La Rubrica online “Piazza Navona” è lieta di tornare a ospitare Vincenzo Elviretti e di presentarvi il suo romanzo La strada di casa (Catartica Edizioni). Tre amici, la loro maturità e le loro scelte che diventano vita. E non perdete l’Incontro con l’Autore!
La trama
Tra gli anni Novanta e gli inizi del Duemila. Questo è l’arco temporale in cui è ambientato La strada di casa, il romanzo del bellegrano Vincenzo Elviretti. Gionni, Mimì e Cecio, invece, sono i protagonisti. Tre amici per la pelle, ognuno con il proprio carattere e i propri timori. Tre compagni di avventure e di disavventure le cui vite vengono letteralmente stravolte a seguito di una festa di compleanno finita in malo modo e di un incidente mortale. I tre adolescenti, così, sullo sfondo degli eventi del nuovo millennio, si ritroveranno uomini catapultati nella vita, nella realtà con tutte le loro responsabilità e i dolori che possono provocare. I ragazzi procederanno nel proprio percorso di crescita che li porterà ad essere ansiosi, curiosi, desiderosi di trovare il proprio posto nel mondo ma anche la propria strada di casa.
Sul libro
Quando la vita pone dei bivi e si sceglie una strada invece che un’altra, è impossibile tornare sui propri passi. O perlomeno cambiarla, quella strada, cercando scorciatoie impossibili da percorrere che conducano ad altre. Il risultato non sarebbe lo stesso, le molteplici varianti che si trovano lungo il cammino possono essere percorse soltanto in un determinato istante; e tali molteplici ne racchiudono infinite in sé stesse. Come quando, di fronte alla decisione da prendere ché il fiume si divideva in due, te e i tuoi amici tiraste una moneta in aria. Provaste a cambiare la sorte andando contro la decisione della moneta. Eppure questa vi raggiunse beffarda, brutale, senza che la vostra decisione avesse voce in capitolo.
Nel febbraio 2024 Catartica Edizioni pubblica nella Collana “In Quiete” il romanzo La strada di casa di Vincenzo Elviretti che, assieme a Il Vento. Racconto di una canzone e Pietre. Storie di provincia (pubblicati sempre da Catartica rispettivamente nel 2019 e nel 2021), va a completare la cosiddetta “trilogia della provincia”. Sì, perché il nostro Autore dimostra di avere un legame profondo con i piccoli centri, quei luoghi raccolti dove subito si è famiglia e si creano legami particolari, veri.
Anche La strada di casa è ambientato nella provincia dove un gruppo di tre amici, tra gli anni Novanta e l’inizio del nuovo millennio, cresce insieme condividendo gioie ma anche tanti dolori. A far da sfondo ci sono la tecnologia che avanza, lo sviluppo di internet, la nascita dei social network, la caduta delle Torri Gemelle, gli attentati terroristici a Genova nel 2001, la musica degli 883, di Ligabue e di Vaco ascoltata nel “walkman sparato a palla”.
Vincenzo Elviretti non ha deluso nemmeno questa volta. Al contrario, il suo primo romanzo dimostra una certa maturità non solo di contenuti ma anche stilistica. L’Autore è stato molto attento nella struttura e nella costruzione del suo testo che ha scelto di suddividere in quarto parti (adolescenza, limbo, mediocrità e saggezza) e un Epilogo. Si può dire quasi con certezza che ciascuna di queste sezione sia un passaggio, una tappa obbligata che i protagonisti di questo romanzo devono attraversare per combattere contro i loro fantasmi, non importante se vincendo o scendendo a patto con essi, ciò che conta è che il viaggio continui. Attraverso la strada di casa. E questa può essere, anzi è, diversa per tutti. È un viaggio che si può affrontare in compagnia ma, come ben dimostra e racconta Elviretti nel suo romanzo, in realtà, si tratta di un viaggio e di un percorso in solitaria.
E Gionni – nonostante ciò che gli accade – , Mimì e Cecio sono consapevoli di questo senza saperlo. Hanno già capito dov’è lo scherzo o la responsabilità della vita, il suo senso. Lo apprendono presto. Forse, troppo presto. O forse no. Certo è che pur facendosi scudo con le proprie mancanze, insicurezze e paure chi resta lotta, cerca, vive, immagina, sogna, pensa e riflette. Ogni giorno compiendo un passo in avanti verso la strada di quella “casa” che gli è stata destinata o che, più o meno, consapevolmente si sono scelti. E si cresce. Si continua a crescere al di là dell’età e della maturità. È la vita. E giorno dopo giorno il cammino procede incessante e inevitabile…
Incontro con l’Autore
Come è avvenuto il suo incontro con la scrittura?
È caratterizzato sostanzialmente da due passaggi determinanti, il primo quello dell’auto-consapevolezza di esser capace di creare storie con la parola che è coinciso con lo scrivere testi della canzoni di band musicali di cui ho preso parte nel corso degli anni, il secondo con l’intenzione di pubblicare, o quanto meno far leggere e non solo ascoltare, le cose che scrivevo, su carta. Questa seconda fase è coincisa con la stesura dei racconti di Pietre, che ho scritto tempo fa mentre mi trovavo all’estero.
Come è nata l’idea del suo romanzo La strada di casa?
Ho scritto questo libro alcuni anni fa, in un momento in cui sentivo che attorno a me le cose stavano cambiando, sia per una personale consapevolezza che un periodo della vita era giunto al termine, sia per come si stava sviluppando la società in quegli anni (mi riferisco ai primi del nuovo millennio), e cosa ci stavamo lasciando dietro.
A quale dei personaggi sente di essere più affezionato? E perché?
A entrambi i protagonisti, Mimì e Cecio, che sono lo specchio riflesso l’uno dell’altro. A loro modo sono degli sconfitti, elemento comune di tanti della loro generazione, che poi è la mia, che hanno attraversato la coda di un capitalismo illusorio che diceva che tutto era ok e tutto era a posto, ma che quando si è rivelato per quel che è, e cioè che non guarda in faccia a nessuno e si fa preda degli elementi più deboli della società, si sono ritrovati un po’ con il culo per terra.
Qual è stato il passaggio del suo romanzo o il momento in fase di scrittura più difficile da affrontare?
Mettere insieme alcuni capitoli che erano stati concepiti come intercambiabili. Ricordo che la storia aveva una diversa struttura in origine; la versione che ho ritrovato in un hard disk esterno è quella a cui ho lavorato per la pubblicazione con Catartica. Come dicevo prima, sono passati un po’ di anni da quando ho scritto questo romanzo, era la prima volta che mi cimentavo in un’impresa del genere e fino ad ora non ho ripetuto la fatica. Forse è una domanda a cui non posso rispondere con precisione perché la memoria è un po’ labile.
C’è ancora qualcosa che vorrebbe dire ai “suoi ragazzi” di La strada di casa?
Se devo immaginare a una prosecuzione della storia sono convinto che alla fine abbiano trovato il loro posto nel mondo, anche se gli va ancora un po’ stretto. Ma è normale, ci hanno lavato il cervello con un concetto di felicità che è difficilmente realizzabile in quanto labile, materialista ed edonista, e col tempo avranno compreso che è molto più importante una solida serenità.
Nel suo libro appare una certa nostalgia, una certa malinconia per il tempo passato, il periodo dell’adolescenza… Qual è il suo rapporto con il tempo che passa?
Pessimo. Ma non per una questione fisica, ancora mi sento una persona nel pieno delle capacità in questo senso. Forse anche per una questione di fato, credo di aver perso, spesso in anticipo nel tempo, un sacco di persone a me care, sia familiari che amici, i primi per la maggior parte proprio perché non ci sono più fisicamente, i secondi per la maggior parte perché ci si è persi di vista oppure si va a vivere in un altro posto. Per quanto riguarda l’adolescenza non so se definirla il periodo più bello in assoluto. È una fase della vita molto complicata, contrassegnata da ingenui slanci e meravigliose scoperte, ma anche illusioni, delusioni e incertezze. Però come molti, (non tutti, giustamente), non so cosa darei per tornare a vivere quegli anni lì.
Dopo Pietre. Storie di provincia torna a raccontare “scorci di vita” da un nuovo punto di vista. In che modo si è rapportato alla stesura di questo suo ultimo romanzo rispetto ai suoi precedenti libri?
Allora Chiara devo fare un po’ di ordine cronologico: La strada di casa, che inizialmente aveva anche un altro titolo, è stato scritto dopo Pietre. È precedente a Il vento che invece è stato il primo a essere pubblicato con Catartica. È curiosa questa cosa, la non coincidenza tra la cronologia di scrittura e la relativa pubblicazione; non credo il mio sia un caso isolato, penso che ci siano molti scrittori, anche più bravi e famosi di me, che finito di scrivere un testo lo ripongono in un cassetto perché magari non lo ritengono maturo per essere pubblicato, perché sentono il bisogno di rivederlo dopo un po’ di tempo oppure solamente perché non hanno inizialmente trovato qualcuno che fosse disponibile a pubblicarlo. Rispetto, quindi, a Pietre, la somiglianza sta nell’ambientazione più o meno comune mentre, invece, la differenza sta nel ritmo in quanto La strada di casa risulta maggiormente dilatato, forse per forza di cose dato che il primo è una raccolta di racconti mentre il secondo è un romanzo.
Romanzo e racconto: in quale stile e genere sente di essere più a suo agio? E perché?
Direi romanzo, anche se fino ad ora ne ho scritto soltanto uno. Mi è piaciuto sentirmi calato in maniera più complessa nell’elaborazione della storia e nella costruzione dei personaggi. Il problema rimane il tempo da dedicarci che è sempre di meno.
Quali sono gli Autori e le opere che hanno influenzato e formato il suo essere lettore e scrittore?
Quando scrissi La strada di casa i miei punti di riferimento principali all’epoca erano Pier Vittorio Tondelli, Enrico Palandri, Paolo Barbaro (con il quale ebbi il piacere di intrattenere una deliziosa corrispondenza). Ora direi che gli autori citati non hanno un’influenza così come ce l’avevano allora, mi sento, soprattutto nella lettura, coinvolto nelle storie di decine di altri autori di cui magari leggo solo un’opera ma che comunque lasciano traccia dentro di me anche per come scrivo.
Quali sono i suoi prossimi progetti editoriali?
Ho da poco terminato di scrivere 101 storie di 101 parole, sul quale ci dovrei lavorare un po’ per assemblarlo e dargli un ordine concreto. A ogni storia è collegata una foto di mia realizzazione. Vorrei che Marco Pacioni, saggista e poeta, mio amico, mi scrivesse una prefazione su questo lavoro; e poi spero di riuscire a trovare qualche casa editrice che possa pubblicarlo. Con lo stesso intento, c’è anche una piccola novella scritta assieme a una mia amica Licia Patrizi, che al momento risiede in Irlanda. Sarebbe un’appendice alla “trilogia della provincia” composta dai miei precedenti testi pubblicati.