Jean-François Niceron in mostra a Roma. L’anamorfismo e il magico “inganno” delle immagini riflesse

". Curiose riflessioni. Jean-François Niceron, le anamorfosi e la magia delle immagini"
“Curiose riflessioni. Jean-François Niceron, le anamorfosi e la magia delle immagini”

La Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini ospita la mostra Curiose riflessioni. Jean-François Niceron, le anamorfosi e la magia delle immagini” curata dai Conservatori Maurizia Cicconi e Michele di Monte.

Questa mattina si è svolta nella Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini l’anteprima stampa della mostra Curiose riflessioni. Jean-François Niceron, le anamorfosi e la magia delle immagini che sarà aperta al pubblica dal 7 marzo al 10 giugno 2018.

La rubrica online “PIAZZA NAVONA” – ringraziando ancora dell’invito – non poteva proprio mancare a questo importante e interessante “incontro d’Arte”.

Nella sala ottagonale in cui è allestita la mostra si ripercorre – leggendo frasi del matematico e Artista Niceron e del drammatrurgo William Shakespeare, un breve ma intenso viaggio nel mondo dell’illusione ottica. Anzi, dell’anamorfismo. Ma vediamo più da vicino di cosa si tratta. La parola anamorfismo deriva dal greco composta da ana- e mórfosis ovvero forma ricostruita.

Chiara Ricci all'anteprima stampa della mostra
Chiara Ricci all’ingresso dell’anteprima stampa della mostra

Michele Di Monte, curatore della mostra e docente universitario di Teoria e tecniche della comunicazione estetica durante la conferenza stampa aggiunge:

L’anamorfismo è una parola greca che compare per la prima volta in un trattato della metà del Seicento per poi venire riscoperta in tempi abbastanza recenti. Significa sostanzialmente: rigenerazione della forma. La parola coglie sia la dimensione di illusione ottica sia il ruolo che lo spettatore esercita in questa complessa combinazione di aspetti. Poi sino al XVIII secolo l’anamorfosi vive un periodo di bassa fortuna per venire riscoperta in termini relativamente recenti, ovvero a partire con il Surrealismo. Si basa essenzialmente sulla natura del nostro rapporto con l’Immagine, sul modo in cui guardiamo l’immagine, sulla dimensione problematica di questo rapporto.

Di questa forma d’Arte Jean-François Niceron è un vero maestro. L’Artista francese per realizzare le sue opere si serve dei suoi studi matematici e del suo interesse per la geometria e l’ottica. Inizia a dipingere le sue opere dai soggetti deformati a partire dal 1630. La sua carriera si divide tra Parigi e Roma dove insegna matematica presso il Collegio dei Minimi di Trinità dei Monti senza tralasciare la stesura dei suoi trattati, delle sue analisi di studio e delle sue teorie. Il suo primo trattato noto con il titolo La Perspective curieuse risale al 1638 scritto in francese per garantirsi una diffusione più capillare e ampia.

Jean-François Niceron , "La Perspective curieuse, ou magie artificielle" - 1638 (Ph. Chiara Ricci)
Jean-François Niceron , “La Perspective curieuse, ou magie artificielle des effects merveilleux ” – 1638 (Ph. Chiara Ricci)

Afferma Michele Di Monte a tal proposito,

Questo trattato viene pubblicato in francese nel 1638 proprio l’anno (o poco prima) in cui Pietro da Cortona sta per concludere il grande affresco del salone di Palazzo Barberini. Peraltro tale affresco, sotto certi aspetti di carattere proiettivo e geometrico, è esso stesso seppur in modo diverso una anamorfosi. Sulla base di questo affresco poi ci saranno degli sviluppi. Basti pensare alla volta di Sant’Ignazio di Loyola di Andrea Pozzo dove questo genere di decorazione barocca trova un punto d’incontro con l’ottica secentesca e produce quel tipo di effetto che tutti conosciamo. È un trattato che si avvicina contemporaneamente ai teorici della Matematica, della Geometria e degli studiosi di Ottica (come Cartesio, che tra l’altro era un estimatore di Niceron) ma anche a Pittori e ad Artisti.

Michel Lasne, "Ritratto di Jean-François Niceron" - 1640 - 1642.(Ph. Chiara Ricci)
Michel Lasne, “Ritratto di Jean-François Niceron” – 1640 – 1642.(Ph. Chiara Ricci)

Lo scopo di questo testo è probabilmente la sintesi di tutto quanto esposto in questa meritevole esposizione dove il legame tra Scienza – Immagine e Spettatore probabilmente non è mai stato così intimo e allo stesso tempo labile. Al limite dell’inganno.

La Dottoressa Flaminia Gennari, Direttore delle Gallerie Nazionali d’Arte Antica di Palazzo Barberini e Palazzo Corsini così introduce la mostra e il nostro incontro con Niceron.

Sono esposte opere che richiedono un tipo di strumento per osservarli. Accanto a questi dipinti sono stati scelti dei libri e degli oggetti che provengono dalla Biblioteca Tiziana, dalla Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanuele II per raccontare questa pittura prospettica a Roma nel periodo in cui furono realizzati anche i grandi capolavori, le grande opere della nostra Collezione. Come si può vedere vedete dall’allestimento che si è scelto di fare è una sorta di visione al microscopio sia delle nostre Collezioni ma anche del modo di lavorare. Stiamo scendendo anche nell’esplorazione del rapporto tra Scienza e Arte, ovvero uno dei temi cui stiamo lavorando in questo 2018.

E non è un caso che si sia scelto proprio Palazzo Barberini per allestire questa mostra. La nobile famiglia romana, infatti, a partire da Urbano VIII, come ci racconta Michele Di Monte,

Ha dimostrato molteplici interessi e molteplici attività politico-tattico-strategico ma anche culturali per i progressi della Scienza. Basta ricordare i rapporti, prima amichevoli poi più travagliati, tra lo stesso Urbano VIII e Galileo Galilei. Inoltre, dai documenti sappiamo che nelle collezioni della famiglia Barberini già dagli ultimi anni Venti del Seicento compaiono alcuni esemplari di questi strumenti ottici.

"Anamorfosi catottrica. Ritratto di re Luigi XIII" - 1635 ca. (Ph. Chiara Ricci)
“Anamorfosi catottrica. Ritratto di re Luigi XIII” – 1635 ca. (Ph. Chiara Ricci)

Nella mostra si possono ammirare cinque opere anamorfiche di Niceron e due dei suoi trattati pubblicati (il già citato La Perspective curieuse, ou magie artificielle des effects merveilleux e la postuma Thaumaturgus Opticus seu Admirada Optices, per radium directum… ) e non si può far altro che ammirare tale genio. È incredibile quanto questi studi e queste opere di quasi quattrocento anni fa siano così attuali, moderne e di come il rapporto con lo spettatore si crei – assieme all’immagine che si osserva – così unico e individuale. Ognuno è solo davanti a queste opere poiché è il nostro occhio, la nostra altezza, il nostro punto di vista a doverle ricreare e seppur il soggetto è uguale per tutti la loro riflessione al nostro occhio è personale e diversa da ogni altra.

Aggiunge Michele Di Monte per sottolineare l’importanza e la particolarità di questa mostra:

Il senso di questa iniziativa sta nel far vedere al pubblico delle opere che normalmente non si vedono in un duplice senso: da una parte perché sono degli anamorfici e per poter diventare visibili hanno bisogno di questa strumentazione, di questi specchi cilindrici che consentono di ricostituire l’immagine che in quanto anamorfica è distorta e si ricompone soltanto attraverso la riflessione nello specchio; dall’altra perché questi dipinti sono conservati in un deposito proprio perché sarebbe difficile esporli in queste condizioni e non si vedono quasi mai. Perciò abbiamo colto quest’occasione che, come diceva pocanzi il Direttore, il nostro programma è concentrato proprio sui rapporti tra produzione artistica, Immagine e Cultura scientifica (in particolare matematica e geometria) e sembrava una coincidenza perfetta perché questi rapporti si stringono in un nesso molto denso e proficuo dal punto di vista creativo proprio in questo periodo. Basterà ricordare che la pubblicazione del trattato più importante di Jean- François Niceron, l’Autore di queste anamorfosi e che ne teorizza la pratica da un punto di vista tecnico-scientifico-ottico-geometrico. In questo testo ne descrive proprio i metodi attraverso cui si possono realizzare queste opere. L’idea dell’illusione, l’idea dello spostamento e della mobilità del punto di vista, l’idea stessa che lo spettatore debba essere un soggetto (un occhio) in movimento e non più statico è in qualche modo il risultato convergente delle ricerche di carattere storico-artistico o estetico-figurativo e allo stesso tempo della Geometria proiettiva e dell’anamorfosi.

"Gioco ottico", 1642. (Ph. Chiara Ricci)
“Gioco ottico”, 1642. (Ph. Chiara Ricci)

Per quanto riguarda gli strumenti ottici indispensabili per la riproduzione e la fruizione delle opere Michele Di Monte precisa:

Da noi non si sono conservati gli strumenti con cui veniva realizzata la riflessione ma dovevano essere molto simili a quanto esposto. Dalle descrizioni conservate sappiamo che questi oggetti dovevano essere realizzati in vari materiali: più tipicamente erano di metallo, di acciaio lucidato ma anche in argento o in vetro rivestito all’interno. Tali cilindri poi venivano calibrati in rapporto geometrico le loro esatte dimensioni per poter riformare l’immagine.

"Anamorfosi catottrica. San Francesco di Paola", 1635 ca. - (Ph. Chiara Ricci)
“Anamorfosi catottrica. San Francesco di Paola”, 1635 ca. – (Ph. Chiara Ricci)

L’inganno dipende sempre dalle intenzioni. L’anamorfosi è un inganno innocente: è un inganno che è fatto per poter essere subito dopo scoperto. È lì che si innesta la meraviglia: nel momento del riconoscimento.

Non c’è proprio che dire: Curiose riflessioni. Jean-François Niceron, le anamorfosi e la magia delle immagini è assolutamente una mostra da non perdere. E che non vi ingannino le apparenze: nulla è mai come sembra. E la magia dell’Arte è tutta qui!

 

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