La Rubrica online “Piazza Navona” vi presenta il libro Realtà probabilmente alcoliche di Andrea Costanza (Catartica Edizioni). Un uomo e le sue riflessioni al bancone di un bar, con se stesso e con (sur)reali compagni di viaggio. E non perdete l’Incontro con l’Autore!
La trama

Un uomo seduto al bancone del bar. Incontri reali e surreali. Ubriachezza e lucidità. Sogno e realtà. Tutto questo Andrea Costanza racconta nel suo Realtà probabilmente alcoliche. Un romanzo composto da cinque capitoli che diventano cinque racconti ben articolati in cui l’uomo è preda delle sue riflessioni ma anche di se stesso, del suo cinismo e della sua irriverenza. Pagine che regalano pensieri in libertà non privi di fondamento che lasceranno il Lettore preda di molteplici domande e in bilico sul filo sottile dell’(in)immaginabile (ir)realtà. Sarà tutto vero? Tra un ballo di gruppo, una robusta bevuta, strade maleodoranti e pericolose, mostri “umani” e “mentali”, la ricerca di un lavoro e il (dis)inganno di una vita ancora da vivere pur senza sapere come… A cosa siamo disposti a credere? Cosa siamo disposti a cedere? E in tutto questo… dove ci ritroviamo? Forse persi proprio nel liquido forte di un bicchiere e nel fumo di una sigaretta. Oppure…
Sul libro

Nell’ottobre 2022 Catartica Edizioni pubblica nella Collana “In Quiete” l’ultima opera di Andrea Costanza dal titolo Realtà probabilmente alcoliche. Già il titolo ben suggerisce il tenore di questo romanzo facendoci osservare – come fosse lo spioncino di una porta – cosa e chi andremo a scoprire. Ed è così che Realtà probabilmente alcoliche prende vita. Proprio a partire dal suo titolo assolutamente ben azzeccato. Il libro, articolato in cinque capitoli che si fanno racconti che potrebbero avere una vita totalmente autonoma e compiuta, raccoglie le riflessioni, i pensieri, il cinismo (spesso molto vicino alla cattiveria), l’irriverenza, la sfacciataggine del protagonista. Quest’ultimo verrà visto dialogare con un Dio che profuma di fumo e di zolfo, con i propri demoni, con i propri silenzi, con i propri amici… sempre mantenendo un certo distacco, una certa distanza come se non volesse penetrare nel vivo della vita pur essendone – suo malgrado – parte e, appunto, protagonista.

Da qui nascono le sue numerose riflessioni. A volte pensate o espresse a bassa voce, altre letteralmente gridate e sbattute sulla faccia del proprio interlocutore come un sonoro ceffone. Non c’è misura. Non c’è equilibrio. Il tanto si mescola nel niente così come il caos nella calma. Da qui Andrea Costanza racconta della confusione e del trambusto di un’anima apparentemente confusa eppure estremamente lucida. Questo lo dimostrano i suoi dialoghi, il suo scambio di opinioni con i suoi interlocutori, in particolar modo con il banconista che è molto più di quanto sembra. Dio? Il diavolo? Consolatore? Tentatore? Certo è che molto somiglia al banconista Lloyd del celebre (e splendido) film Shining diretto da Stanley Kubrick nel 1980. In essi, infatti, si ritrova la stessa ambiguità e stranezza. Entrambi risultano essere inquietanti e saldamente poggiati al limite tra realtà e surrealtà di una dimensione umana e non umana. Ma la scrittura di Costanza ci regala ancora dell’altro. Pagina dopo pagina, infatti, numerosi appaiono – più o meno volontariamente – i riferimenti o accenni ai pensieri, alle riflessioni, ai ragionamenti puramente pirandelliani. Il protagonista del nostro Autore più volte mette in discussione se stesso, la sua immagine sia in quanto soggetto che osserva sia in quanto oggetto osservato chiedendosi dove sia la verità, e quale sia:

Il senso è che lei, lei lei, dice di essere lei, cioè l’immagine riflessa su di me, però magari si sbaglia, magari ha un’idea di sé che non corrisponde non solo a ciò che lei è davvero, ma anche all’idea che di lei hanno gli altri di cui ignora completamente l’esistenza. Pertanto il riscontro non coincide. Chiaro il concetto?
Così, il protagonista prende pian piano ma sempre più inesorabilmente coscienza della crudeltà e delle beffe della vita. È pronto per affrontarle persino con divertita rassegnazione perché la vita sa essere veramente assurda. E Andrea Costanza nel suo Realtà probabilmente alcoliche si spinge molto oltre servendosi di uno stile e di un linguaggio che mordono lo spazio bianco del foglio così come la mente del Lettore. In tal modo il linguaggio diviene mezzo e strumento per tracciare un disegno di questa confusionaria assurdità. Esso è irriverente, cinico, spregiudicato, insolente, sfacciato, derisorio, irrispettoso… come arma di difesa e, allo stesso tempo, di attacco. Così, il protagonista affronta se stesso e il mondo cercando un punto di incontro ben sapendo che il rischio di essere sopraffatto è molto, molto alto. Chi vincerà mai? Ma esistono vincitori nella vita? E a quale prezzo, a quale compromesso?

Questo è il cuore di Realtà probabilmente alcoliche ed è attorno a queste riflessioni che si muove l’azione che diviene persino secondaria, non fondamentale. E tutti i dialoghi e le riflessioni del protagonista seppur a dispetto di un linguaggio a volte sin troppo colorito (e non ce ne sarebbe stato affatto bisogno in taluni casi tanto sono importanti le sue parole ancor più del loro tono e dei suoi atteggiamenti sopra le righe) diventano l’anima di queste realtà probabilmente alcoliche. Forse alcoliche, forse alterate dal tanto bere…ma sensi di (sur)realtà con cui tutti noi, poi o meno con piacere, abbiamo fatto i conti. E sono conti che, ahinoi, non tornano quasi mai.
Incontro con l’Autore
Come è nato il suo interesse per la scrittura?
Scrivendo mi illudo di scacciare via la noia, di allontanarla il più possibile. L’ordinaria quotidianità è piena di eventi che si ripetono, di cose banali. Evado.

Come è nato il progetto editoriale di Realtà probabilmente alcoliche?
Per caso. Quando scrivo mi faccio guidare dall’istinto, dall’intuito, dalla voglia di sperimentare.
In alcuni passi del suo libro si toccano vette pirandelliane. È solo un caso o effettivamente Luigi Pirandello ha in qualche modo ispirato la sua scrittura e i suoi concetti?
La ringrazio per il complimento. Non so dirle se mi abbia ispirato. I miei concetti traggono ispirazione da quello che vedo e sento. Le persone. Le loro, le nostre vite. Le contraddizioni. Le ipocrisie. Questo mondo non mi piace.
Se dovesse descrivere con soli tre aggettivi il suo Realtà probabilmente alcoliche, quali userebbe?
Grottesco. Sporco. Malinconico.

Da cosa ha tratto ispirazione per la costruzione delle storie e dei personaggi di Realtà probabilmente alcoliche?
Sono i personaggi che vengono a trovarmi, non vado io dai personaggi. Mi limito a prendere nota raccontando quello che hanno da dirmi.
Qual è stata la fase più difficile nella costruzione e realizzazione del mondo di Realtà probabilmente alcoliche?
Capita spesso di avere momenti di blackout. Si interrompono le comunicazioni con i personaggi e le loro storie e mi fermo. Poi qualcuno o qualcosa, non so, aggiusta, ripara, e io ritorno a scrivere. Ho poi bisogno di una musa, di una presenza femminile da idealizzare. Se manca, la mia ispirazione ne risente.
Il suo libro tra onirismo e surrealismo mette in atto anche una cruda e dura critica del nostro mondo contemporaneo, soprattutto legata al mondo del lavoro. Ridendo e scherzando racconta una verità. In che modo è riuscito a inserire anche questo “racconto” e questa visione all’interno della sua narrazione?
Mi viene spontaneo. Il mio intento è quello di intrattenere il lettore, ma voglio anche scuoterlo, provocarlo. Io non ho mai capito come si possa condurre un’esistenza del tutto scandita dalla fatica, dal sudore, dal proprio mansionario lavorativo. Tutti consideriamo normale per tutta una vita lavorare 10 ore al giorno. È un’impostura, una stronzata. Qualcuno lo deve pur dire o gridare o scrivere.

I personaggi di Realtà probabilmente alcoliche parlano e si muovono come fossero ubriachi: fuori controllo e con un linguaggio totalmente libero e privo di filtri. Come è riuscito a creare questo effetto e, in un certo senso, questo realismo linguistico e narrativo?
Credo c’entri il mio rapporto con l’assurdo. Sin da bambino ho sempre avuto la sensazione di essere dentro un qualcosa che non mi e ci appartiene. Che cosa siamo noi? Da dove veniamo? Qual è il nostro posto in questa realtà che noi chiamiamo vita? Dove andremo dopo? Che senso ha tutto ciò? Il mio realismo linguistico forse viene condizionato dall’esigenza tutta personale di esorcizzare la mia paura del caos.
Nel 2017 avviene il suo debutto editoriale con il romanzo L’ultima notte di speranza (Fos Edizioni). Quale differenze e similitudini ci sono tra la sua scrittura di “ieri” e di “oggi”?
La scrittura di oggi è più consapevole, più matura.
Quali sono gli Autori e le opere che hanno influenzato e formato il suo essere scrittore e lettore?

Bukowski, Salinger, Hesse, Moravia, Buzzati, Saramago, per citarne alcuni. Ho adorato romanzi come “La noia” e “Gli indifferenti”, “Il deserto dei Tartari”, “Cecità”, “il giovane Holden”, “il lupo della steppa”. C’è da dire che anche la mia passione per il cinema è stata importante. Adoro Elio Petri e adoro il suo film “I giorni contati”, forse uno dei meno conosciuti e più sottovalutati della sua filmografia. Mi piacciono anche Brian de Palma, Quentin Tarantino, Martin Scorsese, i fratelli Coen. Da tutti loro ho tratto qualcosa, questo qualcosa l’ho contaminato e l’ho fatto sedimentare dentro di me.
Quali sono i suoi prossimi impegni e progetti professionali ed editoriali?
Vorrei scrivere il seguito di Realtà probabilmente alcoliche. Vediamo se nasce qualcosa di buono.