La Rubrica online “Piazza Navona” vi presenta il libro “Licia. Storia della prima italiana che denunciò un questore” di Marco Severini (Marsilio) dedicato a Licia Rognini, moglie dell’anarchico Pinelli. Il coraggio di una donna in cerca di verità. E non perdete l'”Incontro con l’Autore”!
La trama
Milano. È la notte tra il 15 e il 16 dicembre 1969 quando da una finestra del quarto piano della Questura precipita Giuseppe (Pino) Pinelli. Il 12 dicembre, infatti, esplode una bomba nella Banca Nazionale dell’Agricoltura dando luogo a quella che viene comunemente ricordata come la strage di Piazza Fontana e inizio ai difficili anni di piombo. Pinelli viene convocato in Questura dal commissario Calabresi in quanto sospettato dell’accaduto. Perché? Perché Pino Pinelli è un militante anarchico. L’uomo viene trattenuto illegalmente oltre le 48 ore previste dalla Legge. Durante l’interrogatorio a opera di Antonino Allegra e del commissario Calabresi, Pino Pinelli precipita dalla finestra dell’ufficio del quarto piano della Questura. Muore. Il questore Marcello Guida non tarda a parlare di suicidio dovuto al crollo dell’alibi del Pinelli. Per poi ritrattare. Certo è che la Signora Licia Rognini, moglie di Pino Pinelli, non ha mai creduto a questa versione dei fatti denunciando il questore per diffamazione. Sono ormai oltre cinquant’anni che assieme alle sue figlie, Claudia e Silvia, si batte per la verità. E questa è la sua storia. La storia di Licia Rognini, vedova di Stato, che ha lottato e lotta contro le istituzioni. È la storia della prima italiana che denunciò un questore…
Sul libro
Iniziamo l’articolo dicendo subito che per noi della Rubrica online “Piazza Navona” è un vero piacere e un onore ospitare ancora una volta Marco Severini, Professore di Storia dell’Italia contemporanea nel Dipartimento Studi Umanistici di Unimc e Presidente dell’Associazione di Storia Contemporanea di Senigallia.
Infatti, dopo aver scritto di Giulia, la prima donna (dedicato a Giulia Berna, una delle protoelettrici italiane del secolo scorso) e di In favore delle italiane, La legge sulla capacità giuridica della donna (1919) incentrato sulla legge n. 1176 del 17 luglio 1919 con la quale viene abolita l’autorizzazione maritale e concesso alle donne di esercitare le libere professioni e adire a pubblici uffici, oggi siamo qui a parlare del suo ultimo saggio Licia. Storia della prima italiana che denunciò un questore.
Il libro edito da Marsilio e inserito nella Collana “Elementi” è imperniato sulla figura di Licia Rognini, moglie dell’anarchico Giuseppe Pinelli precipitato da una finestra della Questura di Milano nella notte tra il 15 e il 16 dicembre 1969. La prima donna, appunto, ad aver denunciato un questore e, attraverso esso, lo Stato. Nello specifico si tratta del questore Marcello Guida considerò Pinelli fortemente indiziato di concorso in strage mentendo deliberatamente sulla sua morte spacciandola per suicidio insabbiando e nascondendo la verità su un omicidio di Stato. Un’altra vittima da aggiungere alle diciassette rimaste uccise nella strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 per la quale era stato fortemente sospettato “solo” per le sue idee politiche, ovvero per essere un convinto militante anarchico. Eppure Guida è stato assolto perché il fatto non costituiva reato.
Il testo è suddiviso in sei capitoli attraverso i quali vengono approfondita e scandagliata con attenzione la vita e la morte di Pinelli, ovvero ciò che è stato, ciò che stato fatto, ciò che non è stato fatto e ciò che si sarebbe potuto fare. Ieri e oggi. Proprio per questo il primo capitolo del volume vede una lunga, intensa, interessante e bellissima intervista che Marco Severini ha rivolto ha Licia Rognini, moglie di Giuseppe Pinelli. Solo questo primo capitolo ha un valore storico inestimabile. E “solo” per questo Marco Severini meriterebbe un plauso e un applauso da tutti coloro che si battono per la ricerca della verità storica, della sua autenticità, della sua realtà. Da questa intervista emerge il ritratto di una donna, di una moglie, di una compagna, di una madre orgogliosa, fiera, volitiva, coraggiosa, altera, forte… carica di quella forza che solo la sofferenza sa dispensare. La Signora Rognini, così, pur mantenendo il suo riserbo e i suoi ricordi stretti a sé racconta del primo incontro con Pinelli avvenuto in un corso di esperanto, del loro matrimonio, del lavoro, della nascita delle figlie Silvia e Claudia e dell’immenso dolore per la perdita di suo marito. E da qui tutta la battaglia che ancor oggi, seppur attraverso la figlie, porta avanti perché la verità non è ancora uscita fuori. E una famiglia, una moglie, una madre, delle figlie, la Storia… esigono verità e giustizia. Concetti che con la morte di Pinelli stridono assai. Anche se sono trascorsi oltre cinquant’anni.
Non mi sento sconfitta perché ho fatto tutto quello che potevo fare nell’ambito della legalità. Gli sconfitti sono coloro che non hanno avuto il coraggio di arrivare a scoprire la verità.
La Signora Rognini, conoscendo molto bene il carattere e l’indole del Pinelli, ha un suo pensiero riguardo la meccanica della morte di suo marito che certamente non è stata un suicidio:
Io mi vedo Pino […] che si alza, l’interrogatorio è finito, sa di essere praticamente libero, sta per tornare a casa, sarà stato tutto ringalluzzito. Sicuramente parla, discute, avrà detto anche qualche battuta cattiva, con il carattere che aveva. Ecco, è qui che succede qualcosa. Probabilmente un malore […]. Ma forse qualcos’altro. Si può immaginare di tutto. Potrei immaginare per esempio che Pino abbia detto una battuta ironica, sfottente, ai poliziotti, e che uno di loro si sia arrabbiato e – proprio davanti alla finestra – abbia cercato di dargli uno schiaffo, un colpo…
A questo capitolo seguono La donna denuncia, Il secolo di Licia, Appena ieri, Mezzo secolo dopo e Un progetto di storia: la documentazione attraverso i quali lo storico ricostruisce con attenzione la morte del Pinelli attraverso fonti ben precise e rapportandola anche al passato più recente e al nostro presente rappresentato soprattutto dagli incontri con i giovani studenti e dalla creazione dalla creazione dell’archivio digitale Giuseppe Pinelli: una storia soltanto nostra, una storia di tutti”, realizzato dal Centro Studi Libertari e contenente circa 5.000 articoli raccolti da Licia Rognini tra il 1969 e il 2015.
Marco Severini, così, ha dato vita a un nuovo saggio storico di cui si aveva veramente bisogno: per sapere, scoprire, conoscere, porsi domande, osservare la Storia da un diverso punto di vista…
Quello di Licia. Storia della prima italiana che denunciò un questore è un testo interessante, scritto con la passione, l’equilibrio, l’entusiasmo, l’obiettività che solo uno storico intellettualmente onesto può avere e mettere in armonia.
Si tratta di un testo realizzato in modo tale da essere accessibile al più vasto pubblico di lettori rendendo, così, la Storia più amica e vicina a tutti coloro che chiedono la sua presenza, un suo scontro ma anche un suo conforto.
È anche doveroso sottolineare e precisare che il saggio non assume alcuna posizione politica ma si affida a fatti, parole, date, verbali, a fonti indiscutibili a testimonianze inconfutabili. A tal proposito scrive l’Autore nel Prologo:
Non sono qui per scrivere un libro sul militante anarchico il cui assassinio mezzo secolo fa rappresenta una delle pagine più buie e dolorose della storia italiana, ma per cercare di raccontare la vicenda di una donna coraggiosa che, dopo la morte di suo marito, ha impegnato un’intera esistenza per fare in modo che la verità sulla di lui scomparsa venisse fuori. Invece niente. La verità giudiziaria è transitata attraverso alcuni processi da cui non è scaturito alcun responsabile.
In Licia. Storia della prima italiana che denunciò un questore è la Storia a parlare. E, a distanza di oltre cinquant’anni, sarebbe il caso se non il morale, legittimo e civile dovere che anche la Verità e la Giustizia prendano la parola. E che siano unite. Perché Giuseppe Pinelli è stato ucciso. Perché tutte le vittime, in questo caso dello Stato e di una strage indicibile, meritano rispetto. E lo stesso le loro famiglie per le quali il silenzio, soprattutto delle istituzioni, diviene una seconda morte. Della speranza. Della coscienza umana. E questo nessuna coscienza civile può accettarlo. E non ci sono giorni, anni, decenni… che possano lenire un dolore simile.
Incontro con l’Autore
Come è nato il progetto editoriale di Licia. Storia della prima italiana che denunciò un questore?
Da docente, saggista e scrittore: qual è l’emozione che prova quando incontra gli studenti e affronta con loro aspetti e volti della nostra Storia spesso non ricordati se non del tutto dimenticati?
Il fatto di trovare in loro interesse e curiosità per vicende che sono lontane qualche decennio o al massimo poco più di un secolo e, soprattutto, per i nuovi approcci della storiografia contemporanea.
Parlando ancora di studenti: quali sono state le loro reazioni e le loro emozioni riguardo la storia e la tragica morte di Pinelli?
Hanno testimoniato emozioni forti e sincere. Appena finito di scrivere Licia, l’ho posto al centro di discussioni e lezioni, trovando un riscontro notevole.
La morte di Pinelli ancora oggi non ha colpevoli. Tanti sono i casi di cronaca e di omicidi che hanno il volto solo delle loro vittime. In tal senso, secondo lei, cosa possono fare l’opinione pubblica ma anche – e soprattutto – il sistema giudiziario? E dove hanno mancato?
Di mancanze se ne sono verificate nei settori più disparati. Che due processi si siano conclusi, negli anni Settanta, in quei modi incredibili, sostenendo cioè le ipotesi prima del suicidio (di un uomo che amava la vita e credeva nella nonviolenza) e poi quella del “malore attivo”, può oggi sorprendere, ma non se si calano nella realtà agitata di quel decennio. Ovviamente, ci sono dei dati sorprendenti: il fatto che nessuna delle cinque persone presenti, quella notte con Pinelli nella stanza del quarto piano del palazzo della Questura di Milano, abbia mai parlato, mi pare molto significativo. Ma c’è di più: nel più ampio repertorio biografico nazionale – un’operazione culturale che dura da 61 anni – c’è una voce biografica sul commissario Luigi Calabresi, ma non una su Giuseppe Pinelli che già a 17 anni aveva militato nella Resistenza per difendere il suo Paese dal nazifascismo, quindi molto prima di diventare una vittima del clima stragista e reazionario. Avendo scritto una quindicina di profili per il Dizionario biografico degli italiani, ho chiesto una spiegazione: mi è stato risposto che si è trattato di una “scelta redazionale”.
Secondo lei, da uomo e da studioso, l’omicidio di Pinelli cosa ha lasciato nelle nostre coscienze? E cosa ha significato per l’Italia di allora e di oggi?
In che modo descriverebbe con una frase questa oscura pagina della Storia del nostro Novecento?
Come descriverebbe questa donna così forte che da quella terribile notte del dicembre 1969 custodisce il suo dolore con tanta dignità?
Gliene svelo uno. In autunno inizio un nuovo insegnamento su cui ho lavorato tanto: si chiama “Storia delle donne nell’Italia contemporanea”; prima di iniziarlo pubblicherò (da Marsilio) un libro che s’intitola Storia delle donne in Italia dal 1848 ai nostri giorni. Le donne hanno una marcia in più e la loro vicenda storica è indubbiamente molto più affascinante e complessa. Soprattutto, dobbiamo definitivamente superare l’idea che la storia sia una disciplina maschile e maschilista. Pare semplice affermarlo. Ma la realtà è molto più dura.