La Rubrica online “Piazza Navona” è felice di presentarvi il libro Poesie e racconti d’amore e di lotta di Luana Farina Martinelli (Catartica Edizioni). Una voce per tanti racconti di donne, di lotta, di autoaffermazione. E non perdete l’Incontro con l’Autrice!
La trama

Poesie e racconti d’amore e di lotta di Luana Farina Martinelli è una raccolta di componimenti in cui verso e prosa si ritrovano e si abbracciano. Così come la lingua sarda e quella italiana. Così come le voci delle tante donne di cui l’Autrice racconta: guerriere, innamorate, ferite, combattenti, fragili, sottomesse eppure mai, mai, perdenti. Il testo, suddiviso in due parti – Poesie in sardo e Poesie in italiano -, così, si trasforma in un racconto e in un dialogo continuo e perpetuo con il moto delle donne, la loro rivoluzione (interiore ed esteriore), il loro sentire, il loro piacere, i loro desideri. Luana Farina Martinelli non crea “solo” ritratti di una o più donne in cui molte possono rispecchiarsi. La scrittrice crea un volto di donna universale sfaccettato, duro e prezioso come un diamante sul quale sono passati la Storia e i capricci del (proprio) Destino.
Sul libro

Nel febbraio 2023 Catartica Edizioni pubblica Poesie e racconti d’amore e di lotta di Luana Farina Martinelli, scrittrice originaria di Ozieri il cui percorso artistico è stato profondamente influenzato dalla matrice gramsciana, attivista femminista dal 1975, portavoce di un movimento di donne oncologiche per la rivendicazione del diritto alla salute. Queste poche informazioni biografiche dell’Autrice sono di per sé molto utili per introdurre e capire la forza e la tenacia del suo impegno editoriale e civile. Luana Farina Martinelli, infatti, attraverso i suoi libri, la sua poetica e il suo essere in prima linea è da intendersi una donna – e non “solo” un’artista o una scrittrice – impegnata nel civile, nella lotta di ogni giorno e dalla parte delle donne. A queste ultime essa dà voce, corpo, consistenza. I ritratti e i racconti di donne riuniti in Poesie e racconti d’amore e di lotta, di cui una parte scritti volutamente in lingua sarda senza traduzione e una parte in lingua italiana, divengono dei manifesti, quasi un coro di una tragedia greca che rivendica il suo nome, la sua presenza, la sua ragion d’essere, le sue sofferenze ma anche i suoi bisogni, i suo desideri, la sua sensualità.

In tal senso, Luana Farina Martinelli con coraggio, intelligente sfrontatezza e forza prende una posizione, proprio come è stata sempre abituata a fare. Così nasce il sua poesia “in-civile”: forte del suo schierarsi e della sua rivendicazione di diritti, di gioie e anche di una “sana” sofferenza, di un amore onesto in ogni sua forma e anche di quei intimi e segreti desideri che appartengono ad ogni donna. L’Autrice così diviene portavoce non solo di un femminismo ma anche del femminile che mostra armato e disarmato, in ogni sua sfaccettatura. Molti, infatti, sono i racconti e i versi di donne che, nonostante la situazione esposta, non si mostrano mai sconfitte, forse stanche, esauste ma senza mai perdere il loro vigore, la loro dignità, il loro fuoco. Perché, in fondo le donne sono così. Fuoco che brucia sempre sotto la cenere da cui ricomporsi come un’araba fenice per tornare a risorgere e, quindi, riprendersi e darsi alla vita in un gioco senza fine. Testimonianza di tutto questo, ad esempio, è la poesia Codice 48, ovvero il codice di esenzione dei malati oncologici, che così termina:
Siamo guerriere che uccidono il mostro a mille teste
Siamo quelle che ci riprenderemo i nostri nomi
E non saremo più il codice 048 né amazzoni
solo donne che canteranno la vita.

Con coraggio e vigore, Luana Farina Martinelli apparentemente controcorrente e senza mai fermarsi, racconta un inno alla vita. Madri, figlie, sorelle, amanti… sufficienti a sé stesse, spesso vittime di questa autonomia e indipendenza. Vittime di uomini, vigliacchi, spaventati, incoscienti, malati… ma altrettanto consapevoli del loro agire. E anche qui inizia una nuova lotta, per essere e difendersi. E una donna che lotta non lo fa mai solo per se stessa. Questo è la Storia a insegnarcelo. Sono anche le donne come Luana a dimostrarcelo.
Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede tale coraggio, una sfida che non annoia mai.
Oriana Fallaci
Incontro con l’Autrice

Come è avvenuto il suo primo incontro con la scrittura?
Preferisco raccontare del primo incontro con la poesia: 1965, quarta elementare, in quel tempo a scuola si usavano due libri, il sussidiario e il libro di lettura. La mia maestra (allora era una) adottò un libro di lettura dove c’erano molte poesie, tra queste una mi “fulminò” era “Seppellitemi in terra libera” di Frances Ellen Watkins Harper un inno antischiavista https://www.laltroveappuntidipoesia.com/2020/09/24/nasceva-ogg-frances-ellen-watkins-harper-laltrove/
La Harper era una donna, “poeta” e nera. Il massimo! Molti anni dopo scoprii che il testo sul libro era stato “ripulito” della strofa in cui si parlava anche di violenza carnale, troppo imbarazzante a quei tempi, per un’insegnate, spiegarne il significato. Ma a me bastarono solo quelle frasi inneggianti giustizia e libertà, dette da una donna, per accendere un fuoco che nel tempo non si è mai spento, anzi. Da allora iniziai a scrivere, ma soprattutto a leggere poesia.

Come è nato il progetto di Poesie e racconti d’amore e di lotta?
Nei 10 anni che separano l’uscita di questo libro dall’ultimo, scritto e inciso (si tratta di un audiolibro in due CD con instant book allegato) https://www.unilibro.it/libro/farina-luana/in-civile-eretico-erotico-audiolibro-2-cd-audio/9788890798108 sono successe tantissime cose: mi sono iscritta e laureata in Filosofia, ho rappresentato la Sardegna nel 2015 alle finali italiane del Poetry Slam ad Ancona, è iniziata la mia militanza politica attiva per l’autodeterminazione della Sardegna, ho subito una mastectomia totale per un cancro al seno e tanti altri eventi, ed ovviamente ho continuato a scrivere, passando però da un genere poetico più intimista, a volte autoreferenziale, a una poesia più “politica” e universale, nel senso che si rifà al concetto gramsciano di “arte è militanza”. Ecco che le mie vicende, non sono più di Luana ma quelle di tante persone, l’Io diventa un Noi collettivo attento a tutto e tuttə.
Per i suoi versi e componimenti da chi e cosa trae ispirazione?

Come appena detto traggo ispirazione da tutto ciò che succede nel bene (poco) e nel male (tanto), non più a me, ma al e nel mondo, non importa se vicino o lontano, ciò che conta è che chiunque legga possa riconoscersi in qualche modo, o nel fatto di per sé raccontato (perché la poesia è un racconto o romanzo, che per sottrazione diventa estrema sintesi) o nel concetto o sentimento espresso.
La sua scrittura si potrebbe quasi affermare che abbia un impegno civile. Attraverso di essa, infatti, affronta tematiche importanti quali, ad esempio, il cancro, la violenza contro le donne, la libertà individuale e personale del femminile, l’autodeterminazione e l’autoaffermazione. In tal senso, qual è la potenza e il valore più profondo della scrittura?
La scrittura per me è estrema libertà ed impegno civile. La poesia e il “teatro-poesia”, le forme espressive che mi sono più congeniali, sono strumenti a servizio dell’autodeterminazione, utili a combattere le ingiustizie, le discriminazioni, le forme repressive e oppressive, in qualsiasi ambito vengano attuate, il maschilismo, la violenza di genere, le dipendenze psicologiche il suicidio e il femminicidio si possono combattere anche così. Nella mia scrittura c’è tutto il mio femminismo intersezionale, al quale sono approdata nel mio lungo percorso dal 1975 ad oggi.

Lei è portavoce di un movimento di donne oncologiche per la rivendicazione del diritto alla salute, militante indipendentista, socialista e internazionalista legando il suo percorso alla militanza politica. Quanto è importante scendere in campo, prendere una posizione, schierarsi, ribellarsi soprattutto nella delicata situazione storico-sociale che stiamo vivendo oggi? E quale messaggio sente di poter rivolgere alle giovani donne delle nuove generazioni e a chi, con forza e coraggio, sta combattendo la propria battaglia?
Diceva Giorgio Gaber “Libertà è partecipazione” e ci si libera solo essendo artefici delle scelte e non subendole e auto relegandosi a semplici “ leonesse o leoni da tastiera” sui social. Oggi più di ieri e meno di domani, se il domani che ci si prospetta non è per nulla roseo, sia per le donne, sia per gli uomini, è necessario lottare in prima persona perché le cose possano cambiare. Alle giovani donne non dico proprio nulla perché, proprio in virtù del mio femminismo intersezionale, non voglio sovradeterminarle; ognuna fa il proprio percorso, come ho fatto io, con le proprie rivendicazioni, con modi e mezzi che ritiene più opportuni, io posso solo stare al loro fianco, sostenerle e imparare nuovi modi di lotta per esigenze che oggi sono diverse da quelle che rivendicavamo noi negli anni 70. Cammino con loro e coi tempi.

Qual è stato il componimento più difficile da elaborare e da tradurre in parole? E perché?
La parte più impegnativa del percorso poetico è proprio quella di uscire da sé stessə per farsi voce “dell’altrə”, usare un nuovo “sguardo” che vada oltre l’ovvio e l’apparente, lo specchio-trappola dove ci riflettiamo. Se si lavora su questo nulla è inenarrabile, indicibile, indescrivibile.
In Poesie e racconti d’amore e di lotta molto particolare è anche il rapporto che la parola scritta ha con lo spazio bianco che la ospita. Cosa può dirci in merito?
Se la poesia non “porta senso” si possono scrivere mille parole senza dire NULLA. Lo spazio bianco, come qualsiasi spazio che si decide di occupare pubblicamente, lo dobbiamo meritare, e questo “incarico” non dobbiamo prendercelo, ma ci deve essere riconosciuto da altrə, altrimenti è un inganno, un privilegio.

La prima parte di Poesie e racconti d’amore e di lotta si intitola Cantos in sardu ed è composta da versi scritti nel dialetto sardo (lingua sarda) senza, però, riportare una traduzione. A cosa è dovuta questa scelta? E quanto è importante l’uso del dialetto (lingua sarda) e, quindi, il legame con le proprie radici e la propria terra?
Vorrei precisare che il sardo non è un dialetto ma una lingua, la mia lingua “madre”; tradurla non spetta a me, se non in alcuni rari casi dettati dalla complessità del testo e dalla sua comprensione, ma se una poesia nella mia testa nasce in sardo la scrivo in sardo, se nasce in italiano la scrivo in italiano. Come fa ogni scrittorə mono o bilingue. Mi sono autodeterminata anche a studiare per pensare e scrivere in sardo, un “lavoro” che ho fatto con grande impegno negli ultimi 20 anni, dato che sono di madre toscana sposata con un sardo; è stato ed è un atto d’amore dovuto alla mia terra, dal momento che faccio parte di quella generazione alla quale è stato impedito d’imparare, scrivere e parlare, fin da piccola, la propria lingua, quasi dovessimo vergognarcene. “Se vuoi distruggere un popolo inizia dalla sua lingua”! Oggi la mia lingua è la forma di riscatto identitario più importante. https://delibere.regione.sardegna.it/protected/26092/0/def/ref/DBR26094/

Quali sono gli autori e le opere che hanno formato il suo essere lettrice e scrittrice?
Le mie letture fin da piccola sono state quelle di poche bambine “fortunate” degli anni ’60, alle quali si compravano o regalavano libri: Louisa May Alcott: Piccole donne, Le piccole donne crescono, Gli otto cugini, I ragazzi di Jo; Anna Frank e il suo Diario, Mary Shelley Wollstonecraft Godwin col suo Frankenstein, non solo donne ma anche Rodari, Calvino e Cervantes. Da adolescente e così, via via, negli anni, mi rivedo immersa nella lettura di Leopardi, Bertolucci, Merini, Dino Campana, Neruda, Lorca, Baudelaire, Arthur Rimbaud, Grazia Deledda, Salvatore Satta, Filomena Cherchi, Sibilla Aleramo, Dacia Maraini, Armanda Guiducci, Benedetta Pintus, tuttə ə poetə della Beat Generation, gli amici Jack Hirschman e Paul Polansky (venuti a mancare di recente), Amado, Marquez, Borges, Pratolini, Pasolini, Wislawa Szymborska, Ágota Kristf, Colette, Emily Dickinson, Jean Austen, Charlotte ed Emily Brontë, Agatha Christie, Elsa Morante, Patrizia Vicinelli, Patrizia Valduga, Alberto Masala, Savina Dolores Massa, Antonio Gramsci, Lenin, Isabel Allende, Marguerite Duras, Marguerite Yourcenar, Simone De Beauvoir, Natalia Ginzburg, Hannah Arendt , Santa Teresa d’Avila, Santa Ildegarda di Bingen (sulla quale ho voluto scrivere una tesina per l’esame di Filosofia Medievale dato che è l’unica filosofa di quel periodo), Marcela Serrano, Gioconda Belli, Clarice Lispector, Margaret Eleanor Atwood, Alba De Céspedes, Angela Davis, Carla Lonzi, Saffo, Elizabeth Siddal, Florbela Espanca, Alfonsina Storni, Anne Sexton, Sarah Kane, Marina Cvetaeva, Nadia Campana, Violeta Parra, Sylvia Plath, Virgini Woolf, Amelia Rosselli, Antonia Pozzi (su queste ultime 13, tutte suicide, ho scritto un testo teatrale, perché il teatro è la mia seconda passione!). Per quanto riguarda gli scrittori in limba: Peppino Mereu, Cicitu Masala, Paulicu Mossa, Antonio Cubeddu e Giuseppe Pirastru grandi poeti improvvisatori. Questə sono solo alcunə; potrei elencarne ancora tantissimə ma rischierei di riscrivere la Treccani!

Qual è la frase, l’aforisma o il verso della Letteratura che più la descrive e più le appartiene? E perché?
Due sono le frasi determinanti. Una è quella di Virginia Woolf: “Una donna per poter scrivere ha bisogno di “una stanza tutta per sé e di denaro, 500 sterline l’anno”. Una stanza tutta per sé è una importante metafora. La stanza non è solo un luogo fisico, ma sinonimo di libertà di riflessione e indipendenza; luogo e condizione personali in cui una donna, deve avere la possibilità di sperimentare sé stessa e raggiungere l’autonomia totale; è il posto in cui si può e si deve poter creare, riflettere, maturare e crescere come persona libera, che non dipenda da nessun altro, né economicamente né mentalmente, in una parola “autodeterminarsi”. L’altra è il pensiero di Gramsci: “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti… Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.

Quali sono suoi prossimi progetti professionali ed editoriali?
Nell’immediato ovviamente promuovere il mio nuovo libro Cantos e contos de amore e de luta-Poesie e racconti d’amore e di lotta, e continuare a scrivere poesie come faccio sempre. Terminare un saggio su Sessualità, eros e femminismo della Deledda, donna e scrittrice, scritto a 4 mani, con la critica e amica Cristina Cossu, che ha curato anche la prefazione del mio ultimo libro. Inoltre “ho in ballo” la realizzazione di un progetto ambizioso, rimandato per troppo tempo, a causa di vari impedimenti personali, portare in scena una mia opera teatrale in lingua italiana (nonostante la parte del titolo in sardo, ma leggendo il testo si capirà il perchè) Sa domo “Sorres de Ludu” – Casa “Sorelle di fango” di cui ho già accennato, su 13 poete suicide, Saffo, Elizabeth Siddal, Florbela Espanca, Alfonsina Storni, Anne Sexton, Sarah Kane, Marina Cvetaeva, Nadia Campana, Violeta Parra, Sylvia Plath, Virgini Woolf, Amelia Rosselli, Antonia Pozzi, in cui le loro vite si mescolano alla mia e loro poesia, per raccontare una storia “di storie”, di dolori, di amori, di delusioni, tradimenti, di perdite, d’un vivere e sentire tutto al femminile, come pure il suicidio (dramma che ho vissuto tante volte da vicino e per questo ho studiato molto attentamente, in tutti i suoi aspetti). So bene che è un’opera “difficile”, sia per dramma trattato, sia per la difficoltà, in questi tempi così “commerciali”, di fare “cassa” con un tema tanto delicato e per certi versi “fastidioso”, perché ci mette davanti a una problematica scomoda sulla quale dovremmo riflettere tuttə, anche sulla nostra responsabilità etica e sociale. Confido comunque, da ottimista quale sono, di poter trovare ancora persone con una sensibilità tale da poter realizzare questo progetto, che nonostante la sua complessità, dal punto di vista della rappresentazione è pensato “essenziale”, mentre offre molto piò spazio.

Sto traducendo in sardo Canto rituale, della compianta Maria Carta, cantante, attrice e poeta sarda; raccolta postuma edita nel 2006, per volontà della Fondazione che porta il suo nome. Ultimo, ma non per importanza, sto per terminare la traduzione in sardo di importanti testi sull’autodeterminazione delle persone e dei popoli: Lenin Sul diritto delle nazioni all’autodecisione; Kant Che cos’è l’Illuminismo; Olympe de Gouge Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina; La Carta di Brest; La carta di Algeri; Antonio Simon Mossa Scritti e interventi pubblici (scelti) sopra l’autodeterminazione del popolo sardo; Documento elaborato dalla direzione del Centro dell’Università di Padova e presentato alla Conferenza generale della Helsinki Citizens’ Assembly, HCA Bratislava, 25 e 29 marzo 1992. Diritti umani e diritti dei popoli: il nuovo diritto internazionale; Onu e Cee Dichiarazione sulla concessione dell’indipendenza ai paesi e ai popoli coloniali 14 dicembre 1960(tutti già tradotti). È in fase di chiusura la traduzione dell’ultimo testo Sui diritti delle donne”di Mary Wollstonekraft (illustre madre di Mary Shelley Wollstonecraft Godwin). Dov’ è stato possibile, i testi sono “trilingue”: originale, italiano e sardo. Per il resto la politica e l’impegno sul versante dei diritti sociali, soprattutto sanitari, sono e restano prioritari.