Letto per voi… “Faccia. Identità e deformità” di Antonio Marturano

La Rubrica online “Piazza Navona” è felice di presentarvi e proporvi la lettura del saggio “Faccia. Identità e deformità” di Antonio Marurano (Fefè Editore). E non perdete il consueto “Incontro con l’Autore”!

La trama

Antonio Marturano, “Faccia. Identità e deformità” (Fefè Editore, 2021)

Faccia. Identità e deformità è un breve ma intenso e denso saggio di Antonio Marturano il quale -passeggiando nella Storia incontrandone fatti, eventi e protagonisti – spiega  e racconta al Lettore la stretta, indissolubile e inestricabile connessione che vi è tra faccia, identità e deformità. Badate bene: non volto ma faccia. Ovvero non l’interiorità di una persona ma il suo vero e proprio “biglietto da visita”, la sua esteriorità, la sua faccia appunto. E cosa accade, cosa percepisce l’Altro, la società, la comunità (spesso impreparata dall’ignoranza) quando vedono riflessi ai proprio occhi non una faccia canonica ma una disegnata dalla Natura (o dall’eccessiva mano del chirurgo) in altro modo? Cosa si riflette nella psiche, nella crescita e nello sviluppo interiore di queste persone? In che modo vengono influenzati i rapporti umani? Antonio Marturano, portatore della Sindrome di Treacher Collins Franceschetti che colpisce volto e cranio, scrive di tutto questo.

Sul libro

Fefè Editore

Lo scorso 11 novembre la Fefè Editore ha pubblicato nella Collana “Superfluo Indispensabile” il saggio di Antonio Marturano (docente di Antropologia Filosofica all’Università di Roma Tor Vergata e professore di Filosofia e Storia al Liceo Artistofane della Capitale) dal titolo Faccia. Identità e deformità.

Si tratta di un piccolo volume, agile nella lettura e nel formato, che potremmo definire un pamphlet o un libello di grande valore, di profondo senso. Possiamo dire anche liberamente e tranquillamente che si aveva bisogno di un libro come questo. La nostra società ne ha bisogno. Così, per restituire un po’ di ordine, di senso. Soprattutto civico e morale. Sì, perché l’Autore nel suo saggio tratta di un argomento e di una tematica assai attuali che coinvolge tutti, nessuno escluso. Chi più e chi meno. Nel volume, infatti, il Marturano tenta non solo di spiegare ma di illustrare – anche con importanti e significativi esempi – cosa crea e cosa può innescare in una società, riprendendo il titolo dell’opera,  la triade faccia/identità/deformità. Ebbene sì, perché tutti sappiamo benissimo che la nostra “faccia” riassume il primo impatto, la prima sensazione, la prima emozione. È il nostro “biglietto da visita” all’interno della comunità e basta un nulla per farci etichettare in un modo o in null’altro. E magari entrambe queste “etichette” risultano sballate.

Antonio Marturano, “Faccia. Identità e deformità” (Fefè Editore, 2021)

Ma cosa accade quando la faccia in questione è affetta da una deformità, da un “neo”, da una imperfezione, da una malattia che la rende diversa ma anche unica? Qual è la risposta della società e del singolo individuo? E si faccia attenzione che il Professor Marturano scrive e parla di “faccia” non di “volto” ovvero, prettamente dell’esteriorità, di ciò che appare in superficie, di ciò che si vede al primo impatto, una sorta di punta dell’iceberg che nasconde e tiene in sé un mondo tutto da scoprire.

Tutto questo (e molto altro ancora) Antonio Marturano lo scrive nei tre capitoli che animano il saggio: Pragmatica della faccia, Topica della faccia e Prostetica della faccia. In essi l’Autore racconta di casi di deformità facciale più o meno noti come, ad esempio, quello Joseph Carey Merrick alias The Elephant Man (dalla cui storia è stato tratto l’omonimo film di David Lynch del 1980) affetto dalla Sindrome di Proteo, oppure quello dei gueules cassées, i soldati rimasti sfregiati dagli scontri della Prima Guerra Mondiale o, ancora, il caso del poeta simbolista Guy de Gourmont (amico di Apollinaire) la cui faccia, a causa delle cure per lenire una forma di lupus, è stata deturpata.

Joseph Carey Merrick alias “The Elephant Man” (1862 – 1890)

Tante storie, tante vite. Tra queste anche quella dello stesso Autore che, portatore della Sindrome di Treacher Collins Franceschetti, racconta con delicatezza, sensibilità, dignità e coraggio quanto ha dovuto subire e ascoltare dalla società e dalla città di origine, Taranto.

In tal modo, Faccia. Identità e deformità diventa un libro davvero indispensabile soprattutto di questi tempi. È un piccolo ma concentrato e importante volume che, con la sua scrittura semplice, niente affatto accademica e puntuale, regala al Lettore numerosi spunti di riflessione e di affacci su diverse realtà. E mai come in questi casi è vera la saggezza popolare quando afferma che l’apparenza inganna.

Incontro con l’Autore

Come è nato il progetto editoriale di Faccia. Identità e deformità?

Lo scrittore Antonio Marturano

Il progetto editoriale di Faccia. Identità e deformità è nato dall’incontro avvenuto grazie a Cosimo Cinieri, uno dei più grandi attori dell’avanguardia italiana e sua moglie la commediografa Irma Palazzo, con il collega filosofo Lucio Saviani. Era da tempo che volevo scrivere un libro sulla mia malformazione congenita e la sua collana con titoli di parti del corpo mi è parso il posto ideale per la operazione editoriale che avevo in mente. Non volevo neanche scrivere il solito libro tecnico accademico e l’impostazione della collana mi dava la possibilità di scrivere un piccolo libro esattamente con i connotati – scusi il gioco di parole – che avevo cercato, sempre sperando che al lettore sia arrivata questa mia intenzione.

Dall’idea alla realizzazione del suo libro: quale è stata la fase più complessa? E perché?

Antonio Marturano, “Faccia. Identità e deformità” (Fefè Editore, 2021)

Si trattava di mettere insieme una serie di ricordi, problematiche a volte tra loro distanti e cercare di trovare alla fine quel fil rouge che li tenesse insieme. Parlare di personalità complesse e di mondi storici così differenti tra di loro e cercare dei riferimenti alla contemporaneità non è stata cosa semplice. Poi tutto è stato scritto in due momenti, in pieno lockdown e dopo la ripresa delle attività (verso l’estate) di getto; come se tutto il lavoro di elaborazione, spesso inconscio, ormai si fosse compiuto attraverso il fiume di parole che sgorgavano naturalmente dalla tastiera.

“Faccia” e “volto”: la società di oggi, con i suoi simboli e i suoi riferimenti, quanto e come mescola questi due concetti?

Ho tentato di tenere staccati questi due concetti, a causa del forte valore simbolico della parola “volto” che mi avrebbe portato a scrivere un testo assai più ampio e complesso di quello che ne è venuto fuori, volto (oops!) soprattutto a far riflettere sui risvolti psicologici, morali e sociali delle persone che hanno dovuto subire una problematica più o meno grave relativa alla faccia.

Antonio Marturano, “Faccia. Identità e deformità” (Fefè Editore, 2021)

Parlare del volto, data la mia peculiare formazione filosofica, avrebbe significato parlare dei diversi modi di declinazione della verità (il vero volto, il volto di Cristo, e via dicendo) che interessano non solo la sfera materiale umana, ma anche quella matematica, e, infine, quella religiosa, teologica e mistica, Certo, non ho potuto in certi casi evitare delle sovrapposizioni a causa dell’uso comune di parlare in modo sinonimico di questi due concetti. Mescolare i due riferimenti avrebbe significato perdere di vista l’obiettivo che mi proponevo, cioè quello di parlare, appunto, dei risvolti psicologici, sociali e morali di una malattia poco conosciuta, la Treacher-Collins-Franceschetti – e non solo, in modo da solleticare l’interesse del lettore senza ammorbarlo con difficili questioni teologiche o matematico-semantiche.  

La faccia è il nostro biglietto da visita per la società e attraverso di essa veniamo classificati e giudicati nostro malgrado. Ma la stessa società quanto di suo, attraverso i modelli che impone, omologa e rende sempre più artificiali queste facce che sembrano tutte molto simili? E, a cosa è dovuto questo desiderio di raggiungere una “perfezione” ideale e, quindi, artificiale?

Come dico nel libro è “naturale” che le società passate, presenti e future imponga certi canoni di bellezza imposti, magari anche senza uno scopo ben preciso. Perché è stata imposta la bellezza della Venere di Botticelli e non quella della Gioconda di Leonardo (basti pensare all’infelice foto di Chiara Ferragni vicino alla Venere nella quale la nota influencer ha tentato di paragonarsi ai canoni botticelliani)? Non sono un esperto di arte, ma credo ve ne siano molteplici che riguardano certamente l’identità, ma anche certi riferimenti simbolici relativi proprio alla questione del volto come metafora della verità. La fissazione del genere umano di cercare un ideale “oggettivo” di bellezza (che rimanda all’idea comune che bello è uguale a vero) è una di quelle questioni che proprio non capisco. Per me bellezza è pluralità. Per usare una metafora: la bellezza è vedere il mondo a colori e non in bianco e nero, un mondo colorato che accetta in sé tutti i colori dell’arcobaleno. Esattamente l’opposto del modo di vedere omologato delle società consumistiche contemporanee che propongono “quel bello” e che non accetta il difetto, “l’errore”, la deformità, la vecchiaia. Prendiamo ad esempio Angiolina Jolie, che dopo la mastectomia non sembra più indicata come una icona della bellezza; è quindi affatto naturale che la Jolie abbia accettato di fare parti gotiche-noir come la matrigna di Biancaneve o Maleficent, l’angelo a cui hanno tarpato le ali. 

Dal film “Freaks” di Tod Browning (1932)

Quanto coraggio ci vuole per accettare la propria “faccia” e il proprio “volto”?

Ho impiegato circa venticinque anni e un paio di operazioni dolorosissime per accettarmi per quello che sono. Eppure, sono uno di quelli che sui propri dolori è riuscito a scherzarci sopra. Riuscire a ridere di sé stessi è importante, è una specie di processo di autoanalisi che ti porta in qualche modo a “scaricare” i tuoi impulsi peggiori. Ma riuscire a ridere di sé stessi e delle proprie disgrazie necessita di molto coraggio. Un coraggio che ho trovato in due autori Charlie Chaplin e Bertrand Russell le cui autobiografie mi hanno molto forgiato.

La scuola, la famiglia, gli educatori… In che modo è possibile aiutare ed educare, soprattutto le nuove generazioni, a non soffermarsi all’apparenza e a guardare, apprezzare il vero volto delle persone?

Antonio Marturano, “Faccia. Identità e deformità” (Fefè Editore, 2021)

Questa domanda è veramente complicata. Come docente di filosofia nei licei cerco molto di rendere le mie lezioni leggere, grazie all’uso di strumenti multimediali. Nello stesso tempo cerco di affinare lo spirito critico dei ragazzi facendogli vedere un angolo, un punto di vista spiazzante, cioè un punto di vista che loro non si aspettano. Ma questo richiede anche uno sforzo da parte degli studenti che non sempre hanno la propensione a cercare quegli elementi eterogenei di un argomento. I motivi sono tanti, tra questi, non ultimi, la condizione in cui versano le scuole e le università: pochi fondi, mal distribuiti, gestite da baronie sempre più fameliche. I metodi di insegnamento ormai superati e tecniche di rilevamento della qualità scolastica ormai abbandonati da coloro i quali li hanno creati. Il mondo scolastico è ormai diviso in due tronconi: i fervidi ammiratori di metodologie di insegnamento nuovi e coloro i quali rimpiangono i “bei tempi passati”. Pochissimi cercano il giusto blend tra “vecchio” e “nuovo”, l’unico a mio avviso che potrebbe reindirizzare la scuola verso una maggiore consapevolezza e spirito critico da parte degli studenti.

Antonio Marturano, “Faccia. Identità e deformità” (Fefè Editore, 2021)

Lei è portatore della Sindrome di Treacher Collins Franceschetti e in “Faccia. Identità e deformità”, con coraggio e sincerità, racconta anche della sua esperienza personale e delle difficoltà che ha dovuto superare. Quanto è difficile raccontare della propria malattia? E come è possibile accettarla confrontandosi con essa giorno dopo giorno?

Il libro poteva essere scritto già molto tempo fa. Al di là della occasione datami da Lucio Saviani e dall’editore Fefè, raccontare significativamente della propria malattia in modo sincero, senza retoriche mielose o astiose, ma come se fosse un momento di ricapitolazione della propria vita, aveva bisogno della lucidità e della maturità dell’uomo di mezza età, che ha fatto le sue esperienze e può, per così dire, avere un distacco dalla propria condizione. 

Oggi, al bambino e al ragazzo che è stato cosa direbbe?

Al bambino direi “sei stato fortunato ad avere una infanzia piuttosto tranquilla”; al ragazzo direi: “dai, che il peggio sta passando, e presto potrai fare ciò che desideri”. 

Antonio Marturano, “Faccia. Identità e deformità” (Fefè Editore, 2021)

E all’uomo che è diventato?

All’uomo che sono diventato direi: “non è poi andata male, se pensi che le tue aspettative erano pessime: hai una famiglia multietnica, un discreto lavoro, puoi toglierti delle soddisfazioni. E non è ancora finita…”

Lei è stato membro del Comitato di Etica della Sanità Militare Italiana. Può raccontarci di più in proposito?

Sono stato membro della Sanità Militare Italiana per qualche anno fino al suo scioglimento da parte dell’ultimo governo Berlusconi (una delle tante sciocchezze fatte da quei governi a cui non si è rimediato) che voleva democratizzare, o meglio rendere trasparente, la sanità militare italiana. Mi occupavo in primo luogo dei problemi della privacy, che in quegli anni era molto sentita. Non ci si riuniva spesso, forse una-due volte l’anno. Siamo stati tra i primi a interessarci del problema delle armi con uranio impoverito; non potemmo fare granché, perché subito dopo l’istituzione venne sciolta forse a causa degli impegni che avevamo contratto in Afghanistan.

Antonio Marturano, “Faccia. Identità e deformità” (Fefè Editore, 2021)

Quali sono i suoi prossimi impegni professionali?

Sto scrivendo un libro in inglese per Routledge su filosofia della leadership. Il libro tratta del modo in cui l’esperienza e le teorie del passato possono gettare una luce alternativa sul modo con cui pensiamo – in maniera acriticamente scientista – il ruolo del leader e di come relazionare potere (che spesso porta a essere dei leader narcisisti e deviati) e leadership: infatti la leadership si caratterizza classicamente dall’essere svicolata da ruoli formali e istituzionali di potere. Un problema ulteriore è quello della leadership carismatica che è stata studiata sempre da un punto di vista sociologico, in particolare, sotto una certa interpretazione del carisma weberiano a discapito dell’interpretazione teologica. Un altro impegno è dedicato alla ricerca sulla disoccupazione tecnologica e del suo rapporto con il reddito di cittadinanza. Quest’ultima impegno è non solo di ordine intellettuale, ma anche politico (dentro diversi enti e associazioni che se ne occupano), atta ad intercettare le dinamiche della transizione verso il digitale.

 

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