La Rubrica online “Piazza Navona” vi presenta il breve romanzo di Valentina Iusi dal titolo Doppio Senso (YouCanPrint). Tra ironia e giochi di parole si nasconde la soluzione di un assassinio. E non perdete l’Incontro con l’Autrice!
La trama
Nell’immaginaria cittadina di Doppio Senso le strade vanno tutte in un’unica direzione eppure gli spostamenti e i movimenti non sembrano risentirne. Anzi, tutti trovano facilmente il modo di recarsi In Mona, il paesino più vicino. È proprio qui che lo scrittore Armando Bentivoglio, tra una fisima e l’altra, presenta il suo libro dal titolo Pochi conoscono la morte. L’Autore in questa occasione, per meglio spiegare il suo pensiero, scrive sulla lavagna Ah… Ahh… Ahhh. Un’interiezione che, a seconda del caso, del tono e della circostanza può assumere diversi significati e può addirittura, come in questo romanzo, contenere la chiave di (s)volta di un mistero e la soluzione di un omicidio.
Sul libro
Nel 2023 Valentina Iusi pubblica con YouCanPrint il breve romanzo Doppio Senso arricchito dalla prefazione di Sara Peres che non si limita a introdurre e a presentare il libro divenendo, di per sé, una recensione a tutti gli effetti. Ed è proprio Sara Peres a fornire il sottotitolo al volume quando scrive di trovarci di fronte a Un gustoso libro che ha cuore, dunque. Ah, ma non fraintendete, è anche un libro che ha cervello. E il cervello dà buona prova di sé manifestando una costante ironia: non un’ironia gratuita e maligna, no, no, un’ironia giocosa e arguta.
Non c’è che dire: le aspettative per quello che Valentina Iusi definisce una parody comedy all’italiana sembrano puntare davvero in alto. Sin da queste prima pagine ci si aspetta di essere proiettati in un turbine di giochi di parole, doppi sensi, magie e magheggi vari fatti con le parole. In realtà, tutto questo non lo ritroviamo. O almeno, solo in parte: essenzialmente nei nomi dei luoghi e dei personaggi. Pensiamo solo allo stesso Doppio Senso, al paese di In Mona, al bar L’Occasione e, ancora, al commissario Antonio Loquace, al giornalista Fattobene, al sindaco Baleno Momenti, lo scrittore Armando Bentivoglio… nomi che diventano soprannomi, indizi caratteriali che, possono trovarsi d’accordo o in netto contrasto con la persona e la personalità che rappresentano.
Forse, il doppio senso è tutto qui. Un buon punto di partenza, una buona intuizione che, però, resta tale. L’Autrice, infatti, non riesce a svilupparla come certamente avrebbe potuto restando solo in superficie di questo possibile (e perché no?!) funzionale spunto narrativo, limitandosi a pochi scambi di battute in tal senso. Valentina Iusi, servendosi proprio dell’anima che avrebbe potuto o dovuto dar vita e consistenza al suo breve romanzo, avrebbe sicuramente potuto creare un sottotesto, un messaggio nascosto tra le righe e sfruttare al massimo le potenzialità dell’acume, dell’ironia e persino del sano cinismo. Alcuni dei suoi personaggi sarebbero stati veramente perfetti per incarnare tali caratteri. Su un punto, però, mi trovo d’accordo con l’Autrice: il senso delle parole può variare a seconda del significato che viene loro attribuito. Non è questa la sede per aprire discorsi filosofici, letterari, psicologici o di scienze della comunicazione. Pensiamo solo a Luigi Pirandello quando scrive nei Sei personaggi in cerca d’autore: “Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai”.
Nel breve Doppio senso è il significato di un’interiezione a risolvere un caso di omicidio restando, però, sempre troppo in sordina se non del tutto in silenzio. Ecco, Valentina Iusi avrebbe potuto ma non ha osato. E avrebbe dovuto! Le idee ci sono, le capacità anche. Questo lavoretto, come lo ha definito Sara Peres, avrebbe potuto dare molto di più. Ed è un peccato perché giocare con le parole e con il loro (doppio) senso – di nome e di fatto – avrebbe potuto veramente rivelarsi la chiave di (s)volta di questo progetto editoriale.
Incontro con l’Autrice
Com’è avvenuto il suo primo incontro con la scrittura?
Ho iniziato scrivendo dei racconti, una forma più breve, ma non meno complessa per creare delle storie. Mi sono accorta, inoltre, che, attraverso queste narrazioni, era possibile comunicare messaggi in maniera più efficace, immediata, riportando avvenimenti nei quali il lettore potesse immedesimarsi.
Com’è nato il progetto editoriale di Doppio Senso?
Questo romanzo nasce dall’esigenza di mettere in luce le difficoltà di chi scrive con le persone destinatarie del messaggio. La parola scritta non può essere spiegata, così come avviene in un dialogo tra persone. Ciò può far nascere degli equivoci che possono diventare pericolosi. Questo progetto editoriale è nato proprio dalla volontà di raccontare le distanze che separano lo scrittore dal lettore, da qui sono scaturite altre tematiche non solo di tipo editoriale.
Il sottotitolo del suo romanzo è: Un libro che ha cuore e cervello. A cosa è dovuta tale scelta?
La scelta è nata in omaggio alla prefazione di Sara Peres contenuta nel libro, che vi consiglio di leggere. Questo connubio con i lettori può proseguire anche in una nuova edizione del romanzo, dove intendo aggiungere le recensioni del romanzo. Un modo di interagire con il pubblico anche dopo la prima pubblicazione. A molti romanzi che troviamo nelle librerie manca proprio la voce dei lettori e le loro opinioni.
Da cosa ha tratto ispirazione per la creazione di questa città e dei suoi abitanti?
Doppio Senso è una città intricata, dove regna il caos, eppure, tutto sembra funzionare. Dopo un po’ ci si può abitare anche alle cose più strambe, per una sorta di sopravvivenza, dove non si lotta più contro le assurdità, anzi le si accettano come qualcosa di inevitabile. Più che rifarmi a una città reale, quindi, ho voluto creare una “città letterale” dove le parole ne contraddistinguono il tratto caratteristico, più di quanto possa fare un monumento.
I personaggi del suo romanzo hanno dei nomi così particolari che potrebbero richiamare a mille altre storie, sensi appunto. Pensiamo al giornalista Fattobene, il commissario Loquace, il fotografo Scattino… da dove è venuta questa idea?
I nomi dei protagonisti portano con sé qualcosa che ricorda la loro personalità. Ad esempio, il commissario Loquace si dimostrerà una persona dotata di un’abbondante dialettica, vivace e sempre pronto a farsi sentire. Lo scrittore Bentivoglio evoca una sorta di amorevole compassione. Così avviene anche con tutti gli altri personaggi, ai quali lascio al lettore la possibilità di scoprire il significato nascosto che li accompagna.
Nel suo romanzo l’ironia e la parodia (di persone, ruoli e situazioni) la fanno da padrone. In che modo è riuscita a impostare la struttura del romanzo senza mai perdere di vista questi elementi che divengono fondamentali alla narrazione?
Avere a disposizione una città come Doppio Senso, che poi fa da titolo anche al romanzo, mi ha permesso di sfruttare l’ironia come un’arma per mettere in evidenza le incongruenze del nostro vivere quotidiano. La parodia, invece, come critica per far risaltare le situazioni che possono verificarsi anche nelle nostre città.
Qual è stato il passaggio di Doppio Senso più difficile da riportare su carta?
Io penso che la cosa più difficile sia inventare una storia che si adatti a quanto vogliamo realmente comunicare. Da questo punto di vista, qualche criticità me lo ha riservato il personaggio Fermi della Polizia scientifica perché proviene da un’altra città, di nome “Univoco”, dove esiste un solo significato che si addice al contesto delle parole. Le diversità con “Doppio Senso” si notano tutte, eppure, nella storia, per un bene superiore da raggiungere, si trova un’intesa per risolvere l’indagine.
Giochiamo con le parole: il suo romanzo è da intendersi a “doppio senso”, a “senso unico”?
Il mio romanzo è a “Doppio Senso”, ma volendo ne possiamo trovare anche di più con l’uso della fantasia. Raddoppiando potremmo dire “Quadruplo Senso”, se non ci fa troppo Senso!
Quali sono gli Autori e le opere che hanno formato il suo essere “lettrice” e “scrittrice”?
È giusto fare un distinguo tra “lettrice” e “scrittrice”. Come “lettrice” ho studiato i classici, ma sono stata attenta anche alla letteratura moderna. Non ho preferenze di genere e anzi mi avvalgo di tutti i diritti del lettore indicati da Pennac. Come “scrittrice” il discorso cambia… Sono dell’idea che c’è sempre qualcosa da imparare e tutti gli autori possono contribuire. Anche chi scrittore non è puoi ispirarci storie che difficilmente troveremo nei libri. Seguire, quindi, le pagine dell’attualità, vedere come realmente le persone interagiscono con i problemi quotidiani, può aiutarci ancora di più nell’esprimere le nostre opinioni, perché, in fondo, si scrive perché si pensa di avere qualcosa di dire e per farlo dobbiamo sviluppare un nostro pensiero critico, analizzando le situazioni in modo oggettivo, mettendo in moto la nostra ragione.
Lei ha scritto diversi racconti pubblicati in numerose antologie. Ecco, quale differenza ha riscontrato tra la creazione (anche stilistica) del racconto e quella del romanzo (seppur breve)?
In un racconto bisogna condensare tutto quanto si vuole esprime in una singola storia, difficilmente si può dar vita a sottotrame. È bene quindi concentrarsi su pochi obiettivi, anche perché le parole a disposizione sono limitate. In un romanzo, invece, si possono affrontare più questioni, dando anche molto più spazio a personaggi diversi, questo però richiede molto più tempo, per questo nuove opere possono comportare anche anni di gestazione.
È previsto una sorta di sequel di Doppio Senso o delle nuove indagini del commissario Loquace?
Non lo escludo, molto dipenderà dalle richieste che riceverò dai lettori.
Quali sono i suoi prossimi progetti editoriali?
Ho almeno due romanzi in lavorazione e spero presto di poterne parlare con i lettori.