La Rubrica online “Piazza Navona” ha letto per voi A un ricordo da te di Selene Pascasi (SP – Scrivere Poesia Edizioni). Una silloge dedicata all’amore, alla memoria, alla vita e rivolta anche al sociale. E non perdete l’Incontro con l’Autrice!
La trama
Cinquanta sono i componimenti raccolti nella silloge A un ricordo da te di Selene Pascasi, avvocato e scrittrice abruzzese. Come suggerisce il titolo dell’opera si tratta di versi dedicati all’amore declinato nel suo senso più ampio e profondo ma anche al cuore della memoria e al suo forte legame con la vita, di cui è impronta e, allo stesso tempo, traccia. Unica e inimitabile. Così, la poesia e la poetica di Selene Pascasi diventano un canto – a volte dolente, altre appassionato – alla vita stessa, anche quando su di essa cala l’ombra pesante di una malattia che ne offusca e cancella i ricordi e, quindi, la sua stessa essenza. A un ricordo da te, però, è anche il canto d’amore di una figlia per il proprio padre che, malato di Alzheimer, ha conservato e mantenuto la sua purezza e la generosità di cuore.
Sul libro
Nel settembre 2022 la Casa Editrice indipendente Scrivere Poesia Edizioni pubblica il secondo volume della Collana “Poetica” dal titolo A un ricordo da te della scrittrice aquilana Selene Pascasi. Ancora una volta la Casa Editrice di Pietro Fratta desidera impegnarsi nel sociale e lanciare un messaggio importante in tal senso: così, un terzo del ricavato delle vendite della silloge verranno devolute all’Associazione Airalzh che, nata nel 2014 per volere di medici, ricercatori e manager aziendali, promuove la ricerca medico-scientifica sull’Alzheimer per migliorare la qualità di vita dei pazienti, incentivare nuove scoperte scientifiche e cure mediche attraverso l’assegnazione di importanti borse di studio a giovani ricercatori da parte di un prestigioso Comitato Tecnico Scientifico.
Sono cinquanta le poesie che – presentate al Lettore in un perfetto ordine alfabetico – animano A un ricordo da te e tutte hanno il medesimo comun denominatore: l’amore. L’amore inteso nel suo senso più profondo, nelle sue molteplici sfaccettature e declinazioni eppure con un’ombra sempre presente, quella dell’abbandono. Un abbandono fisico, morale, affettivo, spaziale, mentale che lascia sempre un senso di sconforto, solitudine e impotenza in chi lo subisce o, attraversandolo, lo vive. Un gioco di scaltre attese, come scrive l’Autrice. E da qui anche una sorta di Rivelazione, ovvero la necessità, di onorare l’arte del riserbo./ Imparate la sottrazione./ È nel bastarsi il minimo dell’urto.
Non c’è aspetto dell’animo umano che, nei riguardi del sentimento più nobile e complesso al mondo sin dall’origine dei Tempi, Selene Pascasi non abbia osservato e scandagliato fin nel profondo e con un’attenzione quasi chirurgica, assolutamente lucida e razionale quel tanto che basta a trovare un sano e doveroso equilibrio tra ragione e sentimento. Ciò che più colpisce di questa silloge è lo sguardo e le parole d’amore che appaiono e traspaiono in ogni singolo verso che la compongono e molte delle quali sono rivolte al padre dell’Autrice, malato di Alzheimer e oggi purtroppo scomparso. Amore, sentimenti e ricordi. Tre parti di un tutto che sembrano essere imprescindibili l’una dalle altre, un blocco unico difficile da scomporre e dividere. Invece, per chi soffre di una malattia che crudelmente e inevitabilmente porta ombra nella mente e nei suoi ricordi più intimi e profondi diviene una conseguenza (in)naturale. Anche per questo nella poesia intitolata Padre, l’Autrice scrive come fosse una preghiera:
Non arrendere la felicità
padre.
Lascia uno spazio tra i rami
per i sorrisi che fioriranno.
Dipingi le parole che non sai
per i racconti che svaniranno.
Canta il riposo che non conosci
per innamorare l’inquietudine.
Ma ti prego
padre
non arrendere mai la felicità
È proprio tra questi versi, tra queste poesie che vanno a inserirsi i pensieri, le lacrime, i silenzi dell’Autrice stessa che vanno immaginati e letti anch’essi come parte integrante dell’opera stessa.
Così, A un ricordo da te diviene non solo un testo poetico, ma un’opera intima e intimistica che può leggersi come universale come universali sono i dolori e i sentimenti che la abitano e le danno vita. Per questo a Selene Pascasi va il merito di aver scritto una silloge onesta, pura, genuina, limpida nel suo canto d’amore e di dolore, lucidamente organizzata e impostata attraverso uno stile scarno ma non superficiale né privo di molteplici letture e interpretazioni. Un testo complesso nella sua essenza, rispettoso per i messaggi e le riflessioni che offre e propone al Lettore con cui instaura sin da subito un tacito patto di stabilità, crescita e non belligeranza. Un canto d’amore, per chi resta e per chi – piano piano – se ne va pur inconsapevole dei sentimenti che ha suscitato e che porta con sé. Per sempre.
Incontro con l’Autrice
Come è avvenuto il suo “incontro” con la Poesia?
Salve. L’incontro con la Poesia è nato con me, se così si può dire. Nonostante la mia vita sia stata sempre caratterizzata dall’amore per la musica, tanto che oggi scrivo testi di canzoni e sono critico musicale in seno al Premio Lunezia, motivando i riconoscimenti ai più noti big della musica, quello con la Poesia è un legame innato. Già da bimba, annotavo su fogli sparsi i miei pensieri che – pur nella loro immaturità – erano comunque sussurri di sogni e desideri. Parole, canovacci di sensazioni che, via via, spingevano nelle viscere fino a chiedermi (impormi) di essere scaraventati su carta. Così, demolita la barriera della riservatezza, ho trovato il coraggio di pubblicare.
Come è nato il progetto editoriale di A un ricordo da te?
È nato per caso, come nascono tutte le mie opere siano esse poesie o romanzi. A un ricordo da te è una raccolta di poesie che si è formata lentamente negli anni in cui ho assistito mio padre affetto da una malattia che, da qualche mese, lo ha portato via. Anni pesanti, non tanto per la fatica fisica che pure c’è stata, ma per la zavorra del poi. Ogni benedetto e maledetto istante, lo vivevo nella consapevolezza di un futuro senza lui, senza colui che mi ha amato e protetto oltre ogni misura, lavorando pesantemente per garantirmi un’esistenza migliore. Occuparsi di chi sprofonda – scrivo in Genesi “come quando si muore da vivi” e “si vive da morti” – è un patto di lucidità con se stessi difficile da onorare. Eppure, per amore, ci si riesce. Ecco che, senza preavviso, arrivavano poesie a salvarmi, a spalancarmi gli occhi alla realtà. Credo che la poesia possa davvero essere uno scoglio cui aggrapparsi non solo per sopravvivere ma anche per resistere, vivere e guardare oltre.
Dall’idea alla stesura: quanto è difficile tradurre i propri sentimenti, la propria intimità, la propria essenza su carta?
Sono consapevole di poter apparire presuntuosa, ma non ho mai trovato difficoltà nel tradurre i miei sentimenti su carta. Mi spiego meglio. Ciò che può essere difficile, e talora doloroso, è scavarsi dentro, indagare tra i propri mostri, guardare in faccia le intime fragilità. Soprattutto, è duro dirsi la verità. Ammettersi a se stessi. Questa è la difficoltà che ho incontrato. Ma sono indagini emotive che, se da una parte possono graffiare, dall’altra possono guarire o almeno farci galleggiare tra le maree della vita. Per il resto, una volta trovata la forza di svuotare il sacco con il proprio io, i versi vengono fuori da soli, senza resistenza, senza sforzo, senza particolari dinamiche o sollecitazioni.
Qual è stato il componimento più complesso da scrivere? E perché?
Ricollegandomi a quanto ho appena espresso, ossia al coraggio di guardarsi dentro, è in questo senso che è stato complesso – anzi, è stato un investimento emotivo – riuscire a mettere su carta il mio primo romanzo “Dimmi che esisto”, scelto da Radio Rai 1 come libro sul femminicidio assieme al testo della Maraini, oltre che ispiratore di un Docufilm, testo pluripremiato e amato dalla critica. È una storia di violenza, di manipolazione, basata su fatti veri, alcuni vissuti dalle donne che ho assistito come avvocato, altri vissuti in prima persona. Lo scoglio è stato ripercorrere certi episodi dolorosi, subiti o narrati. Ma ne ho sentito l’urgenza per lanciare un messaggio a tutte le donne: da un abuso o da una prevaricazione psicologica, si può rinascere. L’importante è amare se stesse prima degli altri, ricordando che l’altra metà della mela siamo noi.
Da cosa trae ispirazione il suo verso?
Da un soffio di vento, da un profumo, dal pianto di un bambino, dal sorriso sdentato di un vecchio, da un amore finito, da un sogno sospeso, da una promessa mancata e persino dal silenzio. Tutto può partorire un verso.
Un terzo dei ricavati delle vendite di A un ricordo da te sarà destinato alla Onlus Airalzh. Può raccontarci qualcosa di più di questo progetto e di questa iniziativa?
L’iniziativa nasce dal mio editore Pietro Fratta che, con la sua casa editrice solidale e totalmente gratuita – ci tengo a sottolineare che non pubblica a pagamento, né sotto forma di contributo da parte degli autori, né chiedendo loro un acquisto copie – si è proposto di destinare almeno un terzo dei ricavati della vendita di tutte le opere che pubblica, a Onlus nazionali concordate con gli autori. Per la mia raccolta è stata scelta l’Airalzh Onlus perché si occupa della ricerca medico-scientifica sull’Alzheimer che è stato, purtroppo, compagno di viaggio mio e di mio padre per molti anni.
Quali sono gli Autori e le letture che hanno influenzato e formato il suo essere scrittrice e lettrice?
Ho sempre letto moltissimo e amato tanti autori. Influenzata da nessuno, sono sincera, se non in modo inconscio. Hanno, invece, forgiato la mia anima – e magari inconsapevolmente la mia penna – Montale, Merini, Bukowski, Pozzi, ma anche i contemporanei Francesco Carofiglio che mi ha stregato con le sue “Poesie del tempo stretto”, Tommaso Avati con il suo romanzo “Il silenzio del mondo”. Infine, ma non per ultimo, devo confessare che nel mio cuore sono tatuate le poesie, le canzoni e i sentimenti nati dall’istinto puro e geniale del mio amico fratello Enrico Nascimbeni che oggi è un aquilone.
Oggi, secondo lei, qual è il ruolo che ricopre la Poesia nel panorama editoriale contemporaneo?
Un ruolo importantissimo. La Poesia può scrivere mille inizi, può risvegliare dall’apatia del vivere, può scuotere dall’anestesia del pensiero. La poesia sollecita le domande prima che le risposte. Purtroppo, nonostante la poesia rivesta un ruolo così rilevante, i lettori di narrativa prevalgono e, di conseguenza, anche per gli editori scommettere sulla poesia è un azzardo. Ma è un azzardo che può cambiare l’esistenza di ognuno perché la poesia non ha data di scadenza, la poesia offre spunti di riflessione ed emozioni diverse ad ogni lettura. La poesia è uno spiraglio di eterno che dovremmo imparare ad amare visceralmente.
Qual è il verso o l’opera poetica che avrebbe tanto voluto scrivere? E perché
“E se diventi farfalla / nessuno pensa più / a ciò che è stato / quando strisciavi per terra / e non volevi le ali.” Non c’è bisogno di spiegazioni, a mio avviso, per descrivere la bellezza di questi versi di Alda Merini in cui la rinascita, tema a me molto caro, si sposa con la perenne speranza di un futuro migliore e con il sogno, che custodisco anch’io, di far pace con la mia essenza e mostrarla all’universo.
Quali sono i suoi prossimi progetti editoriali?
Intanto, sto lavorando ad un’edizione aggiornata del romanzo “Dimmi che esisto”. A seguire, vorrei finalmente dare corpo e diffusione ad una canzone di cui sono autore e compositore, arrangiata da Massimo Germini, lo storico chitarrista di Roberto Vecchioni. Penso, poi, ad una nuova raccolta di poesie e – quando avrò giornate da 87 ore (scherzo, ovviamente) – scrivere un romanzo che ho in mente da circa 6 anni. Una storia ancora una volta di donne e per le donne, sugli amori tossici che poi amori non lo sono affatto, con un finale imprevedibile. Vorrei, infine, mutare un romanzo breve “Attese verticali” in romanzo lungo, perché in molti mi scrivono chiedendomi di poter sapere di più delle vicende del protagonista Ioan, un folle chansonnier capace di leggere la vita di sconociuti solo guardandoli negli occhi.