corpo è stato sottoposto a un tentativo di imbalsamazione assai casalingo e poco riuscito. Si tratta di morti tra loro collegate? E cosa c’entra la bambina di cera in tutta questa faccenda? È compito del commissario Vanedda indagare e scoprire chi c’è dietro a tutto questo groviglio. Un groviglio che si fa ancora più fitto quando la testa, il cuore e i sentimenti del nostro commissario dichiaratamente omosessuale vanno in crisi perché attratto e conquistato da un collega. In tutto questo, cosa ne sarà della storica relazione di Vanedda con Gerlando? Solo Vanedda può rispondere a tutte queste domande. Perciò, che le indagini abbiano inizio…
Sul libro
Nel gennaio 2022 Roberta Castelli è tornata in libreria con il suo nuovo romanzo dal titolo La bambina di cera pubblicato da Golem Edizioni e inserito nella Collana “Le vespe”. Così, dopo il fortunato La traccia del pescatore (Golem Edizioni, 2020) i lettori hanno la gioia di poter ritrovare l’ironia, lo scherno, il cinismo del commissario Vanedda, qui, alle prese con un caso di omicidio assai intricato. Ma non solo. Le complicate e controverse indagini per la ricerca dell’assassino (o degli assassini?) condurranno e costringeranno Vanedda a compiere un profondo viaggio dentro se stesso e i suoi sentimenti. Ad affiancarlo nel suo lavoro, infatti, arriva il bel Pierluigi Falco verso il quale sin da subito prova una forte attrazione tanto da arrivare a mettere in discussione il suo rapporto con lo storico compagno Gerlando. Così facendo, l’Autrice conduce la sua storia su un doppio filo narrativo: da un lato si srotola la complicata vicenda legata alle indagini e alle gag che accadono nel commissariato di Lachea nel quale si toccano picchi di un surrealismo assai divertente e assurdo; dall’altro si compie e si mette in discussione il privato del commissario. A unire i due poli vi è il professore Gregorio Torrisi che funge da consigliere professionale e, soprattutto, privato del nostro Vanedda, lo ama come un figlio tanto da fargli dono di una Vespa di nome Cettina, come l’innamorata di gioventù del professore. Ed è così che la scrittrice apre un’ulteriore porta di questa narrazione che, pagina dopo pagina, diviene come una sorta di colorato e tanto vivace caleidoscopio.
C’è da riconoscere che Roberta Castelli è stata molto brava nel tenere le fila di tutta questa storia. Anzi, storie, dovremmo dire, senza mai dimenticare l’amore per la sua bella terra di Sicilia, i suoi colori, i suoi sapori e i suoi profumi. Sì, perché proprio come illustra la bella e solare immagine di copertina La bambina di cera profuma di limone, di arance, di agrumi, di mandorlo e sa di mare. Di quel bel mare che tanto stretto stringe la Sicilia e l’immaginaria Lachea.
A questo si deve aggiungere che l’Autrice, rispetto al precedente La traccia del pescatore, ha (r)aggiunto una visione d’insieme più ampia, netta, definita e spinge con delicatezza e, allo stesso tempo, forza soprattutto in una direzione. Infatti, leggendo La bambina di cera il Lettore troverà una maggiore attenzione all’uomo Vanedda che non al commissario Vanedda a tal punto che anche le indagini sembrano passare, se non in secondo piano, certamente a un certo dislivello. Questo, però, non è da considerarsi un punto debole del libro. È proprio il contrario. Ciò è possibile perché Roberta Castelli offre al Lettore la presentazione di nuovi personaggi (che speriamo di ritrovare nella prossima indagine) ma anche una descrizione più profonda, attenta e precisa del protagonista e dei suoi affetti.
E, ancora, tale scelta e tale impostazione ci regalano un romanzo di denuncia contro la violenza sulle donne, di inclusione, di condivisione e ricco di un forte messaggio. In tal senso non va dimenticato che Vanedda è omosessuale e convive in un piccolo centro – dove la gente mormora – con il suo amato compagno. I due così mostrano la loro forza davanti a tutti, devono sopportare maldicenze e preoccuparsi persino se andare o meno a questo o a quel ristorante. E noi lettori viviamo questa quotidianità, questi pensieri, queste preoccupazioni, questo desiderio di essere accettati semplicemente e naturalmente per ciò che si è . Questo credo sia il messaggio più potente di La bambina di cera e davanti a tutto questo la vicenda è come facesse un piccolo passo non indietro, ma di lato.
In modo preciso, studiato, attento, forse involontario ma del tutto naturale. E di questo si deve essere grati a Roberta Castelli perché oltre a regalarci una storia che conquista ci fa dono di una realtà raccontata ma comunque realtà. Un monito per l’ignoranza e la chiusura mentale e un vero proclama per la libertà di essere ciò che si è. Per tutto questo e tanto altro La bambina di cera merita di essere letto e fatto proprio. Una nuova indagine del commissario Vanedda che, ancora una volta, va ben oltre la ricerca di un colpevole. È la ricerca di una libertà e di un respiro a pieni polmoni nel mezzo di una folla, spesso, chiusa, cieca e troppo loquace.
Incontro con l’Autrice
Come è nata La bambina di cera, la seconda indagine del commissario Vanedda?
La bambina di cera nasce da un evento che mi è stato raccontato tempo fa e che ha mostrato i risvolti desolanti di determinate dinamiche familiari. Riportare il vero attraverso storie romanzate è una modalità valida per denunciare abusi e ingiustizie. Inoltre, ho sempre seguito con interesse la storia di Rosalia Lombardo, famosissima mummia conservata nelle Catacombe di Palermo, e ne ho approfittato per renderle omaggio, inserendo anche lei nella storia.
Rispetto al precedente libro, La traccia del pescatore, quali sono state le difficoltà durante la stesura del volume e la narrazione della vicenda?
Non ho riscontrato particolari difficoltà però, rispetto al primo romanzo, ho cercato di creare una trama un po’ più elaborata e questo ha reso maggiormente arduo il compito. Il mio obiettivo è quello di crescere, migliorando lo stile e la capacità di intrecciare eventi. Spero di avere intrapreso la strada giusta ma a dirlo saranno i lettori.
Ne La bambina di cera ampio spazio viene dato ai protagonisti (Vanedda in testa, ma anche Vaccaro, il professor Torrisi, Mauro Vanedda, il papà del commissario) di e per raccontarsi. In che modo hai lavorato sulla costruzione dei personaggi in tal senso?
Dare più spazio ai personaggi è stata una necessità e una naturale evoluzione, se consideriamo la serialità dei libri di Vanedda. Nella prima indagine, quindi nel ristretto arco di un solo romanzo, ho tratteggiato le varie identità che si muovono all’interno delle pagine. Con il secondo, invece, ho calcato un po’ più la penna per rendere quei tratti decisi e di maggior impatto emotivo. A prescindere dalla coralità del commissariato, ogni personaggio ha una vita privata che, nel bene e nel male, influisce sulle dinamiche comuni. Così è nella vita reale e così, secondo me, deve essere anche nei libri. Altrimenti sarebbero solo belle fiabe prive di fondamento. Ciò che da lettrice amo molto, per esempio, è riscontrare sentimenti, problematiche, situazioni che hanno coinvolto o potranno coinvolgere in futuro anche me. La lettura stimola riflessioni, quando chi scrive ha la capacità di non perdere il contatto con la realtà.
Ne La bambina di cera vi è la new entry, Pierluigi Falco che fa letteralmente perdere la testa a Vanedda. Come sei riuscita a inserire anche questo aspetto della vicenda senza mai cadere nel facile tranello della banalità e senza mai perdere l’obiettivo del tuo racconto?
Nella vita, le tentazioni sono sempre dietro l’angolo e capita a tutti, prima o poi, di pensare cose sconvenienti che, per fortuna, di rado si tramutano in azioni. In questo caso, lo stesso succede a Vanedda, che per quanto ci provi non riesce a levarsi dalla testa il nuovo arrivato ed è travolto da un fascino che lo fa sembrare rincretinito. La banalità potrebbe tradirmi un giorno, lo so bene, e sono felice di sapere che non è questo il momento.
Nel tuo libro vi è una dedica particolare a Pierluigi Filippo, poliziotto che hai inserito anche nella narrazione. Puoi e vuoi raccontarci qualcosa di più in proposito?
Pierluigi era un bellissimo poliziotto, ci siamo frequentati per un periodo; io lavoravo in centro a Catania, lui in Questura. Quando ho saputo della sua prematura scomparsa stavo scrivendo La bambina di cera e ho subito deciso di inserire il nuovo personaggio per permettergli di vivere ancora, anche se lo farà dentro le pagine di un romanzo. Come ha detto Massimo Tallone, autore che ho citato nella dedica, la scrittura consegna l’immortalità a ogni cosa che tocca.
Secondo te, quanto è importante parlare e raccontare di inclusione, inserire argomenti e temi assai tristemente odierni quali l’omofobia, il razzismo e simili all’interno di testi e letture che sono prettamente “di svago” e quindi – anche fortunatamente! – ben lontani dalle cattedre e dai saggi/pulpiti accademici e non?
È molto importante e sono convinta che un contesto in apparenza di svago sia il luogo ideale per mettere in evidenza, oltre agli aspetti piacevoli della vita, quello che non funziona, che ferisce il prossimo e che va assolutamente corretto. I libri che arrivano a tutti, senza la pretesa di farsi accarezzare solo da mani titolate, hanno gambe più lunghe e spesso un cuore più grande. Nei due libri di Vanedda, per esempio, troviamo sia l’omofobia che la violenza sulle donne. Quest’ultima non è solo fisica, come erroneamente alcuni credono, ma spesso nasce da un sopruso a livello emotivo, che rende le vittime schiave di un pantano mentale dal quale poi è molto difficile uscire.
Ne La bambina di cera vi è anche un’attenzione alla musica. Si “ascoltano” Franco Morgia, Gianni Morandi, gli 883… a cosa sono dovute queste scelte? E poi, puoi dircelo, siamo tra amici: qual è la canzone preferita di Vanedda?
Partiamo da un dato di fatto: io adoro le vecchie canzoni italiane e spesso i miei personaggi subiscono questa piccola interferenza personale. Franco Morgia, per esempio, è molto noto in Sicilia e ci ha regalato delle bellissime canzoni (con i Beans e come solista) che meritano di essere conosciute anche fuori dallo Stretto. Se tornerai degli 883, invece, è una canzone che Pierluigi amava molto e questo brano è stato inserito per rendergli omaggio. La canzone preferita di Vanedda? Bella e il vento di Vincenzo Spampinato… ma non gli dite che ve l’ho raccontato!
Diversi sono i nuovi personaggi inseriti nel gruppo che vive e si agita attorno a Vanedda. In che modo hai scelto e curato questo aspetto della narrazione e della sua impostazione?
Volevo che all’interno di quel microcosmo che è Lachea fossero rappresentati personaggi con caratteristiche a volte simili, a volte diametralmente opposte. Come avrai capito, quello che cerco è sempre il contatto con la realtà e con ciò che rende le storie verosimili, anche quando si parla di eventi che dalla nostra dimensione sembrano aver preso le distanze. Inoltre, Lachea non è altro che Aci Castello, il bellissimo paese dove sono cresciuta, e di spunti per caratterizzare i personaggi ne ho davvero tanti.
Altra protagonista del tuo libro è la bella Sicilia. Quanto si ama e si rimprovera alla tua meravigliosa terra, che ama i suoi figli che spesso li vede allontanarsi eppure non manca mai di essere generosa aprendo le sue braccia di mare e di terra al grido di aiuto del prossimo?
La Sicilia è la vera protagonista, senza la quale non esisterebbe niente di quello che avete letto nel romanzo, nemmeno Vanedda. La si ama così tanto che spesso la distanza, per chi è stato costretto a lasciarla, diventa insopportabile. E badate bene che non ho usato il termine “costretto” a caso. Nessun siciliano lascerebbe mai la propria terra se esistessero le condizioni per un vivere equilibrato dove sviluppo, senso civico e onestà camminano di pari passo. Quindi, per rispondere al secondo punto della domanda, il rimprovero lo possiamo fare a quella parte di siciliani che avvelena la nostra terra, costringendoci ad andare via e costringendo chi rimane a vivere in un regime di anarchia ogni santo giorno. Però, come hai detto tu, in Sicilia batte un cuore grande e su quell’isola le emozioni ti attraversano senza filtri, lasciando sempre, dentro chi la visita, qualcosa di speciale.
Quali sono i prossimi progetti editoriali? È in programma una terza indagine di Vanedda?
La terza indagine di Vanedda, almeno per il momento, non è in cantiere. Sto ultimando un nuovo progetto editoriale che darà alla luce altri personaggi. Però, non voglio rovinarvi la sorpresa e so che saprete attendere! Vanedda tornerà quando sarà il momento giusto e quando avrà cose nuove da raccontarvi. Intanto, spero che apprezzerete i primi due, perché hanno un’anima che ha voglia di incontrare la vostra. Ti ringrazio Chiara, per il tempo che mi hai dedicato e per l’attenzione che rivolgi sempre alle storie che leggi. Un abbraccio a tutti… ‘ni viremu prestu!