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“Il canto del pavone”, una nuova perla del cinema cingalese

La Rubrica online “Piazza Navona” vi presenta in anteprima Il canto del pavone diretto da Sanjeewa Pushpakumara.  Una difficile storia di adozioni clandestine fortemente influenzata dal nostro Neorealismo. Dal 19 ottobre al cinema!

La trama

La locandina del film

Amila è un diciannovenne che, alla morte di entrambi i genitori, porta su di sé la responsabilità della famiglia composta da due fratelli e da due sorelle minori. Decide di lasciare il piccolo paese di origine per spostarsi a Colombo, la capitale dello Sri Lanka. Qui trova lavoro in un cantiere cinese e ha la possibilità di stare più vicino alla sorella Inoka, ricoverata in ospedale a causa di una rara malattia cardiaca che è possibile curare solo attraverso una costosa e urgente operazione. Il lavoro, però, non sembra essere di grande aiuto all’economia della famiglia e, soprattutto, alla raccolta di denaro sufficiente per l’intervento di Inoka. Tutto cambia, però, quando Amila incontra per puro caso Malani, una donna che si occupa di business ovvero di traffico di neonati per adozioni illegali a coppie occidentali.

Il trailer

Sul film

Una scena del film

Il 19 Ottobre, dopo essere stato premiato al Tokyo International Film Festival 2022 come Miglior contributo artistico, arriva nelle nostre sale Il canto del pavone scritto e diretto dal regista cingalese Sanjeewa Pushpakumar e coprodotto dalla Sapushpa Expressions e dalla Pilgrim Films grazie al supporto del Fondo Per L’Audiovisivo del Friuli Venezia Giulia. In tal senso potremmo dire che nel film di Sanjeewa Pushpakumar c’è anche un po’ di Italia. Non solo dal punto di vista produttivo, in realtà. Il canto del pavone, infatti, sembra aver assorbito al meglio una certa eredità lasciata dal nostro Neorealismo. L’impostazione dell’inquadratura priva di fronzoli e di ampi, complessi movimenti di macchina, l’ambientazione, la ricerca della pura verità, il modo di raccontare una storia reale, non nei personaggi ma nei fatti, la sceneggiatura asciutta, l’attenzione allo sguardo degli interpreti che si fa parola e quindi sceneggiatura, dialogo non verbale, lo scrutare la realtà quasi con un microscopio (come era nelle intenzioni e nella pratica registica di Roberto Rossellini) sono tutti elementi che provengono dalla nostra indimenticabile stagione neorealista.

Il regista Sanjeewa Pushpakumara

Sanjeewa Pushpakumar è stato assai bravo nel prendere e nell’apprendere questa lezione di cinema e traslarla nel suo modo di fare film. Credo non si commetta particolare errore nell’affermare che Il canto del pavone sia un film neorealista trapiantato nella nostra contemporaneità e in un contesto particolarmente insidioso e, per certi versi, arretrato come quello dello Sri Lanka. Il regista fa della sua macchina da presa quella che un tempo lontano è stata definita “l’arma più forte”. Ma non solo. Ne fa un grido della gente, di quella gente troppo spesso messa a tacere e che poi è la sola a mandare avanti l’economia di un Paese arrivando persino a vendere i propri figli incentivando, loro malgrado, il traffico illegale di neonati e di adozioni all’estero inteso come una sorta di “sacrificio” dell’innocente e puro all’Occidente.

Così, come fosse un caleidoscopio, Il canto del pavone apre sfaccettature su sfaccettature di una famiglia, di alcuni personaggi che diventano il volto di un popolo e di parte della sua storia, della sua malasorte.

Una scena del film

Quindi, anche un film di denuncia. Proprio come volevano essere i nostri film neorealisti e per questo tante volte sono stati sminuzzati dalle forbici dei censori perbenisti e di partito. Come si è accennato a colpire in particolar modo sono la struttura e l’impostazione dell’inquadratura, lì dove la fotografia è stata eccezionale portando anche negli interni quelle tonalità e quel colore che sanno di sabba e terra, ovvero metafora di vita e di radici. Quindi, della gente e di un popolo. E ancora, quegli sguardi – spesso fissi in camera – che si sostituiscono alle parole invitando lo spettatore e proiettarsi e ad entrare nella profondità dell’immagine e della storia stessa. La macchina da presa è ferma al contrario dell’emotività e del coinvolgimento dello spettatore che ha quasi un moto circolare, di avvolgimento e di abbraccio. La città e il popolo, le case fatiscenti e la costruzione dello skyline, la gente di strada e la burocrazia. L’alto e il basso. Chi compra e chi vende. E inevitabilmente, chi perde. Anche tutto questo compare nel film in modo assai diretto ma misurato, centellinato ma presente in maniera continua come fosse una goccia cinese. Lo sguardo del regista è completo sulla sua storia e sulla pagina reale che sta raccontando e traducendo in immagini per noi spettatori.

Voto 3/5

Scheda tecnica

Titolo originale: Peacock Lament

Genere: Drammatico

Regista: Sanjeewa Pushpakumara

Sceneggiatura: Sanjeewa Pushpakumara

Cast: Akalanka Prabashwara, Sabeetha Perera, Dinara Punchihewa, Lorenzo Acquaviva, Mahendra Perera, Lahiru Prasad, Amiththa Weerasinghe, Maheesha Nethara, Naween Saumya, Danuji Dinanya

Montaggio: Giuseppe Leonetti

Fotografia: Sisikirana Paranavithana

Produzione: Pilgrim Film insieme a Sapushpa Expression

Distribuzione: Pilgrim Film

Musica: Cristian Carrara

Paese: Italia, Sri Lanka

Durata: 104 minuti

Anno: 2022

Uscita: 19 Ottobre 2023

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