Dame Maggie Smith dal Teatro al Cinema veste ancora una volta i panni di Mary Shepherd ovvero dell’insolita “vicina di casa” di Alan Bennett.
Trama
Londra. Camden Town. Tra il 1974 e il 1989 il noto commediografo Alan Bennett (Alex Jennings) dopo esserci in questa cittadine situata a Nord di Londra stringe una insolita e bizzarra amicizia con l’anziana senzatetto Miss Mary Shepherd (Maggie Smith). Si tratta di una signora dall’oscuro passato ma che vaga per il paese alla guida del suo scalcinato Van Bedford. Solo in un secondo momento ci è permesso di scoprire qualcosa di questa burbera signora: si tratta di una musicista cui, una volta ritiratasi in convento, viene vietato ogni contatto con la Musica perché “è Dio che ha scelto così”. Ha quasi un esaurimento nervoso e suo fratello non sapendo come gestirla la fa rinchiudere in un manicomio da cui fugge. Ed è da questo momento che cambia per sempre la sua vita. Infatti, nel suo furgoncino ferma ad un incrocio ha un incidente mortale con un ragazzo che si schianta sulla sua auto. La donna, però, spaventata e credendosi colpevole lascia lì il corpo e inizia quella fuga e quella ricerca di un nascondiglio che non l’abbandonerà più. Ed è così che Miss Shepherd arriva nella cittadina dell’upper class londinese di Camden Town dove di volta in volta staziona con il suo Van davanti le case del vicinato che le offre sostegno pur non tollerando troppo la sua presenza.
A cambiare le carte in tavola è l’arrivo di Alan Bennett nel quartiere con il quale sin da subito la donna sembra stabilire un contatto fin quando non si stabilisce con il suo furgone nel vialetto della casa dello scrittore. La donna sarebbe dovuta rimanere qui solo tre mesi e invece è qui che trascorre i suoi ultimi quindici anni di vita. Nel frattempo Bennett porta avanti la sua carriera, si prende cura come può della madre malata di Alzheimer che poi sarà costretto a mettere in un ospizio provocando in lui un senso di fallimento filiale. Ma l’amicizia con la “vicina di casa” si fa sempre più intensa e lo scrittore, anche scrivendone, sembra essere il solo a mantenere un dialogo con lei, a capirla, a comprenderla prendendosi – a suo modo – cura di lei, preoccupandosi e portandole dei fiori. Eppure i due non si sfiorano mai. Solo la sera prima di morire tra i due c’è una sorta di dialogo chiarificatore e quella stretta di mano che suggella un’Amicizia, anzi, quell’Amicizia che è così rara da continuare a vivere e ad esistere al di là di ogni barriera spazio-temporale.
Trailer
Sul film
La versione cinematografica di The Lady in the Van nasce dall’omonimo testo teatrale che Alan Bennett scrive nel 1999 (ottenendo una nomination al 2000 Olivier Awards come Miglior Commedia dell’anno). A interpretare il ruolo della protagonista è proprio Maggie Smith (affiancata da Nicholas Farrell e Kevin McNally nei ruoli di Alan Bennett da giovane e da uomo maturo) che Nicholas Hytner porta in scena al Queen’s Theatre di Londra. Circa quindici anni dopo lo stesso regista decide di trasferire la commedia sul grande schermo ancora una volta con la presenza di Maggie Smith che viene affiancata, per il ruolo di Alan Bennett, da Alex Jennings. Ed è bene ricordare che questa rappresenta per Maggie Smith la terza interpretazione del ruolo di Miss Shepherd poiché dieci anni dopo il teatro, nel 2009, l’attrice torna a ripetere le sue battute per la BBC Radio 4.
Certamente la particolarità di questo film è senza dubbio la sua radice teatrale che non viene persa nella sua trasposizione per il grande schermo come si può notare nei dialoghi, nel loro ritmo e nella scenografia facendoci quasi respirare quel buon odore di “polvere di palcoscenico”. Ma non solo: tutto questo è sicuramente (e forse volontariamente) accentuato dalla presenza della stessa Maggie Smith e di Alex Jennings che hanno reso grande il Teatro inglese (e non solo!) e dalla sceneggiatura che è curata dallo stesso Bennett.
Potremmo spingerci anche un poco oltre e dire che sia Bennett sia Nicholas Hytner abbiano voluto operare una duplice azione metateatrale e metacinematografica. Nel primo caso, attraverso questa scrittura l’autore svela un poco quali sono e come funzionano i “trucchi” teatrali, come operano e come si dispiegano rimanendo sempre fedeli a sé stessi. Nel secondo caso, invece, ci si riferisce ad una delle scene finali in cui si mostra il set durante le riprese e l’arrivo in bicicletta del “vero” Alan Bennett sul set che assiste alle prove e allo svelamento della targa che ha voluto apporre sulla sua casa in memoria dell’amabile scorbutica “Mary Shepherd 1971-1989”. Solo in alcuni momenti il regista si getta totalmente nel cinema ed è in quei brevi e rapidi flashback che non poco distraggono dall’andamento della vicenda e che, forse, avrebbero potuto essere tolti od organizzati diversamente poiché non fondamentali alla narrazione.
Un altro elemento molto importante che fa di questo film assolutamente unico nel suo genere è anche il mescolarsi della commedia con il dramma sino a sfociare nel surrealismo più totale. Questo lo si può notare più volte durante lo svolgersi del film, in particolar modo nello sdoppiamento di Alan Bennett ovvero nel Bennett che scrive e in quello che vive. E molto intensi e interessanti sono le battute e i dialoghi che si svolgono tra “i due” creati su un impeccabile humour britannico e cinismo. Ma il massimo del surrealismo si ha al cimitero, dopo la morte di Mary quando i due Bennett incontrano lei e il suo nuovo amico: quel ragazzo che si è ucciso schiantandosi contro il suo furgone che, finalmente, le ha potuto dire che la sua fuga di una vita è stata inutile perché lei è sempre stata innocente. Ma non solo: qui la donna riprende i Bennett perché fanno flirtano con un giovane becchino reclamando la scena tutta per sé e chiedendo finalmente di incontrare il Signore: che letteralmente la accoglie in Cielo!
Tutto questo per capire quanto è stato bizzarramente importante questo incontro per lo scrittore britannico che grazie alla sua amica ha capito che Non si mette sé stessi in ciò che si scrive. È lì che trovi te stesso. Ed è proprio grazie a questo incontro/scontro durato quindici anni con questa anziana, scorbutica, acida signora dal cuore d’oro e dal passato burrascoso e doloroso che Bennett riesce a rendersi conto della bellezza della vita e della scrittura tornando ad essere un solo sé stesso. Senza più doppioni ma autenticamente e unicamente sé stesso.
Ed è per la genialità della messinscena cinematografica che The Lady in the Van è stato presentato con buon successo al Toronto International Film Festival e al Festival del Cinema di Torino (nella sezione Festa Mobile) eppure al botteghino non sembra aver dato i risultati sperati. Forse perché il film è troppo legato alla sua matrice teatrale. Ma questo dovrebbe essere un valore aggiunto per un film interpretato da attori del calibro di Dame Maggie Smith (sempre eccellente e candidata al Golden Globe e al British Academy Film Awards per questa sua generosa interpretazione) e di Alex Jennings. Un film assolutamente da (ri)vedere, da apprezzare e da scoprire e con esso la magia, la scrittura e la fantasia del Teatro. Di quel Teatro che, ancor più del Cinema, sa rendere tutto così umano, vero. Reale.
Voto 3,5/5
Scheda tecnica
Titolo originale: The Lady in the Van
Regia: Nicholas Hytner
Cast: Maggie Smith, Alex Jennings, Gwen Taylor, Roger Allam, Frances de la Tour, Nicholas Burns, Pandora Colin.
Soggetto: tratto dall’omonimo testo teatrale di Alan Bennett scritto nel 1999.
Sceneggiatura: Alan Bennett
Montaggio: Tariq Anwar
Fotografia: Andrew Dunn
Musica: George Fenton
Paese: Regno Unito
Anno: 2015
Durata: 104 min