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Letto per voi… “Mu” di Nunzio Di Sarno

La Rubrica online “Piazza Navona” torna a parlarvi di Poesia presentandovi la silloge “Mu” (Edizioni Oèdipus) che segna l’esordio editoriale dello scrittore napoletano Nunzio Di Sarno. Componimenti liberi che divengono un manifesto di un modo di intendere e comprendere la vita e il proprio sé. E non perdete l'”Incontro con l’Autore”!

La trama

Nunzio Di Sarno, “Mu” (Edizioni Oèdipus, 2020)

Un monaco chiese a Joshu:
“Un cane ha la natura di Buddha?”
Joshu rispose: “Mu”

Mu è la prima silloge edita dello scrittore napoletano Nunzio Di Sarno. Si tratta di una raccolta di poesie di  circa 110 componimenti nati e favorevolmente contami(nati) dal suo interesse e oggetto di studio per lo Yoga, il Tai Chi e il Buddhismo Zen. Un viaggio intimo che l’Autore compie attraverso i suoi versi scritti in italiano e in inglese portandoci nel macrocosmo e, al tempo stesso, nel microcosmo della società producendo interessanti spunti di riflessione e immagini nitide e limpide del proprio universo poetico, letterario e umano.

Sul libro

Nell’agosto 2020 la Casa Editrice Oèdipus pubblica nella Collana “Intrecci” la silloge Mu ovvero l’esordio letterario ed editoriale del docente e scrittore napoletano Nunzio Di Sarno. Si tratta di circa 110 componimenti suddivisi in quattro sezioni o parti.

Edizioni Oèdipus

La prima cosa che viene da chiederci è: da dove deriva questo titolo così particolare? La risposta si ritrova nel Buddhismo Zen. Mu, infatti, deriva dal Kōan ovvero una pratica meditativa messa in atto attraverso una affermazione o un racconto utili a sviluppare una riflessione o meglio una meditazione e, quindi, una maggiore consapevolezza del sé e del mondo circostante. Lo scrittore e filosofo Robert M. Pirsig così afferma che

Mu significa «nessuna cosa». Come «Qualità», mu punta il dito fuori dal processo di discriminazione dualistica, dicendo semplicemente: nessuna classe, «non uno, non zero, non sì, non no». Afferma che il contesto della domanda è tale per cui la risposta sì o la risposta no sono errate e non dovrebbero essere date. Il suo significato è: «Non fare la domanda».

Così, sin dal titolo si evince l’influenza di una filosofia orientale e, quindi, di un approccio molto profondo alla scrittura, alla poesia e ai suoi versi.

Nunzio Di Sarno, infatti, apre la sua silloge con un vero e proprio Manifesto:

Scrivo perché la poesia è visione
Il primo passo per la trasformazione

Scrivo perché la parola è una traccia
E il suono è operativo

Scrivo perché la beatitudine è bellezza
E il vuoto è compassione

Scrivo perché Milarepa cantava

“Mu” in cinese

Parola dopo parola e verso dopo verso la profondità d’animo e la riflessione di Di Sarno arrivano a colpire il cuore e la mente del Lettore trovando in esse riparo, conforto ma anche stimolo alla visione di una realtà altra rispetto alla propria visione abituale e abitudinaria.

L’Autore attraverso i suoi componimenti si schiera fiero contro ogni immobilità, soprattutto morale, storica (pensiamo alla poesia 25 Aprile) e d’animo, alla perpetua ricerca di un posto per il proprio sé perché

Dove non c’è Spazio per il Vuoto
La Parola non può toccare il Cuore.

La poetica di Di Nunzio diviene un inno alla presa di posizione e di coscienza del proprio sé al di là di ogni limite e di ogni (im)posizione sociale. È una dichiarazione d’amore e di lotta alla vita, alla necessità di comprenderla e afferrarla con ogni mezzo senza mai abbandono, senza mai prevaricazione. Uno sguardo all’interno e all’esterno del proprio sé tradotto in parole che divengono immagine, quiete, tempesta e che, però, vengono limitate a quel Lettore che, non conoscendo la lingua inglese, non può goderne e apprezzare nella totalità le sue intenzioni.

Nunzio Di Sarno, “Mu” (Edizioni Oèdipus, 2020)

Scegli di non lasciarti cullare dal torpore
Scegli di coltivare la Vita in ogni forma
Scegli di ripulire l’ambiente interno ed esterno
Scegli di aiutare gli altri se ne sei capace
O almeno di non aumentarne la sofferenza
Scegli di comprendere la tua Mente
Perché il Mercato è come l’acqua e si adatterà
Sempre e comunque alle nostre zucche vuote

Ecco: scegliere. Questa, forse, è la sintesi e la parola chiave della silloge Mu. Scegliere di riflettere, di vivere, di non abbandonarsi alla noia, alle nebbie e alle oscurità della vita, di rimanere saggi e folli, consapevoli. Di non tradirsi. Di cercare la propria verità in sé. E di trovare nell’incertezza insita e imprescindibile della vita il proprio equilibrio. Il proprio saper vivere. Unico e inimitabile.

Incontro con l’Autore

Lo scrittore Nunzio Di Sarno (Per gentile concessione di Nunzio Di Sarno)

Come è avvenuto il suo incontro con la Poesia?

I primi tentativi risalgono ai tempi del liceo, poi degli haiku che si giocava a improvvisare ai primi anni di università. Ma di tutti questi versi non sono rimaste tracce scritte, credo nemmeno molte nella mia memoria. Le prime tracce risalgono al 2011, che fu l’anno in cui scrissi la mia prima raccolta, con una poetica differente da Mu, anche se in nuce c’era tutto quello che sarebbe venuto più chiaramente alla luce in seguito. Lì era molto presente la Macchina, come stato burocratico, tecnologico che va oltre i confini e la politica e non ha cuore, a dispetto di quello che pensavano le BR. Forse sarà la prossima raccolta che pubblicherò.

Come ha scelto il titolo della sua silloge? Qual è il suo significato?

Mu è uno dei Koan più conosciuti della scuola Rinzai di zen giapponese. È un concetto che contiene gli opposti, un sì e no condensati, ma allo stesso tempo è la spinta a trascenderli. Spinta che scaturisce dalla meditazione sulla domanda “Un cane ha la natura di Buddha?” e la risposta “Mu”. La meditazione sul koan apre al discepolo la nuova via, una frattura che lo porta al satori. Il richiamo nel titolo e la citazione in apertura mostrano un sentiero e una dinamica che mi sono cari e che perseguo da tempo per quello che è nelle mie possibilità: immergersi nella dualità di corpo, parola e mente, sperimentando allo stesso tempo la trascendenza che non è allontanarsi ma scendere sempre più a fondo, per vivere ciò che di norma non è visto né sentito, se non raramente e dopo tempo nelle sue conseguenze.

Poesia “25 Aprile” di Nunzio Di Sarno

L’astrattismo, lo Yoga, lo spiritualismo sono sue aree di studio. Quanto e come hanno influenzato la sua poetica e il suo stile?

L’astrattismo nella sua connessione con lo spiritismo e lo spiritualismo in chiave antipositivista è stato oggetto della mia tesi di laurea in lingue e letterature straniere. Lo yoga invece, oltre ad averlo praticato per anni, insieme al qi gong e alla meditazione è stato al centro della mia ricerca della seconda tesi sul Parkinson, per la laurea in psicologia. Sono tutte e due strumenti di conoscenza, che possono risentire o meno dei momenti storici che li vedono più o meno in voga. Il punto è adattarsi ai cambiamenti, rimettendosi in discussione alla luce delle nuove scoperte. Penso alle neuroscienze, che se da un lato confutano delle teorie, dall’altro stanno dando credibilità e visibilità alle pratiche, che spesso sono state liquidate come credenze. Si pensi alle mappe cerebrali e agli studi sulla meditazione, sui lama tibetani o sui monaci. Questo confronto continuo tra scienza e filosofia realizzativa è alla base della mia vita, della mia poetica e del mio stile, che finisce per fluire naturalmente dalle prime due.

Nella sua silloge molte poesie sono scritte in lingua inglese: a cosa è dovuta questa scelta?

La scelta è dovuta allo studio universitario, alla versatilità della lingua e alla sua diffusione. Oltre al fatto che la insegno pure e la parlo quando viaggio. È la lingua che conosco di più dopo il napoletano e l’italiano.

Seguendo la sua esperienza, come nasce una Poesia?

Nunzio Di Sarno, “Mu” (Edizioni Oèdipus, 2020)

Per me nasce dilatando lo spazio dell’intuizione. Abitandolo e dando pian piano forma a quello che arriva. Per quanto posso cerco di affinare questa dinamica che approfondisce sempre di più e chiarisce la relazione tra corpo, parola e mente.

Qual è la poesia che avrebbe voluto scrivere? E perché?

Visto che scrivo in base all’intuizione, non mi viene da pensare cosa avrei voluto scrivere.

Mu è la sua prima pubblicazione: cosa si aspetta da questo primo progetto editoriale?

Mi aspetto che possa arrivare a più persone possibili, nonostante i limiti imposti dal covid e la totale assenza di una promozione da parte della mia casa editrice, pur essendo una piccola casa editrice non a pagamento e abbastanza considerata nell’ambiente. Credo e spero sia possibile per i diversi piani di lettura a cui si presta l’opera e perché priva di pose e romanticismi, pur nella sperimentazione e nella ricerca continua sia animata da dinamiche vitali, sempre esperite. Questo immagino arrivi immediatamente al lettore. 

Secondo lei, oggi la Poesia quale posto occupa nel panorama letterario ed editoriale contemporaneo? Si potrebbe fare qualcosa di più per avvicinarla ancor di più al grande pubblico?

Nunzio Di Sarno, “Mu” (Edizioni Oèdipus, 2020)

Per farsi un’idea, basta entrare in una libreria qualsiasi e vedere dove e come hanno localizzato lo scaffale “Poesia”. Da un lato, anche grazie ai social, si è arrivati a raggiungere molte persone, andandogli incontro con tematiche e strutture trite. In soldoni alla gente si dice quel che vuol sentirsi dire, così che sia rassicurante e non crei traumi, fratture e nuove aperture e visioni che alle prime potrebbero essere destabilizzanti, ma poi sarebbero rivoluzionari e trasformatori. Tra i rappresentanti di queste flaccide poetiche, che molto vendono e di cui si conoscono e riconoscono i volti, al di là delle differenze, si mantiene un comune sentire romanticamente conservatore. Dall’altro ci sono i circoletti di poeti che si recensiscono e si leggono a vicenda, che cercano rimandi storici o letterari, muovendosi per lo più tra macerie, senza averle né prodotte né digerite. Qui c’è ancora meno vita, ecco perché non arrivano ad avere gli stessi numeri dei precedenti. Infine c’è la Slam poetry che è cabaret. Perché ai nostri giorni bisogna intrattenere e far ridere, con quel pizzico di cinismo che crea quella distanza sempre rassicurante, ma stupidamente devitalizzante. Poi poco sopravvive. Questo è il massimo del capitalismo: puro consumo. La poesia arriva al grande pubblico solo dopo che lo si è imboccato col cucchiaino. Troppo spesso ci arriva per automatismo inconscio. Si pensi alla vita e alle opere di Van Gogh, Frida Kahlo, Rimbaud, Pasolini…

Nunzio Di Sarno, “Mu” (Edizioni Oèdipus, 2020)

Quali sono gli Autori e le opere che hanno formato il suo essere “scrittore” e “lettore”?

Molto sinteticamente. Dai 16 anni i poeti francesi dell’Ottocento. Dai 19 quella che va sotto il nome di Beat generation, ma che comprende scrittori molto diversi tra loro (Kerouac e Burroughs erano molto differenti per esempio). Poi Miller, Celine, Basho Issa e gli scrittori di haiku giapponesi, i testi sacri soprattutto orientali, i canti sciamanici, le opere del vajrayana, il blues, i canti popolari.

Quali sono i suoi prossimi impegni professionali ed editoriali?

Vorrei chiudere diverse raccolte ancora incomplete ed un lavoro su versi e immagini che sto portando avanti su alcuni siti da giugno, in modo intermittente. Spero che mi arrivi una buona proposta per la prossima raccolta, per cui ho avuto finora risposte positive sempre però da piccole case editrici, più o meno simili a quella di Mu, che nonostante la serietà hanno troppo spesso una distribuzione ed una promozione pessime. Poi progetti scientifici in progress, legati alla laurea in psicologia clinica che ho conseguito da poco. Sperando che il mammut burocratico della nostra bella penisola non mi rallenti troppo.

 

 

 

 

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